CORTE COSTITUZIONALE

SENTENZA 28 settembre 2005, n. 360

Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 5, 6, 7, 8 e 9 della Legge della Regione Emilia-Romagna 24 giugno 2002, n. 12 (Interventi regionali per la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo e i Paesi in via di transizione, la solidarieta' internazionale e la promozione di una cultura di pace), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 22 agosto 2002 depositato in Cancelleria il 2 settembre 2002 ed iscritto al n. 50 del Registro ricorsi 2002

In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai
signori:
Piero Alberto Capotosti, Presidente; Fernanda Contri, Guido Neppi
Modona, Annibale Marini, Giovanni Maria Flick, Francesco Amirante, Ugo
De Siervo, Romano Vaccarella, Paolo Maddalena, Alfio Finocchiaro,
Alfonso Quaranta, Franco Gallo, giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 5, 6, 7, 8
e 9 della Legge della Regione Emilia-Romagna 24 giugno 2002, n. 12
(Interventi regionali per la cooperazione con i Paesi in via di
sviluppo e i Paesi in via di transizione, la solidarieta'
internazionale e la promozione di una cultura di pace), promosso con
ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 22
agosto 2002 depositato in Cancelleria il 2 settembre 2002 ed iscritto
al n. 50 del Registro ricorsi 2002;
visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
udito nell'udienza pubblica del 5 aprile 2005 il Giudice relatore
Fernanda Contri;
uditi l'avvocato dello Stato Oscar Fiumara per il Presidente del
Consiglio dei Ministri e l'avvocato Giandomenico Falcon per la Regione
Emilia-Romagna.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato il 22 agosto 2002 e depositato il 2
settembre 2002, il Presidente del Consiglio dei Ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, ha
sollevato, in relazione all'art. 117, secondo comma, lettera a) della
Costituzione, questione di legittimita' costituzionale degli articoli
5, 6, 7, 8 e 9 della Legge della Regione Emilia-Romagna 24 giugno
2002, n. 12 (Interventi regionali per la cooperazione con i Paesi in
via di sviluppo e i Paesi in via di transizione, la solidarieta'
internazionale e la promozione di una cultura di pace).
Ad avviso del ricorrente le disposizioni impugnate indicano una serie
di iniziative e di interventi regionali per la cooperazione con i
Paesi in via di sviluppo - tra i quali la progettazione e la
valorizzazione di proprie iniziative, la valorizzazione ed il sostegno
ad iniziative degli enti locali, delle Organizzazioni non governative
(ONG) e non lucrative (ONLUS) - che non si conciliano, per le materie,
trattate e le modalita' della loro attuazione, con quanto previsto
dalla Legge 26 febbraio 1987, n. 49 (Nuova disciplina della
cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo) e dal DPR 31
marzo 1994 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attivita'
all'estero delle regioni e delle province autonome).
Tali disposizioni statali prevedono, infatti, la partecipazione delle
regioni all'attivita' di cooperazione allo sviluppo, che e' parte
integrante della politica estera nazionale, entro limiti rigorosi e
tassativi, attraverso la capacita' di attuare iniziative di
cooperazione affidate dal Ministero degli affari esteri, ovvero di
proporre tali iniziative alla Direzione generale della cooperazione
allo sviluppo.
L'Avvocatura, inoltre, ritiene che l'attivita' della Regione
Emilia-Romagna, come descritta dall'art. 2, comma 3, della legge
regionale citata, attraverso il richiamo all'art. 117, nono comma,
Cost., si esplicherebbe nella stipula di accordi con Stati ed intese
con enti territoriali di altri Stati, cio' che potrebbe essere
consentito solo quale attivita' convenzionale di carattere
"programmatico e di principio, limitata, quindi, al campo di azione
proprio della cooperazione decentrata".
Secondo la difesa erariale la disposizione contenuta nell'art. 2,
comma 2, della legge regionale - che attribuisce alla regione
l'esecuzione e l'attuazione degli accordi internazionali e degli atti
dell'Unione europea - non potrebbe essere attuata sino alla emanazione
delle norme di procedura stabilite da una legge dello Stato, come
previsto espressamente dall'art. 117, quinto comma, Cost., norme che
sono contenute nel d.d.l. di attuazione della riforma del Titolo V, al
momento della proposizione del ricorso ancora all'esame del
Parlamento.
2. - Con memoria depositata il 23 settembre 2002, si e' costituita in
giudizio la Regione Emilia-Romagna, limitandosi a chiedere alla Corte
di dichiarare la questione inammissibile e comunque infondata e
riservando le proprie difese a successivi atti. In prossimita'
dell'udienza pubblica del 20 maggio 2003 la Regione Emilia-Romagna ha
quindi depositato una successiva memoria, con la quale ha precisato le
proprie difese.
