DELIBERAZIONE DELL'ASSEMBLEA LEGISLATIVA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA 7 febbraio 2006, n. 45
Approvazione del programma 2006-2008 per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri (art. 3, comma 2, L.R. 5/04). (Proposta della Giunta regionale in data 21 novembre 2005, n. 1858)
L'ASSEMBLEA LEGISLATIVA
Richiamata la deliberazione della Giunta regionale progr. n. 1858 del
21 novembre 2005, recante in oggetto "Approvazione del programma
2006-2008 per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri (art. 3,
comma 2, L.R. 5/04). Proposta all'Assemblea legislativa";
preso atto delle modificazioni apportate sulla predetta proposta dalla
Commissione assembleare referente "Politiche per la salute e Politiche
sociali", giusta nota prot. n. 1306 in data 26 gennaio 2006;
viste:
- la L.R. 21 aprile 1999, n. 3 "Riforma del Sistema regionale e
locale";
- la L.R. 24 marzo 2004, n. 5 "Norme per l'integrazione sociale dei
cittadini stranieri immigrati. Modifiche alle LL.RR. 21 febbraio 1990,
n. 14 e 12 marzo 2003, n. 2";
- la L.R. 24 marzo 2004, n. 6 "Riforma del sistema regionale
amministrativo locale. Unione Europea e Relazioni internazionali.
Innovazione e semplificazione. Rapporti con l'Universita'";
dato atto in particolare che:
- il comma 2 dell'art. 1 della L.R. 21 aprile 1999, n. 3 indica il
principio di integrazione tra i diversi livelli di governo e la
garanzia delle necessarie forme di coordinamento quale fondamento
dell'azione della Regione;
- l'art. 9 della citata L.R. 24 marzo, n. 6 prevede che "la Regione
pone a fondamento dell'intervento legislativo e della disciplina sul
conferimento delle funzioni amministrative a livello locale, il
principio dell'integrazione, con particolare riferimento
all'integrazione tra le politiche sociali, territoriali ed
economiche";
- il comma 2 dell'art. 3 della L.R. 24 marzo 2004, n. 5 prevede che il
Consiglio regionale approvi il programma triennale per l'integrazione
sociale dei cittadini stranieri immigrati, comprensivo delle
iniziative di attuazione previste dalla legge regionale ed in
particolare delle linee di indirizzo per la realizzazione degli
interventi per l'immigrazione previsti ai Capi III e IV;
considerato che:
- il fenomeno migratorio conferma le sue caratteristiche di crescita e
di stabilita' anche in Emilia-Romagna. La stima del Dossier Statistico
Immigrazione 2005 della Caritas indica al 31/12/2004 in Emilia-Romagna
la presenza di 284.459 (di cui 56.757 minori, pari al 20%) che
corrisponde circa al 6,9% della popolazione in Emilia-Romagna, una
percentuale in linea con la media europea. Calcolata sugli stranieri
che hanno stabilito la loro residenza in regione la percentuale e' del
6,20%;
- a livello regionale i principali Paesi di provenienza dei residenti
risultano essere il Marocco (46.408), l'Albania (35.116) e la Tunisia
(16.438) anche se appare in crescita il dato della Romania e dell'Est
Europeo in generale;
- nell'anno scolastico 2004/2005 gli alunni con cittadinanza non
italiana sono stati oltre 43.000 pari all'8,40% del totale, con un
incremento dell'1,4% rispetto all'anno scorso;
- in materia di assunzioni lavorative, l'incidenza percentuale delle
assunzioni di stranieri nel corso del 2004 rispetto al totale di
assunzioni, ha oltrepassato la soglia del 20%;
- con la approvazione della L.R. 24 marzo 2004, n. 5 la Regione
Emilia-Romagna ha inteso innovare il proprio impianto normativo al
fine di assicurare una maggiore coesione sociale tra nuovi e vecchi
residenti, nel rispetto dei diritti e dei doveri, del principio di
pari opportunita' e accesso ai servizi, e di contrasto al razzismo e
alla xenofobia;
- tra le principali novita' della nuova normativa regionale, l'art. 3
comma 2 introduce un nuovo strumento di programmazione denominato
programma triennale per l'integrazione sociale dei cittadini
stranieri;
- che il programma triennale deve intendersi quale strumento di
programmazione "trasversale" che intende promuovere una integrazione
delle politiche di settore per rispondere in modo unitario ai bisogni
ed alle esigenze dei cittadini stranieri immigrati;
dato atto che la Regione Emilia-Romagna ha attivato il metodo della
concertazione e della integrazione delle politiche in materia
migratoria ed in particolare:
- il 18 dicembre 2001 e' stato stipulato un Protocollo d'intesa in
materia di immigrazione straniera dalla Regione Emilia-Romagna con gli
Enti locali, le Parti Sociali ed il Forum del Terzo settore,
indirizzato ad assicurare pari condizioni di accesso alla vita sociale
e lavorativa in Emilia-Romagna agli immigrati stranieri regolarmente
presenti e alle loro famiglie;
- nel corso di aprile 2003, aggiornato ad aprile 2004, e' stato
stipulato un Protocollo di accordo tra Regione ed organizzazioni
sindacali per sostenere l'emersione e la qualificazione del lavoro di
assistenza ad anziani e disabili svolto da assistenti familiari;
- il 18 febbraio 2004 e' stato sottoscritto dalla Giunta regionale,
dalle parti sociali e le associazioni sindacali il "Patto per la
qualita' dello sviluppo, la competitivita', la sostenibilita'
ambientale e la coesione sociale" che prevede il tema della
immigrazione tra le quattro priorita' tematiche di intervento;
- il 17 giugno 2004 e' stato sottoscritto dalla Regione con ANCI, UPI,
Forum regionale del Terzo settore, sindacati e associazioni del
settore il Protocollo regionale d'intesa in materia di richiedenti
asilo e rifugiati;
preso atto che la Giunta regionale ha considerato che:
- per affrontare in termini innovativi e unitari il tema del fenomeno
migratorio e definire tecnicamente il documento di programmazione
triennale si e' proceduto con determinazione 13860/04 alla
costituzione di un gruppo di lavoro interassessorile composto da
funzionari tecnici appartenenti a diversi Servizi regionali;
- che il gruppo tecnico ha predisposto il 24 maggio 2005 una prima
bozza tecnica del programma triennale per l'integrazione sociale dei
cittadini stranieri, e contestualmente si e' avviata la discussione
con tutti gli interlocutori significativi;
- che in data 21 settembre 2005, la Consulta regionale per
l'integrazione dei cittadini stranieri, comprensiva dei tre
rappresentanti designati dalla Conferenza Regione-Autonomie locali, ha
espresso all'unanimita' un parere positivo sulla bozza del programma
triennale;
- che in quella sede sono stati raccolti suggerimenti e proposte che
hanno permesso una versione aggiornata del programma triennale per
l'integrazione sociale dei cittadini stranieri;
- i fabbisogni finanziari da destinare all'attuazione del programma in
oggetto per gli anni 2006, 2007, 2008:
- saranno specificatamente individuati, per quanto riguarda le risorse
regionali per gli anni 2006, 2007, 2008 sui pertinenti capitoli di
spesa del bilancio della Regione Emilia-Romagna per gli esercizi
finanziari di pertinenza;
- che la destinazione delle risorse statali sui pertinenti capitoli di
spesa del bilancio della Regione Emilia-Romagna sara' stabilita in
seguito a finanziamenti provenienti dallo Stato anche con riferimento
al Fondo Nazionale delle Politiche sociali;
dato atto, inoltre, che la Giunta regionale:
- ha ritenuto opportuno di approvare, anche sulla base dei contributi
e dei suggerimenti raccolti nella fase istruttoria e di consultazione,
il "programma triennale 2006-2008 per l'integrazione sociale dei
cittadini stranieri", quale documento di indirizzo
politico-programmatico per l'integrazione delle politiche regionali
finalizzate alla inclusione sociale dei cittadini stranieri
immigrati;
- ha richiamato la propria deliberazione 447/03, concernente
"Indirizzi in ordine alle relazioni organizzative e funzionali tra le
strutture e sull'esercizio delle funzioni dirigenziali";
previa votazione palese, mediante apparecchiatura elettronica, che da'
il seguente risultato:
presenti n. 41
assenti n. 9
voti favorevoli n. 28
voti contrari n. 12
voti nulli n. -
astenuti n. 1
delibera:
1) di approvare, sulla base di quanto indicato in premessa, il
"Programma triennale 2006-2008 per l'integrazione sociale dei
cittadini stranieri (art. 3 comma 2 della L.R. 5/04)", allegato parte
integrante e sostanziale della presente deliberazione;
2) di dare atto che i fabbisogni finanziari da destinare
all'attuazione del programma in oggetto per gli anni 2006, 2007,
2008:
- saranno specificatamente individuati, per quanto riguarda le risorse
regionali per gli anni 2006, 2007, 2008 sui pertinenti capitoli di
spesa del bilancio della Regione Emilia-Romagna per gli esercizi
finanziari di pertinenza;
- che la destinazione delle risorse statali sui pertinenti capitoli di
spesa del bilancio della Regione Emilia-Romagna sara' stabilita in
seguito a finanziamenti provenienti dallo Stato, anche con riferimento
al Fondo nazionale delle Politiche sociali;
3) di pubblicare il presente atto nel Bollettino Ufficiale della
Regione Emilia-Romagna, garantendone la piu' ampia diffusione.
ALLEGATO
Programma triennale 2006-2008 per l'integrazione sociale dei cittadini
stranieri (art. 3 comma 2 della L.R. 5/04)
I N D I C E
1. Introduzione pag. 5
2. Obiettivi strategici del programma triennale pag. 5
3. Programma triennale, programmazione regionale e locale pag. 5
4. Lo scenario europeo pag. 6
5. Il contesto nazionale pag. 6
6. Osservazione del fenomeno migratorio pag. 7
7. Flussi e politiche per il lavoro pag. 8
8. Nidi, famiglie e minori pag. 9
9. Scuola e formazione professionale pag. 11
10. Politiche sociali pag. 12
11. Richiedenti asilo, rifugiati, protezione umanitaria pag. 14
12. Lotta alla tratta pag. 14
13. Assistenti familiari pag. 15
14. Comunicazione e mediazione interculturale pag. 15
15. Esclusione sociale pag. 16
16. Carcere pag. 16
17. Piano regionale di azioni contro la discriminazione pag. 17
18. Partecipazione e rappresentanza a livello regionale e
locale pag. 17
19. Sanita' pag. 18
20. Dipendenze pag. 19
21. Politiche abitative pag. 19
22. Lavoro autonomo e imprenditorialita' pag. 21
23. Cultura ed intercultura pag. 22
24. Promozione, strumenti di coordinamento interno pag. 22
e monitoraggio degli interventi
1. Introduzione
La Regione Emilia-Romagna e' la prima Regione che ha legiferato in
materia di politiche per l'integrazione dei cittadini stranieri
immigrati dopo la Riforma del Titolo V della Costituzione e dopo la
modifica della normativa nazionale (approvazione del DLgs 286/98) e
delle sue successive modifiche previste dalla Legge 189/02.
La approvazione di una nuova normativa regionale (L.R. 5/04) si e'
resa necessaria per almeno tre ragioni:
a) la evidente obsolescenza della precedente legge regionale in
vigore, L.R. 21 febbraio 1990, n. 14, che sostanzialmente nasceva nel
solco della impostazione emergenziale causata dai primi consistenti
flussi migratori nel nostro paese;
b) un forte processo di cambiamenti quali-quantitativi nel corso degli
anni '90 riferibili alla progressiva crescita numerica delle presenze
di persone straniere a cui si associano crescenti indicatori di
stabilizzazione;
c) un forte processo di innovazione e modificazione legislativa
avviato a livello nazionale a partire dalla emanazione del DLgs n. 286
del 25 luglio 1998 e successive modificazioni.
Peraltro e' importante ricordare che con la sentenza n. 300 del 7
luglio 2005, la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibili le
questioni di legittimita' costituzionale sollevate dal Consiglio dei
Ministri nel maggio 2004 ed ha ribadito la piena competenza delle
Regioni e degli Enti locali in materia di integrazione sociale dei
cittadini stranieri.
La Corte Costituzionale ha dunque validato integralmente l'impianto
normativo della L.R. n. 5 del 24 marzo 2004.
Le ragioni e gli obiettivi che la Regione Emilia-Romagna si e' data
con la approvazione di una nuova Legge regionale per l'integrazione
sociale dei cittadini stranieri (L.R. n. 5 del 24 marzo 2004, "Norme
per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati.
Modifiche alle LL.RR. 21 febbraio 1990, n. 14 e 12 marzo 2003, n. 2")
e con la definizione degli indirizzi in materia di immigrazione
previsti dal "Patto per la qualita' dello sviluppo, la competitivita',
la sostenibilita' ambientale e la coesione sociale", (sottoscritto il
18 febbraio 2004 dalla Giunta regionale, dalle parti sociali e le
associazioni sindacali), vanno dunque ricondotti ad una domanda di
fondo: crescendo costantemente la presenza di cittadini stranieri che
risiedono e lavorano nella nostra regione, come l'Ente regionale puo'
intervenire per assicurare una maggiore coesione sociale tra nuovi e
vecchi residenti, nel rispetto delle regole, del principio di pari
opportunita' e accesso ai servizi, e per facilitare la rimozione degli
ostacoli che impediscono il pieno inserimento sociale, culturale e
politico per i cittadini stranieri? Una coesione sociale che deve
puntare sulla qualita' delle politiche in ogni settore.
Tra le principali novita' della nuova normativa regionale, l'art. 3
comma 2 introduce un nuovo strumento di programmazione: il programma
triennale per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri avente il
compito di definire le linee di indirizzo per la realizzazione degli
iniziative previste dalla L.R. 5/04.
Si tratta di uno strumento di programmazione "trasversale" che intende
promuovere una integrazione delle politiche di settore per rispondere
in modo unitario ai bisogni ed alle esigenze dei cittadini stranieri
immigrati, tenendo conto dell'attivita' di osservazione del fenomeno
migratorio, nonche' delle indicazioni contenute nel Piano sociale e
sanitario 2005-2007 in fase di definizione.
L'obiettivo di fondo del programma triennale e' dunque quello di porre
al centro delle programmazioni di settore, il tema della crescente
presenza di migranti nel territorio regionale, nella logica di un
approccio complesso ed unitario, che non intende semplicemente
"aggiungere" uno specifico per "gli immigrati" in ciascun ambito
settoriale, bensi' richiama l'insieme delle politiche ad un
riflessione costante sui bisogni emergenti e sulle risposte
individuate.
