CORTE COSTITUZIONALE

SENTENZA 14 dicembre 2005, n. 469

Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale della Legge della Regione Umbria 16 aprile 2005, n. 21 (Nuovo Statuto della Regione Umbria), e della Legge della Regione Emilia-Romagna 31 marzo 2005, n. 13 (Statuto della Regione Emilia-Romagna), promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri, rispettivamente notificati il 18 e il 30 maggio 2005, depositati in Cancelleria il 24 maggio e l'1 giugno 2005 ed iscritti il primo al numero 60 e l'altro al numero 66 Registro ricorsi 2005

In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai
signori:
Annibale Marini, Presidente; Franco Bile, Giovanni Maria Flick,
Francesco Amirante, Ugo De Siervo, Romano Vaccarella, Paolo Maddalena,
Alfio Finocchiaro, Alfonso Quaranta, Franco Gallo, Luigi Mazzella,
Gaetano Silvestri, Sabino Cassese, Maria Rita Saulle, Giuseppe
Tesauro, giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale della Legge della Regione
Umbria 16 aprile 2005, n. 21 (Nuovo Statuto della Regione Umbria), e
della Legge della Regione Emilia-Romagna 31 marzo 2005, n. 13 (Statuto
della Regione Emilia-Romagna), promossi con ricorsi del Presidente del
Consiglio dei Ministri, rispettivamente notificati il 18 e il 30
maggio 2005, depositati in Cancelleria il 24 maggio e l'1 giugno 2005
ed iscritti il primo al numero 60 e l'altro al numero 66 Registro
ricorsi 2005
visti gli atti di costituzione della Regione Umbria e della Regione
Emilia-Romagna nonche' l'atto di intervento di Claudio Abiuso,
Marcello Teti e Mara Guidarelli, in proprio e nella qualita' di
rappresentanti del "Comitato per il referendum sullo Statuto regionale
dell'Umbria";
udito nella udienza pubblica del 29 novembre 2005 il Giudice relatore
Ugo De Siervo;
uditi l'avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del
Consiglio dei Ministri, l'avvocato Giandomenico Falcon per le Regioni
Umbria ed Emilia-Romagna e l'avvocato Urbano Barelli per Claudio
Abiuso, Marcello Teti e Mara Guidarelli, in proprio e nella qualita'
di rappresentanti del "Comitato per il referendum sullo Statuto
regionale dell'Umbria".
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato il 18 maggio 2005 e depositato il 24
maggio 2005, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e
difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, per
violazione degli articoli 123, 117, primo comma, 127, 134, 136, 1, 3 e
48 della Costituzione, la legge della Regione Umbria 16 aprile 2005,
n. 21 (Nuovo Statuto della Regione Umbria), chiedendone "la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale".
2. - II ricorrente premette, in fatto, che la delibera statutaria
della Regione Umbria e' stata a suo tempo oggetto di ricorso
governativo, ai sensi dell'art. 123, secondo comma, Cost, e che, con
la Sentenza n. 378 del 2004, depositata il 6 dicembre 2004 e
pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 15 dicembre 2004, questa Corte,
respinte alcune censure e dichiarate inammissibili altre censure, ne
ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale per quanto riguarda
l'art. 66, commi 1, 2 e 3. Lo stesso 15 dicembre il testo della
Sentenza e' stato pubblicato nel Bollettino Ufficiale della Regione
unitamente ad un avviso nel quale si comunicava che l'art. 66 era
stato dichiarato costituzionalmente illegittimo, con la precisazione
che "il presente avviso costituisce pubblicita' notizia ai fini degli
adempimenti previsti dall'art. 123, terzo comma, della Costituzione e
dalla legge regionale 28 luglio 2004, n. 16".
Riferisce ancora il ricorrente che, in data 29 dicembre 2004, veniva
pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione la "risoluzione" 10
dicembre 2004 del Consiglio regionale, con la quale il Consiglio
prendeva atto di quanto affermato dalla Corte e invitava "il
Presidente della Giunta regionale a promulgare lo Statuto nei tempi
piu' rapidi possibili, una volta esaurita la fase della possibile
richiesta di referendum, ed ovviamente dopo lo svolgimento dello
stesso, ove richiesto".
Infine, nel medesimo Bollettino Ufficiale del 18 aprile 2005 veniva
pubblicata la legge impugnata, accompagnata dalla seguente formula:
"Il Consiglio regionale ha approvato ai sensi dell'art. 123, secondo
comma della Costituzione; il Governo ha promosso giudizio di
legittimita' costituzionale conclusosi con la sentenza della Corte
Costituzionale n. 378 del 29 novembre 2004; nessuna richiesta di
referendum e' stata presentata; il Presidente della Giunta regionale
promulga . . .".
3. - Nel merito, il Presidente del Consiglio dei Ministri denunzia,
innanzi tutto, l'illegittimita' costituzionale della legge regionale
impugnata per violazione delle regole sul procedimento di approvazione
degli statuti regionali previste dall'art. 123 della Costituzione. Ad
avviso del ricorrente, infatti, qualunque dichiarazione di
illegittimita' costituzionale della delibera statutaria a seguito del
ricorso governativo di cui al secondo comma del citato art. 123, anche
se limitata solo ad alcune disposizioni, determinerebbe comunque la
necessita' di un nuovo esame da parte del Consiglio regionale al fine
di definire compiutamente, attraverso le due deliberazioni successive,
adottate ad intervallo non minore di due mesi, il testo dello statuto
che si intenda definitivamente varare; testo che dovrebbe essere reso
noto per la eventuale richiesta di referendum, da presentare entro tre
mesi a decorrere dalla pubblicazione notiziale dell'esatto testo
definitivo adottato.
Ne', d'altra parte, si osserva nel ricorso, potrebbero mai ritenersi
configurabili casi di non obbligatorieta' di una nuova doppia
deliberazione del Consiglio regionale o casi in cui non occorra una
nuova pubblicazione del testo statutario modificato, e cio' per un
duplice ordine di ragioni.
Da un primo punto di vista, in quanto le disposizioni statutarie
formerebbero "un unico ed inscindibile contesto - particolarmente per
quanto concerne il contenuto necessario dello statuto attinente alla
forma di governo ed ai principi fondamentali di organizzazione e
funzionamento della Regione - che deve ritenersi coordinato in un
sistema in se' coerente", di modo che l'eliminazione ab extra anche di
una sola norma imporrebbe una verifica circa la non alterazione
dell'equilibrio voluto, tramite deliberazioni assunte con le
maggioranze e secondo le speciali regole procedimentali fissate
nell'art 123 Cost.
