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Relazione


Il lavoro in Emilia-Romagna è interessato da rapidi e significativi cambiamenti, che rappresentano la risposta alla crisi economica ed al contempo l’evoluzione e l’adattamento al mutato contesto sociale.

Il mondo del lavoro sta subendo significative modifiche, che lo allontanano sempre di più dal precedente “schema” caratterizzato da una moltitudine di lavoratori dipendenti a “posto fisso”: basti pensare che oggi il lavoro subordinato è diventato più flessibile e precario, il lavoro autonomo accentua la sua intrinseca complessità e assume connotati inediti, il lavoro imprenditoriale conferma la sua natura molecolare, evolutiva e soggetta ad una crescente instabilità dovuta agli effetti della crisi economica globale.

L’evoluzione del mondo del lavoro in Emilia-Romagna, richiede un’analisi particolarmente attenta dei bisogni espressi dai diversi attori di questo variegato mondo produttivo, ai quali occorre rispondere con politiche mirate e di ampio respiro, capaci di ricondurre entro margini di sicurezza socialmente adeguati le varie forme lavorative e professionali che connotano il nostro sistema produttivo.

In particolare, è necessario sostenere il tessuto socio-economico della piccola-impresa, pilastro portante dell’economia emiliano-romagnola (rilevato che oltre l’80 % delle imprese regionali ha un numero di addetti da 1 a 5), e sul lavoro autonomo, nelle sue varie forme ed espressioni, che invece è spesso abbandonato a se stesso, se non tacciato di rappresentare l’emblema dell’egoismo e dell’evasione fiscale.

Invero, il lavoro autonomo e la piccola impresa rappresentano un universo assai variegato, con esigenze molto differenziate al proprio interno.

Questo aggregato composito, che rappresenta il cuore pulsante dell’economia e della società dell’Emilia-Romagna, coincidente con il piccolo artigianato, il contratto d’opera, le professioni, i mestieri, ecc…., è stato attraversato nell’ultimo decennio da profondi cambiamenti relativi alla struttura produttiva ed organizzativa, ed in generale dai mutamenti del contesto economico complessivo e internazionale (globalizzazione, liberalizzazione degli scambi, finanziarizzazione dell’economia, ecc.).

Il lavoro autonomo è proliferato anche in forme nuove (con la nascita di nuovi lavori autonomi), dettagliandosi in attività rese da soggetti che, dispiegando creatività e propensione al rischio, si collocano sul mercato del lavoro con una notevole dotazione di risorse e competenze personali.

L’evoluzione di cui sopra ha portato il “mondo” del lavoro autonomo e della piccola impresa, ad essere il vero motore del sistema economico dell’Emilia-Romagna, malgrado il complessivo disinteresse, quando non anche l’ostilità manifesta della Regione.

L’espansione di una diffusa imprenditorialità e del lavoro autonomo, impone una maggior attenzione e sensibilità, da parte della politica regionale, verso le istanze di quello che è a tutti gli effetti il “motore” economico della nostra Regione; superando lo “strabismo ideologico” che da sempre vede la Regione attenta alle domande provenienti dal lavoro subordinato e dalla cooperazione (ed in misura minore alla media-grande impresa), ma al contempo sorda e refrattaria alle istanze provenienti dal lavoro autonomo e dalla micro-impresa.

La rapida dinamica dell’economia regionale impone una modifica del quadro di riferimento entro cui i lavoratori autonomi si muovono, sollecitando nuove forme di promozione e di tutela.

La crisi non ha risparmiato il tessuto della piccola impresa (es. nel settore agricolo la crisi del Parmigiano-Reggiano), e dell’economia distrettuale (la crisi della ceramica a Modena, dei motorini elettrici nelle valli del Taro-Ceno, dell’impiantistica alimentare a Parma, ecc…).

Altro effetto della crisi sull’economia locale è stata la “flessibilizzazione” che ha interessato le industrie medio-grandi, che se da un lato ha contribuito alla creazione di una rete di micro-imprese, vede queste ultime operare spesso in regime di monocommittenza e dipendenza economica, tale da renderle l’anello debole della “catena produttiva”.

Il fenomeno di cui sopra ha determinato l’insorgere di diffuse posizione lavorative simil-autonome, che in realtà si collocano in una posizione intermedia tra il lavoro autonomo “vero” ed il lavoro subordinato.