2. Obiettivi strategici del programma triennale
La Regione nel promuovere l'integrazione sociale dei cittadini
stranieri individua tre finalita' di ordine generale sulle quali
ispirare l'insieme delle politiche regionali:
- la rimozione degli ostacoli al pieno inserimento sociale, culturale
e politico;
- il reciproco riconoscimento e la valorizzazione delle identita'
culturali, religiose e linguistiche;
- la valorizzazione della consapevolezza dei diritti e dei doveri
connessi alla condizione di cittadino straniero immigrato.
In questo senso, appare opportuno declinare l'insieme delle politiche
regionali su tre prospettive di analisi ed azioni:
- la conoscenza del fenomeno;
- la attivazione di un sistema di governance tra piu' soggetti
nell'ottica della integrazione delle politiche e del principio di
sussidiarieta' degli interventi;
- la programmazione, realizzazione e valutazione di un insieme di
risposte ai bisogni dei cittadini stranieri.
Gli obiettivi strategici triennali si possono dunque ricondurre a 6
macro-obiettivi di riferimento:
1) aumentare la conoscenza del fenomeno, nel senso che appare
opportuno favorire la raccolta e l'analisi di dati che possano
migliorare la comprensione del fenomeno migratorio e della sua
continua evoluzione, contribuendo in questo senso anche ad un migliore
raccordo con l'evoluzione del sistema produttivo regionale;
2) attivare strumenti e pratiche di governance a tutti i livelli, nel
senso di promuovere azioni di coordinamento e concertazione sia a
livello istituzionale che con le organizzazioni socio-economiche,
anche attraverso la predisposizione di reti e gruppi tematici
specifici;
3) costruire relazioni positive, nel senso di favorire il confronto
interculturale attraverso un approccio istituzionale attivo, volto a
sviluppare e facilitare occasioni di incontro e scambio tra cittadini
autoctoni e migranti, nonche' di favorire percorsi di rappresentanza e
percorsi partecipativi alla vita pubblica locale;
4) garantire pari opportunita' di accesso ai servizi, nel senso di
promuovere la rimozione di ostacoli di ordine economico, linguistico,
sociale e culturale che impediscono alle persone straniere e/o a
particolari segmenti della popolazione straniera (es. donne, minori,
richiedenti asilo e rifugiati, detenuti) l'effettivo utilizzo del
sistema dei servizi pubblici. In questo senso appaiono strategiche una
azione formativa e di costante aggiornamento normativo rivolta agli
operatori che a vario titolo interagiscono con i cittadini stranieri,
nonche' l'attivazione di campagne informative rivolte sia ai cittadini
immigrati, per accrescere la conoscenza dei propri doveri e la
consapevolezza del possesso dei propri diritti e di accesso ad essi,
sia ai cittadini italiani, per contrastare una percezione distorta
secondo la quale esistono percorsi privilegiati per stranieri;
5) promuovere tutela legale, nel senso di favorire la realizzazione di
interventi volti a garantire per i cittadini stranieri adeguate forme
di conoscenza e tutela dei diritti e dei doveri previsti dalla
normativa nazionale e regionale, nonche' garantire assistenza alle
vittime di situazioni di discriminazioni o grave sfruttamento;
6) partecipare al governo dei flussi migratori, nell'ambito delle
limitate competenze assegnate alla Regione dalla normativa nazionale,
al fine di individuare e rappresentare i fabbisogni quantitativi e
qualitativi della societa' regionale.
3. Programma triennale, programmazione regionale e locale
Il programma triennale e' uno strumento di programmazione e
progettazione ad approccio integrato, teso a valorizzare i
collegamenti tra politiche settoriali rivolte alle medesime categorie
di destinatari, tenendo conto degli effetti reciproci di tali
politiche.
In questo senso, il programma triennale si inquadra nell'ambito degli
strumenti di programmazione previsti al secondo comma dell'art. 9
della L.R. 24 marzo 2004, n. 6 "Riforma del sistema amministrativo
regionale e locale. Unione Europea e relazioni internazionali.
Innovazione e semplificazione. Rapporti con l'Universita'".
Il programma triennale fornisce un quadro generale di obiettivi
strategici di valore pluriennale che dovranno essere recepiti nei
singoli atti di settore regionale e dagli Enti locali nell'ambito
delle loro competenze.
La traduzione delle indicazioni del Piano dovra' dunque interessare
anche la programmazione locale e in generale i provvedimenti e gli
atti amministrativi di settore posti in essere dagli Enti locali
(Comuni e Province) o da altri Enti pubblici (Aziende USL, Aziende
pubbliche di servizi alla persona) nonche' coinvolgere le azioni e gli
obiettivi perseguiti dai soggetti privati, con particolare riguardo al
mondo non-profit, all'associazionismo promosso dai cittadini
stranieri, ed alle rappresentanze delle categorie produttive e dei
lavoratori.
Dal punto di vista regionale, appare necessario introdurre una
funzione di costante monitoraggio tecnico al fine di verificare che le
indicazioni contenute nel programma triennale trovino concreta e
specifica attuazione negli atti di programmazione regionale settoriale
e negli interventi di settore conseguenti.
4. Lo scenario europeo
Il vertice europeo di Tampere (ottobre 1999) ha conferito l'impulso
politico per affrontare la questione immigratoria in modo comprensivo,
assicurando la razionale gestione dei flussi e un efficace controllo
delle frontiere esterne, in collaborazione con i Paesi terzi di
origine e di transito, e nella garanzia di un equo trattamento dei
cittadini di Paesi terzi.
L'integrazione dei cittadini di Paesi terzi negli Stati membri e' una
delle principali difficolta' che si pongono alla politica comunitaria
di immigrazione, ma anche un elemento fondamentale per promuovere la
coesione economica e sociale all'interno dell'Unione.
Nel 2003, la Commissione ha pubblicato una comunicazione su
immigrazione, integrazione e occupazione (COM 2003 n. 336) in cui si
sottolinea il fatto che l'immigrazione non fornira' la soluzione per
tutte le conseguenze dell'invecchiamento della popolazione e del
declino demografico. Sara' tuttavia necessario aumentare i flussi
migratori per rispondere alle future esigenze del mercato del lavoro
dell'UE, in particolare considerando le previsioni sul declino della
popolazione in eta' lavorativa nell'UE, successivamente al 2010.
Cinque anni dopo la riunione del Consiglio europeo di Tampere, il
Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 ha adottato un
nuovo programma pluriennale per i prossimi cinque anni, il cosiddetto
"programma dell'Aia". In questo nuovo programma si afferma come
l'immigrazione sia una caratteristica permanente della societa'
europea e che se il flusso di immigrati (che soggiornano legalmente
nel territorio degli Stati membri) risulta ordinato, e gestito in modo
corretto, gli Stati membri ne ricavano molti vantaggi, tra cui
economie piu' forti, una maggiore coesione sociale, un maggior senso
di sicurezza e la pluralita' culturale.
Considerati nel loro insieme e a livello di tutti gli Stati membri,
tali vantaggi fanno avanzare il processo europeo e rafforzano la
posizione dell'Unione nel mondo.
Dunque la gestione efficace della migrazione da parte di ciascun
membro e' nell'interesse di tutti.
In questo senso, per il programma dell'Aia, appare essenziale
sviluppare una serie di principi fondamentali comuni per la politica
di integrazione degli immigrati nell'Unione Europea:
- l'integrazione e' un processo dinamico e bilaterale di adeguamento
reciproco da parte di tutti gli immigrati e di tutti i residenti degli
Stati membri;
- l'integrazione implica il rispetto dei valori fondamentali
dell'Unione Europea;
- l'occupazione e' una componente fondamentale del processo di
integrazione ed e' essenziale per la partecipazione degli immigrati,
per il loro contributo alla societa' ospite e per la visibilita' di
tale contributo;
- ai fini dell'integrazione sono indispensabili conoscenze di base
della lingua,della storia e delle istituzioni della societa' ospite:
mettere gli immigrati in condizione di acquisirle e' essenziale per
un'effettiva integrazione;
- gli sforzi nel settore dell'istruzione sono cruciali per preparare
degli immigrati,e soprattutto i loro discendenti, ad una
partecipazione piu' effettiva e piu' attiva alla societa';
- l'accesso degli immigrati alle istituzioni nonche' a beni e servizi
pubblici e privati, su un piede di parita' con i cittadini nazionali e
in modo non discriminatorio, costituisce la base essenziale di una
migliore integrazione;
- l'interazione frequente di immigrati e cittadini degli Stati membri
e' un meccanismo fondamentale per l'integrazione. Forum comuni, il
dialogo interculturale, l'educazione sugli immigrati e la loro cultura
nonche' condizioni di vita stimolanti in ambiente urbano potenziano
l'interazione tra immigrati e cittadini degli Stati membri;
- la pratica di culture e religioni diverse e' garantita dalla Carta
dei diritti fondamentali e deve essere salvaguardata, a meno che non
sia in conflitto con altri diritti europei inviolabili o con le
legislazioni nazionali;
- la partecipazione degli immigrati al processo democratico e alla
formulazione delle politiche e delle misure di integrazione,
specialmente a livello locale, favorisce l'integrazione dei medesimi;
- l'inclusione delle politiche e misure di integrazione in tutti i
pertinenti portafogli politici e a tutti i livelli di governo e dei
servizi pubblici e' una considerazione importante nella formulazione,
e nell'attuazione della politica pubblica.
5. Il contesto nazionale
La normativa nazionale in materia di immigrazione e' regolata dal
Testo Unico emanato con DLgs 25 luglio 1998, n. 286 concernente la
disciplina dell'immigrazione e le norme sulla condizione dello
straniero.
Il DLgs 286/98 disciplina in materia di ammissione, soggiorno, e
allontanamento dal territorio della Repubblica, ed in materia di
trattamento e diritti dello straniero che comunque si trovi sul
territorio nazionale.
Il nuovo quadro costituzionale delineato dalla riforma del Titolo V,
parte seconda della Costituzione, prevede una competenza regionale nel
dare attuazione alle misure di integrazione sociale dei cittadini
stranieri immigrati.
La recente modifica al DLgs 286/98, con Legge 30 luglio 2002, n. 189
(cosiddetta "Bossi-Fini") e' intervenuta sostanzialmente a
ridisciplinare la materia in tema di ammissione, soggiorno ed
allontanamento, lasciando formalmente invariata la parte che attiene
alle politiche di accoglienza ed integrazione sociale.
Ai sensi dell'art. 3, comma 1, del DLgs 286/98, il Governo predispone
ogni tre anni il documento programmatico relativo alla politica
dell'immigrazione e degli stranieri nel territorio dello Stato: in tal
senso nel corso di luglio 2005 e' stato approvato il Documento
programmatico per gli anni 2004-2006.
In sede di espressione del parere negativo da parte della Conferenza
Unificata sul Documento programmatico 2004-2006 (seduta dell'11
novembre 2004), Regioni ed Enti locali hanno rilevato come il
Documento enfatizzi le tematiche inerenti la lotta alla immigrazione
clandestina e illegale, mentre le analisi e le indicazioni
programmatiche sulle politiche di integrazione risultano
ridimensionate e deboli nel loro impianto strategico, non delineando
precise linee di indirizzo, ne' prevedendo lo stanziamento di adeguate
risorse economiche.
Appare invece fondamentale che in ambito nazionale si sviluppi un
ragionamento di governance tra Stato, Regioni ed Enti locali, in
materia di politiche di integrazione, nonche' un disegno preciso
rispetto al ruolo e alle funzioni che si intende assegnare alle forze
sociali, dell'associazionismo e del volontariato.
Su questo punto la attenzione e disponibilita' della Regione
Emilia-Romagna restera' costante nei prossimi anni.
Ad esempio nel corso degli ultimi due anni la Regione ha favorito e
finanziato la stipula di accordi locali con le Prefetture e le
Questure volti a snellire e velocizzare le procedure di rinnovo dei
permessi di soggiorno, anche nella prospettiva auspicabile del
trasferimento agli Enti locali delle competenze amministrative
successive al primo ingresso.
6. Osservazione del fenomeno migratorio
Gli immigrati residenti in Emilia-Romagna all'1/1/2005 risultavano
essere pari a 257.233.
Se ai permessi di soggiorno che considerano gli adulti, si aggiungono
i minori(ipotizzati in oltre 56.000) si ottiene una stima di 284.459
stranieri presenti regolarmente in regione, pari al 6,85% dei
residenti.
Confrontando questo dato con quello dei 130.000 cittadini
emiliano-romagnoli emigrati, si comprende come la trasformazione della
regione in terra di immigrazione sia ormai del tutto consolidata.
(segue allegato fotografato)
Soprattutto a causa della regolarizzazione del 2002/3, il numero di
permessi di soggiorno e' praticamente raddoppiato negli ultimi tre
anni.
L'immigrazione tende verso caratteristiche di stabilita' comprovate da
un costante processo di ricongiunzione familiare e conseguentemente da
una crescita della componente femminile che ha superato i centomila
permessi di soggiorno e che si avvicina al 47% del totale. Si tratta
in particolare di una presenza di giovani donne, nella fascia
dell'eta' fertile, che da un lato ci aiutano a comprendere il
progressivo incremento delle nascite di bambini stranieri registrato
negli ultimi anni nella regione (19% nel 2004), e dall'altro pongono
tendenzialmente una serie di problematiche connesse alla salute
sessuale e riproduttiva.
Mentre negli anni novanta la maggior parte degli stranieri erano
persone sole, oggi la maggioranza vive all'interno di un nucleo
familiare. Cresce anche il numero di matrimoni misti e di immigrati
"di seconda generazione" le cui aspettative di promozione sociale sono
destinate a svilupparsi nei prossimi anni.
Anche i dati relativi alla presenza di bambini stranieri nelle scuole
risultano essere un chiaro indicatore di stabilizzazione insediativa.
Infatti l'Emilia-Romagna, pur essendo la quarta regione d'Italia per
incidenza percentuale di cittadini stranieri (dopo Lombardia, Lazio e
Veneto), risulta la prima per incidenza percentuale di bambini
stranieri nelle scuole.
L'aumento piu' consistente si e' verificato negli ultimi cinque anni
ed ha portato anche in questo caso ad un raddoppio: dai 18.000 alunni
stranieri dell'anno scolastico 2000/2001 ai 44.000 dell'anno
scolastico 2004/05 che rappresentano l'8,4% dei 521.000 complessivi.