La legge impugnata, peraltro, contrasterebbe con la disciplina
costituzionale del procedimento statutario anche da un secondo punto
di vista, poiche' risulterebbe pregiudicata "l'esigenza di
salvaguardia della garanzia costituzionale del libero esercizio del
diritto pubblico soggettivo di richiedere il referendum popolare"; in
particolare, il principio di chiarezza ed univocita' del quesito
referendario, di valenza generale ed assoluta, escluderebbe "la
possibilita' di ricavare il quesito referendario concernente un corpus
normativo organico da interventi ortopedici o manipolatori del tessuto
normativo, risultanti dalla combinazione di fonti diverse,
suscettibili di compromettere la chiara comprensione dell'insieme di
norme (e quindi del quesito) soggetto alla valutazione degli elettori"
e non risultanti, invece, da una chiara e rinnovata volonta' normativa
del Consiglio regionale. Cio' arriverebbe a produrre una "palese
compromissione della liberta' del voto (art. 48 Cost.)" e la
"vulnerazione del principio di effettivita' della sovranita' popolare
(art. 1 Cost.)".
Il ricorrente afferma altresi' che i comportamenti degli organi della
Regione Umbria avrebbero altresi' violato alcune norme contenute nella
L.R. 28 luglio 2004, n. 16 (Disciplina del referendum sulle leggi di
approvazione o di modificazione dello statuto regionale).
Da ultimo, il Presidente del Consiglio dei Ministri osserva come la
Regione Umbria, "dopo la risoluzione amministrativa 10 dicembre 2004
del Consiglio regionale, neppure approvata a maggioranza assoluta dei
suoi componenti", avrebbe totalmente disatteso le indicazioni circa il
modus procedendi fornite dal Consiglio di Stato, Sez. I, nel parere 12
gennaio 2005, n. 12054/04, reso su richiesta della Regione medesima,
nel quale si concludeva per la necessita' di dare corso ad un nuovo
procedimento in "tutti i casi di modificazione del testo della legge
statutaria".
Il ricorrente conclude, pertanto, per "l'illegittimita' della
promulgazione della legge statutaria de qua operata, in violazione
dell'art. 123 e vulnerando il principio di legalita' costituzionale
espresso anche dall'art. 117, comma 1, Cost., prima del compimento del
relativo iter procedimentale costituzionalmente stabilito", non
essendo intervenute - dopo la sentenza n. 378 del 2004 di questa Corte
- "ne' le conformi delibere successive a maggioranza assoluta del
Consiglio regionale ne' la pubblicazione del testo definitivo dello
statuto da proporre come oggetto dell'eventuale richiesta
referendaria, con conseguente compromissione dei diritti politici
degli elettori costituzionalmente garantiti (artt. 1, 48 e 123 Cost.)
e violazione dei canoni fondamentali di coerenza e ragionevolezza
(art. 3 Cost.)" - Inoltre, dal momento che la suddetta promulgazione
non avrebbe omesso l'art. 66 gia' dichiarato costituzionalmente
illegittimo, sarebbe "configurabile anche una violazione del principio
espresso dall'art. 136 Cost.".
4. - Con atto depositato il 17 giugno 2005 si e' costituita in
giudizio la Regione Umbria, chiedendo che il ricorso sia dichiarato
inammissibile e infondato, rinviando a separata memoria
l'illustrazione delle ragioni a sostegno della propria difesa.
5. - Con atto depositato il 28 giugno 2005 hanno spiegato intervento
ad adiuvandum i sigg.ri Claudio Abiuso, Marcello Teti e Mara
Guidarelli, in proprio ed in qualita' di promotori del referendum
sullo statuto dell'Umbria, nonche' di rappresentanti dell'apposito
"Comitato per il referendum sullo Statuto regionale dell'Umbria".
Gli intervenienti - richiamati i fatti che li hanno condotti a
promuovere, con autonomo ricorso, conflitto di attribuzione ex art.
134 Cost. avverso l'atto di promulgazione della L.R. n. 21 del 2005,
nonche', per quanto occorra, avverso le modificazioni introdotte al
quesito referendario e ai moduli per la richiesta di referendum ad
opera dell'Ufficio di Presidenza e del Segretario generale del
Consiglio regionale dell'Umbria con decisione del 14 dicembre 2004 -
riconoscono che "la Costituzione non prevede espressamente la
legittimazione ad intervenire di coloro che, elettori regionali, si
dichiarano interessati a promuovere il referendum confermativo dello
statuto regionale come previsto e garantito dall'art. 123 Cost.";
tuttavia, osservano che tale legittimazione all'intervento sarebbe,
seppure eccezionalmente, da ritenersi implicita nel sistema
costituzionale, in quanto - "diversamente opinando e racchiudendo il
contraddittorio tra Governo e Regione Umbria" - "si escluderebbe dal
contraddittorio processuale un soggetto interessato e
costituzionalmente qualificato, quale l'esponenza del potere
legislativo del popolo, che ha il diritto e l'interesse a promuovere
la procedura referendaria confermativa della legge statutaria". In
questo senso rileverebbe la giurisprudenza di questa Corte, la quale
avrebbe da tempo riconosciuto, ai sottoscrittori della richiesta di un
referendum abrogativo di legge nazionale, la titolarita', nell'ambito
della procedura referendaria, di una funzione costituzionalmente
rilevante e garantita, in quanto essi attivano la sovranita' popolare
nell'esercizio dei poteri referendari e concorrono con altri organi e
poteri al realizzarsi della consultazione popolare (da ultimo,
Ordinanza n. 137 del 2000). Trattandosi, nel caso di specie, di una
funzione riconosciuta dalla stessa Costituzione, all'art. 123. in
guisa di diritto pubblico soggettivo perfetto costituito in capo agli
elettori regionali promotori di una richiesta referendaria
confermativa dello statuto regionale, solo alla Corte Costituzionale
dovrebbe spettare il potere di garantirne il corretto esercizio contro
impedimenti operati da altri poteri.
6. - Quanto al merito, gli intervenienti sostengono, in primo luogo,
la radicale illegittimita' costituzionale del nuovo statuto della
Regione Umbria per una serie di distinte ragioni.
Anzitutto, osservano, la promulgazione non avrebbe potuto in alcun
modo ritenersi consentita dall'ordinamento e sarebbe comunque lesiva
del diritto soggettivo dei promotori del referendum, in quanto avrebbe
impedito irreparabilmente l'esercizio del diritto di raccogliere le
firme nel periodo di tre mesi di cui all'art. 123 Cost. Ad avviso
degli intervenienti, il termine per la raccolta delle firme non
sarebbe neppure cominciato a decorrere, in quanto non sarebbe mai
avvenuta la "pubblicazione nel Bollettino Ufficiale regionale della
nuova doppia e conforme deliberazione consiliare" a maggioranza
assoluta, pubblicazione resasi necessaria a seguito della sentenza di
questa Corte n. 378 del 2004 di parziale annullamento della delibera
statutaria.
A sostegno di questa ricostruzione gli intervenienti richiamano il
parere del Consiglio di Stato, n. 12054/04, il quale avrebbe chiarito
che "qualunque dichiarazione di illegittimita' e quindi qualunque
modificazione, anche parziale e meramente cassatoria o eliminatoria,
comporta l'impossibilita' di utilizzare il periodo di tempo gia'
trascorso e gli atti essenzialmente compiuti, e la necessita' di dare
inizio ad un nuovo procedimento, con conseguente decorso ab inizio del
termine di tre mesi".
