PROGETTO DI LEGGE
TITOLO I
AMBITO DI APPLICAZIONE E PRINCIPI GENERALI
Art. 1
Oggetto e finalità
1. La presente legge, in conformità agli articoli 117 e 118, secondo comma, della Costituzione, adegua la normativa regionale in materia di attività artigianali e commerciali alla Direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo ed al decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno), al fine di perseguire, garantendo la libera prestazione dei servizi nel territorio regionale, l’obiettivo di uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche nell’ambito delle competenze della Regione e dei Comuni.
2. La Regione assicura, nel rispetto dei principi fissati e delle finalità di cui al comma 1, ai prestatori di servizi degli Stati membri dell’Unione europea, la libertà di stabilimento, nonché il diritto alla libera prestazione di servizi nel territorio regionale, al fine di assicurare la trasparenza del mercato, la concorrenza, la libertà di impresa e la libera circolazione delle merci.
3. La Regione fornisce la propria collaborazione alle autorità degli Stati membri dell’Unione europea, mediante gli strumenti della cooperazione amministrativa previsti.
Art. 2
Disposizione in materia di attestazione degli adempimenti contributivi ai fini del riconoscimento del requisito professionale
1. Ai fini della valutazione dei requisiti per il rilascio delle autorizzazioni necessarie per lo svolgimento di tutte le attività previste dalla presente legge, per i motivi attinenti la tutela e la protezione sociale dei lavoratori, è prevista per i titolari ed i collaboratori familiari, oltre che l’iscrizione da almeno due anni all’istituto nazionale previdenza sociale, la certificazione del regolare versamento contributivo la cui entità non deve essere inferiore all’importo dell’assegno sociale.
TITOLO II
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA VENDITA E SOMMINISTRAZIONE
Art. 3
Disciplina della vendita da parte delle imprese artigiane di prodotti alimentari di propria produzione per il consumo immediato nei locali dell’azienda
1. L’avvio dell’attività di vendita e somministrazione da parte delle imprese artigiane di prodotti alimentari di propria produzione è soggetto, nelle aree da sottoporre a tutela e a fronte di motivi imperativi di interesse generale, alla programmazione comunale di cui all’articolo 8 della legge regionale 26 luglio 2003, n. 14 (Disciplina dell’esercizio delle attività di somministrazione di alimenti e bevande).
2. I Comuni nell’adottare la programmazione di cui al comma precedente sentono, per gli aspetti di competenza, le organizzazioni imprenditoriali dell’artigianato maggiormente rappresentative a livello provinciale.
Art. 4
Modifiche all’articolo 1 della legge regionale n. 14 del 2003
1. Al comma 1, dell’articolo 1 della legge regionale n. 14 del 2003, è aggiunto il seguente comma:
“1bis. Le attività di somministrazione di alimenti e bevande, in conformità alla normativa vigente, dovranno garantire la qualità dei servizi da rendere ai consumatori e la qualità della vita della popolazione, nonché la migliore produttività del sistema”.
Art. 5
Modifiche all’articolo 4 della legge regionale n. 14 del 2003
1. All’articolo 4, comma 1, della legge regionale n. 14 del 2003, dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
“1 bis. L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna, su proposta della Giunta, garantendo il giusto bilanciamento dei motivi imperativi di interesse generale quali l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica, la sicurezza stradale, la sanità pubblica, la tutela dei consumatori, dei destinatari di servizi e dei lavoratori, l’equità delle transazioni commerciali, la lotta alla frode, la tutela dell’ambiente e dell’ambiente urbano incluso l’assetto territoriale in ambito urbano e rurale, la sostenibilità ambientale, sociale e di vivibilità, la proprietà intellettuale, la conservazione del patrimonio storico ed artistico, la politica sociale e la politica culturale, approva i criteri urbanistici per l’attività di pianificazione e gestione degli enti locali prevedono in particolare:
a) gli indirizzi al fine dell’individuazione delle aree da destinare agli insediamenti commerciali, promuovendo il contenimento dell’uso del territorio verificando, tra l’altro, la dotazione a destinazione commerciale esistente;
b) le condizioni e i criteri che i Comuni devono valutare per l’individuazione, attraverso il piano di governo del territorio, delle aree idonee per la localizzazione delle medie e grandi strutture di vendita;
c) i requisiti urbanistici, in termini di accessibilità veicolare e pedonale anche per portatori di handicap, di dotazione di standard ambientali e parcheggi pertinenziali delle diverse tipologie di strutture di vendita;
d) i criteri per incentivare il recupero, l’ammodernamento e la qualificazione delle aree di insediamenti commerciali che tengono conto della qualità del contesto paesaggistico ed ambientale promuovendo il miglioramento del bilancio delle emissioni.