Dopo la regolarizzazione, l'analisi delle nazionalita' presenti
registra una rilevante modifica della situazione: anche in
Emilia-Romagna, il gruppo continentale piu' numeroso diventa quello
europeo (43,8% dei permessi di soggiorno in regione), che supera
quindi il contingente africano (33,2%).
Questo mutamento e' dovuto soprattutto all'arrivo delle donne dell'est
Europa come assistenti familiari. Nella classifica delle nazionalita'
la Romania si insedia al terzo posto, l'Ucraina al quinto, la Polonia
(paese neo-comunitario) al settimo, la Moldavia al decimo.
Il processo di regolarizzazione ha accentuato un dato gia' risaputo:
cioe' che e' il mercato del lavoro il motore fondamentale
dell'immigrazione in Emilia-Romagna; si stima oggi che la forza lavoro
sia composta da oltre 165.000 unita', pari a oltre il 76% dei permessi
di soggiorno.
In questa fase sembrano consolidarsi due poli principali
dell'immigrazione regionale: il primo composto da donne
prevalentemente dell'Europa dell'est, attive nei servizi alla persona
ed il secondo di uomini prevalentemente africani, attivi nelle
industrie soprattutto metalmeccaniche.
Particolarmente interessante risulta la correlazione tra immigrazione
e mercato del lavoro su scala provinciale, resa evidente dal confronto
tra percentuale di immigrati e tasso di disoccupazione provinciale: la
consistenza numerica degli immigrati risulta inversamente
proporzionale al tasso di disoccupazione.
Questi dati sono confermati dalla distribuzione territoriale del
fenomeno migratorio che in percentuale vede ai primi due posti Reggio
Emilia e Modena e all'ultimo posto Ferrara: all'interno di una
distribuzione sempre piu' omogenea che sembra diffondersi "a macchia
d'olio", la provincia di Ferrara e' ormai l'unica che resta al di
sotto del 5% nel rapporto tra permessi di soggiorno e residenti
complessivi.
L'art. 3, comma 4, lettera d) della L.R. 5/04 prevede che la Regione
svolga attivita' di osservazione e monitoraggio, per quanto di
competenza ed in raccordo con le Prefetture, del funzionamento dei
centri di permanenza temporanea (art. 14, DLgs 286/98) e dei centri di
identificazione per i richiedenti asilo (art. 1, comma 5, DL 416/89).
I centri di permanenza temporanea presenti sul territorio regionale
risultano essere a Bologna (97 posti) e a Modena (60 posti).
Non risultano invece presenti centri di identificazione per
richiedenti asilo.
La sentenza della Corte Costituzionale 300/05 ha ribadito la
legittimita' costituzionale di questa attivita' di monitoraggio,
sottolineando da un lato le competenze della Regione in materia di
assistenza e sanitarie, e dall'altro lato la necessita' di un accordo
con le Prefetture.
Nel prossimo triennio, in coerenza ed a supporto di eventuali
modifiche della normativa nazionale in tale ambito, la Regione intende
avviare, in raccordo con le Prefetture interessate, una strutturata
attivita' di osservazione e monitoraggio dei centri di permanenza
temporanea di Bologna e Modena, che preveda conseguentemente anche la
possibilita' di ingresso dei consiglieri regionali e dei componenti
della Giunta all'interno dei centri stessi.
7. Flussi e politiche per il lavoro
Il sistema economico regionale ha di fatto raggiunto la piena
occupazione - per inciso il tasso di disoccupazione regionale al primo
trimestre 2005 e' al 4,5% contro l'8,2% del livello nazionale - pur in
presenza di una crescita economica che teoricamente non sarebbe in
grado di garantire aumenti occupazionali.
Questo dato, estremamente positivo e rassicurante, lancia
paradossalmente un'ombra sulle possibilita' di sviluppo futuro.
Il mercato del lavoro registra infatti, con lustri di ritardo, gli
andamenti che hanno interessato la popolazione, in altri termini i
comportamenti della popolazione avvenuti circa venti, venticinque
anni fa interessano il mercato del lavoro solo ora. Il forte calo
delle nascite ed il permanere di un saldo naturale negativo (la
differenza tra nati e morti) hanno eroso la consistenza della
popolazione in eta' da lavoro, ovvero e' calato il cosiddetto bacino
dei potenziali lavoratori. L'aumento delle nascite che si sta
registrando in questi anni produrra' i suoi effetti solo fra 15-20
anni e, in ogni caso, tale aumento non ha ancora annullato la distanza
con i decessi.
La crescita economica regionale, quindi, ha potuto contare su un
apporto demografico della popolazione residente che gia' ora e'
insufficiente a mantenere il trend di sviluppo e quindi risulta
fondamentale l'apporto dei lavoratori stranieri.
Tale apporto e' tanto piu' fondamentale se si considera che le nuove
leve "emiliano-romagnole", avendo un livello di istruzione molto
elevato, sono portate a non accettare un lavoro qualsiasi, ma a
ricercare un'occupazione gratificante e con possibilita' di
accrescimento professionale. La forte richiesta regionale di
manodopera straniera non comunitaria si evince direttamente dalle
stime dell'occupazione futura. Uno scenario del genere indica la
direzione per il mantenimento degli attuali livelli di benessere
dell'Emilia-Romagna: governo e integrazione dei flussi migratori da un
lato, una strategia complessiva che incentivi l'ingresso di profili
professionali rispondenti alle necessita' del mondo produttivo
regionale dall'altro lato. Tali obiettivi possono essere meglio
perseguiti attivando sinergie tra Regione, Enti locali, Organizzazioni
imprenditoriali e sindacali, in linea con le priorita' strategiche
indicate nel Patto per lo Sviluppo dell'Emilia-Romagna del 18 febbraio
2004.
Non e' solo l'occupazione dipendente a crescere, in quanto oltre
25.000 stranieri nel 2004 risultano amministratori, soci o titolari di
imprese con una crescita del 14% rispetto all'anno precedente ed
addirittura una crescita dell'87% rispetto al 2000. Il conseguente
peso percentuale sul totale dei titolari stranieri e' del 7,6%.
Nel 2004, ogni cento assunzioni di non-comunitari a livello nazionale,
nove avvengono in Emilia-Romagna; considerando, invece, il totale
delle assunzioni a livello regionale, l'incidenza dei lavoratori
non-comunitari arriva al 20%, mentre e' solo al 16% nell'ambito
nazionale.
Lo scenario demografico precedentemente delineato, pur in presenza di
un tasso di crescita economica poco sostenuta, spinge le imprese
dell'Emilia-Romagna a prevedere di assumere quote consistenti di
lavoratori stranieri.
Le professioni richieste si concentrano per circa un terzo su figure
non qualificate, per un terzo sugli operai specializzati, e la
restante quota sulle professioni relative alla vendita ed ai servizi
alle famiglie, con una particolare specificita' nel settore delle
costruzioni ove si prevedono oltre il 10% delle assunzioni
complessive. Si registra inoltre un fabbisogno crescente di figure
professionali straniere sempre piu' specializzate.
Nonostante queste forti richieste, dettate da un mercato del lavoro
regionale in forte tensione con una continua carenza, ormai
strutturale, di manodopera, qualificata e non, le assegnazioni del
Ministero del Lavoro non hanno mai coperto le necessita' manifestate
dal sistema economico emiliano-romagnolo, rimanendo sempre al di sotto
delle richieste. Infatti, nel 2003 gli assegnati furono poco piu' del
70% dei richiesti mentre nel 2004 non sono arrivati al 60%.
Le previsioni per il prossimo triennio continuano ad evidenziare, per
l'economia regionale, la necessita' di manodopera straniera anche se
risulta difficile stimare in maniera differenziata l'apporto dei
non-comunitari da quello dei comunitari e neo-comunitari.
Anche nel territorio regionale, in una fase di incertezza economica
come l'attuale, sono tuttavia numerosi gli immigrati stranieri che
trovano un lavoro tra le pieghe della economia sommersa: esiste una
preoccupante area che comprende fenomeni di neo-caporalato illegale
degli immigrati, di fatto sottratti a tutele di carattere normativo e
sindacale, che vanno contrastate con una azione congiunta di
facilitazione per l'emersione dal sommerso, accesso legale al mercato
del lavoro, attraverso in particolare l'individuazione di efficaci e
tempestivi meccanismi di incontro tra domanda ed offerta di lavoro, e
repressione da parte degli organi competenti.
Una ulteriore attenzione va posta al pericolo della crescente
disoccupazione tra gli immigrati, anche perche' questa condizione
incide direttamente e repentinamente sulla natura giuridica della
condizione di soggiorno.
La Regione ribadisce il proprio impegno di previsione del fabbisogno
di manodopera straniera annuale ai sensi dell'art. 21 del DLgs 286/98
e dell'art. 3della L.R. 5/04 ed in questo senso conferma la scelta di
confronto preventivo con le parti sociali e gli Enti locali,
finalizzata all'obiettivo strategico di una gestione attiva dei flussi
migratori rivolta a definire il fabbisogno quali-quantitativo e ad
attrarre dall'esterno le competenze non presenti sul territorio,
nonche' la collaborazione ed il confronto con le strutture periferiche
del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali in materia di
ripartizione provinciale delle quote.
Un'opportunita' interessante al riguardo e' costituita dalla
possibilita' di attivare percorsi formativi nei Paesi d'origine,
prevista tra l'altro dal Regolamento attuativo della Legge 189/02
(art. 29, DPR 334/04) in materia di formazione all'estero,
possibilita' da raccordare con le politiche sociali e da effettuarsi
attraverso un forte controllo pubblico, onde favorire l'arrivo di
lavoratori gia' qualificati e formati non solo rispetto ai fabbisogni
del mercato del lavoro, ma anche con adeguate competenze linguistiche
e conoscenze della normativa in materia di lavoro e sicurezza.
Dal punto di vista del sistema dei servizi, i cittadini migranti,
provenienti da Paesi extra UE o di nuovo ingresso nell'Unione Europea
hanno rappresentato in questi anni una quota consistente degli utenti
dei Centri per l'impiego e, in generale, dei servizi per il lavoro
della nostra regione.
I Centri per l'impiego in Emilia-Romagna si sono contraddistinti per
l'offerta dei servizi tradizionali di politica attiva del lavoro
(informazione e accoglienza, orientamento, accompagnamento
all'inserimento lavorativo, preselezione ed incontro tra domanda ed
offerta) organizzati per l'insieme degli utenti piuttosto che in una
organizzazione dei servizi per target specifici (donne, stranieri,
over 45, ecc.).
Questa scelta operata dalle Province per i propri Centri ha
consentito, dunque, l'esprimersi di un'offerta di servizi che fosse
adattabile alla estrema eterogeneita' dell'utenza e, al tempo stesso,
sono stati affiancati, almeno embrionalmente, da supporti specifici.
Nel caso degli utenti stranieri, a parte i servizi di informazione,
che hanno anche il compito di mettere in relazione l'utente con la
rete complessiva di servizi (sociali, sanitari, educativi,
previdenziali, formativi ecc.), si sono sviluppate, in particolare in
alcune province, azioni di supporto ai servizi che facilitano
l'erogazione degli stessi ai cittadini stranieri (mediatori
linguistici e culturali).
Nel prossimo triennio, pur mantenendo una impostazione
strategico-organizzativa dei Centri per l'impiego, orientata alla
erogazione di servizi specializzati per funzione e non per target, e'
necessario attrezzare in modo piu' organico i Centri per l'impiego
pubblici e tutto il sistema dei servizi per il lavoro per offrire
supporti specifici ai cittadini migranti, in particolare i supporti di
mediazione linguistica e culturale.
Il sistema di accreditamento di servizi per il lavoro dovra'
prevedere, per i soggetti che intendono farne parte, requisiti idonei
a garantire il piu' facile accesso dei cittadini stranieri ai servizi
erogati. Le esperienze delle associazioni di rappresentanza possono
svolgere un utile ruolo di raccordo.
Una attenzione particolare, sul versante dei servizi di consulenza e
di informazione al lavoratore, nonche' su quello di incontro
domanda-offerta, va anche posto sulla categoria delle assistenti
familiari, in buona parte cittadine straniere, sviluppando quanto
previsto dal Protocollo d'accordo tra Regione ed organizzazioni
sindacali in tale materia dell'aprile 2003, aggiornato all'aprile
2004, auspicando la condivisione del protocollo dei soggetti del Terzo
settore, e dando maggiore consistenza a quei primi positivi interventi
predisposti, in questo senso, da alcune Province.
Su questo tema e' necessario attivare, con i servizi del collocamento
e con la collaborazione operativa del Terzo settore, luoghi di
incrocio domanda e offerta e servizi di assistenza per le famiglie che
necessitano di questo tipo di supporto.
Infine per quanto attiene le iniziative di rientro nei Paesi di
origine dei cittadini stranieri immigrati, le modalita' di attuazione
saranno definite nel Documento di indirizzo programmatico triennale
per gli interventi di cooperazione internazionale previsto dalla L.R.
12/02 "Interventi regionali per la cooperazione con i Paesi in via di
sviluppo ed i Paesi in via di transizione, la solidarieta'
internazionale e la promozione di una cultura di pace". Nel futuro
occorrera' stabilire un piu' organico collegamento tra la
programmazione delle politiche e dei flussi migratori e le politiche
di cooperazione internazionale, in particolare con alcuni Paesi.
8. Nidi, famiglie e minori
I minori stranieri residenti nella regione Emilia-Romagna all'1/1/2005
risultano 56.347 di cui 29.470 maschi e 26.877 femmine.
Nell'ambito di questo dato, appare opportuno segnalare l'esistenza di
una "nuova generazione di nuovi cittadini": sono i nati nel 2004 da
madre straniera il 20% dei bambini e da padre straniero il 12%.
Per quanto concerne i minori stranieri inseriti in strutture di
accoglienza risulta particolarmente significativo rilevare che al
31/12/2002 vi erano 1.291 minori stranieri inseriti pari al 41,4% del
totale e al 31/12/2003 risultavano 1.460 pari al 42,7%.
Un incremento parallelo si registra nei servizi sociali territoriali
di tutela che sono passati a seguire minori stranieri da un 27,14% nel
corso del 2001, a un 34,73% nel corso del 2003. In particolare il
motivo prevalente di legame con i servizi riguarda problemi di natura
economica, indicatore di quanto sia importante insistere sul
collegamento con le politiche di contrasto alla poverta'.