Cio' renderebbe evidente che l'oggetto del referendum confermativo non
avrebbe potuto e non potrebbe essere, dopo la citata sentenza di
questa Corte, il testo originario della deliberazione statutaria come
modificato dalla dichiarazione di illegittimita' costituzionale
parziale, bensi' solo quello risultante da una nuova e rinnovata
manifestazione di volonta' del Consiglio regionale, da esprimersi con
una nuova duplice delibera ex art. 123 Cost.
Nell'atto di intervento si fa rilevare, inoltre, che non solo non ci
sarebbe stata una nuova doppia delibera ma neppure una semplice. Tale
infatti non potrebbe essere considerato l'atto di indirizzo politico
adottato dal Consiglio regionale il 10 dicembre 2004, di mera
"risoluzione" e "presa d'atto" delle notizie riferite dal Presidente
della Giunta, approvato con la maggioranza semplice dei consiglieri e
dunque con una maggioranza non idonea ad esprimere alcuna volonta'
consiliare statutaria.
Gli intervenienti affermano anche che la promulgazione non sarebbe
stata comunque possibile durante il periodo di scioglimento del
Consiglio regionale, in particolare poiche' tale potere non avrebbe
potuto essere considerato tra quelli relativi "agli affari di
ordinaria amministrazione" spettanti alla Giunta e al suo Presidente.
Su queste premesse, inoltre, la intervenuta modificazione in via
amministrativa del quesito referendario non potrebbe che essere
ritenuta illegittima, di talche' - si conclude nell'atto di intervento
- l'intero procedimento statutario non sarebbe ancora uscito dalla
fase consiliare, non si sarebbe mai aperto il termine dei tre mesi per
la richiesta di referendum confermativo e, soprattutto, non si sarebbe
mai aperta la possibilita' di esercizio del potere di promulgazione da
parte del Presidente della Giunta regionale.
A giudizio degli intervenienti, infine, lo statuto della Regione
Umbria non avrebbe potuto essere promulgato anche perche' vi sarebbe
un difetto di conformita', sotto molteplici profili, tra le due
deliberazioni consiliari del 2 aprile e del 29 luglio 2004.
7. - Con ricorso notificato il 30 maggio 2005 e depositato l'1 giugno
2005, il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato, per violazione
degli articoli 123, 117, primo comma, 127, 134, 1, 3 e 48 della
Costituzione, la legge della Regione Emilia-Romagna 31 marzo 2005, n.
13 (Statuto della Regione Emilia-Romagna), chiedendone "la
dichiarazione di illegittimita' costituzionale".
8. - II ricorrente premette, in fatto, che la delibera statutaria
della Regione Emilia-Romagna, e' stata a suo tempo oggetto di ricorso
governativo a questa Corte, ai sensi dell'art. 123, secondo comma,
Cost, e che la Sentenza n. 379 del 2004, depositata il 6 dicembre 2004
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale il 15 dicembre 2004, respinte
alcune censure e dichiarate inammissibili altre censure, ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'ari. 45, comma 2, terzo periodo,
della citata delibera statutaria.
Rileva il ricorrente che nel Bollettino Ufficiale della Regione dell'1
aprile 2005 e' stata pubblicata la delibera statutaria, accompagnata
dalla seguente formula: "Il Consiglio regionale ha approvato; nessuna
richiesta di referendum e' stata presentata; il Presidente della
Giunta regionale promulga . . .". Il ricorrente osserva, in primo
luogo, che il testo della legge regionale pubblicato non coincide con
quello originariamente deliberato, risultando omesso il terzo periodo
del comma 2 dell'art. 45, dichiarato incostituzionale; in secondo
luogo, che nello stesso Bollettino, in calce alla legge, sotto la
dicitura "Lavori preparatori", risulta la seguente testuale
indicazione: "- presa d'atto della sentenza della Corte Costituzionale
n. 379 del 29/11/2004, con deliberazione del Consiglio regionale n.
638 del 18/1/2005".
9. - Nel merito, il Presidente del Consiglio dei Ministri denunzia
l'illegittimita' costituzionale della legge regionale impugnata per
violazione delle regole sul procedimento di approvazione degli statuti
regionali previste dall'art. 123 Cost. nonche' per violazione degli
artt. 117, primo comma, 134, 1, 3 e 48 Cost., con argomenti in tutto
identici a quelli gia' fatti valere nel ricorso avverso la legge di
adozione dello statuto della Regione Umbria, concludendo anche in
questo caso per "l'illegittimita' della promulgazione della legge
statutaria de qua operata, in violazione dell'art. 123 e vulnerando il
principio di legalita' costituzionale espresso anche dall'art. 117,
comma 1, Cost., prima del compimento del relativo iter procedimentale
costituzionalmente stabilito", non essendo intervenute - dopo la
sentenza n. 379 del 2004, con la quale questa Corte aveva accolto
parzialmente il ricorso del Governo sulle disposizioni dello statuto
regionale approvato in seconda deliberazione il 14 settembre 2004 -
"ne' le conformi delibere successive a maggioranza assoluta del
Consiglio regionale ne', comunque, la pubblicazione del testo
definitivo dello statuto da proporre come oggetto dell'eventuale
richiesta referendaria, con conseguente compromissione dei diritti
politici degli elettori costituzionalmente garantiti (artt. 1, 48 e
123 Cost.) e violazione dei canoni fondamentali di coerenza e
ragionevolezza (art. 3 Cost.)".
Il ricorrente afferma anche che i comportamenti della Regione
Emilia-Romagna si sarebbero posti in violazione di alcune norme
contenute nella L.R. 27 ottobre 2000, n. 29 (Disciplina del referendum
sulle leggi regionali di revisione statutaria ai sensi dell'art. 123
della Costituzione), dal momento che non ci si sarebbe potuti riferire
ad un nuovo testo statutario consapevolmente e definitivamente
adottato dal Consiglio regionale.
Da ultimo, il Presidente del Consiglio dei Ministri osserva come la
Regione Emilia-Romagna, "con la risoluzione amministrativa 18 gennaio
2005 del Consiglio regionale, che non risulta neppure approvata a
maggioranza assoluta dei suoi componenti, di presa d'atto della
sentenza della Corte Costituzionale", abbia totalmente ed
inspiegabilmente disatteso le indicazioni circa il modus procedendi
fornite dal Consiglio di Stato, Sez. I, nel parere 12 gennaio 2005, n.
12036/04, reso su richiesta della Regione medesima, nel quale si
concludeva affermando che "l'approvazione di un testo privo della
norma dichiarata non conforme a Costituzione richiede un procedimento
integralmente nuovo".
10. - Con atto depositato il 21 giugno 2005 si e' costituita in
giudizio la Regione Emilia-Romagna, chiedendo che il ricorso sia
dichiarato inammissibile e infondato, rinviando a separata memoria
l'illustrazione delle ragioni a sostegno della propria difesa.
11. - In prossimita' dell'udienza pubblica, la Regione Umbria ha
depositato una memoria, argomentando circa la manifesta
inammissibilita' e, in subordine, l'infondatezza del ricorso, nonche'
circa l'inammissibilita' e l'infondatezza dell'atto di intervento.