Premesso anzitutto un dettagliato esame delle disposizioni contenute
negli articoli da 1 a 9 della legge regionale impugnata, la difesa
della Regione osserva che nella legge de qua sarebbe prevista una
"amplissima salvaguardia dei principi costituzionali e delle regole,
gia' poste o da porre da parte della legislazione statale".
La Regione rileva inoltre che nel ricorso del Governo i soli
riferimenti specifici riguardano, paradossalmente, disposizioni non
impugnate, vale a dire l'articolo 2, commi 2 e 3, della legge
regionale.
Cio' premesso, la Regione Emilia-Romagna ritiene che il ricorso sia
radicalmente inammissibile per la mancata individuazione dei motivi e
dei profili di asserito contrasto con le norme costituzionali
invocate. Gli articoli impugnati riguardano, infatti, sia iniziative
di vera e propria cooperazione internazionale, sia iniziative da
svolgersi nel territorio regionale (in relazione a materie di
competenza della stessa regione), sia infine iniziative di supporto e
sostegno economico ai soggetti della cooperazione. Pertanto, di fronte
ad un contenuto complesso ed eterogeneo, il ricorso avrebbe dovuto
individuare analiticamente le disposizioni contestate e, in relazione
alle stesse, indicare almeno le ragioni ed i profili di violazione dei
parametri costituzionali. Al contrario, l'atto introduttivo del
giudizio si sarebbe limitato ad affermare, globalmente, che le norme
censurate indicano una serie di iniziative ed interventi della Regione
che alla stessa sarebbero preclusi, senza indicare quali fra esse sono
oggetto di effettiva censura, non potendo bastare una generica
indicazione di indeterminate attivita' e iniziative.
In secondo luogo, la difesa della Regione ritiene infondata la censura
relativa alla pretesa violazione della competenza statale in materia
di politica estera. Come la Corte avrebbe gia' riconosciuto in altre
occasioni e per altre "materie" indicate dal nuovo articolo 117 Cost.,
anche la politica estera non individua uno specifico ambito materiale,
costituto da sottomaterie riservate allo Stato, ma attribuirebbe allo
Stato il compito di definire gli obiettivi e gli ambiti dei propri
rapporti con gli altri Stati sovrani, criterio che sarebbe
suscettibile di portare all'interferenza in qualunque materia, quando
l'azione disciplinata o svolta da una regione possa compromettere
obiettivi e compatibilita' della politica estera nazionale. Cio'
verrebbe confermato dall'art. 1, comma 1, della stessa Legge 26
febbraio 1987, n. 49, secondo cui la cooperazione allo sviluppo "e'
parte integrante della politica estera dell'Italia e persegue
obiettivi di solidarieta' fra i popoli e di piena realizzazione dei
diritti fondamentali", disposizione che non ha lo scopo di assorbire
la cooperazione allo sviluppo nella politica estera, quanto piuttosto
quello di definire la stessa politica estera nazionale come rivolta
alla cooperazione allo sviluppo. In tal modo la legge statale
tradurrebbe in principio normativo un indirizzo determinato della
politica estera e l'azione statale, regionale o degli stessi enti
locali rivolta a tale fine, dovrebbe dirsi, in linea di massima,
conforme alla politica estera italiana.
Tale conformita' di massima non dovrebbe escludere, prosegue la difesa
della Regione, che i singoli atti di cooperazione allo sviluppo
debbano sottostare alle regole valide in relazione al loro carattere
ed alla loro natura e, in particolare, che debbano essere sottoposti,
qualora si tratti di atti di rilevanza internazionale, al vaglio del
Governo al fine della verifica della loro conformita' alle circostanze
ed agli indirizzi, in concreto, della politica estera nazionale; a tal
fine la legge impugnata, nei suoi primi articoli (non soggetti ad
impugnazione), ha previsto il rispetto dei principi fondamentali
stabiliti con legge dello Stato o da questa dedotti, il rispetto della
competenza esclusiva statale in materia di politica estera e di
rapporti internazionali, cosi' come la soggezione degli atti regionali
alle disposizioni di cui ai commi quinto e nono della Costituzione. La
censura sarebbe percio' erroneamente svolta, non intendendo la legge
regionale discostarsi dalle procedure consolidate ed avendo la stessa
richiamato sia la legislazione statale vigente che quella che venisse
in futuro stabilita.
Quale ulteriore eccezione, la Regione rileva la specifica e radicale
infondatezza delle censure mosse relativamente all'art. 5, comma 1,
lettere c) e d), all'art. 6, commi 2 e 3, ed agli artt. 8 e 9 della
legge regionale impugnata.
Le norme citate, infatti, disciplinerebbero azioni prive di un
qualsiasi rilievo internazionale, trattandosi di iniziative da
svolgersi nel territorio della regione, per materie di competenza
regionale, senza alcun collegamento con attivita' di rilievo
internazionale, ed in particolare si tratterebbe di educazione e di
sensibilizzazione della comunita' della Regione, di iniziative
culturali, di attivita' di formazione di personale specializzato nella
cooperazione allo sviluppo.
