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RELAZIONE

Il tema della precarietà e della disoccupazione/inoccupazione, soprattutto per le giovani generazioni, ha assunto ormai i caratteri di una reale emergenza, che ci impone di trovare soluzioni in tempi brevi.

Escludendo i lavoratori a tempo determinato e quelli in somministrazione, che hanno accesso almeno all’indennità di disoccupazione, in Italia ci sono più di due milioni di lavoratori e lavoratrici senza nessuna forma di ammortizzazione sociale che li tuteli in caso di perdita di lavoro, o nei periodi di discontinuità dell’attività lavorativa. In Emilia-Romagna, nel periodo Gennaio-Settembre 2010, ci sono state un totale di 740.418 assunzioni, ma solo per 89.757 è stato stipulato un contratto di lavoro a tempo indeterminato. 

Se già in precedenza questo scenario destava forte preoccupazione, tale condizione di precarietà lavorativa e di assenza di forme adeguate di protezione sociale si è oggi infatti estesa ed aggravata in maniera rilevante, anche per effetto della crisi economica che amplifica ulteriormente sul piano quantitativo il problema, già forte nel nostro Paese, dell’inadeguatezza delle forme di welfare e di protezione sociale.

La crisi, da un lato, ha contribuito ad aumentare il numero di coloro che perdono il lavoro, e dunque dei disoccupati (colpendo innanzitutto proprio i precari stessi, i quali sono i primi a cui non viene rinnovato il contratto); dall’altro, ha reso precari anche molti lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, che oggi vedono davanti a loro un futuro lavorativo sempre più incerto.. 

L’assenza di un modello universalistico di welfare adeguato a far fronte alla situazione attuale, fa sì che alla precarietà lavorativa sopracitata si aggiunga poi, sempre più spesso, una precarietà cosiddetta “di vita”, tanto che, negli ultimi anni, si è giunti a parlare di “precarietà esistenziale”. Essa è appunto dovuta all’impossibilità di accesso, per un numero sempre più ampio di persone, ad una serie di diritti fondamentali, quali: il diritto all’abitare – a partire dal diritto alla casa -, il diritto alla mobilità, alla salute, il diritto al sapere; diritti, questi, senza i quali non è possibile godere di una piena cittadinanza. 

È bene ricordare, come è stato ben evidenziato anche dall’analisi condotta dal Centro Studi dell’Assemblea Legislativa della Regione Emilia-Romagna, che l’Italia, insieme alla Grecia, è l’unico tra i Paesi del “nucleo storico” dell’Unione Europea (e quindi tra gli Stati membri al 2004), a non prevedere forme di reddito minimo o basic income, che vanno appunto nella direzione di assicurare i suddetti diritti al numero più ampio possibile di persone. E questo nonostante già nel 1992 la raccomandazione 411 del Consiglio di Lisbona invitasse ad introdurre tali meccanismi in tutti i Paesi dell’UE, e nonostante la risoluzione approvata dal Parlamento Europeo il 20 ottobre 2010 sul «ruolo del reddito minimo nella lotta contro la povertà e la promozione di una società inclusiva in Europa»

Noi riteniamo ormai non più rimandabile l’introduzione, anche in Italia, di una forma di retribuzione sociale che, insieme ad una riforma complessiva degli ammortizzatori sociali, ridefinisca il sistema del welfare nel nostro Paese, adeguandolo ai mutati bisogni.

Ed è anche per preparare la strada ad un provvedimento di questo tipo su scala nazionale ed intraprendere un confronto ed un dibattito serio su questo tema, che abbiamo deciso di presentare questo progetto di legge regionale. Si tratta di una proposta articolata che fornisce risposte puntuali ed organiche e che doterebbe la nostra Regione, qualora fosse approvata, di uno strumento legislativo di grande importanza, sul modello di quanto è già avvenuto in altre Regioni d’Italia, come la Campania e il Lazio. 

Già in sede di approvazione del bilancio, il 16 dicembre 2010, l’Assemblea Legislativa ha approvato un ordine del giorno, presentato dal nostro Gruppo Consiliare, con il quale ha impegnato la Giunta a verificare la possibilità di avviare una sperimentazione di reddito sociale o sostegno al reddito. Crediamo che la nostra “Proposta di legge per l’istituzione di un reddito sociale nella Regione Emilia-Romagna” si inserisca perfettamente in questo percorso. 