1 ter. Al fine di rendere omogenei ed uniformare gli interventi di programmazione comunale la Giunta regionale, con proprio atto di indirizzo, indica i criteri qualitativi e gli indici di fruibilità per l’insediamento delle attività commerciali, comprese quelle che somministrano alimenti e bevande, nonché quelle che vendono direttamente, in locali adiacenti a quelli di produzione, gli alimenti di propria produzione per il consumo immediato.”.
2. All’articolo 4, dopo il comma 6, sono aggiunti i seguenti:
“6 bis. Al fine di migliorare la funzionalità e la produttività del sistema dei servizi concernenti le attività commerciali, nonché consentire uno sviluppo sostenibile, i comuni, valutate le caratteristiche e le tendenze della distribuzione commerciale ed in coerenza con gli indirizzi regionali di cui all’articolo 4, adottano, sentite le associazioni dei consumatori e le organizzazioni imprenditoriali del commercio maggiormente rappresentative a livello provinciale e le organizzazioni sindacali dei lavoratori dipendenti, un atto di programmazione, avente durata quadriennale, che disciplina le modalità di applicazione, con riguardo alle zone da sottoporre a tutela, dei criteri qualitativi individuati dalla programmazione regionale in riferimento all’insediamento delle nuove attività commerciali, ivi comprese quelle che somministrano alimenti e bevande, nonché quelle che vendono direttamente, in locali adiacenti a quelli di produzione, gli alimenti di propria produzione per il consumo immediato, tenendo conto delle diverse caratteristiche del proprio territorio e della differente incidenza degli esercizi secondo il settore e la tipologia di appartenenza. Tali criteri si basano sui motivi imperativi di interesse generale di cui all’articolo 4, comma 1 e tengono conto delle caratteristiche urbanistiche e di destinazione d’uso dei locali, dei fattori di mobilità, traffico, inquinamento acustico e ambientale, aree verdi, parcheggi, delle caratteristiche qualitative degli insediamenti, dell’armonica integrazione con le altre attività economiche e con le aree residenziali interessate e del corretto utilizzo degli spazi pubblici o di uso pubblico.
6 ter. I comuni, in coerenza con i criteri adottati dalla Giunta regionale e in relazione alla previsione di nuovi insediamenti commerciali, individuano nel piano di governo del territorio:
a) le aree da ritenersi sature rispetto alla possibilità di localizzarvi nuovi insediamenti in considerazione delle condizioni di sostenibilità ambientale, infrastrutturale, logistica e di mobilità relative a specifici ambiti territoriali;
b) le aree di localizzazione delle medie e grandi strutture di vendita, ivi compresi i centri commerciali;
c) le prescrizioni cui devono uniformarsi gli insediamenti commerciali in relazione alla tutela dei beni artistici, culturali ed ambientali, nonché all’arredo urbano, nei centri storici e nelle località di particolare interesse artistico e naturale;
d) le misure per una corretta integrazione tra strutture commerciali e servizi ed attrezzature pubbliche;
e) le prescrizioni e gli indirizzi di natura urbanistica ed in particolare quelle inerenti alla disponibilità di spazi pubblici o di uso pubblico e le quantità minime di spazi per parcheggi, relativi alle diverse strutture di vendita.
6 quater Le determinazioni dei comuni di cui ai commi 1 e 2 possono essere differenziate in relazione a singole parti del territorio comunale o zone ed alla tipologia degli esercizi commerciali. In particolare la strumentazione urbanistica può disporre limitazioni all’insediamento di attività commerciali in base a specifiche classificazioni, anche dimensionali, che i comuni individuano in relazione alle medie e grandi strutture di vendita.
6 quinquies In coerenza con l’atto di programmazione di cui al comma 1 i comuni, previa valutazione delle problematiche della distribuzione commerciale nei centri storici e delle interrelazioni esistenti con le altre componenti territoriali, economiche e sociali, con apposito atto, promuovono:
a) la crescita, il ricambio e la diversificazione delle attività, in raccordo con gli strumenti urbanistici comunali;
b) la permanenza degli esercizi storici e tradizionali, ivi compresi quelli artigianali, con particolare attenzione alle merceologie scarsamente presenti, anche mediante incentivi ed apposite misure di tutela;
c) l’individuazione di porzioni di territorio ubicate in aree limitrofe funzionalmente collegate con il centro storico;
d) la valorizzazione e la salvaguardia delle aree o degli edifici aventi valore storico, archeologico, artistico e ambientale.”