3. - In prossimita' dell'udienza del 20 maggio 2003, l'Avvocatura
generale dello Stato presentava istanza di rinvio, dando atto di
contatti tra la Regione e il Dipartimento per gli affari regionali
della Presidenza del Consiglio al fine di verificare la possibile
modifica della legge regionale impugnata.
4. - Fissata nuovamente per la trattazione del ricorso l'udienza
pubblica del 28 ottobre 2003, la difesa della Regione Emilia-Romagna
ha depositato una nuova memoria difensiva con la quale, ribadite tutte
le proprie precedenti difese, ha preso posizione in ordine alle
modifiche del quadro normativo intervenute a seguito dell'entrata in
vigore della Legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per
l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla Legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3).
Secondo la difesa della Regione, l'art. 6 della Legge n. 131 del 2003,
che reca "Attuazione dell'art. 117, quinto e nono comma, della
Costituzione sull'attivita' internazionale delle regioni", ha dato
pieno significato ai rinvii operati dall'art. 2, commi 2 e 3, della
legge regionale impugnata, facendo venir meno ogni possibile dubbio
sul totale rispetto delle regole statali concernenti le attivita'
internazionali e di rilievo internazionale della regione. A seguito di
tale sopravvenienza legislativa statale, ad avviso della Regione
resistente sarebbe evidente che ogni precisazione volta ad assicurare
il rispetto delle norme previste dalla legge statale per attivita' di
rilievo internazionale sarebbe o del tutto inutile (in quanto
meramente ripetitiva di regole gia' contenute nella legge statale di
base), o, addirittura, illegittima, qualora volesse subordinare
l'applicazione di tali regole statali a disposizioni della Regione.
Il dato testuale fornito dall'art. 6 della Legge n. 131 del 2003
costituisce ulteriore smentita alla censura secondo la quale la
cooperazione allo sviluppo si esaurirebbe in attivita' di "politica
estera" di esclusiva competenza statale, essendo previsto
espressamente che le regioni, nelle materie di loro competenza,
possono concludere con enti territoriali interni ad altro Stato,
intese dirette a favorire il loro sviluppo economico, sociale e
culturale.
5. - In prossimita' dell'udienza pubblica del 5 aprile 2005, la
Regione Emilia-Romagna ha depositato un'ulteriore memoria, con la
quale ha precisato le proprie difese anche alla luce dello jus
superveniens.
In primo luogo la Regione segnala che i commi 8, 9 e 10 dell'art. 6
della legge impugnata, riguardanti gli uffici regionali all'estero,
sono destinati ad essere abrogati in forza dell'art. 7, comma 3, della
L.R. 24 marzo 2004, n. 6, (Riforma del sistema amministrativo
regionale e locale. Unione europea e relazioni internazionali.
Innovazione e semplificazione. Rapporti con l'universita'), che non e'
stata impugnata dal Governo.
In relazione alla sopravvenuta Legge n. 131 del 2003, la resistente
sottolinea inoltre che, la sentenza di questa Corte n. 238 del 2004,
che ha giudicato la legittimita' costituzionale dell'art. 6 della
Legge n. 131 del 2003 (cd. legge La Loggia), ha precisato che i poteri
ministeriali previsti da detta disposizione "sono sempre e soltanto
relativi alle esigenze di salvaguardia delle linee di politica estera
nazionale e di corretta esecuzione degli obblighi di cui lo Stato e'
responsabile nell'ordinamento internazionale", e che essi non
potrebbero travalicare in strumenti di ingerenza immotivata nelle
autonomie regionali.
Ricorda ancora la Regione che la recente Legge 4 febbraio 2005, n. 11
(Norme generali sulla partecipazione dell'Italia al processo normativo
dell'Unione Europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi
comunitari) ha abrogato la Legge n. 86 del 1989 (cd. legge La
Pergola); in tal modo, in relazione all'esecuzione degli atti
dell'Unione Europea, il richiamo operato dall'art. 2, comma 2, della
legge regionale n. 12 del 2002 deve essere inteso quale richiamo alla
sopravvenuta Legge n. 11 del 2005.
Considerato in diritto
1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, il Presidente
del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha sollevato, in relazione all'art. 117, secondo
comma, lettera a) della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale degli articoli 5, 6, 7, 8 e 9 della Legge della Regione
Emilia-Romagna 24 giugno 2002, n. 12 (Interventi regionali per la
cooperazione con i Paesi in via di sviluppo e i Paesi in via di
transizione, la solidarieta' internazionale e la promozione di una
cultura di pace).