Una riflessione approfondita merita la presenza crescente di minori
non accompagnati nel territorio regionale. I "minori stranieri non
accompagnati" sono quei minori stranieri che si trovano in Italia
privi di assistenza e rappresentanza da parte dei genitori o di altri
adulti legalmente responsabili. Alcuni sono completamente soli, altri
sono accolti da parenti.
Il fenomeno cresce per vari motivi: spesso la spinta ad emigrare viene
proprio dalla famiglia che arriva a contrarre debiti significativi per
le proprie risorse per poter sostenere le spese di viaggio e la
permanenza del figlio in Italia nell'aspettativa che questo
rappresenti "un investimento" per un futuro migliore per tutto il
nucleo parentale.
E' dunque una questione che richiede piu' attenzione, anche perche' i
minori stranieri non accompagnati, che in gran parte non hanno il
permesso di soggiorno, sono talvolta sfruttati da connazionali
adulti.
La banca dati istituita presso il Comitato per i minori stranieri
mostra una tendenza di crescita per cui dal 2000 al 2003 ne sono stati
segnalati complessivamente piu' di 20.000 e nell'ultima rilevazione
del 30 settembre 2003 i minori segnalati risultano 9.325, il 4,8% in
piu' rispetto all'analoga rilevazione del 31 gennaio 2002.
I minori stranieri non accompagnati, inoltre, costituiscono una
categoria assistita dai servizi sociali deputati alle funzioni di
tutela sui minori. Stando ai dati forniti nel periodo 2001-2003 si
registra una variazione positiva dei casi in carico pari al 18,01% sul
livello regionale.
La persona che emigra puo' trovarsi in una condizione difficile,
aggravata dal fatto che, prima nella sua terra d'origine e poi nel
Paese d'arrivo, non ha avuto la possibilita' di consolidare esperienze
familiari, sociali, culturali, che gli consentissero la formazione e
il mantenimento di una propria, radicata identita'.
E' una situazione ricorrente tra i minori stranieri immigrati,
socializzati in un ambiente culturale diverso, con una lingua madre
diversa e con uno status giuridico diverso, per i quali lo sviluppo
della propria identita' personale e di gruppo puo' risultare
difficile. Si trovano dunque in un circolo vizioso: da una parte
l'identita' insicura ostacola la loro integrazione e l'apprendimento,
dall'altra la mancata integrazione e l'apprendimento non soddisfacente
(per loro e per gli insegnanti) ostacolano lo sviluppo di tutte le
potenzialita' di un'identita' solida.
A cio' si aggiungono talvolta condizioni d'analfabetismo o di bassa
scolarizzazione da parte dei genitori, nonche' fattori di
disinformazione sul sistema scolastico e sulle strutture assistenziali
e educative presenti in un dato territorio.
Nel quadro degli interventi da rivolgere alle famiglie straniere
occorre tenere presente una serie di azioni di sostegno e di
accompagnamento per fronteggiare le possibili sfide dovute
all'inserimento delle famiglie nel nuovo contesto sociale, soprattutto
e' indispensabile prevedere azioni di consulenza e sostegno
relazionale per affrontare i compiti genitoriali e la complessita'
educativa. E' fondamentale prevedere non tanto servizi paralleli
differenziati bensi' tendere a un sistema di servizi
socio-assistenziali che possieda un approccio interculturale.
Molto importante, ai fini di un sostegno concreto alle famiglie,
appare l'attivazione di interventi di accoglienza per le donne ed i
minori. Molto spesso e' infatti la figura femminile che rende piu'
visibili i bisogni della famiglia immigrata, che esprime difficolta' a
mantenere una referenza educativa verso i figli all'interno del nucleo
familiare (figli che attraverso il sistema scolastico hanno maggiori
opportunita' di comprensione del contesto, di alfabetizzazione alla
lingua italiana e di costruzione di dinamiche relazionali tra pari che
trascendono la provenienza d'origine), e che vive situazioni di
esclusione sociale rispetto all'effettivo accesso al sistema dei
servizi ed alle opportunita' di inserimento sociale e lavorativo in un
dato territorio.
Rientrano quindi nella rete dei servizi attenti anche ai bisogni delle
famiglie immigrate i consultori familiari e i centri per le famiglie.
La rete dei consultori a tutt'oggi conta di 220 sedi, uniformemente
distribuite in ambito distrettuale e privilegia percorsi qualificanti
effettuati in via sperimentale in alcune Aziende USL e in via di
diffusione in tutta la regione relativamente a:
- l'integrazione dei servizi sanitari e sociali rivolti agli
adolescenti, riconoscendo un ruolo centrale ai servizi sociali
territoriali; il percorso nascita, con particolare attenzione
all'integrazione socio-sanitaria nelle gravidanze multiproblematiche,
ma anche all'appropriatezza degli interventi diagnostico-terapeutici
soprattutto nelle gravidanze e nei parti fisiologici;
- la prevenzione dell'abbandono e della depressione post partum;
- progetti di integrazione ospedale-territorio nel sostegno
dell'allattamento al seno;
- un programma di assistenza alla coppia sterile;
- la qualificazione dell'assistenza alla popolazione immigrata che,
partendo dall'esperienza degli Spazi donne immigrate e dei loro
bambini, ha portato alla diffusione della formazione all'assistenza
multiculturale dei professionisti dei consultori e anche degli altri
servizi territoriali ed ospedalieri.
Per promuovere una maggiore conciliazione tra la scelta procreativa, i
tempi di lavoro e i tempi di cura nei confronti dei figli - e quindi
per un fornire a tutto campo un concreto aiuto alla genitorialita' -
la Regione ha promosso la realizzazione di centri per le famiglie,
intesi come vere e proprie agenzie comunali al fine di supportare le
esigenze delle famiglie con figli e delle giovani coppie.
Attraverso i centri per le famiglie territoriali e' possibile ottenere
tra l'altro:
- un'informazione integrata su tutti i servizi, le risorse e le
opportunita' istituzionali e informali che il territorio cittadino
offre a bambini e famiglie (educative, sociali, sanitarie,
scolastiche, del tempo libero) con particolare attenzione alle
famiglie con figli disabili, monoparentali e straniere;
- spazi e proposte di incontro per le famiglie straniere con figli.
La scuola rappresenta il primo luogo di socializzazione tra bambini di
culture diverse e conseguentemente e' anche il primo luogo di incontro
tra le famiglie che entrano in contatto tra loro per il progetto
comune di educazione dei loro figli. Il nido, i servizi integrativi e
sperimentali, la scuola diventano quindi importanti opportunita' di
contatto per le famiglie straniere, di acquisizione di competenze
genitoriali e luoghi in cui si favorisce l'integrazione sociale
partendo dai figli.
Nidi e scuole dell'infanzia come opportunita' di integrazione e
opportunita' culturale per i genitori stessi: l'osservazione delle
relazioni tra bambini e tra genitori spinge ad interrogarsi sugli
stereotipi, sui pregiudizi e sulla loro presenza nell'adulto e
nell'infanzia sollecitando progetti di educazione ai diritti e/o al
riconoscimento dell'altro.
Si tratta dunque di porre al centro della progettualita'
interculturale dei servizi 0-6 i bisogni dei bambini stessi, delle
loro famiglie e degli operatori che li accolgono.
Osservare i bambini, le loro famiglie e le tracce che essi lasciano
nei servizi educativi, in un impegno costante nella ricerca e nella
pratica educativa, che parte dall'attenzione alla diversita' e alla
unicita' di ciascun bambino e che gli stessi bambini possono osservare
e cogliere nel relazionarsi tra pari, nella logica della
valorizzazione della differenza nei vissuti personali, come occasioni
in cui far emergere le somiglianze.
Da un lato sostenere la storia individuale e culturale e dall'altro
proporre esperienze di decentramento cognitivo ed emotivo per favorire
la nascita di modalita' relazionali fondate su scambio e
reciprocita'.
In quest'ottica e' importante prevedere la promozione e formazione
presso le scuole di referenti per l'accoglienza in grado di coordinare
e supportare l'azione degli insegnanti che sono chiamati ad accogliere
bambini affidati, adottati, stranieri e comunque portatori di una
condizione familiare che richiede attenzioni particolari.
Si tratta altresi' di mantenere una forte attenzione fenomeno della
dispersione scolastica e per il contrasto al fenomeno dello
sfruttamento lavorativo dei minori non solo a livello regionale ma
mondiale.
Alla luce di queste esigenze risulta fondamentale:
- l'avvio e potenziamento della figura di sistema, prevista dalla
delibera del Consiglio regionale 615/04, operante in ogni zona per
realizzare un'integrazione tra tutta la progettazione esistente
rivolta all'infanzia e all'adolescenza nei diversi ambiti sociale,
educativo, scolastico, sanitario. La delibera promuove questa nuova
figura professionale, denominata "figura di sistema" che ha il compito
di sostenere a livello distrettuale il coordinamento e l'integrazione
delle azioni e degli interventi che a carattere e con ambiti diversi,
in particolare: scolastico, sociale, sanitario, interessano il
benessere e la promozione dell'infanzia e dell'adolescenza;
- il sostegno e consolidamento della progettazione sorta in seguito
alle Leggi 285/97 e 286/98 che ha investito sull'area aggregativa e
sulla diffusione di un'educazione alla multiculturalita';
- promuovere una cultura di accoglienza come sensibilizzazione della
comunita' locale, facendo riferimento in particolare alle associazioni
di famiglie affidatarie e adottive, sollecitare un ruolo positivo da
parte dei media, generalizzare a livello regionale l'esperienza delle
reti familiari per l'accoglienza per emergenza in specie per la fascia
0-6, sperimentare forme innovative di affidamento (affidamento omo
culturale), sviluppare una informazione accogliente rivolta ai minori
stranieri ed alle loro famiglie con particolare attenzione ai minori
stranieri non accompagnati.
In particolare per quanto concerne i minori stranieri non accompagnati
occorre promuovere e avviare, di concerto con gli Enti locali e il
Comitato minori stranieri, percorsi di rielaborazione delle procedure,
degli strumenti, e dello stesso processo di accoglienza dei minori
stranieri non accompagnati nell'ottica di mettere a sistema tutte le
risorse disponibili per un positivo inserimento dei minori stranieri
non accompagnati nella realta' socio-economica piu' adeguata ed
opportuna.
Nel merito degli interventi si sottolinea l'importanza dello strumento
dell'affido familiare: l'esperienza gia' in atto in diversi territori,
in particolare rispetto l'affido omoculturale e parentale, evidenzia
un orientamento dei servizi in tale direzione.
Si tratta inoltre sviluppare percorsi formativi e lavorativi e/o di
rimpatrio assistito, anche attraverso opportune modifiche alla
normativa nazionale.
9. Scuola e formazione professionale
I principi di uguaglianza di accesso al sapere, di integrazione ed
inclusione sociale promossi dalla L.R. 12/03 pongono i cittadini
stranieri in una condizione di parita', rispetto ai cittadini
italiani, nella partecipazione alle attivita' di istruzione e
formazione. Le attivita' sono garantite ai cittadini stranieri adulti
residenti in Italia o aventi regolare permesso di soggiorno, nonche'
ai rifugiati politici e richiedenti asilo. Nel caso dei minori
stranieri, il diritto all'istruzione e alla formazione viene
ovviamente garantito indipendentemente dalla regolarita' della
posizione in ordine al loro soggiorno.
La presenza dei ragazzi stranieri nella scuola e' in costante aumento
- nell'a.s. 2004/2005 ha rappresentato infatti l'8,4% della
popolazione scolastica, con la tendenza ad un aumento progressivo
costante - e la strategia per garantire loro eque opportunita' di
integrazione scolastica e successo formativo alla pari dei cittadini
italiani e' una delle priorita' individuate dalla Regione nelle linee
di indirizzo per i finanziamenti del diritto allo studio per il
triennio 2004/2007.
Gli interventi realizzati nell'ambito del diritto allo studio (L.R.
26/01) durante il triennio 2001/2004 hanno contribuito sostanzialmente
a mantenere alto il tasso di scolarita' degli studenti stranieri in
regione Emilia-Romagna; il tasso di dispersione scolastica per l'a.s.
2002/2003, si attesta intorno al 10%, contro la media nazionale del
30%.
Una recente "indagine sugli esiti degli alunni con cittadinanza non
italiana"effettuato dal MIUR sull'a.s. 2003/2004 vede ben collocata
l'Emilia-Romagna per numero di alunni stranieri promossi rispetto agli
studenti italiani, con un saldo positivo di promossi superiore alla
media nazionale in ogni grado di scuola, soprattutto nella secondaria
di primo grado. Tutte le citta' capoluogo della regione, entrano nelle
classifiche delle prime dieci citta' con i migliori tassi di
promozione degli studenti stranieri scrutinati nei diversi gradi e
ordini di scuola in rapporto agli scrutinati italiani.
L'attribuzione dei benefici individuali per il diritto allo studio, ha
registrato, nel triennio finanziario 2001/2004, un progressivo e
significativo ampliamento del numero dei destinatari delle borse di
studio in generale, e in particolare dei destinatari stranieri.
Nell'ambito della formazione professionale, le programmazioni delle
attivita' rivolte ai cittadini stranieri avvengono:
- a livello regionale, tramite azioni di sistema (anche complesse)
volte al potenziamento qualitativo e quantitativo della rete dei
servizi, nonche' degli interventi finalizzati all'orientamento, ai
bilanci di competenze, alla formazione e all'inserimento lavorativo,
con particolare attenzione alle donne immigrate impiegate nell'ambito
del lavoro di cura;
- a livello provinciale, ove vengono invece prevalentemente
privilegiate le attivita' formative.
La Regione, inoltre, ha fornito e sta fornendo linee di indirizzo ed
indicazioni, per orientare le programmazioni sia proprie che
provinciali, su tematiche specifiche quali la qualificazione
dell'assistenza familiare privata a domicilio e la mediazione
interculturale.
Gli utenti stranieri della formazione professionale - complessivamente
6697 nell'anno 2003 e 5793 nell'anno 2004 - prediligono aree
professionali quali la meccanica metallurgica, i servizi
socio-educativi, la distribuzione commerciale, l'industria alberghiera
e l'edilizia.