Art. 6
Modifiche all’articolo 8 della legge regionale n. 14 del 2003
1. All’articolo 8, comma 1, dopo le parole “Comune competente per territorio”, sono inserite le seguenti:
“nonché valutando le ragioni di sostenibilità ambientale e sociale, di viabilità che rendano impossibile consentire ulteriori flussi di acquisto nella zona senza incidere in modo gravemente negativo sui meccanismi di controllo, in particolare, per il consumo di alcolici e senza ledere il diritto dei residenti alla vivibilità del territorio e alla normale mobilità. In ogni caso resta ferma la finalità di tutela e salvaguardia delle zone di pregio artistico, storico, architettonico e ambientale”.
2. All’articolo 8, dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:
“1 bis I Comuni, per le finalità di cui all’articolo1, possono:
a) differenziare le attività commerciali con riferimento a specifiche classificazioni di carattere dimensionale, merceologico e qualitativo per contribuire ad un ampliamento di opportunità di insediamento nel centro storico;
b) disporre il divieto di vendita di determinate merceologie, qualora questa costituisca un contrasto con la tutela di valori artistici, storici o ambientali;
c) limitare nei centri storici e zone limitrofe l’insediamento di attività che non siano tradizionali o qualitativamente rapportabili ai caratteri storici, architettonici e urbanistici dei centri medesimi;
d) adottare, nell’ambito della programmazione comunale, un piano di tutela delle attività tradizionali per il centro storico, eventualmente suddiviso a sua volta in tessuti territoriali e zone omogenee, che consente, in caso di cessazione delle attività tutelate nelle zone localizzate, la sola attivazione, per un arco temporale fino a cinque anni, di una o più delle medesime attività appartenenti allo stesso settore alimentare o non alimentare.
1 ter Le disposizioni di cui al comma precedente possono dai Comuni essere applicate, per le finalità di cui al comma 1 bis, anche in relazione a zone del territorio differenti dal centro storico a fronte di motivate ragioni di utilità sociale derivanti dall’esigenza di garantire la riqualificazione e valorizzazione del tessuto urbano attraverso uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile delle attività economiche, nonché la permanenza di una offerta variegata di beni e servizi.”.
3. All’articolo 8, dopo il comma 3, sono aggiunti i seguenti:
“3 bis. Nella richiesta di autorizzazione di cui al comma 1 in caso di avvio della attività in zone sottoposte a tutela, devono essere indicati i criteri qualitativi eventualmente previsti, a fronte di motivi imperativi di interesse generale.
Nel caso di cittadini dei Paesi non europei e dell’Unione europea, nella richiesta di autorizzazione di avvio dell’attività deve essere altresì attestato il possesso da parte del soggetto che esercita effettivamente l’attività dei requisiti previsti nonché l’effettiva conoscenza di base della lingua italiana.
Lo stesso Comune procede a stabilire le modalità, la durata e i programmi dei corsi che consentano e attestino l’apprendimento delle nozioni essenziali compiendo una verifica delle abilità espressive, del richiedente, nell’impiego della lingua italiana mediante un test e colloquio di valutazione finale.
3 ter. Nell’ambito della programmazione comunale i Comuni possono prevedere limiti di distanza per le attività di vendita solo a fronte di motivata esigenza volta ad assicurare la sicurezza stradale ed evitare addensamenti di traffico, di disturbo alla quiete pubblica o alla sicurezza pubblica, nonché per tutelare l’ordine pubblico e l’ambiente urbano e, comunque, non allo scopo di limitare la concorrenza.
3 quater. Tutte le informazioni commerciali, compresi i prezzi degli alimenti di propria produzione, esposte agli utenti devono essere rese anche in lingua italiana. Qualora le indicazioni siano apposte in più lingue, devono avere tutte i medesimi caratteri di visibilità e leggibilità. Sono consentiti termini stranieri o derivanti da lingue straniere che sono ormai assimilati nella lingua italiana e quindi attestati dall’ultima edizione del dizionario “Devoto-Oli” di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, edito da Dizionari Le Monnier, in attesa che venga elaborato dall’OVI, l’organo del Consiglio Nazionale delle Ricerche deputato alla lessicografia istituzionale, un’opera completa ed istituzionalmente riconosciuta.”.