12. - Quanto all'inammissibilita' del ricorso, la difesa regionale
muove dalla duplice considerazione del carattere esclusivamente
preventivo dell'impugnazione prevista dalla speciale disciplina
dell'art. 123, secondo comma, Cost., il cui termine di trenta giorni
decorrerebbe dalla pubblicazione notiziale della delibera statutaria
(Sentenza n. 304 del 2002 di questa Corte), e della inapplicabilita'
agli statuti regionali dell'impugnazione governativa prevista, in via
generale, dall'art. 127 Cost. per le leggi regionali.
Nella specifica vicenda dell'approvazione del nuovo statuto della
Regione Umbria, l'eventuale nuova impugnazione non avrebbe potuto che
rivolgersi avverso la legge statutaria quale risultava dall'atto che
costituiva "ad ogni effetto la seconda pubblicazione notiziale"; atto
da rinvenirsi nella pubblicazione della sentenza di questa Corte n.
378 del 2004, avvenuta nel Bollettino Ufficiale della Regione del 15
dicembre 2004 unitamente alla comunicazione della dichiarazione di
illegittimita' costituzionale dell'art. 66, con la esplicita
precisazione che "il presente avviso costituisce pubblicita' notizia
ai fini degli adempimenti previsti dall'art. 123, comma terzo, della
Costituzione e della L.R. 28 luglio 2004, n. 16". Era dunque da tale
data, ad avviso della Regione Umbria, "che decorrevano nuovamente i
tre mesi per la richiesta di referendum e (. . .) i trenta giorni per
l'eventuale ulteriore impugnazione da parte del Governo".
Il ricorso - conclude la difesa regionale - dovrebbe pertanto essere
dichiarato inammissibile per palese tardivita' in relazione all'art.
123, secondo comma, Cost., nonche' per palese inammissibilita'
dell'impugnazione in relazione all'art. 127 Cost., dal momento che il
Governo avrebbe dovuto "proporre un secondo ricorso preventivo ex art.
123 Cost., senza attendere la pubblicazione legale dello statuto per
proporre un ricorso successivo in chiaro contrasto con le norme
costituzionali che regolano le impugnazioni rispettive degli statuti e
delle leggi regionali ordinarie".
13. - Quanto al merito del ricorso governativo, la Regione contesta la
fondatezza delle tesi sostenute dal ricorrente e dal Consiglio di
Stato in sede consultiva.
In primo luogo, sarebbe eccessiva ed erronea la tesi secondo la quale
l'eliminazione anche di una sola norma imponga "di rivedere i nessi
che legavano la norma elisa ad altre disposizioni suscettibili di
essere incise nella loro valenza proprio dalla rimozione di essa".
Questa tesi non terrebbe conto, infatti, della possibilita', che
esiste per qualunque legge, che una delle norme che la compongono sia
oggetto di dichiarazione di illegittimita' costituzionale in via
incidentale o in via principale, con la conseguenza che "qualunque
pronuncia di illegittimita' costituzionale dovrebbe imporre come
conseguenza la sospensione dell'efficacia dell'intera legge, in attesa
che l'organo competente valuti se, senza la norma dichiarata
incostituzionale, il resto e' ancora meritevole di valere come
legge".
Secondo la resistente, soltanto a questa Corte spetterebbe il potere
di valutare se la norma dichiarata incostituzionale presenti
connessioni essenziali con altre norme della stessa legge ed, in
questo caso, la stessa Corte provvederebbe ad estendere la pronuncia
di illegittimita' anche a tali norme. Cio', d'altronde, sarebbe
accaduto proprio nel caso in questione con la Sentenza n. 378 del
2004, la quale ha esteso la pronuncia di illegittimita' costituzionale
all'intero art. 66 dello statuto approvato dal Consiglio, pur se
l'impugnazione ne coinvolgeva solo una parte.
Le censure formulate nel ricorso e ancor prima il parere del Consiglio
di Stato, al contrario, confonderebbero due istituti diversi: il
rinvio "come strumento di blocco del procedimento legislativo" ed il
giudizio di legittimita' costituzionale "come strumento rivolto ad
eliminare preventivamente o successivamente le disposizioni
costituzionalmente illegittime (e quelle indissolubilmente connesse),
senza affatto porre in discussione l'entrata in vigore o la vigenza
gia' acquisita delle parti rimanenti".
In definitiva, la Regione sostiene che, con riferimento al
procedimento statutario, dopo la dichiarazione di illegittimita'
costituzionale di singole norme non vi sarebbe alcuna necessita' di
uno specifico intervento del Consiglio regionale per "riattivare" il
procedimento, ma questo dovrebbe semplicemente continuare in relazione
allo statuto, quale risulta dopo il giudizio della Corte
Costituzionale. Vi sarebbe, dunque, "non un potere ma precisamente un
dovere di pubblicazione ai fini del referendum, e successivamente, una
volta scaduto il termine per la richiesta o una volta superato il
referendum, un dovere di promulgazione a carico del Presidente".
La difesa regionale osserva, inoltre, come il dibattito dottrinale non
si sia incentrato sulla necessita' di una nuova delibera legislativa
per confermare lo statuto "mutilato", ma sulla necessita' di una nuova
delibera legislativa o di un mero ordine del giorno per bloccare
eventualmente la promulgazione dello statuto parzialmente annullato.
Cio' tanto piu' in una circostanza quale quella del caso concreto,
nella quale la declaratoria di illegittimita' effettuata da questa
Corte con la Sentenza n. 378 del 2004 e' risultata dovuta alla
estraneita' della disciplina delle incompatibilita' dei consiglieri e
degli assessori alla materia statutaria per incompetenza assoluta
dello statuto a dettare una simile disciplina spettante, invece, alla
legge regionale ordinaria, "nei limiti dei principi fondamentali
stabiliti con legge della Repubblica".
Come ulteriore argomento a sostegno della non necessita' della
riapprovazione ex art. 123 Cost. dello statuto parzialmente annullato,
la Regione richiama le previsioni contenute nelle leggi della Regione
Lazio n. 8 del 2004, della Regione Emilia-Romagna n. 29 del 2000,
della Regione Marche n. 28 del 2002, nonche' della Provincia autonoma
di Trento n. 13 del 2002, le quali stabiliscono espressamente - senza
che il Governo abbia proposto censure al riguardo - che, a seguito di
una sentenza di annullamento parziale, sia necessaria la
riapprovazione ex art. 123 Cost. solo nel caso in cui il Consiglio
intenda introdurre modifiche sostanziali al testo gia' approvato e
oggetto del giudizio di costituzionalita'.
Altra "conferma istituzionale" della ricostruzione prospettata,
secondo la Regione, sarebbe rinvenibile nella pur discutibile prassi,
adottata in Sicilia, della  promulgazione parziale di leggi regionali
oggetto di impugnazione statale.