Il tema dell'immigrazione viene altresi' ampiamente trattato
nell'ambito dell'iniziativa comunitaria EQUAL, piu' generalmente
finalizzata, nel quadro della strategia europea per l'occupazione e
delle linee guida definite dal Piano nazionale per l'inclusione, alla
promozione di nuovi strumenti per combattere tutte le forme di
discriminazione e disuguaglianza presenti nel mercato del lavoro,
anche attraverso la cooperazione transnazionale. L'iniziativa si
sviluppa in due fasi, nel periodo dal 2000 al 2006, e prevede, in tema
di immigrazione, azioni dirette verso i cittadini stranieri (che
privilegiano l'inserimento lavorativo in settori quali i servizi
socio-educativi, il lavoro di cura a domicilio, l'edilizia, ecc.) ed
azioni di sistema che coinvolgono la rete territoriale dei servizi e
delle imprese, al fine di favorire l'inserimento sociale e lavorativo
dei cittadini stranieri, giovani ed adulti.
La prima fase ha gia' visto la conclusione della maggior parte dei
progetti.
Nell'ambito delle attivita' nell'istruzione, anche in integrazione con
la formazione professionale, permangono alcuni aspetti critici:
- il rischio della segregazione scolastica e della concentrazione di
presenze di stranieri nelle scuole di alcuni territori;
- la formazione del personale;
- l'individuazione di strumenti didattici;
- il rapporto con le famiglie;
- la polarizzazione degli alunni stranieri verso certe scuole;
- la difficolta' da parte delle famiglie dei bambini italiani ad
esprimere concretamente una cultura dell'incontro con le persone
appartenenti a comunita' straniere;
- una adeguata funzione di orientamento nella scuola;
- una adeguata funzione di mediazione culturale che non si limiti alla
traduzione linguistica;
- il riconoscimento dei titoli acquisiti.
Nell'ambito della formazione professionale in senso stretto e rivolta
ai giovani ed adulti stranieri, permane a tutt'oggi il problema legato
al riconoscimento dei titoli, soprattutto di quelli provenienti dai
Paesi extra UE, nei confronti dei quali in alcuni casi si richiede,
non essendovi una precisa normativa nazionale in materia, la
traduzione giurata e/o la dichiarazione di valore. Ovviamente, cio'
comporta notevole disagio per il cittadino straniero, sia in termini
temporali che economici.
Un ulteriore aspetto riguarda la progettazione delle attivita'
formative. In relazione alle specificita' dei soggetti - che
possiedono livelli diversificati di scolarizzazione e istruzione, di
conoscenza e padronanza della lingua e cultura italiana, nonche'
modelli sociali e culturali e progetti migratori differenti - e'
necessario prevedere spesso percorsi formativi maggiormente flessibili
e personalizzati, preceduti e/o accompagnati da moduli di
orientamento, di apprendimento a vari livelli della lingua e della
cultura italiana.
In considerazione delle specifiche esigenze dei cittadini stranieri,
minori, giovani ed adulti, - che possiedono livelli diversificati di
scolarizzazione e istruzione, di conoscenza e padronanza della lingua
e cultura italiana, nonche' modelli sociali e culturali e progetti
migratori differenti - la Regione intende attivarsi per promuovere e
rafforzare l'adeguamento dell'offerta di istruzione e formazione nelle
modalita' organizzative, nelle metodologie e nei contenuti,
personalizzando i percorsi e valorizzando le attitudini individuali.
Sono previste pertanto azioni a vari livelli:
1) Il biennio integrato (scuola-formazione professionale) al termine
della scuola media
I percorsi di istruzione secondaria superiore integrati con la
formazione professionale rappresentano una delle priorita' di
attuazione della L.R. 12/03.
Nel contesto dell'integrazione fra istruzione e formazione
professionale, si colloca infatti la proposta innovativa - che si basa
tuttavia su alcune esperienze gia' diffuse nel territorio regionale -
di un biennio integrato che puo' essere scelto dai ragazzi al termine
della scuola media, al momento in cui si conclude la fase dell'obbligo
scolastico.
Il percorso integrato (la cui utenza, va ricordato, vede una maggiore
presenza di alunni stranieri e di studenti in situazione di handicap,
quindi con una possibile incidenza piu' alta di fattori di rischio e
disagio) all'interno delle scuole superiori, ha una forte valenza
orientativa ed e' finalizzato a consolidare nei ragazzi le conoscenze
di base e a rafforzare conseguentemente la capacita' di scelta per
proseguire in percorsi successivi fortemente differenziati e che si
attuano nell'ambito dell'istruzione o nella formazione professionale o
nell'esercizio dell'apprendistato.
2) Diritto allo studio (L.R. 26/01)
Il finanziamento di progetti per la qualificazione scolastica e'
prioritariamente destinato a favorire l'integrazione delle fasce di
utenza particolarmente deboli, quali i ragazzi in situazione di
handicap ed i ragazzi stranieri - che presentano difficolta' di
inserimento dovute alla recente immigrazione - a favore dei quali si
e' ritenuto opportuno intervenire con progettualita' specifiche e con
servizi dedicati.
3) La promozione della cultura della cittadinanza europea
Diffondere un approccio didattico che apre al sociale, alla
comunita', per una progettazione e un lavoro comune e per una pratica
quotidiana di integrazione vissuta, e' l'obiettivo che Ufficio
Scolastico regionale e Regione condividono nel compartecipare a
progettazioni integrate, in cui sono coinvolti gli Enti locali,
l'Universita', il privato sociale, l'Istituto regionale di Ricerca
educativa.
4) I centri risorse per le scuole
I centri sono strutture con finalita' informative, formative, di
ricerca, di documentazione e di consulenza sulle esperienze di
integrazione di ragazzi in situazioni di diversa difficolta' nella
scuola, nell'extrascuola, nella formazione professionale, nel lavoro e
nella societa'. Sono centri ben radicati nel proprio territorio,
spesso di ambito provinciale, che cercano di organizzare la
molteplicita' delle informazioni e degli interventi educativi,
sociali, sanitari e riabilitativi in un quadro unitario, sistematico e
non frammentario.
In attuazione di quanto previsto all'art. 22 della L.R. 12/03 in
merito ai centri di servizi e consulenza alle istituzioni scolastiche
(CSC), la Regione sta mettendo a punto le linee guida relative agli
aspetti caratterizzanti di tali centri, al fine di valorizzarne
l'operato in un quadro di riferimento piu' organico, di dar loro
visibilita' e di potenziarne la presenza nei territori.
5) Educazione degli adulti
L'offerta formativa in tale ambito e' costituita da percorsi di
apprendimento finalizzati sia al recupero e al completamento degli
studi, sia all'aggiornamento professionale dei lavoratori, in tal caso
operando attraverso l'integrazione fra l'istruzione e la formazione
professionale.
6) L'orientamento scolastico, formativo e professionale
L'orientamento e' una funzione strategica che attraversa in modo
trasversale le azioni regionali di contrasto alla dispersione
scolastica, di rafforzamento dell'autonomia delle istituzioni
scolastiche, di sostegno alla maturazione di una scelta formativa e
professionale consapevole. La qualificazione della funzione di
orientamento e' una delle priorita' regionali, in particolare per le
situazioni, come quelle degli studenti stranieri, che piu' facilmente
possono scivolare verso la scelta della qualifica professionale, anche
laddove si riveli impropria.
7) Azioni formative e di sistema
Vanno previste prioritariamente azioni formative e di sistema al fine
di favorire:
- l'integrazione tra le politiche educative, scolastiche e formative e
le politiche sociali e sanitarie, prevenendo il disagio giovanile,
favorendo i percorsi di accompagnamento ai ragazzi in difficolta' e
favorendo l'inserimento sociale dei cittadini giovani e adulti
immigrati (oltre che delle persone in condizione di disagio);
- l'implementazione e il consolidamento di un sistema integrato di
servizi e di azioni a supporto dell'inserimento lavorativo di persone
immigrate;
- il potenziamento qualitativo e quantitativo della rete dei servizi
ed interventi pubblici e privati per l'orientamento, i bilanci di
competenze, la formazione e l'inserimento lavorativo delle donne
immigrate nel mercato del lavoro, con particolare attenzione
all'ambito del lavoro di cura e al tema della conciliazione;
- percorsi di "riallineamento" per l'accesso alla formazione,
consistenti in azioni di alfabetizzazione e di conoscenza della
cultura italiana, non solo per i minori ma anche per gli adulti e le
fasce non automaticamente coinvolte nei percorsi scolastici (ad
esempio gli adolescenti che giungono a seguito di ricongiungimento
familiare);
- attivita' formative per la figura del mediatore interculturale;
- la promozione presso i servizi coinvolti della cultura
dell'accoglienza e dei diritti umani.
10. Politiche sociali
Accanto ad una crescita quantitativa, il fenomeno migratorio evidenzia
una crescita di complessita' rispetto alla condizione sociale dei
cittadini stranieri, ai bisogni che essi esprimono e alle traiettorie
migratorie perseguite da ciascuno di essi; anche in ragione di un
contesto normativo che storicamente si e' dimostrato incapace di
offrire un adeguato accesso legale (si pensi ai successivi e costanti
provvedimenti di regolarizzazione) e che impone alla Regione e gli
Enti locali di mantenere una attenzione costante anche verso una
presenza di persone in condizioni di presenza non regolare, specie
donne e bambini, spesso in condizione precarie di salute e
accoglienza.
In taluni casi, la persona straniera puo' concentrare una serie di
criticita' (malnutrizione, condizioni di vita usuranti gia' nei Paesi
di origine, precarieta' occupazionale, inadeguatezza abitativa legata
a sovraffollamento e/o carenze igienico-sanitarie, assenza di supporto
familiare e sociale, difficolta' di fruizione dei servizi, etc.) che
necessitano di risposte specifiche ed integrate tra loro.
L'elemento della pluralizzazione delle tipologie di immigrazione
rappresenta dunque una tendenza da tenere costantemente in
considerazione nei prossimi anni.
Il fenomeno migratorio ha una doppia dinamicita': crescono gli
stranieri di lunga durata, e crescono parallelamente gli arrivi di
nuovi migranti, tale per cui si articolano le aspettative ed i
bisogni.
Accanto al fattore temporale, si intrecciano altre variabili: cresce
la presenza di giovani figli di immigrati espressione di inediti mix
culturali, assistiamo ad una stabilizzazione di "famiglie" perche'
tanti sono i modelli sociali e culturali d'origine, mantengono una
loro presenza i lavoratori singoli di entrambi i sessi (vedi ad
esempio la significativa regolarizzazione delle assistenti familiari),
si pongono con forza nuovi bisogni che necessitano di un elevato
livello di attenzione e di carico assistenziale: le donne sole con
figli, i minori stranieri non accompagnati, i richiedenti asilo, le
persone straniere in situazione di poverta' estrema, ex detenuti che
necessitano di percorsi di reinserimento sociale.
Con la approvazione della L.R. n. 5 del 24 marzo 2004 in materia di
politiche per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri, legge
che affronta trasversalmente in ogni settore (scuola, sanita',
formazione, lavoro, casa ecc.) il tema dell'immigrazione straniera
secondo un approccio universalistico, teso a garantire l'effettivo
esercizio dei diritti sociali di cittadinanza nell'ambito dei servizi
pubblici esistenti, la Regione Emilia-Romagna ha inteso affermare il
principio strategico che i sistemi integrati di interventi e servizi
sociali, ad ogni livello di programmazione, devono considerare le
politiche rivolte ai cittadini stranieri come programmazione ordinaria
e strutturale, abbandonando un approccio occasionale, temporaneo ed
emergenziale.
Dal punto di vista del sistema integrato dei servizi di welfare, la
presenza di una utenza multi culturale va considerata una sfida verso
la innovazione: un servizio pubblico capace di servire meglio gli
stranieri, di capirne i bisogni e individuarne le soluzioni, esprime
una disponibilita' costante a riflettere su se' stesso, a rimettersi
in gioco, e cio' va inteso come una caratteristica capace di
migliorare anche le risposte verso le esigenze dei cittadini italiani.
Si tratta altresi' di introdurre e consolidare politiche che adottano
nel loro fare un approccio interculturale, ovvero lavorano sulla
ricerca dei punti di contatto come terreno comune di incontro, a
partire dagli elementi distintivi culturali ascrivibili ai gruppi
etnici e alle singole persone; politiche comunque fondate sui bisogni
del singolo, che evitino di reintrodurre attraverso la variabile
culturale, nuovi stereotipi omogeneizzanti nelle letture dei bisogni e
nelle risposte dei servizi, politiche che hanno la consapevolezza
della frequente natura interrelata dei bisogni, nel senso che e'
facile che il migrante sia portatore di un bisogno complesso/completo
(casa, lavoro, disagio sociale, salute, etc.) a cui occorre rispondere
con una medesima progettazione integrata intersettoriale, sulla base
dei bisogni e delle aspettative dell'utenza, rafforzando negli
operatori le competenze di lettura globale del problema presentato.
Esistono questioni trasversali che necessariamente solleciteranno nei
prossimi anni la rete dei servizi pubblici alla individuazione di
nuove risposte:
- la prospettiva di genere, e dunque la necessita' di interventi che
abbiano al centro il tema dell'effettivo inserimento sociale e
lavorativo delle donne straniere;
- il tema della condizione legale del migrante, della sua permanenza
nel nostro Paese fortemente legata alla necessita' di possedere un
lavoro e quindi posto in una condizione costante di potenziale
espulsione. Si tratta di un contesto normativo di sfondo che rende
problematica una progettazione sociale graduale e duratura con la
persona straniera e richiede agli Enti locali di mantenere una forte
attenzione anche verso una possibile presenza di persone in condizioni
di soggiorno non regolare, specie donne e bambini, spesso in
condizione precarie di salute e accoglienza;
- la crescente domanda di mobilita' sociale da parte dei cittadini
stranieri, che richiede al sistema dei servizi sociali una risposta
promozionale orientata alla valorizzazione delle competenze per
ciascuno di essi;
- il tema della qualita' complessiva della vita del migrante, e quindi
la necessita' di considerarlo un cittadino che ha aspettative legate
alla socialita', alla cultura, alla musica, all'attivita' sportiva;
dimensioni queste, alle quali gli Enti locali devono prestare
attenzione attivando forme di collaborazione con il vasto tessuto
associativo presente ad ogni livello (comunale, distrettuale,
provinciale), e che possono rappresentare un fondamentale valore
aggiunto rispetto alle politiche istituzionali di integrazione
sociale.