TITOLO III
DISCIPLINA DELLE ATTIVITÀ DI ESTETISTA ED ACCONCIATORE
Art. 7
Attività di estetista
1. L’esercizio dell’attività professionale di estetista è subordinato al possesso dei requisiti previsti dalla legge 4 gennaio 1990, n.1 (Disciplina dell’attività di estetista) e dal decreto legge 31 gennaio 1990, n. 7 (Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della concorrenza, lo sviluppo di attività economiche, la nascita di nuove imprese, la valorizzazione dell’istruzione tecnico-professionale e la rottamazione di autoveicoli), dalle disposizioni regionali, nonché dal regolamento adottato dai Comuni.
2. L’attività di estetista è soggetta a segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi) da presentare allo sportello unico del Comune, laddove istituito, o al Comune territorialmente competente.
3. Ogni attività che comporti prestazioni, trattamenti e manipolazioni sulla superficie del corpo umano, ivi compresi i massaggi estetici e rilassanti, volte alla realizzazione del benessere fisico, al miglioramento estetico della persona o alla cura del corpo è da intendersi ai sensi della legge n. 1 del 1990 sia che si realizzi con tecniche manuali e corporee o con l’utilizzo di specifici apparecchi.
4. Le imprese che esercitano l’attività professionale di estetista, ai sensi del presente articolo, possono temporaneamente continuare ad operare e devono adeguarsi ai requisiti di cui alla legge n. 1 del 1990, ed alla normativa regionale vigente, entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge.
Art. 8
Attività di acconciatore
1. L’esercizio dell’attività professionale di acconciatore è subordinato al possesso dei requisiti previsti dalla legge 17 agosto 2005, n. 174 (Disciplina dell’attività di acconciatore) nonché dal regolamento adottato dai Comuni.
2. L’attività di acconciatore è soggetta a segnalazione certificata di inizio attività di cui all’articolo 19 della legge n. 241 del 1990, da presentare allo sportello unico del Comune, laddove istituito, o al Comune territorialmente competente.
3. Le disposizioni della legge n. 174 del 2005 e quelle, in quanto compatibili, previste dalla legge 14 febbraio 1963, n. 161 (Disciplina dell’attività di barbiere, parrucchiere ed affini) si applicano per disciplinare, regolamentare e controllare l’ esercizio dell’attività di acconciatore in Emilia-Romagna.
TITOLO IV
DISPOSIZIONI RELATIVE ALLA DISCIPLINA DEL COMMERCIO IN SEDE FISSA
Art. 9
Modifiche all’articolo 16 bis della legge regionale 5 luglio 1999, n. 14 (Norme per la disciplina del commercio in sede fissa in attuazione del d. lgs. 31 marzo 1998, n. 114)
1. All’articolo 16 bis, dopo il comma 2 sono aggiunti i seguenti:
“3. Le violazioni delle disposizioni in materia di obbligo di chiusura degli esercizi di vendita al dettaglio in sede fissa di cui al presente articolo, nelle giornate domenicali e festive, sono punite con la sanzione amministrativa pecuniaria da 500 euro a 2.000 euro per la tipologia di esercizi di vicinato, da 2.000 euro a 5.000 euro per la tipologia delle medie strutture di vendita e da 5.000 euro a 30.000 euro per la tipologia delle grandi strutture di vendita.
4. Si ha reiterazione quando nei tre anni successivi alla commissione della violazione di cui al comma precedente, accertata con provvedimento esecutivo, sia stata commessa la medesima violazione. In caso di più violazioni nell’arco di un triennio, il sindaco, oltre alla sanzione amministrativa pecuniaria, dispone la sospensione dell’attività di vendita per un periodo compreso tra due e sette giorni consecutivi. Il provvedimento di sospensione è disposto anche qualora il contravventore abbia effettuato il pagamento della sanzione pecuniaria in misura ridotta relativamente alle violazioni contestate.”
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TITOLO V
DISPOSIZIONI FINALI E ATTUATIVE
Art. 10
Disposizioni finali
1. La Regione Emilia-Romagna entro novanta giorni, adegua, ove necessario, gli atti di programmazione e relative modalità applicative ed atti attuativi.
2. Le disposizioni previste dagli atti di cui al comma precedente, in quanto compatibili, continuano, fino al relativo adeguamento, ad applicarsi.
3. I Comuni entro novanta giorni, adeguano, ove necessario, i propri strumenti urbanistici del territorio ai criteri regionali fissati con la presente legge.
4. Gli enti locali, ove necessario, adeguano, dalla data di entrata in vigore della presente legge, la propria normativa alle disposizioni di cui ai precedenti articoli.
Art. 11
Entrata in vigore
1. La presente Legge regionale sarà pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione.
2. La presente Legge regionale entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna.
3. È fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come Legge della Regione Emilia-Romagna.