La Regione conclude sul punto affermando l'erroneita' della tesi che
una dichiarazione di illegittimita' parziale possa far venire meno,
per le leggi statutarie, il dovere di riattivazione della procedura
referendaria e, in seguito, di promulgazione a carico del Presidente;
cio', a maggior ragione, quando "non solo non sia stata annullata una
norma riguardante un contenuto necessario dello statuto", ma sia stata
annullata "una norma che non doveva essere contenuta nello statuto".
14. - Ad avviso della Regione Umbria, sarebbe infondata anche la
censura concernente la lamentata violazione del diritto di chiedere il
referendum.
Anzitutto, l'asserita mancanza dell'intero termine di tre mesi per la
richiesta del referendum sarebbe del tutto infondata in fatto, dal
momento che la Regione avrebbe considerato interrotto il termine dopo
la Sentenza n. 378 del 2004 di questa Corte, facendolo decorrere ex
novo a seguito della pubblicazione avvenuta nel Bollettino Ufficiale
del 15 dicembre 2004.
Quanto alla pubblicazione dello statuto, la Regione sottolinea di aver
appunto pubblicato nel Bollettino Ufficiale la notizia della
caducazione dell'art. 66 e che dunque il testo dello statuto era
quello gia' a suo tempo pubblicato, con la soppressione del predetto
art. 66, precisandosi anche che tale comunicazione valeva ai fini
della richiesta di referendum. Nessuna incertezza poteva dunque
sussistere circa il testo sul quale eventualmente chiedere il
referendum.
D'altronde, fa osservare la resistente, non solo l'esercizio del
diritto di richiedere il referendum era possibile, "ma tale diritto e'
stato addirittura esercitato concretamente e senza alcuna
difficolta'"; il Bollettino Ufficiale del 22 dicembre documenterebbe,
infatti, che gia' il giorno 16 dicembre coloro che intendevano
promuovere il referendum avevano regolarmente ritirato 1.500 moduli
per la raccolta delle firme, rendendo cosi' evidente che la mancata
raccolta delle firme o il mancato deposito di una richiesta di
referendum non sarebbero in alcun modo addebitabili "a presunte
incertezze sul testo su cui esso avrebbe dovuto svolgersi, ne' a
difetti della relativa pubblicazione".
15. - La Regione Umbria contesta, infine, analiticamente la fondatezza
delle diverse censure del Governo concernenti l'asserita violazione
della L.R. n. 16 del 2004.
Le censure, in ogni caso, dovrebbero ritenersi inammissibili, dal
momento che si risolverebbero nella contestazione della violazione di
una legge regionale ordinaria, senza che essa si traduca in violazione
di norme costituzionali.
16. - Da ultimo, la difesa regionale rileva l'inammissibilita'
dell'atto di intervento in giudizio depositato dai sig.ri Abiuso, Teti
e Guidarelli "in proprio ed in qualita' di promotori del referendum
sullo statuto dell'Umbria, nonche' di rappresentanti dell'apposito
Comitato per il referendum sullo statuto regionale dell'Umbria",
nonche' l'infondatezza dei motivi in esso svolti.
L'inammissibilita' dell'intervento in quanto tale, ad avviso della
Regione, discenderebbe anzitutto dalla evidente carenza di
legittimazione di un Comitato promotore di referendum che lo stesso
Comitato non avrebbe mai richiesto, non avendo provveduto a
raccogliere le firme necessarie pur avendo regolarmente ritirato i
relativi moduli. In secondo luogo, l'intervento sarebbe comunque
tardivo per essere avvenuto oltre il termine previsto per la
costituzione del resistente, termine che sarebbe scaduto il 17 giugno
2005. In terzo luogo, l'intervento di terzi nel giudizio di
costituzionalita' in via principale - e, in particolare, nel giudizio
sugli statuti regionali - sarebbe comunque da escludere in base alla
giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale "anche nel giudizio
sulla speciale legge regionale disciplinata dall'articolo 123 della
Costituzione, gli unici soggetti che possono essere parti sono la
Regione, in quanto titolare della potesta' normativa in contestazione,
e lo Stato, indicato dalla Costituzione come unico possibile
ricorrente".
Quanto alle singole censure formulate dagli intervenienti, la difesa
regionale contesta anzitutto l'ammissibilita' di quelle dalle quali
deriverebbe un ampliamento dell'oggetto del giudizio rispetto al tema
risultante dal ricorso del Governo, ampliamento che non sarebbe
consentito neppure se l'intervento come tale fosse considerato
ammissibile.
Per cio' che riguarda le censure coincidenti con quelle del Governo,
la difesa regionale le ritiene nel merito infondate, sulla base di
argomentazioni analoghe a quelle in precedenza riferite.
La Regione si sofferma sul fatto che la promulgazione da parte del
Presidente, in quanto atto dovuto, farebbe si' che "una legge possa e
debba essere promulgata anche se il Consiglio regionale e' sciolto".
In relazione alla modifica del quesito referendario, la difesa della
Regione osserva che tale operazione non avrebbe affatto alterato la
volonta' legislativa consiliare, ma avrebbe solo adeguato formalmente
il quesito alla sentenza di questa Corte, per esigenze di chiarezza e
a tutela degli stessi interessati al referendum.
Sulla censura concernente il fatto che la delibera consiliare del 10
dicembre 2004 sia stata adottata a maggioranza semplice, la resistente
ribadisce che, con tale determinazione, il Consiglio sarebbe
intervenuto "solo per confermare al Presidente che non c'era
necessita' (e neppure possibilita') di rideliberare sul punto
dell'incompatibilita' e che, dunque, il Consiglio non intendeva
riaprire il procedimento".
Quanto, infine, al merito delle presunte difformita' tra la prima e la
seconda delibera approvativa dello statuto, la Regione illustra
puntualmente le ragioni per le quali le modifiche in questione
implicherebbero "differenze meramente formali, prive di qualunque
incidenza sul significato normativo, pienamente legittimate dall'art.
53 del regolamento interno del Consiglio".
17. - In prossimita' dell'udienza hanno depositato una memoria anche i
soggetti intervenienti in giudizio, insistendo per l'ammissibilita'
del loro intervento e per la fondatezza del ricorso governativo, sulla
base di argomentazioni analoghe a quelle in precedenza svolte.
18. - Anche la Regione Emilia-Romagna, in prossimita' dell'udienza, ha
depositato una memoria, sostenendo la manifesta inammissibilita' e, in
subordine, l'infondatezza del ricorso proposto dal Governo con
argomentazioni in larga parte del tutto coincidenti con quelle fatte
valere dalla Regione Umbria.
I soli profili di mancata coincidenza delle due memorie difensive
risiedono nelle peculiari vicende di fatto che hanno caratterizzato il
procedimento statutario della Regione Emilia-Romagna rispetto a quello
della Regione Umbria e nella speciale disciplina dettata dalla legge
regionale dell'Emilia-Romagna n. 29 del 2000.