Per i soggetti pubblici e del privato sociale che compongono il
sistema locale dei servizi sociali, si tratta dunque di promuovere
politiche integrate di consolidamento e sviluppo di interventi
prioritariamente nell'ambito delle seguenti aree tematiche:
- la messa in campo di una serie di azioni in ambito scolastico
rivolte ai minori e alle loro famiglie, riconducibili in particolare
al sostegno all'apprendimento della lingua italiana e allo sviluppo di
relazioni di fiducia con gli operatori scolastici, nonche' alla
attivazione di interventi laboratoriali a valenza interculturale anche
in ambito extra-scolastico, in raccordo con le istituzioni
scolastiche;
- la realizzazione ed il consolidamento di centri e interventi
informativi specialistici in materia di immigrazione, finalizzati a
garantire per i cittadini stranieri adeguate forme di conoscenza e di
tutela dei diritti e di conoscenza dei doveri, previsti dalla
normativa regionale, nazionale ed europea;
- il consolidamento e lo sviluppo della attivita' specifica di
mediazione interculturale in particolare nei servizi sociali, sanitari
e scolastici, finalizzata ad accompagnare la relazione tra persone
straniere e servizi pubblici e privati, a facilitare la rimozione
delle barriere linguistico-culturali e a promuovere la conoscenza e la
valorizzazione delle culture d'appartenenza;
- azioni volte alla facilitazione di accesso ai servizi riassumibili
in almeno tre tipologie di interventi: azioni di orientamento, azioni
formative interculturali per gli operatori posti a contatto con
l'utenza straniera e la realizzazione di strumenti informativi
plurilingue;
- attivita' specifiche di alfabetizzazione alla lingua italiana
rivolte agli adulti;
- attivita' volte a promuovere la conoscenza e il confronto tra punti
di vista e culture presenti nella societa' regionale attraverso lo
svolgimento di iniziative di comunicazione, informazione e
orientamento sui temi connessi all'immigrazione, la predisposizione di
iniziative in ambito artistico, culturale e sportivo e la
realizzazione di centri interculturali;
- il sostegno e confronto con associazioni e comunita' di cittadini
stranieri;
- interventi di informativi, di accoglienza ed integrazione sociale
rivolti a specifici target di popolazione socialmente vulnerabile:
richiedenti asilo e rifugiati, donne, minori stranieri non
accompagnati, detenuti ed ex detenuti stranieri che necessitano di
percorsi di reinserimento sociale.
In questo contesto risultano notevoli le occasioni d'integrazione con
le previsioni della L.R. 20 del 2003, relativa a "Nuove norme per la
valorizzazione del servizio civile. Istituzione del servizio civile
regionale. Abrogazione della L.R. 28dicembre 1999, n. 38".
Le sperimentazioni del servizio civile regionale attivate nel corso
del 2005 offrono innovative opportunita' per l'integrazione sociale
dei cittadini stranieri immigrati, in particolare nei progetti di
servizio civile regionale che vedono il coinvolgimento attivo dei
cittadini immigrati d'eta' compresa tra i 18 e i 28 anni.
Questo protagonismo positivo a favore della comunita' locale in cui
vivono, studiano o sono alla ricerca di un lavoro, rappresenta un
importante laboratorio di cittadinanza attiva e di responsabilita'
positiva.
L'integrazione dell'esperienza proposta ai giovani immigrati con
l'analoga opportunita' del servizio civile nazionale vissuta dai loro
coetanei autoctoni, che si realizza attraverso la condivisione dei
momenti di servizio, di formazione, di rielaborazione e verifica,
rappresenta inoltre una reciproca opportunita' di conoscenza e di
crescita interculturale.
Questo protagonismo giovanile vissuto nell'ambito del servizio civile
quando viene proposto o indirizzato verso alcuni target socialmente
piu' vulnerabili: richiedenti asilo, rifugiati e titolari di
protezione umanitaria, donne sole con figli, ma anche minori e minori
stranieri non accompagnati, risulta poi essere uno strumento di
coesione sociale e di risposta ai bisogni dei territori.
11. Richiedenti asilo, rifugiati, protezione umanitaria
L'arrivo e la permanenza di rifugiati, richiedenti asilo, persone con
protezione umanitaria, dipendono da variabili di grande incertezza:
situazione internazionale, conflitti interni, guerre, legislazione
nazionale e dell'UE.
I rifugiati, richiedenti asilo e con protezione umanitaria che
ufficialmente risultano in Emilia-Romagna sono circa 1200: si presume
pero' che il numero reale sia sensibilmente superiore se si
considerano i famigliari e le presenze transitorie o non
"registrate".
E' evidente l'impossibilita' di una "programmazione numerica" delle
presenze, cosa che tra l'altro contrasterebbe con la possibilita' di
esercitare il diritto di asilo senza limitazioni, come previsto dalle
convenzioni internazionali.
Nel corso del 2005, in attuazione della Legge 189/02 e del DLgs 30
maggio 2005, n. 140 che ha recepito la direttiva europea 2003/9/CE, le
norme statali e le procedure per il riconoscimento dello status di
rifugiato e per l'accoglienza sono mutate: mentre prima il dato
prevalente era la lunga attesa della convocazione da parte di una
Commissione centrale nazionale (senza che fosse consentito l'accesso
legale al lavoro), attualmente vi sono sette Commissioni territoriali
che operano con tempi (almeno teoricamente) molto piu' ristretti,
decisioni piu' rapide (con rischio di valutazioni meno approfondite)
sulle istanze dei richiedenti asilo, quasi tutti inizialmente
"trattenuti" in centri di identificazione e, sei mesi dopo la
presentazione della domanda, autorizzati a lavorare.
Assumono per questi motivi maggior importanza le esigenze di
accompagnamento, assistenza e tutela legale per l'accesso alla
procedura e la necessita' di servizi di accoglienza rivolti a persone
con status giuridico piu' rapidamente definito ma, per il recente
arrivo in Italia, con situazioni sociali spesso molto piu' precarie
(rispetto ad alloggio, lavoro, formazione, salute, . . .).
E' su questa condizione che devono incidere gli interventi a livello
territoriale.
La L.R. 5/04 (art. 2) ha compreso rifugiati e richiedenti asilo tra i
destinatari, affermandone il diritto alla formazione professionale ed
all'istruzione (art. 15).
In Emilia-Romagna le iniziative per il diritto di asilo fanno
riferimento sia agli strumenti generali di programmazione degli
interventi e dei servizi sociali (Piani di zona, programmi finalizzati
di ambito distrettuale e provinciale) sia al Protocollo regionale
d'intesa in materia di richiedenti asilo e rifugiati sottoscritto il
17/6/2004 tra istituzioni locali, organizzazioni sindacali e sociali.
In Emilia-Romagna i progetti attuati da diversi Enti locali (Parma,
Modena, Bologna, Forli'-Cesena, Ravenna) offrono piu' di 200 posti di
ospitalita', insieme ad azioni di supporto legale, accesso ai servizi,
formazione linguistica e professionale.
Cio' che va programmato nei prossimi anni e' il rafforzamento e
l'estensione di un sistema regionale di accoglienza ed integrazione
sociale, in rapporto con il Sistema nazionale di Protezione.
Un sistema regionale, che dovra' configurarsi come:
- diffuso sull'intero territorio regionale e particolarmente nei
comuni di piccole-medie dimensioni che possono garantire migliori
livelli di integrazione;
- capace di rilevarne l'effettiva presenza di rifugiati, richiedenti
asilo, protezioni umanitarie in Emilia-Romagna e di rivolgersi a tutti
(ora gli interventi coinvolgono poco piu' del 10% del totale dei
presenti);
- funzionante a rete, programmando e offrendo disponibilita' di
accoglienza non limitate alle emergenze ne' agli arrivi occasionali;
- attivo rispetto alla condizione materiale delle persone ed alla loro
tutela giuridica: dalla presentazione della domanda fino alla fase
successiva al riconoscimento di status, con specifica attenzione ai
soggetti con esigenze particolari (minori, donne sole, famiglie,
anziani, vittime di tortura e violenze);
- orientato all'obiettivo dell'autonomia delle persone, favorendone la
partecipazione alla definizione degli interventi;
- in grado di garantire l'accesso ai servizi sanitari, alle ordinarie
attivita' di istruzione e formazione, a tirocini e borse lavoro,
all'occupazione ed all'abitazione;
- promotore di iniziative di informazione e sensibilizzazione,
coinvolgendo sia le istituzioni che la societa' civile.
In proposito, un importante punto di riferimento e' costituito dalla
esperienza della Rete regionale "Emilia-Romagna Terra d'Asilo",
formatasi nel 2005 a partire dal sostegno della Regione al Progetto
"Iniziative per l'avvio del Protocollo regionale d'intesa in materia
di richiedenti asilo e rifugiati"; progetto coordinato dalla Provincia
di Parma che vede la partecipazione di numerosi Enti locali,
organizzazioni sociali e sindacali.
Le iniziative per il diritto di asilo in Emilia-Romagna non possono
inoltre prescindere dal contesto nazionale, europeo ed internazionale,
che inevitabilmente influisce sul livello locale. Per questo, come
previsto nel Protocollo d'intesa, per garantire il diritto di asilo
occorre un continuo lavoro di formazione/informazione/valutazione
critica delle normative, un attento monitoraggio delle procedure di
esame delle istanze di asilo e del funzionamento dei centri di
identificazione, da caratterizzare come strutture di accoglienza e non
come luoghi di limitazione delle liberta' personali.
12. Lotta alla tratta
Come e' accaduto in altre regioni italiane anche in Emilia-Romagna il
fenomeno della prostituzione e della tratta di donne a scopo di
sfruttamento sessuale ha registrato, sulle strade, la progressiva
riduzione del numero di italiane (passate ora ad una prostituzione al
chiuso, prevalentemente negli appartamenti) ed il forte incremento
nella presenza di donne straniere (in particolare nigeriane, moldave,
ucraine e rumene) molte delle quali vittime di vero e proprio
sfruttamento.
Il tutto in un contesto di crescente diversificazione dei mercati del
sesso a pagamento che interessano in modo crescente gli appartamenti,
i night club, le saune e i centri massaggi.
La prospettiva per gli interventi sociali e' dunque quella di doversi
confrontare sempre piu' con un fenomeno mascherato e sommerso, in cui
la strada, tradizionale luogo di visibilita', di conflittualita' con
la cittadinanza ma anche di contatto e relazione con gli operatori
sociali, registra non un calo del numero complessivo di donne bensi'
una contrazione dei loro tempi di permanenza.
Da un lato le persone che si prostituiscono usano la strada come luogo
per ampliare il proprio portafoglio clienti, dall'altro, le
organizzazioni criminali, sia per sfuggire ai controlli delle Forze
dell'Ordine, sia per variare continuamente l'offerta, spostano con
frequenze sempre maggiori le donne da una zona all'altra non solo
all'interno della regione ma anche tra regioni diverse.
I dati raccolti annualmente dal progetto regionale "Oltre la strada"
confermano questo quadro di forte mutevolezza: l'ingresso nei percorsi
di protezione sociale di donne provenienti dalla prostituzione al
chiuso, l'aumento dal 2,86% al 6,75% delle minorenni, l'incremento nel
numero delle donne e delle minorenni provenienti dalla Romania anche
in relazione alla nuova politica adottata per la concessione dei
visti, l'affacciarsi su alcuni territori (ad es. Bologna) della
prostituzione maschile, la stabilita' nel numero dei contatti su
strada ma, all'interno di questo indicatore, l'aumento delle persone
nuove.
Questi cambiamenti, quantitativi ma soprattutto qualitativi, rischiano
di mettere in crisi i due capisaldi dell'intervento sociale che la
Regione Emilia-Romagna, prima e ancora oggi unica Regione italiana a
sostenere un progetto di rete, ha avviato nell'ottobre del 1996:
quello degli interventi di prevenzione sanitaria e di aggancio
realizzati attraverso le unita' mobili di strada e quello della
protezione sociale a favore delle persone straniere vittime di
sfruttamento (art. 18, DLgs 286/98).
In entrambi i casi ci si riferisce ad interventi che in questi anni
hanno portato ad esempio, per citare i dati piu' macroscopici, a
60.000 contatti su strada, a oltre 2800 inserimenti in percorsi di
fuoriuscita dallo sfruttamento, a circa 1200 tra inserimenti
lavorativi, borse lavoro e percorsi formativi.
Pensare oggi alle prospettive degli interventi regionali nel campo
della prostituzione e della lotta alla tratta significa da un lato
proseguire nel lavoro di sostegno della rete regionale e delle reti
territoriali attraverso attivita' di approfondimento, aggiornamento,
formazione e confronto con esperienze di altre regioni o paesi
europei. Dall'altro lato occorre pero' programmare e accompagnare una
serie di interventi innovativi, strettamente intrecciati tra loro ed
in grado di fare fronte ai mutamenti del fenomeno e ai nuovi bisogni
sociali emergenti.
In sintesi, tra le azioni da attivare si segnalano:
- la diversificazione delle strategie di aggancio e l'attivazione
degli interventi di prevenzione sanitaria al chiuso (appartamenti,
night club ecc.);
- la promozione di accordi con i gestori dei locali notturni, delle
discoteche, dei disco pub, ecc.;
- la moltiplicazione dei punti di osservazione (annunci sui giornali,
Internet ecc.) non considerando piu' la strada come unico punto di
contatto con le donne vittime di tratta;
- lo sviluppo di strategie di osservazione partecipata;
- l'avvio di un lavoro di sensibilizzazione sul cliente che, in questo
nuovo scenario, si configura come vera e propria risorsa per la lotta
alla tratta;
- la qualificazione dei percorsi di sostegno che devono essere oggi
sempre piu' diversificati e individualizzati, tarati sulla persona e
sui nuovi bisogni di cui questa e' portatrice;
- la qualificazione dell'offerta dell'accoglienza anche attraverso la
definizione di criteri e requisiti di funzionamento.
Una nuova e importante prospettiva di lavoro si delinea infine con il
regolamento attuativo dell'art. 13 della Legge 228/03 ("Misure contro
la tratta di persone") in cui vengono individuati come destinatari
degli interventi di protezione sociale le persone vittime di tratta e
riduzione in schiavitu' in senso ampio: non solo sfruttamento sessuale
ma anche lavorativo, non solo stranieri extra-comunitari, ma
potenzialmente, stranieri comunitari (in altre regioni si sono
verificati gia' casi di sfruttamento e riduzione in schiavitu' ai
danni di persone appartenenti all'UE e che quindi non hanno diritto di
accedere ai percorsi, art. 18) e di italiani.
