Relazione
La legge regionale 8 agosto 2001 n. 24, disciplina il sistema regionale dell’intervento pubblico nel settore abitativo. Per quanto in particolare concerne i requisiti per l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, tale impianto normativo (art. 15), specificato da successive delibere (C.R. 327/2002; C.R. 395/2002 e C.R. 485/2003) delinea un sistema suddiviso in tre aree (accesso, permanenza e decadenza) ciascuna delle quali, caratterizzata da diversi limiti di reddito dei nuclei familiari assegnatari.
Premesso che la definizione della situazione economica dei nuclei aventi diritto si basa sui criteri definiti dal D.Lgs. 109/98 e succ. modifiche (ISE – ISEE: il c.d. “redditometro”), attualmente il quadro normativo prevede (salve eccezioni legate a casi particolari):
- per l’area di accesso, cioè per poter concorrere all’assegnazione di alloggi popolari>(a seguito dell’ultimo aggiornamento ISTAT) un reddito ISE non superiore ad € 34.380 e ISEE non superiore ai 17.154;<p>
- per l’area di permanenza, cioè per conservare il diritto alla permanenza negli alloggi di edilizia residenziale pubblica, (a seguito dell’ultimo aggiornamento ISTAT) un reddito ISE non superiore ad € 51.462 e ISEE non superiore ai 34.308 (redditi superati i quali, è prevista la decadenza del diritto: c.d. area di decadenza).
Se invero i limiti di reddito previsti per l’accesso agli alloggi popolari appaiono conformi alla ratio della legge regionale e tali da venire incontro a situazioni di reale difficoltà economica delle famiglie emiliano-romagnole, eccessivamente alti sono invece i limiti di reddito previsti per la conservazione del diritto di permanenza nell’alloggio popolare (ISE = +50% e ISEE = +100% del limite di reddito per l’accesso). Del resto, trovare nelle case popolari persone che godono di redditi pari a circa 100 milioni di vecchie lire a discapito di chi avrebbe realmente bisogno di una casa per poter vivere dignitosamente la propria esperienza familiare, è contro non solo allo spirito della legge ma ad ogni più elementare principio di buon senso.
Questo progetto di legge dunque, si propone di riallineare i limiti di reddito previsti per la c.d. soglia di permanenza (e dunque per la decadenza del diritto) a quelli previsti per la soglia di accesso, sì da garantire il diritto ad una abitazione dignitosa a chi ne ha veramente bisogno: e ciò sia sul versante dell’accesso, attraverso la creazione di nuove disponibilità residenziali, sia su quello della permanenza, garantita solo a chi effettivamente versi in condizioni di disagio economico.
Ciò che consentirebbe di dare una prima risposta al problema dell’emergenza abitativa e delle interminabili liste di attesa attraverso l’instaurazione di un meccanismo virtuoso di “rotazione” (stimato attorno al 20%) tale per cui, al migliorare delle condizioni economiche del nucleo familiare assegnatario, questo viene non abbandonato a sé stesso bensì progressivamente accompagnato dal pubblico (così come oggi è, attraverso canoni compartecipati dai comuni e intermediazioni provinciali) verso soluzioni abitative alternative consentendo l’accesso all’alloggio di un nuovo nucleo familiare meno agiato. Consentirebbe altresì di evitare situazioni particolarmente odiose di assegnazioni di fatto permanenti a nuclei familiari che godono di redditi non proprio di sussistenza (ad oggi, quasi 100 milioni di lire) a discapito di chi effettivamente versi in situazioni di disagio, situazioni evidentemente contrarie allo spirito stesso che dovrebbe ispirare l’intervento pubblico in materia.
ESAME DELL’ARTICOLATO
Il presente progetto di legge si compone di due soli articoli. L’articolo 1 introduce al comma 2 dell’art. 15 della L.R. 8 agosto 2001 n. 24 un principio di parallelismo tra i limiti di reddito prescritti per l’accesso all’alloggio popolare e quelli richiesti per la permanenza nel (e dunque decadenza del) diritto medesimo: parallelismo non puro, ma flessibile, modulabile fino ad un tetto massimo del 20% del valore iniziale. Questa flessibilità potrà consentire, in sede di concertazione con gli Enti Locali, di meglio valutare le singole situazioni territoriali. L’art. 2 contiene invece una norma transitoria volta all’introduzione, entro termini certi, della relativa disciplina di dettaglio: disciplina necessaria per l’effettiva applicazione del principio che con questa legge si vuole introdurre.