Relazione
RelazioneCon questo nuovo progetto di legge proseguo nella battaglia, condivisa da molti Romagnoli, intrapresa con precedenti ed analoghi progetti di legge, a partire da quello del 27 maggio 1998 nella VI legislatura a firma del Consigliere Ridolfi, pur sapendo che l’esito difficilmente sarà favorevole a causa dei pregiudizi della maggioranza che governa la Regione rispetto a tutto quanto riguarda la “questione Romagna”.
Il presupposto del progetto di legge, è la distinzione, universalmente e storicamente riconosciuta, tra due entità territoriali dotate di caratteri diversi, storico-antropologici, linguistici, culturali,sociali ed economici.
La Romagna dal punto di vista storico non è una novità; basterebbe ricordare le carte del 1597 “Romagna Olim Flaminia” del Magini, quella del 1626 stampata ad Amsterdam che indica la Romagna come entità distinta nonostante fosse sottoposta a tre diversi domini, “La Regione della Romagna del 1694” con il suo nome storico e quella del 1851 pubblicata dall’Imperial Regio Istituto Geografico Militare di Vienna che è la prima
moderna carta topografica della Regione. La Riforma in senso federalista dello Stato può permettere ai Romagnoli di richiedere un referendum sull’autonomia della Romagna, ma, a prescindere da questo importante riconoscimento di un diritto di democrazia diretta, la Romagna è comunque e storicamente un territorio diverso dall’Emilia con la quale forma l’unica regione d’Italia a statuto ordinario rimasta ancora composita: l’Emilia-Romagna.
La delimitazione ed il riconoscimento della Romagna dal punto di vista geografico, storico e culturale, che non significa necessariamente autonomia politica e amministrativa, continua ad essere un tabù. L’opposizione all’adempimento di quanto previsto dalla Costituzione è preconcetta ed ignora gli studi, le ricerche, gli approfondimenti, anche recentemente rinnovati, sui confini romagnoli. E’ infatti noto che nelle prime opere cartografiche del sedicesimo secolo, il confine risultava ben individuato, ma c’erano dubbi per i periodi precedenti. Ulteriori più recenti approfondimenti chiariscono ancor meglio come il corso del Sillaro abbia sempre tenuto divisa la Romagna dai restanti territori dell’attuale regione composita, in direzione nord-ovest.
È nota a tutti l’eterogeneità dei due territori, che compongono la nostra regione, che emerge con tutta evidenza dalla sua denominazione binaria (“Emilia” e “Romagna). La mia proposta di legge non prefigura di per sé alcuna separazione ed ecco perché non nomina quei territori romagnoli che sono ora aggregati ad una regione diversa dall’Emilia-Romagna, come quel decimo che fa parte della Toscana, mentre cita i territori della Valmarecchia i cui Comuni hanno deciso di aggregarsi alla provincia di Rimini. Il trattino, che unisce l’Emilia-Romagna è come tutti i trattini un segno che tiene insieme, uniti e distinti, gli elementi di un’espressione geografica composta.
Romandiola, ossia piccola Roma, indicò le terre mantenute prima dall’Impero Bizantino, poi dai Pontefici (e ne derivò il termine Romagna). Per tredici secoli, dunque, si parla di Romagna come regione ben distinta mentre addirittura non si parla di Emilia. È opinione concorde degli studiosi di geografia antropica ed economica che Bologna e il suo contado appartengono all’Emilia, non alla Romagna, come indicano differenze insormontabili linguistiche, economiche e culturali. Ecco perché anche in questo progetto di legge ripropongo come confine non già il Panaro o il Reno, ma quel fiume Sillaro, attraversato il quale il quale sicuramente comincia la Romagna.
Carlo Cattaneo più volte si sofferma sulla realtà della Romagna. La Romagna, nata tredici secoli or sono, continua a vivere come entità antropologicamente definita e fa parte della stessa regione con l’Emilia, alla quale venne unita con un trattino che voleva essere l’espressione di una pari dignità, non certo l’indicazione di una appendice subalterna. La legge che presento intende appunto convalidare questa interpretazione: riconoscere una differenza storicamente affermata e costituzionalmente certificata, anche con un confine intraregionale. È un atto del tutto fondato sia sul piano politico che su quello giuridico ed è opportuno ed utile anche per molti aspetti concreti ed attuali. In questo quadro appare evidente come, per valorizzare i prodotti romagnoli, sia necessario ben individuare e circoscrivere l’area dove questi sono prodotti o coltivati, cioè delimitarne i confini entro i quali poter usare certe denominazioni. Nell’attuale quadro indistinto non si riesce con profitto ad esaltarne le necessarie diversità e la tipicità, che si possono tradurre in valore aggiunto ed in un grande fattore di marketing e di rivalutazione di un’immagine che è stata troppo appannata anche da scelte ed imposizioni sbagliate della Regione.