Questo consentirebbe di andare ad operare su quelle zone di confine
(ad esempio lo sfruttamento lavorativo) che fino ad oggi, per i
vincoli posti dalla Commissione interministeriale per l'attuazione
dell'art. 18 del Testo Unico, e' stato impossibile affrontare con i
fondi previsti dall'art. 18 del DLgs 286/98 (sebbene il decreto 286/98
- non faccia esclusivo riferimento ne' alle sole donne, ne'
all'esclusivo sfruttamento sessuale).
13. Assistenti familiari
Il fenomeno crescente del lavoro di accudimento delle assistenti
familiari, rappresenta una variabile significativa del piu' recente
processo migratorio, ed impone di pervenire con sollecitudine alla
soluzione delle molteplici e nuove problematiche aperte, affinche' la
scelta di tante famiglie e lavoratrici straniere si esprima in un
contesto di sostegno, di collegamento e di opportunita' di relazione
con la rete dei servizi pubblici sociali e sanitari.
Secondo i dati piu' recenti dell'INPS, a fine anno 2003 erano circa
40.000 gli "addetti stranieri al settore della collaborazione
domestica", con un aumento sensibile rispetto al dato del 2002 (circa
13.000) dovuto agli effetti della regolarizzazione prevista dalla
Legge 189/02.
A conferma di un costante fabbisogno di lavoro domestico e assistenza
alla persona, si evidenzia come nell'ambito delle procedure di
assegnazione delle nuove quote di ingresso per l'anno 2005, nel
periodo gennaio-aprile 2005 sono pervenute alle Direzioni provinciali
del Lavoro della Regione Emilia-Romagna una somma totale di domande di
assunzione da parte di datori di lavoro per circa 8.800 nuovi addetti
alla assistenza familiare.
Informazione, orientamento, formazione, incontro tra domanda ed
offerta, assistenza sociale e sanitaria: su questi assi i servizi
pubblici sono chiamati a rispondere in termini innovativi ed efficaci
al fenomeno crescente della assistenza familiare.
In questo quadro occorre promuovere e sviluppare quanto gia' elaborato
nel "Progetto integrato per l'emersione e la qualificazione del lavoro
di assistenza ad anziani e disabili svolto da assistenti familiari"
sottoscritto il 28/4/2003 dalla Regione Emilia-Romagna e dalle
organizzazioni sindacali ed in particolare sul versante delle
politiche di integrazione sociale occorre sviluppare:
- sostegno della domanda e dell'offerta di cura regolare, promuovendo
adeguate politiche di sostegno fiscale, anche utilizzando ed adattando
gli strumenti esistenti (esempio assegni di cura);
- informazione e sostegno, garantendo un omogeneo sviluppo di una rete
di punti di informazione per le famiglie e per le assistenti
familiari, che assicuri inoltre le funzioni di consulenza e di
supervisione, mediazione e tutoraggio sulle attivita' assistenziali e
le forme di comunicazione con la rete dei servizi pubblici;
- formazione, qualificazione e aggiornamento delle assistenti
familiari, con particolare attenzione allo sviluppo, accanto a
qualificate competenze tecniche, di idonee capacita' comunicative e di
relazione con le persone assistite, i familiari ed il contesto
sociale.
14. Comunicazione e mediazione interculturale
Nell'ambito della nuova normativa regionale per facilitare
l'integrazione sociale dei cittadini stranieri (L.R. 5/04), il
legislatore regionale ha introdotto con l'art. 17, un apposito
articolato nel quale si esprime l'obiettivo, da parte di Regione ed
Enti locali, di promuovere e sviluppare interventi per l'integrazione
e la comunicazione interculturale.
Cio' significa riconoscere centralita' ad una funzione, quella della
promozione all'approccio interculturale, che il legislatore declina
attraverso una serie di possibilita' operative, tra le quali sono
comprese:
- le attivita' di avvio e consolidamento dei centri interculturali;
- lo svolgimento di iniziative pubbliche di informazione;
- lo svolgimento di iniziative artistico, culturale e sportive
finalizzate a valorizzare le culture dei Paesi di origine ed a
promuovere occasioni di socializzazione;
- il sostegno ad interventi di comunicazione interculturale;
- il consolidamento di competenze attinenti alla mediazione
socio-culturale anche attraverso la presenza nei servizi delle figure
dei mediatori interculturali;
- la formazione degli operatori preposti alle relazioni con i
cittadini stranieri, finalizzata a garantire pari condizioni di
accesso ai servizi.
La Regione Emilia-Romagna opera dunque per conoscere e valorizzare gli
apporti culturali diversi al fine di costruire assieme nuove
solidarieta', nuove comunita' socialmente coese in una logica di pari
opportunita' di diritti e di rispetto dei doveri socialmente
definiti.
A partire dal 2001, la Regione ha deciso di finanziare un apposito
programma annuale di interventi volto al sostegno di iniziative di
comunicazione interculturale in grado di promuovere una corretta
conoscenza del fenomeno migratorio, delle espressioni culturali e
sociali delle varie comunita' straniere e, soprattutto, di garantire
ai cittadini immigrati pari opportunita' di accesso all'informazione.
A distanza di tre anni dall'avvio del programma dedicato al sostegno
delle iniziative di comunicazione interculturale occorre compiere un
passo in avanti. E' importante cercare di uscire dalla dimensione
locale, per arrivare, senza forzature, alla costruzione di una vera e
propria rete regionale di comunicazione interculturale.
Questa e' la sfida dei prossimi anni. I migranti non devono porsi
nella logica di stare fuori dai canali istituzionali, perche' le
questioni interculturali sono strategiche per l'insieme del mondo
della comunicazione.
La costruzione di una rete regionale appare dunque particolarmente
utile al fine di consolidare e a mettere in sinergia i progetti
finanziati in questi anni con altre iniziative presenti nel
territorio.
Una risorsa indispensabile nei servizi sociali che maggiormente sono a
contatto con cittadini con culture e stili di vita diversi e'
rappresentata dal mediatore interculturale (anche come supporto al
lavoro di e'quipe e alla formazione), che la Regione ha recentemente
definito nell'ambito delle qualifiche professionali regionali (atto di
G.R. 2212/04 e di G.R. 265/05).
In questo senso, il mediatore interculturale viene descritto come "una
figura in grado di accompagnare la relazione tra immigrati e contesto
di riferimento, favorendo la rimozione delle barriere
linguistico-culturali, la conoscenza e la valorizzazione delle culture
d'appartenenza, nonche' l'accesso a servizi pubblici e privati".
La specificazione di questo nuovo profilo professionale, rappresenta
un ulteriore passaggio verso la qualificazione degli interventi in
materia di politiche per l'integrazione sociale dei cittadini
stranieri, pertanto appare fondamentale che il prossimo triennio si
caratterizzi per la attivazione di percorsi formativi a livello
provinciale, sia nell'ambito della formazione iniziale, sia
nell'ambito della formazione al lavoro.
Un primo monitoraggio effettuato a livello regionale ha evidenziato la
presenza di circa 300-400 operatori che da anni svolgono attivita' di
mediazione. Si ritiene opportuno pertanto tener conto di questa
esperienza positiva sviluppatasi all'interno dei servizi e che puo'
essere valorizzata, in ingresso ai percorsi formativi, attraverso il
riconoscimento di crediti derivanti dall'esperienza professionale e/o
da pregresse esperienze formative.
La valorizzazione delle pratiche e dei centri interculturali ha
rappresentato un obiettivo che la Regione Emilia-Romagna in questi
anni ha perseguito e continuera' a svolgere.
I centri interculturali, promossi da Enti locali o soggetti del Terzo
settore, sono luoghi pubblici di confronto tra nativi e migranti, la
cui attivita' e' dedicata in via prioritaria a favorire l'incontro e
lo scambio di punti di vista e di esperienze, nel tentativo di
migliorare la conoscenza reciproca delle specificita' culturali, di
diffondere una maggiore consapevolezza fra le persone straniere delle
risorse e dei vincoli del territorio di accoglienza e di costruire
percorsi partecipati di inserimento sociale.
I centri interculturali, in raccordo con i servizi culturali dei
singoli Comuni, vanno considerati una importante risorsa per l'insieme
del sistema scolastico, sociale e culturale regionale.
In questo senso, l'obiettivo di fondo dei prossimi anni deve essere
quello della costituzione di una rete regionale dei Centri e di un
consolidamento ed una estensione delle esperienze al punto da attivare
in ogni dimensione territoriale provinciale un centro interculturale.
15. Esclusione sociale
L'esclusione sociale richiama immediatamente il concetto di
disuguaglianza e comprende problematiche molto diverse fra loro, ma
correlate, quali la marginalita', la precarieta' economica, la
deprivazione culturale, la solitudine.
Rilevante inoltre e' la stretta relazione che esiste fra malattia ed
esclusione sociale e viceversa.
La poverta' e' un aspetto rilevante dell'esclusione sociale.
La L.R. 2/03, assumendo i principi della Legge n. 328/00 e tenuto
conto del nuovo quadro istituzionale delineato dalla riforma del
Titolo V della Costituzione, disegna un innovato sistema di welfare
emiliano-romagnolo. Lo afferma come un sistema plurale, fortemente
incentrato sulla cittadinanza sociale, sull'universalismo e
sull'appartenenza alla comunita', dove tutti i suoi attori condividono
impegni e responsabilita'. Il contrasto alla poverta' ed ai fenomeni
di esclusione sociale e' una grande priorita' della legge.
Il rischio di esclusione sociale e di poverta' che corre la totalita'
dei cittadini, e' superiore per i cittadini stranieri immigrati a
causa della loro fragilita' e precarieta'.
Quando il cittadino straniero ha perso i presupposti per la sua
permanenza in Italia (lavoro, permesso di soggiorno) si parla di
rischio di esclusione sociale.
L'immigrato straniero e' di per se' particolarmente fragile in quanto
spesso e' solo, quindi privo di reti parentali, oppure al contrario
puo' avere a carico una famiglia numerosa.
Inoltre vive una continua situazione di precarieta' determinata dallo
stretto legame tra regolarita' della sua presenza e titolarita' di un
contratto di lavoro. Deve dunque quotidianamente confrontarsi con i
nodi critici dell'integrazione.
I rischi di esclusione sono alti per il cittadino straniero immigrato
e comunque il suo reinserimento e' sostanzialmente subordinato al
reperimento di un nuovo lavoro. In caso contrario la situazione di
svantaggio diventa vera e propria poverta' e irregolarita', e gli
interventi sociali e di solidarieta' restano gli unici possibili e
limitati.
Inoltre l'accesso ai servizi sociali talvolta viene subordinato al
possesso della residenza anagrafica, che spesso il cittadino straniero
immigrato non riesce ad ottenere o comunque ne e' privo, e quindi non
puo' accedere ai servizi riservati alla generalita' dei cittadini.
Su questo tema occorre una maggiore omogeneita' di comportamento da
parte degli Enti locali.
Occorre intervenire nelle tre principali aree del disagio sociale:
lavoro, casa ed integrazione.
In materia di lavoro appare opportuna la presenza del delegato sociale
nelle aziende, in particolare per percepire la difficolta'
dell'immigrato al mantenimento del posto di lavoro, e realizzare
azioni di supporto immediato alla persona straniera che ha perso il
lavoro per un suo veloce ricollocamento, cosi' come ottenuto nel
Protocollo siglato il 24 maggio 2004 tra gli Assessorati regionali
alle Politiche sociali e Scuola e Formazione e le organizzazioni
sindacali regionali.
In materia di casa, occorre ricercare soluzioni abitative appropriate
in particolare attraverso protocolli di intenti fra le parti
interessate (Comuni, Regione, piccoli proprietari, imprenditori . .
.).
In materia di integrazione occorre concentrare l'attenzione su
interventi che favoriscano il mantenimento del posto di lavoro e siano
di supporto alla famiglia.
16. Carcere
Il tema della detenzione di persone straniere nelle carceri della
Regione Emilia-Romagna e' d'immediata attualita'. Nei tredici istituti
(compreso l'Ospedale psichiatrico giudiziario di Reggio Emilia)
penitenziari della nostra regione le/i detenute/i stranieri sono 1.655
(di cui 78 donne) su una popolazione complessiva di 3.705, circa il
45% (dati al 31/12/2004, forniti dal Provveditorato regionale
dell'Amministrazione penitenziaria Emilia Romagna).
L'alta presenza di detenuti stranieri e' riconducibile ad almeno
quattro principali fattori, che rimandano a situazioni di difficolta'
ed esclusione sociale (molto spesso alla base del progetto
migratorio), ed in particolare:
1) difficolta' economiche e linguistiche che incidono sull'assistenza
legale (difensori d'ufficio anziche' difensori di fiducia);
2) assenza di un domicilio certificato, condizione per usufruire degli
arresti domiciliari o delle misure alternative alla detenzione;
3) maggior ricorso alla custodia cautelare dovuta, insieme ad altri
fattori, alla difficolta' abitativa (ad esempio il 60% degli stranieri
in carcere e' in attesa di giudizio contro il 40% degli italiani);
4) la tipologia dei reati ascritti (prevalenza dei reati contro il
patrimonio e soprattutto violazione della normativa sugli
stupefacenti) che hanno una piu' elevata visibilita' sociale.
Dal 2000 la Regione Emilia-Romagna con la collaborazione dei Comuni
sede di carcere presta una particolare attenzione al descritto
fenomeno, promuovendo e rafforzando la presenza, nei singoli istituti
penitenziari, degli Sportelli informativi per detenuti e sostenendo
attivita' conseguenti di mediazione interculturale, in applicazione di
uno dei punti previsti dal Protocollo d'intesa tra il Ministero di
Grazia e Giustizia e la Regione Emilia-Romagna, siglato nel marzo
1998.
In questi anni la presenza degli Sportelli e dei mediatori culturali
ha permesso di comprendere in maniera piu' concreta, i bisogni e le
richieste primarie delle persone straniere detenute, a fronte, anche,
di recenti modificazioni legislative (Legge 189/02).
Nella logica della valorizzazione e del consolidamento di
quest'intenso lavoro, i futuri interventi si dovranno orientare su tre
assi strategici:
1) Rafforzamento ulteriore della rete regionale degli Sportelli
informativi.
Gli Sportelli informativi, rappresentano un valido strumento
d'osservazione del territorio, possono e devono diventare strumento di
comunicazione delle politiche e delle opportunita' che il territorio
nel suo complesso offre e produce, al fini di garantire dignita' e
diritti ai cittadini detenuti.