Ad avviso del ricorrente, le disposizioni impugnate indicano una serie
di iniziative e di interventi regionali per la cooperazione con i
Paesi in via di sviluppo - tra i quali la progettazione e la
valorizzazione di proprie iniziative, la valorizzazione ed il sostegno
ad iniziative degli enti locali, delle Organizzazioni non governative
(ONG) e non lucrative (ONLUS) - che ponendosi in contrasto con quanto
previsto dalla Legge 26 febbraio 1987, n. 49 (Nuova disciplina della
cooperazione dell'Italia con i Paesi hi via di sviluppo), e dal DPR 31
marzo 1994 (Atto di indirizzo e coordinamento in materia di attivita'
all'estero delle regioni e delle province autonome), andrebbero a
violare l'articolo 117, secondo comma, lettera a) della Costituzione,
che riserva allo Stato la competenza esclusiva in materia di politica
estera e rapporti internazionali dello Stato.
2. - Preliminarmente, va accolto il rilievo della Regione circa
l'esatta individuazione delle norme censurate dal Governo.
Si deve osservare che il ricorso indica quale oggetto della questione
di legittimita' costituzionale gli articoli da 5 a 9 della legge
regionale. Pertanto, l'esame delle doglianze svolte nel ricorso del
Presidente del Consiglio dei Ministri si deve limitare a quelle
relative a tali articoli della legge regionale, con esclusione,
quindi, dell'articolo 2 che, pur richiamato nell'atto introduttivo del
giudizio, non e' espressamente impugnato. Del resto, mentre la
delibera del Consiglio dei Ministri contiene la generica
determinazione di impugnare "la Legge della Regione Emilia-Romagna 24
giugno 2002, n. 12", la relazione del Dipartimento affari regionali,
sulla cui base il Consiglio dei Ministri ha deciso di impugnare,
censura espressamente gli articoli 5, 6, 7, 8 e 9 della legge
regionale e si limita ad un generico richiamo all'articolo 2, commi 2
e 3, della medesima legge.
3. - La questione, nei termini in cui e' stata sollevata, e'
inammissibile. Gli articoli impugnati presentano un contenuto
complesso, andando a disciplinare ambiti di intervento della Regione
tra loro eterogenei: la cooperazione per lo sviluppo, gli interventi
umanitari in caso di calamita', la educazione e formazione di tipo
professionale (da effettuare nell'ambito territoriale della regione),
la formazione di personale destinato alla cooperazione nei Paesi
interessati.
Inoltre, si tratta, in buona parte, di attivita' prive di rilievo
internazionale, come la formazione del personale disciplinata dagli
articoli 8 e 9, ovvero con un rilievo meramente potenziale, come gli
interventi in caso di emergenza internazionale previsti dall'articolo
7. Il ricorso avrebbe quindi dovuto specificare quali tra queste
molteplici e diverse attivita' sono ritenute dal Governo lesive di
competenze esclusive dello Stato.
Come questa Corte ha piu' volte affermato, non solo il ricorso deve
identificare esattamente la questione nei suoi termini normativi,
"deve cioe' indicare dove siano poste o da dove si possano o si
debbano ricavare le norme costituzionali e ordinarie, la definizione
del cui rapporto di compatibilita o incompatibilita' costituisce
l'oggetto della questione di costituzionalita'", ma deve anche
"contenere una seppur sintetica argomentazione di merito, a sostegno
della richiesta declaratoria d'incostituzionalita' della legge"
(explurimis, Sentenze n. 85 del 1990, n. 261 del 1995 e n. 213 del
2003).
La determinazione dell'oggetto del giudizio di legittimita'
costituzionale deve quindi desumersi chiaramente dalla proposizione di
una questione che sia "definita nei suoi precisi termini" ed
"adeguatamente motivata" (Sentenza n. 261 del 1995).
Questi requisiti minimi dell'atto introduttivo del giudizio in via
principale non risultano presenti nel ricorso della Presidenza del
Consiglio dei Ministri.
Da cio' consegue che, come rileva anche la difesa della Regione
Emilia-Romagna, il ricorso, per la genericita' delle censure mosse
alla legge impugnata, non individua i termini della questione, e
pertanto e' inammissibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
degli artt. 5,6,7, 8 e 9 della Legge della Regione Emilia-Romagna 24
giugno 2002, n. 12 (Interventi regionali per la cooperazione con i
Paesi in via di sviluppo e i Paesi in via di transizione, la
solidarieta' internazionale e la promozione di una cultura di pace),
sollevata, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lett. a) della
Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei Ministri con il ricorso
indicato in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 28 settembre 2005.
IL PRESIDENTE	IL REDATTORE
Piero Alberto Capotosti	Fernanda  Contri
IL CANCELLIERE
Giuseppe Di Paola
Depositata in Cancelleria il 4 ottobre 2005.

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ultima modifica 2023-05-19T22:22:53+02:00

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