Una valutazione realistica di questa componente essenziale del sistema economico emiliano-romagnolo, deve partire proprio dalla necessità di pensare a questo mondo plurale con una “batteria” di soluzioni regolative che costituiscano un giusto mix tra più mercato e più tutele.

Il problema va approcciato contemperando alle diverse esigenze degli operatori del settore, che da un lato chiedono maggiore libertà di movimento sul mercato e maggiori chance di auto-organizzazione (artigiani altamente competitivi e professioni ad elevata qualificazione); ed al contempo maggiore tutela rispetto a certe tipologie di rapporto (co.co.pro., “partite IVA imposte” ecc.); ed altresì incentivi, semplificazione burocratica e detassazioni per l’attività di impresa (piccoli imprenditori), ed ancora tutele di tipo organico ed “identitario” (professioni non protette).

Si tratta, come si vede, di un complesso insieme di istanze e necessità sintetizzabili con la ricerca dell’obiettivo, non antitetico, di realizzare “più mercato” ed al contempo di “più regolazione”.

Si tratta a livello regionale di introdurre principi e regole adattabili e flessibili, coerenti con la tutela di un capitale umano costituito da piccoli imprenditori e professionisti, che chiede di essere valorizzato e favorito nell’ulteriore sviluppo (mobilità professionale, formazione, esperienze culturali e di accrescimento delle competenze professionali, offerta di servizi che supportino i diversi intrecci tra vita e lavoro, ecc.).

In tale contesto si ritiene necessario dotare il lavoro autonomo di un sistema organico di norme regionali, le quali, anche differenziandosi con riguardo alle diverse esigenze di tutela, diano luogo nella nostra Regione ad una prima applicazione di quanto previsto dell’art. 117 della Costituzione.

La presente proposta di uno Statuto regionale del lavoro autonomo e delle piccole imprese, capace di influenzare anche le scelte del legislatore nazionale ed europeo (incidendo sul processo legislativo ascendente), parte dalla constatazione che il lavoro autonomo può essere valorizzato ed aiutato solo dando ascolto alle esigenze espresse dalle varie categorie nelle quali si articola, con particolare riferimento ad una serie di interventi volti a realizzare il richiamato combinato disposto tra “mercato” e “regolazione”.

1) Il primo capitolo dello Statuto riguarda il tema della formazione.

In tale ambito, infatti, non v’è dubbio che le competenze regionali in materia di formazione professionale consentano iniziative volte alla qualificazione o riqualificazione delle competenze di cui dispongono i lavoratori autonomi o gli aspiranti lavoratori autonomi.

Su questo fronte gli attuali servizi offerti a livello regionale si prestano ad una rapida definizione, che preveda una differenziazione e specificità a favore dei vari tipi di lavoro autonomo che evidenzino tale necessità.

In materia occorrerà potenziare l’intervento regionale orientato alla trasmissione delle competenze per lo sviluppo di progetti finanziabili in ambito comunitario, trasformando in questo modo l’eventuale investimento a livello regionale come strumentale all’attrazione di nuove risorse, le quali supereranno ampiamente quelle investite dalla Regione al momento dell’avvio dell’iniziativa.

2) Un secondo capitolo riguarda il finanziamento delle iniziative di autoimprenditorialità ed autoimpiego.

La promozione della imprenditorialità è uno degli obiettivi istituzionale delle Camere di Commercio, che finanziano alcune iniziative ed aiutano gli aspiranti imprenditori a trovare le risorse necessarie.

Si registra anche la presenza, sia pur insufficiente, di alcuni limitati fondi regionali finalizzati alla promozione dell’imprenditori giovanile e femminile, che dovranno essere incrementati. Si tratta di misure che vanno a bando e ciò crea incertezza nel destinatario che deve verificare quando è possibile presentare la propria candidatura. Per questa ragione occorre introdurre agevolazioni finanziarie che devono riguardare gli investimenti e la gestione delle piccole imprese, con contributi a fondo perduto e mutui a tasso agevolato.

3) Un terzo capitolo riguarda la consulenza nella fase di avvio e di consolidamento della attività, i servizi di orientamento e informazione, il supporto nella ricerca di finanziamenti.

4) Un quarto capitolo riguarda le forme di sostegno al reddito per le fasi di crisi e di “non lavoro” (anche se il lavoratore autonomo continua ad investire, in termini di aggiornamento, formazione, ricerca ecc., sul “proprio” capitale umano, pur se temporaneamente privo di “commessa”).