19. - Quanto al primo profilo, la difesa regionale fa presente che il
termine per la richiesta di referendum avrebbe ricominciato a
decorrere - in virtu' dell'art. 11, comma 1, della L.R. n. 29 del 2000
- il 15 dicembre 2004, data della pubblicazione nella Gazzetta
Ufficiale della Sentenza n. 379 del 2004. Tale sentenza e' stata poi
pubblicata anche nel Bollettino Ufficiale n. 173 del 21 dicembre 2004.
Infine, prosegue la Regione, benche' l'art. 11, comma 1, della citata
legge regionale non lo imponesse, la delibera consiliare di "presa
d'atto" della sentenza n. 379 del 2004 e lo stesso testo statutario
privo dell'art. 45, comma 2, terzo periodo, dichiarato
costituzionalmente illegittimo, sono stati pubblicati nel Bollettino
Ufficiale del 15 febbraio 2005, "al fine di garantire la massima
trasparenza in ogni fase del procedimento statutario (e ferma
restando, ovviamente, la decorrenza del termine di tre mesi dal 15
dicembre 2004)".
Di qui, ad avviso della resistente, la palese inammissibilita' del
ricorso governativo, dal momento che "qualunque censura riguardante lo
statuto avrebbe dovuto (. . .) essere proposta, ex art. 123 Cost, al
piu' tardi a seguito di tale ultima pubblicazione, dunque entro trenta
giorni a partire dal 15 febbraio 2005".
Di qui, sempre secondo la difesa regionale, anche l'infondatezza della
censura concernente l'asserita violazione del diritto di richiedere il
referendum; con la pubblicazione della sentenza n. 379 del 2004 nella
Gazzetta Ufficiale e poi nel Bollettino Ufficiale del 21 dicembre, si
rendeva evidente "che il testo che poteva costituire oggetto di
referendum era lo statuto precedentemente pubblicato senza la norma
annullata dalla Corte. La pubblicazione della sentenza (. . .) rendeva
non solo conoscibile ma anche assolutamente certo il testo che avrebbe
potuto, dopo la Sentenza n. 379 del 2004, essere sottoposto a
referendum". D'altronde, la ripubblicazione dell'intero testo dello
statuto non era prevista dall'art. 11 della L.R. n. 29 del 2000 ai
fini della decorrenza del termine e dunque solo "per uno scrupolo di
estrema chiarezza" sia la deliberazione consiliare di presa d'atto,
che il testo dello statuto sarebbero stati pubblicati nel Bollettino
Ufficiale del 15 febbraio, "quando era ancora largamente aperto il
termine per la richiesta di referendum".
20. - La Regione Emilia-Romagna richiama poi, in modo specifico, i
contenuti della L.R. n. 29 del 2000 a sostegno della tesi circa la non
necessita' di riapprovare ex art. 123 Cost. lo statuto privo della
norma dichiarata incostituzionale. L'art. 11, comma 5, di tale legge
stabilisce che, "nel caso in cui la legge di revisione statutaria
venga parzialmente dichiarata illegittima dalla Corte Costituzionale,
il Consiglio regionale delibera sui provvedimenti consequenziali da
adottare nella prima seduta successiva alla pubblicazione della
sentenza della Corte"; si prevede poi che, "qualora il Consiglio
deliberi di apportare modifiche non derivanti da esigenze di mero
coordinamento testuale o formale, la deliberazione legislativa di
modifica si considera nuova legge, ed e' quindi approvata e pubblicata
secondo il procedimento di cui all'articolo 1" e che in questo caso
"le attivita' e le operazioni referendarie eventualmente compiute
sulla deliberazione legislativa oggetto di modifica perdono ogni
validita'".
Considerate tali disposizioni, la Regione ritiene assolutamente chiara
la conseguenza "che la necessita' di dare corso ad un nuovo
procedimento statutario c'e' solo in caso di modifiche sostanziali,
mentre, in caso di modifiche meramente formali e - a fortiori -
qualora non serva alcuna modifica, il Consiglio puo' (e deve, in
virtu' della L.R. n. 29 del 2000) adottare una delibera ordinaria".
Il ricordato parere del Consiglio di Stato, ad avviso della Regione,
avrebbe equivocato il senso della legge, chiedendosi se la modifica
introdotta dalla sentenza costituzionale possa mai ritenersi
"formale"; la legge in questione, invece, muoverebbe dalla
acquisizione della soppressione della norma incostituzionale,
mostrando cosi' l'incongruenza del fatto che il Consiglio si domandi
"se a seguito di cio' sia necessario o opportuno introdurre altre
modifiche, di carattere sostanziale". Proprio sulla base di tale
equivoco sul significato della disciplina regionale, il Consiglio di
Stato avrebbe erroneamente ritenuto, in definitiva, che essa
costringesse il Consiglio a scegliere fra la rinnovazione della
procedura ex art. 123 o l'"abbandono" della legge statutaria,
addirittura finendo per assimilare la situazione conseguente alla
dichiarazione di illegittimita' costituzionale parziale a quella
prevista dall'art. 12 della L.R. n. 29 del 2000 (che contempla il caso
della abrogazione o modifica - da parte del Consiglio regionale -
dello statuto gia' approvato, entro la scadenza del termine per la
richiesta di referendum), dunque "arbitrariamente accostando un nuovo
intervento legislativo statutario (che ovviamente deve essere compiuto
attraverso la procedura statutaria) ai provvedimenti "consequenziali"
ad un annullamento parziale dello statuto".
Considerato in diritto
1. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato con distinti
ricorsi, per violazione degli articoli 123, 117, primo comma, 127,
134, 136, 1, 3 e 48 della Costituzione, la legge della Regione Umbria
16 aprile 2005, n. 21 (Nuovo Statuto della Regione Umbria), e la legge
della Regione Emilia-Romagna 31 marzo 2005, n. 13 (Statuto della
Regione Emilia-Romagna), chiedendone "la dichiarazione di
illegittimita' costituzionale".
Entrambi i testi statutari sono stati oggetto di precedenti
impugnative del Governo, ai sensi dell'art. 123, secondo comma, Cost.,
e le conseguenti Sentenze di questa Corte n. 378 e n. 379 del 2004,
accogliendo in minima parte le questioni di legittimita' sollevate,
hanno dichiarato la illegittimita' costituzionale rispettivamente
dell'art. 66, commi 1, 2 e 3, della delibera statutaria della Regione
Umbria, e dell'art. 45, comma 2, terzo periodo, della delibera
statutaria della Regione Emilia-Romagna, in quanto disciplinanti una
materia che "sfugge alle determinazioni lasciate all'autonomia
statutaria".
Entrambi i testi statutari non sono stati oggetto di riesame da parte
dei rispettivi Consigli regionali tramite la procedura di cui all'art.
123, secondo comma, Cost, ma, dopo una fase di pubblicazione notiziale
degli esiti del giudizio di costituzionalita' e la riapertura dei
termini per l'eventuale richiesta di referendum ai sensi dell'art.
123, terzo comma, Cost., sono stati promulgati dai Presidenti delle
rispettive Regioni.