Una legge di questo tipo permetterebbe di garantire una continuità retributiva e contributiva nei periodi di interruzione dell’attività lavorativa, rendendo i lavoratori meno ricattabili all’interno del mercato del lavoro. Si potrebbe così porre un freno alla dispersione di saperi, competenze e professionalità che – come oggi spesso avviene -, per ragioni dettate dalla necessità di sopravvivenza quotidiana, vengono messi da parte e non sono valorizzati come meriterebbero, con grave danno economico, sociale e culturale soprattutto per il territorio che ha contribuito a produrli (un esempio evidente di questo processo sono i giovani laureati e ricercatori che la nostra Regione non riesce a trattenere, e che sempre più spesso abbandonano l’Emilia-Romagna ed il Paese per andare all’estero, o che svolgono mansioni estranee e/o ben al di sotto della propria qualifica). 

L’obiettivo principale della presente proposta di legge nel suo complesso è quello di assicurare alla platea regionale di inoccupati, disoccupati e occupati con contratto di lavoro non a tempo pieno e indeterminato, che non percepiscono più di 8.500 Euro lordi annui, forme di reddito dirette ed indirette. 

Per reddito diretto si intende la corresponsione di una somma pari ad almeno 500 Euro lordi mensili, mentre il reddito indiretto consiste in una serie di agevolazioni per l’accesso a servizi pubblici e culturali, per la formazione professionale, per l’abitazione in locazione, e per l’accesso al credito. Per gli inoccupati e i disoccupati la possibilità di beneficiare di tali misure è condizionata allo svolgimento di percorsi di formazione e di aggiornamento professionale finalizzati alla loro occupazione o rioccupazione all’interno dei propri settori professionali. 

Per l’erogazione di tale reddito abbiamo previsto, oltre all’istituzione di un Fondo Regionale per il Reddito Sociale, anche un Fondo Contributivo per il Reddito Sociale da costruire insieme alle parti sociali e sostenuto da una contribuzione datoriale definita per via negoziale. Si tratta di uno strumento di particolare rilevanza perché induce ad una maggiore responsabilizzazione dei datori di lavoro su questi temi e pone un freno al ricorso non appropriato al lavoro a termine. 

La proposta di legge si compone di 13 articoli. 

L’articolo 1 definisce le finalità e i principi alla base della presente proposta di legge: contrastare l’esclusione sociale e ridurre le condizioni di bisogno e di disagio derivanti da inadeguatezza di reddito, difficoltà sociali e condizioni di non autonomia; promuovere la valorizzazione delle capacità intellettuali, delle competenze professionali e delle attitudini personali, in modo da non disperdere capacità e competenze maturate e presenti nel territorio regionale. 

L’articolo 2 individua i requisiti soggettivi che consentono l’accesso alla retribuzione sociale completa (quindi al reddito diretto e indiretto) e quelli che invece danno diritto a beneficiare solo delle prestazioni indirette (agevolazioni per l’accesso ai servizi pubblici e culturali, alla casa in locazione, e agevolazioni finanziarie). Condicio sine qua non per gli inoccupati e i disoccupati iscritti alle liste dei Centri per l’impiego che volessero richiedere l’erogazione della retribuzione sociale è lo svolgimento di percorsi di formazione e di aggiornamento professionale finalizzati all’occupazione o alla rioccupazione all’interno dei settori professionali di riferimento. 

L’articolo 3, pur rimandando all’elaborazione di un Regolamento attuativo della legge, definisce a grandi linee le procedure di ammissione ai trattamenti diretti e indiretti. I soggetti che ritengono di essere in possesso dei requisiti soggettivi di accesso alla retribuzione sociale devono presentare domanda ai Centri per l’impiego territorialmente competenti, allegando la documentazione prevista. I Centri provinciali per l’impiego verificano la sussistenza dei requisiti richiesti e dunque l’ammissibilità delle domande, redigono la lista degli aventi diritto e la trasmettono alla Regione. Sulla base delle richieste pervenute e nei limiti delle risorse disponibili, la Regione stanzia annualmente le somme occorrenti per garantire l’erogazione del reddito sociale. 

Con l’articolo 4, al fine di finanziare il reddito sociale, vengono istituiti: il Fondo Regionale per il Reddito Sociale (FRRS) e il Fondo Contributivo per il Reddito Sociale (FCRS). Attraverso il primo la Regione garantisce il finanziamento della presente legge mentre il Fondo Contributivo per il Reddito Sociale (FCRS) si configura come un fondo mutualistico da costruirsi insieme alla parti sociali, che vi aderiscono in forma volontaria. Esso è alimentato dalla contribuzione datoriale, definita per via negoziale, che permette di aumentare l’importo delle prestazioni dirette per i soggetti aventi diritto titolari di un rapporto di lavoro con un ente o un’azienda aderente a tale Fondo. 