Nulla dovrebbe infatti impedire ad una Regione iniziative che mirino a “compensare”, in modo forfettario e generalizzato, il potenziale di cooperazione sociale che i lavoratori autonomi apportano in un dato territorio, magari vincolando i medesimi a forme di restituzione in termini monetari (nelle forme del prestito agevolato, garantito dall’istituzione pubblica), sia in termini di servizio (socializzazione di saperi, acquisizioni, competenze, risorse immateriali ecc.).

5) Un quinto capitolo riguarda i temi della semplificazione amministrativa e della fiscalità.

Questi capitoli, relativi a grandi aree di interesse, sono stati declinati all’interno del contenitore “lavoro autonomo e piccole imprese”, secondo la natura dell’attività esercitata.

a) Attività imprenditoriale

Guardando al mondo dell’imprenditorialità e della micro-impresa, esso si caratterizza come vero e proprio cuore pulsante dell’attività produttiva: nella nostra Regione la quasi totalità delle unità presenti nel territorio hanno pochi addetti. La forma giuridica di queste imprese è rappresentata in netta maggioranza da ditte individuali. Sono attività in crescita in tutto il territorio regionale, ad eccezione delle aree montane, ed il loro sviluppo va letto in collegamento all’andamento della piccola e media impresa, che si presenta sempre più come traino nello sviluppo dei sistemi produttivi locali.

Le tutele da sviluppare con lo Statuto regionale del lavoro, delle professioni e delle piccole imprese riguardano, fra l’altro, le seguenti azioni:

- finanziamenti per lo start-up, con istituzione di un Fondo di rotazione regionale cui potranno accedere i Confidi dei settori economici che abbiano stanziato per l’anno di riferimento un pari importo finalizzato a sostenere prestiti d’onore destinati a neo imprenditori/imprenditrici per lo start-up di imprese a conduzione personale e l’avvio di qualsiasi attività di lavoro autonomo, con un tasso di interesse agevolato;

- sostegno all’imprenditorialità femminile e giovanile;

- consulenza e supporto nella ricerca di finanziamenti, nella scelta di business da sviluppare;

- tutele sul piano fiscale: escludere dal reddito imponibile ai fini dell’IRAP tutti i redditi di lavoro autonomo e di impresa minore, che siano stati prodotti senza l’ausilio di lavoro subordinato e/o di lavoro autonomo continuativo; stabilire una imposta sostitutiva di quella sul reddito e dell’IRAP per tutti i soggetti che realizzino processi di consolidamento, assumendo lavoro dipendente o stipulando contratti di collaborazione continuativa di durata almeno annuale; di riconoscere ai predetti soggetti un credito d’imposta da far valere in quota IRAP, proporzionato ai compensi annui erogati; promuovere una specifica azione di riforma legislativa allo scopo di rivedere la composizione dell’Osservatorio Regionale sugli Studi di Settore, allo scopo di valorizzare la dimensione territoriale;

- tutela del prodotto: istituzione di un marchio di qualità regionale da riconoscere a tutte le piccole imprese ai sensi della normativa UE, che sia titolo privilegiato per il rilascio di autorizzazioni, licenze o altri adempimenti amministrativi regionali, provinciali e comunali, e per consentire forme di compensazione diretta tra crediti e debiti tra impresa e lavoro autonomo e la pubblica amministrazione regionale;

- incrementare le misure di sostegno per l’internazionalizzazione, con attività formative finalizzate all’internazionalizzazione dell’attività economica e volte a rafforzare le competenze delle imprese;

- sostegno alla risoluzione alternativa delle controversie con arbitrato presso appositi collegi istituiti dai soggetti rappresentativi o presso le Camere Arbitrali delle Camere di Commercio;

- incentivare regimi regolamentari efficienti e semplificati per l’esercizio delle attività di lavoro autonomo in ambito regionale, con drastica riduzione degli adempimenti amministrativi richiesti per l’esercizio di dette attività, creando una commissione regionale per la delegificazione e deregolamentazione burocratica;

- predisporre supporti informatici per il lavoro autonomo e imprenditoriale, per favorire lo sviluppo di siti web standard volti alla presentazione delle attività e qualità professionali del lavoratore autonomo e favorire l’implementazione di borse o di altri istituti informatici, con l’ausilio di una piattaforma informatica regionale e l’accesso alla rete Lepida, nella quale i committenti possano rappresentare efficacemente i bisogni e ciò che vorrebbero ottenere dal mercato in termini di collaborazione o fornitura.