Il Governo ha impugnato le due leggi regionali di adozione degli
statuti, negando che si possa, sulla base dell'art. 123 Cost.,
procedere alla promulgazione di una delibera statutaria dichiarata
parzialmente illegittima da una sentenza di questa Corte senza
procedere previamente al suo riesame e ad una nuova approvazione
secondo la procedura di cui all'art. 123, secondo comma, Cost.
L'asserita illegittimita' della procedura di promulgazione seguita
dalle Regioni avrebbe inoltre leso il diritto degli elettori regionali
ad esercitare il potere di richiedere referendum popolare sul testo
della deliberazione statutaria, secondo quanto previsto dall'art. 123,
terzo comma, Cost.
2. - Sulla base di analoghe motivazioni, hanno presentato atto di
intervento ad adiuvandum nel giudizio relativo alla Legge n. 21 del
2005 della Regione Umbria i sigg.ri Claudio Abiuso, Marcello Teti e
Mara Guidarelli, in proprio ed in qualita' di promotori del referendum
sullo statuto dell'Umbria, nonche' di rappresentanti dell'apposito
"Comitato per il referendum sullo Statuto regionale dell'Umbria".
3. - Considerata l'identita' di materia, nonche' la sostanziale
analogia delle questioni prospettate, i giudizi possono essere riuniti
per essere affrontati congiuntamente e decisi con unica sentenza.
4. - Con ordinanza letta nella pubblica udienza del 29 novembre 2005 e
allegata alla presente sentenza, in conformita' al costante
orientamento di questa Corte, e' stato dichiarato inammissibile
l'intervento spiegato dai sig.ri Claudio Abiuso, Marcello Teti e Mara
Guidarelli.
A differenza di quanto affermato dalla difesa regionale, l'atto di
intervento e' stato presentato in termini, conformemente a quanto
disciplinato dal quarto comma dell'art. 4 delle norme integrative per
i giudizi davanti alla Corte Costituzionale (testo da ultimo
modificato dalla deliberazione 10 giugno 2004, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale 30 giugno 2004, n. 151), ai sensi del quale il
deposito deve avvenire "non oltre venti giorni dalla pubblicazione
nella Gazzetta Ufficiale dell'atto introduttivo del giudizio".
Peraltro, come questa Corte ha piu' volte affermato (si veda, da
ultimo, la Sentenza n. 383 del 2005), il giudizio di legittimita'
costituzionale delle leggi promosso in via di azione e' configurato
come svolgentesi esclusivamente fra soggetti titolari di potesta'
legislativa, fermi restando per i soggetti privi di tale potesta' i
mezzi di tutela delle loro posizioni soggettive, anche costituzionali,
di fronte ad altre istanze giurisdizionali ed eventualmente anche di
fronte a questa Corte in via incidentale. Cio' anche con specifico
riferimento al giudizio previsto dall'art. 123, secondo comma, Cost.
(cfr. Sentenza n. 378 del 2004), disposizione nella quale si individua
nel solo Governo il titolare della legittimazione soggettiva a
ricorrere contro la deliberazione statutaria.
Quanto detto permette di prescindere dalla considerazione se nel caso
specifico si sarebbero potuti ritenere sussistere i requisiti
soggettivi degli intervenienti, in relazione alla necessita' o meno
dell'avvenuta raccolta delle sottoscrizioni indispensabili per la
presentazione della richiesta referendaria.
5. - Entrambi i ricorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri sono
inammissibili.
Essi, infatti, sono stati proposti non gia' nell'ambito del
procedimento di controllo preventivo di cui all'art. 123, secondo
comma, Cost., ma nell'esercizio del potere che l'art. 127, primo
comma, Cost. riconosce al Governo di impugnare a posteriori le leggi
regionali, quindi assumendo come termine iniziale di riferimento per
l'esercizio dell'azione la data della pubblicazione della legge
regionale nel Bollettino Ufficiale della Regione interessata; cio' e'
del tutto evidente per entrambi i ricorsi, sia in quanto essi si
riferiscono esplicitamente alle Leggi n. 21 del 2005 della Regione
Umbria e n. 13 del 2005 della Regione Emilia-Romagna, sia perche'
assumono come dies a quo per l'impugnativa la data di pubblicazione
delle due leggi regionali nei rispettivi Bollettini Ufficiali, sia,
infine, perche' richiamano - fra i parametri costituzionali che si
assumono violati - anche l'art. 127 Cost. Inoltre, uno dei ricorsi
(quello rivolto contro la legge di adozione dello Statuto della
Regione Emilia-Romagna) risulta, di fatto, notificato entro il termine
di cui all'art. 127, primo comma, Cost.
Le due azioni promosse dal Governo contrastano con il sistema dei
controlli sulle fonti primarie regionali quale attualmente configurato
nel Titolo V della Parte II della Costituzione e, specificamente, con
le previsioni contenute nell'art. 123, secondo comma, e nell'art. 127,
primo comma, che individuano due ben distinte procedure di controllo,
mediante ricorso diretto del Governo a questa Corte, per la legge che
adotta lo statuto regionale e per tutte le altre leggi regionali. Come
questa Corte ha gia' avuto occasione di chiarire espressamente nella
Sentenza n. 304 del 2002, per gli statuti regionali continua ad
esistere uno speciale controllo preventivo di legittimita'
costituzionale (in ragione dei rilevanti contenuti statutari e della
posizione della fonte statutaria rispetto all'ordinamento della
Regione), mentre per le ordinarie leggi regionali tale controllo e'
ormai successivo, dunque esperibile soltanto dopo la pubblicazione
della legge nel Bollettino Ufficiale della Regione. Cio' implica,
altresi', la rilevante differenza che viene ad assumere lo stesso
significato del termine "pubblicazione" nelle due disposizioni: mentre
per il ricorso del Governo volto ad attivare il controllo di
legittimita' costituzionale in via successiva sulle leggi regionali
vale come termine a quo la data della pubblicazione nel Bollettino
Ufficiale del testo della legge previamente promulgata, per il ricorso
preventivo nei confronti delle deliberazioni statutarie vale come
termine a quo la pubblicazione notiziale della delibera statutaria non
ancora promulgata (questa Corte ha infatti chiarito, sempre nella
Sentenza n. 304 del 2002, che sia "l'interpretazione testuale" che
"l'architettura logica dell'art. 123 della Costituzione" inducono "a
ritenere che il termine pubblicazione di cui ai commi secondo e terzo
indichi forme di pubblicita' notiziale").
L'esplicita previsione di uno speciale e meno favorevole (perche'
preventivo) sistema di controllo sulla legge statutaria comporta che a
questa legge, una volta / promulgata e pubblicata nel Bollettino
Ufficiale, non possa applicarsi anche il controllo successivo previsto
per le altre leggi regionali dall'art. 127, primo comma, Cost. D'altra
parte, e' tutto il disegno costituzionale relativo alle forme di
autonomia delle Regioni che, nel silenzio delle disposizioni
costituzionali, si pone come ostacolo ad una estensione di forme di
controllo tipiche di una fonte legislativa ad un'altra.