L’articolo 5 definisce l’importo e le modalità di erogazione delle prestazioni dirette. A tutti i beneficiari del reddito diretto viene erogata una somma mensile di 500 Euro lordi, fino a un massimo di 6.500 Euro lordi l’anno. Tali importi sono finanziati dal Fondo Regionale per il Reddito Sociale (FRRS). Qualora i soggetti beneficiari delle prestazioni dirette siano stati titolari di un rapporto di lavoro con un ente o un’azienda aderente al Fondo contributivo per il reddito sociale, tale somma diventa di 800 Euro lordi al mese, fino a un massimo di 7.200 Euro lordi l’anno. Tale erogazione può avere solo una durata pari alla metà del periodo lavorato presso l’ente o l’azienda suddetti, e dunque può arrivare solo a un massimo di 4 mesi, terminati i quali l’importo erogato torna ad essere di 500 Euro lordi mensili. I 300 Euro lodi mensili in più sono appunto finanziati tramite il contributo datoriale versato al Fondo Contributivo per il Reddito Sociale (FCRS). I periodi di godimento di questo emolumento sono riconosciuti utili ai fini del conseguimento del diritto alla pensione e della determinazione della misura della pensione stessa. 

Le misure previste dagli articoli 6 e 7 sono dirette a tutti gli aventi diritto al reddito sociale, siano essi inoccupati, disoccupati o titolari di un contratto atipico.

In particolare, l’articolo 6, al fine di garantire l’accesso ai servizi pubblici e culturali, assegna a tutti i soggetti aventi diritto una tessera nominativa annuale del valore di 2.500 Euro, denominata “Carta dei servizi”.

L’articolo 7 prevede, in favore degli aventi diritto che detengono un contratto di locazione e che già non beneficino di altre agevolazioni messe in campo dalla Regione Emilia-Romagna, la possibilità di un contributo per l’affitto in base a criteri e con modalità che verranno definiti nel Regolamento attuativo. Al fine di favorire l’accesso al credito, l’articolo 7 prevede inoltre che la Regione, in collaborazione con gli enti locali, si impegni a stipulare convenzioni con Fondazioni bancarie per garantire ai medesimi soggetti: erogazioni di finanziamenti a tasso e condizioni agevolati su mutui, fideiussione gratuita a garanzia dell’erogazione di mutui per l’acquisto della prima casa o di beni strumentali; prestiti sull’onore. 

L’articolo 8 menziona le sanzioni che vengono comminate a chiunque presenti documentazione falsa o parzialmente falsa in relazione ai requisiti richiesti, o ostacoli l’accertamento dei medesimi. 

L’articolo 9 elenca le cause di decadenza dai trattamenti quali: assunzione con contratto a tempo pieno e indeterminato o con altre tipologie contrattuali che conferiscano un reddito lordo annuo superiore agli 8.500 Euro; rifiuto per tre volte consecutive un’offerta di lavoro che garantisca il medesimo livello salariale e la medesima qualifica professionale dell’ultima occupazione svolta; mancata partecipazione a corsi di formazione e di aggiornamento professionale o impossibilità di autocertificare lo svolgimento in proprio di tali percorsi formativi.

L’articolo 10 istituisce il Regolamento attuativo della presente legge, da approvarsi entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge medesima.

L’articolo 11 individua una serie di strumenti finalizzati a dare copertura finanziaria alla presente legge e quindi ad alimentare il Fondo Regionale per il Reddito Sociale. 

Infine, l’articolo 12 definisce meglio le caratteristiche e le modalità di partecipazione al Fondo Contributivo per il Reddito Sociale (FCRS). In particolare, nell’ottica di contribuire all’istituzione del Fondo, da costruirsi insieme alle parti sociali, la Regione si impegna a finanziarne inizialmente una quota parte, nelle quantità e nei modi stabiliti dal Regolamento attuativo. Gli enti e le aziende aderiscono su base volontaria a tale Fondo e stabiliscono per via negoziale, insieme alla Regione stessa ed alle OO.SS., la quota dovuta per ogni rapporto di lavoro da essi contratto diverso da quello a tempo pieno e indeterminato e che non preveda un compenso annuo lordo superiore a 8.500 Euro. 

L’articolo 13 regolamenta l’entrata in vigore della presente legge.

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