b) Attività di lavoro autonomo “economicamente dipendente”

Tradizionalmente il lavoro autonomo è stato costruito socialmente e politicamente attraverso un intreccio peculiare di sotto-regolazione pubblica e sovra-regolazione privata. La regolazione pubblica del lavoro e del welfare non è costruita allo scopo di fornire ai lavoratori autonomi economicamenti dipendenti una tutela adeguata. Peraltro, i processi generali di individualizzazione e di frammentazione sociale espongono queste figure a un deficit di regolazione che investe non solo la sfera pubblica, già tradizionalmente carente, ma anche quella privata, storicamente imperniata sulla forza dei legami intergenerazionali e familiari. Le trasformazioni in atto nei modelli familiari, la spinta alla femminilizzazione del lavoro autonomo di servizio e le trasformazioni culturali, stanno profondamente ridisegnando il sistema di bisogni sociali espressi da queste categorie di lavoratori.

In pratica: è sufficiente un periodo di malattia, un infortunio che costringa all’inattività per alcuni mesi, una fattura di una certa consistenza non pagata, una pesante richiesta di danni da parte di un committente, il fallimento (doloso o meno) di un fornitore o di un committente, per produrre la rovina economica del piccolo imprenditore e dei propri collaboratori, spesso familiari dello stesso imprenditore.

La proposta di Statuto regionale del lavoro autonomo prevede forme di tutela quali:

ammortizzatori sociali e tutela del reddito;

- percorsi formativi gratuiti e/o a canone agevolato, per l’intrapresa di attività di lavoro autonomo, per la formazione imprenditoriale, nonché per l’acquisizione, l’adeguamento e la qualificazione delle competenze professionali: assegni formativi destinati ad esercenti attività di lavoro autonomo per garantire l’accesso individuale ad attività di alta formazione o formazione specialistica continua e permanente e servizi di supporto della conciliazione tra tempi di vita e di lavoro;

- assegni di servizio per favorire l’accesso e la permanenza nel mercato del lavoro, nonché la progressione professionale, di persone svolgenti attività di lavoro autonomo a rischio di esclusione per carichi di cura;

- istituzione di una apposita “Borsa Lavoro” destinata al lavoro autonomo, in collegamento con la borsa nazionale del lavoro e con altri sistemi informativi europei, per favorire le più ampie opportunità occupazionali e di mobilità geografica dei lavoratori autonomi;

Diritti e garanzie nel rapporto con i clienti/committenti, quali tutela dal ritardo nei pagamenti da parte dei committenti, garanzie nei tempi di pagamento;

garanzie di tipo patrimoniale con i fornitori e subfornitori.

c) Attività professionali

Con riguardo alle professioni, lo Statuto regionale del lavoro autonomo riconosce la centralità dei servizi professionali per lo sviluppo e l’ammodernamento sociale ed economico del proprio territorio e, in tale ottica, propone che la Regione adotti le seguenti linee guida:

- promuova in ambito regionale il pieno recepimento e l’attuazione operativa dei principi comunitari di concorrenza e libera circolazione dei professionisti e delle professioni intellettuali;

- riconosca la funzione di controllo esercitata dagli Ordini per le attività professionali che presentano un effettivo interesse pubblico da tutelare, in quanto attinenti ad interessi costituzionalmente garantiti o comunque di grande rilievo sociale;

- rilasci, nel rispetto dei livelli minimi uniformi di preparazione stabiliti dalle leggi statali, titoli professionali che consentono l’esercizio dell’attività professionale anche fuori dei limiti territoriali regionali;

- conferisca personalità giuridica alle associazioni rappresentative di professionisti che non esercitano attività regolamentate o tipiche di professioni disciplinate ai sensi dell’art. 2229 c.c.

Si propone inoltre che la Regione Emilia-Romagna promuova, di concerto con gli ordini professionali e le associazioni professionali, il monitoraggio della diffusione delle attività libero-professionali nell’ambito locale, a garanzia di interessi pubblici generali del territorio, ed altresì che vigili affinché siano rispettate condizioni di effettiva libera concorrenza tra professionisti nonché alti livelli qualitativi delle prestazioni professionali a tutela degli interessi dell’utenza.

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