Peraltro, occorre considerare che il controllo preventivo di cui al
secondo comma dell'art. 123 Cost. e' senz'alto reiterabile
(diversamente da quanto e' sembrata asserire la difesa regionale),
seppure solo a certe condizioni, cosi' come nel passato, nel vigore
del previgente art. 127 Cost., era ben nota la possibilita' di una
nuova impugnativa (per quanto limitata) da parte del Governo delle
leggi regionali rideliberate dal Consiglio regionale dopo il primo
rinvio governativo. Non puo' escludersi, infatti, che il testo della
deliberazione statutaria, gia' sottoposto ad un primo scrutinio di
questa Corte, venga successivamente modificato ad opera del Consiglio
regionale e che questo nuovo testo susciti dubbi di legittimita'
costituzionale sul piano sostanziale in relazione alle nuove
disposizioni, con la conseguente possibilita' per il Governo di
promuovere una nuova impugnazione limitatamente alle norme che non
avrebbero potuto formare oggetto del precedente ricorso; analogamente,
non puo' escludersi per il Governo la possibilita' di presentare un
nuovo ricorso facendo valere eventuali vizi formali relativi al
procedimento di adozione dello statuto e successivi al primo giudizio
di questa Corte. Anche in questi casi, tuttavia, il dies a quo per
l'azione del Governo non potrebbe che essere costituito dalla data
della necessaria pubblicazione notiziale, ad opera della Regione,
dell'atto da cui risulti il testo statutario che la Regione intenda
deliberato come definitivo.
In entrambi i casi di specie la suddetta seconda pubblicazione
notiziale si e' verificata.
Nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria del 15 dicembre 2004, n.
54, e' stata pubblicata la Sentenza n. 378 di questa Corte unitamente
ad un avviso nel quale si comunicava l'avvenuta dichiarazione di
illegittimita' costituzionale dell'art. 66 della delibera statutaria,
con la esplicita precisazione che "il presente avviso costituisce
pubblicita' notizia ai fini degli adempimenti previsti dall'art. 123,
comma terzo, della Costituzione e della L.R. 28 luglio 2004, n. 16".
In ogni caso, nel Bollettino Ufficiale della Regione Umbria del 29
dicembre 2004, n. 56, e' stata anche pubblicata la deliberazione del
Consiglio regionale 10 dicembre 2004, n. 430, con la quale -
esplicitata la constatazione che lo statuto, "nel testo privato dalle
disposizioni di cui all'art. 66 dichiarate illegittime dalla Corte
Costituzionale", era da ritenersi "completo" e non avrebbe potuto
"prevedere sul punto niente di diverso", si invitava "la Presidente
della Giunta regionale a promulgare lo statuto nei tempi piu' rapidi
possibili, una volta esaurita la fase della richiesta di referendum,
ed ovviamente dopo lo svolgimento dello stesso, ove richiesto".
Nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna del 15 febbraio
2005, n. 24, e' stata pubblicata la deliberazione del Consiglio
regionale 18 gennaio 2005, n. 638, contenente la "presa d'atto" della
sentenza di questa Corte n. 379 del 2004, con allegato il testo della
delibera statutaria privato della disposizione di cui all'art. 45,
comma 2, terzo periodo, dichiarata costituzionalmente illegittima.
E' del tutto evidente che in entrambi i casi il Governo avrebbe potuto
promuovere il ricorso di cui al secondo comma del medesimo art. 123,
sollevando le questioni di legittimita' costituzionale oggetto dei
giudizi qui riuniti nel termine dei trenta giorni successivi alle
suddette pubblicazioni notiziali, termine invece ampiamente scaduto al
momento della proposizione dei due ricorsi avverso le leggi di
adozione degli statuti in questione.
Va osservato, peraltro, che la tipicita' dell'azione prevista
dall'art. 123, secondo comma, Cost. e la conseguente inutilizzabilita'
del ricorso ex 127, primo comma, Cost., per le deliberazioni di
adozione delle leggi statutarie non esclude - come asserito
dall'Avvocatura generale dello Stato - che possa impugnarsi la
promulgazione e la successiva vera e propria pubblicazione di un testo
statutario in ipotesi incostituzionale per vizi non rilevabili tramite
il procedimento di cui all'art. 123, secondo comma, Cost.; in simili
casi (peraltro senza dubbio marginali) al Governo resta comunque la
eventuale possibilita' di utilizzare lo strumento del conflitto di
attribuzione, analogamente a quanto nel passato si e' ammesso per le
ipotesi, in qualche misura analoghe, concernenti la asserita lesione
dei poteri governativi relativi al controllo preventivo sulle leggi
regionali ai sensi del previgente art. 127 Cost. (Sentenza n. 40 del
1977).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara inammissibili le questioni di legittimita' costituzionale
della legge della Regione Umbria 16 aprile 2005, n. 21 (Nuovo Statuto
della Regione Umbria), e della Legge della Regione Emilia-Romagna 31
marzo 2005, n. 13 (Statuto della Regione Emilia-Romagna), sollevate
dal Presidente del Consiglio dei Ministri, in relazione agli articoli
123, 117, primo comma, 127, 134, 136, 1, 3 e 48 della Costituzione,
con i ricorsi indicati in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 14 dicembre 2005.
IL PRESIDENTE	IL REDATTORE
Annibale Marini	Ugo De Siervo
IL CANCELLIERE
Giuseppe di Paola
Dpositata in Cancelleria il 28 dicembre 2005.
ALLEGATO
Ordinanza letta all'udienza del 29 novembre 2005
LA CORTE COSTITUZIONALE
Considerato che il giudizio di costituzionalita' delle leggi, promosso
in via di azione, e' configurato come svolgentesi esclusivamente fra
soggetti titolari di potesta' legislativa, fermi restando, per i
soggetti privi di tale potesta', i mezzi di tutela delle loro
posizioni soggettive, anche costituzionali, di fronte ad altre istanze
giurisdizionali ed eventualmente anche di fronte a questa Corte in via
incidentale;
che, d'altronde, anche nel giudizio previsto dall'art. 123, secondo
comma, della Costituzione, questa Corte ha gia' avuto modo di chiarire
che gli unici soggetti legittimati ad esserne parti sono la Regione,
in quanto titolare della potesta' normativa in contestazione, e lo
Stato, indicato dalla Costituzione come unico possibile ricorrente
(cfr. Sentenza n. 378 del 2004);
che pertanto il Comitato promotore di un referendum regionale, a
prescindere dal se e dal numero delle firme raccolte, alla stregua
della normativa in vigore e conformemente alla costante giurisprudenza
di questa Corte (da ultimo, cfr. Sentenza n. 383 del 2005), non e'
comunque legittimato ad intervenire.
PER QUESTI MOTIVI
dichiara inammissibile l'intervento spiegato nel giudizio dai sigg.ri
Claudio Abiuso, Marcello Teti e Mara Guidarelli, in proprio ed in
qualita' di promotori del referendum sullo Statuto della Regione
Umbria, nonche' di rappresentanti dell'apposito "Comitato per il
referendum sullo Statuto regionale dell'Umbria".
IL PRESIDENTE
Annibale Marini

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ultima modifica 2023-05-19T22:22:53+02:00

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