Il rafforzamento e l'ulteriore promozione della rete regionale degli
Sportelli informativi per detenuti stranieri e' possibile attraverso
ulteriori percorsi di relazione con esperienze analoghe gia' presenti
sul territorio regionale, in particolare la rete degli Sportelli e/o
Centri informativi comunali (ex DLgs 286/98)e gli Sportelli sociali
(art. 7, L.R. 2/03).
2) Coinvolgimento della societa' civile e del Terzo settore
Particolarmente importante, nell'ipotizzare reali percorsi di
reinserimento, di alternative alla detenzione o per corrispondere a
domande e bisogni culturali, religiosi, sportivi e relazionali
(compatibili con la detenzione), e' il coinvolgimento di ampi settori
della societa' civile (associazioni di volontariato, associazioni
culturali locali ed eventualmente nazionali), il privato sociale, il
Terzo settore, le associazioni imprenditoriali e le associazioni
sindacali.
3) Coordinamento delle politiche per l'inclusione
Maggiore coordinamento e migliore utilizzo delle risorse e delle
opportunita' di inclusione possono realizzarsi attraverso una piu'
stretta collaborazione con altri Assessorati regionali (Assessorato
Formazione, Assessorato Attivita' produttive, Assessorato Sanita',
Assessorato Politiche abitative e Assessorato Cultura. Sport) ed avere
ricadute positive rispetto ai bisogni dei detenuti stranieri.
17. Piano regionale di azioni contro la discriminazione
La L.R. 5/04 ha introdotto con uno specifico articolo (art. 9) il tema
delle misure e degli interventi contro la discriminazione, prevedendo
la approvazione di un piano regionale finalizzato alla definizione di
azioni contro la discriminazione.
A livello regionale e' prevista la istituzione di un "Centro regionale
sulle discriminazioni", da attivarsi entro il 2007, sulla base di
quanto previsto dall'art. 44 del DLgs 286/98 ed in osservanza dei DLgs
215 e 216 del 9 luglio2003.
Si tratta pertanto di procedere ad una azione regionale di rete in
materia di contrasto alle discriminazioni che costituisca il
presupposto territoriale del suindicato Centro regionale.
Tale Centro dovra' assolvere a quattro funzioni fondamentali:
- prevenzione: nel senso di impedire la nascita e il formarsi di
comportamenti discriminatori per far si' che il principio di parita'
di trattamento diventi patrimonio educativo e culturale di ogni
singolo individuo. In questo senso potranno essere utili campagne
informative, incontri in ambito scolastico, attivita' di
sensibilizzazione e confronto con gli Enti locali, il mondo
non-profit, le parti sociali;
- promozione: nel senso di sostenere progetti ed azioni positive volte
ad eliminare alla base le situazioni di svantaggio, favorire la
promozione di accordi e/o protocolli innovativi tra soggetti diversi
caratterizzati da una reciproca responsabilizzazione su questa
materia, e sviluppare studi, ricerche, corsi di formazione e scambi
con altri Paesi appartenenti all'Unione Europea;
- rimozione: nel senso di offrire opportunita' e sostegno in termini
di orientamento, assistenza e consulenza legale al fine di contribuire
a sanare una situazione con la contestuale rimozione degli effetti
pregiudizievoli gia' realizzatisi;
- monitoraggio e verifica: nel senso di impostare un lavoro di
costante osservazione del fenomeno nel territorio regionale,
attraverso la produzione annuale di dati e ricerche al fine di
consentire un approfondimento analitico del fenomeno discriminatorio,
ricercando la massima collaborazione con i soggetti istituzionali e
del mondo associativo che si occupano specificatamente di tutela
contro le discriminazioni (di sesso, di razza, di origine etnica o
sociale, di caratteristiche genetiche, di lingua, religione, di eta',
handicap, tendenze sessuali . . .) ai sensi dell'art. 21 della "Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione Europea". In tal senso il Centro
regionale dovra' produrre annualmente una relazione all'Assemblea
legislativa regionale sulla applicazione del principio di parita' di
trattamento in ambito regionale e sulle specifiche attivita'
realizzate dal Centro regionale.
Compiti del Centro regionale saranno anche quelli di attivare una
forma costante di collaborazione e confronto nei confronti
dell'Ufficio nazionale Antidiscriminazioni razziali, promosso dal
Ministero per le Pari opportunita' ed insediatosi a dicembre 2004 -
anche attraverso l'eventuale decentramento del call center nazionale
quale metodo diretto ed efficace di rilevazione e osservanza delle
discriminazioni - nonche' di attivare forme di collaborazioni con
altre Regioni che intendono costituire analoghi Centri regionali.
Anche a livello locale, occorre procedere all'avvio e implementazione
di azioni contro la discriminazione imperniate sulle quattro azioni
strategiche suindicate: prevenzione, promozione, rimozione,
monitoraggio e verifica.
In questo senso appare opportuno procedere allo sviluppo e
consolidamento di una rete provinciale di soggetti pubblici e non, che
a vario titolo si occupano di discriminazione, coordinati dalle
singole Amministrazioni provinciali e finalizzati ad elaborare
specifici piani di intervento di ambito provinciale in raccordo con il
Centro regionale sulle discriminazioni.
18. Partecipazione e rappresentanza a livello regionale e locale
Il tema della partecipazione e del protagonismo dei cittadini
stranieri immigrati nella definizione delle politiche pubbliche,
costituisce certamente uno degli elementi fondamentali per un
effettivo processo di inclusione sociale.
A livello regionale, gli artt. 6 e 7 della L. R. 5/04 hanno introdotto
la "Consulta regionale per l'integrazione sociale dei cittadini
stranieri immigrati", luogo preposto a favorire il dialogo, la
conoscenza e la promozione di politiche efficaci in tema di
integrazione sociale dei cittadini stranieri.
La Consulta e' un organismo composto da rappresentanti degli
stranieri, degli Enti locali, delle parti sociali, del Terzo settore e
di organismi periferici dello Stato, e dovra' essere chiamato ad
esprimersi sugli atti piu' significativi di competenza regionale, atti
che abbiano un impatto o un qualche interesse per i cittadini
stranieri immigrati secondo un approccio trasversale (politiche
scolastiche, abitative, culturali, sociali, sanitarie, ecc.).
L'insediamento della Consulta regionale, avvenuto il 17 febbraio 2005,
puo' rappresentare un punto di riferimento e l'occasione per avviare
percorsi di partecipazione e di rappresentanza dei cittadini stranieri
anche in quei territori della regione che ancora ne sono sprovvisti.
In questo senso, l'art. 8 della L.R. 5/04, esplicita la volonta' della
Regione di favorire, nel rispetto delle competenze proprie degli Enti
locali, la realizzazione di percorsi partecipativi in ambito locale
(Consulte, Consiglieri aggiunti, forum di associazioni, ecc.) ponendo
particolare attenzione al percorso a carattere elettivo che dovrebbe
caratterizzare la componente dei cittadini stranieri immigrati.
La Regione intende monitorare le esperienze locali di partecipazione e
la loro operativita'.
Nondimeno, la Regione favorisce, ove consentito dal quadro normativo
nazionale, l'estensione del diritto di voto ai cittadini stranieri
residenti cosi' come espresso nell'ordine del giorno del Consiglio
regionale del 17 marzo 2004.
Il rafforzamento e sostegno alle associazioni promosse da cittadini
stranieri, rappresenta altresi' una azione importante da mantenere nei
prossimi anni, in quanto va intesa come preziosa occasione per
valorizzare forme di impegno sociale e di partecipazione alla vita
della comunita' locale da parte dei "nuovi cittadini"
emiliano-romagnoli.
Gli Enti locali sono chiamati a promuovere le capacita' di
comunicazione di queste forme associative, garantendone diffusione
territoriale e promozione di forme di coordinamento a livello locale.
19. Sanita'
La presenza di famiglie immigrate all'interno della regione e i
cambiamenti nella stratificazione della popolazione straniera
comportano la necessita' di consolidare il riorientamento delle
modalita' di servizi offerti, di accesso e di relazione degli
operatori sanitari con le persone immigrate che hanno problemi di
salute, in un'ottica interculturale, gia' oggetto di esperienze in
atto nelle Aziende Sanitarie regionali, in particolare sul tema
dell'assistenza interculturale alla salute delle donne immigrate e dei
loro bambini, per soddisfare i nuovi bisogni di fasce svantaggiate di
popolazione.
A tal fine occorre garantire in ambito distrettuale l'erogazione delle
prestazioni sanitarie, come previsto dalle normative nazionali e
regionali, e supportare gli immigrati con azioni di sostegno sociale,
ascolto e informazione, in sinergia con le istituzioni locali e con
un'azione integrata di tutti i soggetti coinvolti, pubblici e privati,
in una logica di sussidiarieta' in grado di valorizzare adeguatamente
tutte le competenze ed esperienze che si sono sviluppate, in
particolare da parte delle organizzazioni di volontariato,
associazioni di promozione sociale, cooperative sociali e
organizzazioni non governative, migliorando l'integrazione dei servizi
sanitari con quelli sociali.
In tale ottica assume forte rilevanza la capacita' di informare e
orientare i cittadini stranieri per favorire l'accessibilita' e la
fruibilita' dei servizi, supportandoli nel saper utilizzare in modo
idoneo i servizi e le attivita' offerte sul territorio, con
particolare riferimento al Pronto Soccorso.
Emerge, ad esempio, da rilevazioni effettuate in alcune realta' del
territorio nazionale, che la percentuale di cittadini stranieri
iscritti al SSN, pur avendone la possibilita' giuridica, risulta non
particolarmente elevata.
Occorre inoltre tenere conto che la nascita, la cura e il percorso di
crescita dei figli sono occasioni di incontro con i servizi e possono
evidenziare problemi di inserimento nella nostra societa', sono
percio' ambiti privilegiati di interventi preventivi e di integrazione
reciproca (es. promozione di momenti di incontro con le famiglie
autoctone, iniziative educative, sostegno scolastico).
Particolare attenzione va posta agli interventi preventivi e di
assistenza per la gravidanza, assistenza pediatrica e di base, e
vaccinazioni, che costituiscono il piu' frequente motivo di utilizzo
dei servizi sanitari: si riscontra infatti per la popolazione
immigrata un maggior rischio di gravidanza pretermine e di mortalita'
neonatale e infantile.
Tra le donne straniere si evidenzia inoltre un maggior ricorso
all'interruzione volontaria di gravidanza ed una maggior frequenza di
aborti ripetuti. Il fenomeno richiede una lettura transculturale per
mettere a punto strumenti informativi idonei a rendere edotta la
gestante sui propri diritti in tema di tutela sociale della maternita'
e di tutela del lavoro, nonche' sulle azioni promosse da Enti locali e
dal privato sociale come previsto dalla Legge 194/78.
Analoghi strumenti informativi avranno ad oggetto le modalita' di
accesso ai servizi sia per proporre in maniera efficace la
contraccezione, sia applicando politiche di gratuita' attraverso la
presa in carico della donna.
Per realizzare tali obiettivi e' pertanto necessario:
a) garantire la protezione dalle malattie infettive attraverso:
- l'offerta attiva delle vaccinazioni previste nell'infanzia
(calendario vaccinale) e nelle eta' successive (tutte le persone e
quelle esposte a rischio aumentato);
- la sorveglianza delle infezioni endemiche o epidemiche nei Paesi
d'origine al momento dell'immigrazione o per particolari condizioni di
vita e gli interventi di profilassi e controllo conseguenti (come
tubercolosi, epatite B, HIV/AIDS, altre malattie a trasmissione
sessuale, parassitosi);
- la prevenzione (attraverso vaccinazione, chemioprofilassi e
informazione/educazione) delle infezioni endemiche o epidemiche nei
Paesi d'origine (epatite A, malaria, febbre gialla, ecc.) in caso di
ritorno transitorio o definitivo;
b) assicurare l'assistenza sanitaria ai cittadini stranieri iscritti
al SSN e l'erogazione di determinate prestazioni sanitarie (di tipo
preventivo, a carattere urgente, ecc.) per gli immigrati non in regola
con il permesso di soggiorno, attraverso il rilascio di un tesserino
sanitario per stranieri temporaneamente presenti (STP), con
un'efficace informazione, formulata in termini comprensibili, e
redatta in varie lingue, al fine di consentire una maggiore conoscenza
dell'assistenza sanitaria spettante agli stranieri presenti e
facilitare l'accesso ad essa sviluppando trasversalita' con alcuni
servizi particolarmente strategici, quali i centri o sportelli per
stranieri dei Comuni, nonche' sviluppando relazioni con le
associazioni e comunita' straniere, nei loro luoghi di aggregazione ed
incontro;
c) per i nuovi migranti facilitare l'accesso ai servizi dedicati,
quali ad esempio gli"Spazi per donne immigrate ed i loro bambini";
d) facilitare l'accesso ai servizi distrettuali, con particolare
riferimento al percorso nascita e alla tutela dell'infanzia, con
l'attivazione di percorsi socio-sanitari a cura dei Consultori
familiari e della Pediatria distrettuale;
e) promuovere iniziative di formazione all'accoglienza e
all'assistenza nella multiculturalita', rivolte agli operatori dei
servizi nei quali e' maggiore la richiesta di accesso da parte della
popolazione immigrata nelle Aziende Sanitarie, al fine di una
comprensione delle problematiche poste e di una proficua interazione
con questi nuovi utenti;
f) valorizzare adeguatamente tutte le competenze ed esperienze che si
sono sviluppate, in particolare da parte delle organizzazioni di
volontariato, associazioni di promozione sociale, cooperative sociali
ed organizzazioni non governative, migliorando l'integrazione dei
servizi sanitari con quelli sociali.
Particolare attenzione va inoltre dedicata al tema degli infortuni sul
lavoro occorsi a lavoratori extracomunitari in regione, che nel corso
degli ultimi anni ha subito un aumento.
Il dato e' in controtendenza rispetto all'andamento infortunistico
riferito all'intero stock degli assicurati, che risulta stabile o in
lieve decremento.
In linea con la struttura per eta' della forza lavoro, gli infortunati
stranieri sono per lo piu' giovani, con netta prevalenza maschile, e
si concentra nei settori dell'industria manifatturiera (28%), delle
costruzioni (14%), dei trasporti (6%) e dell'agricoltura (4,5%).
Si tratta dunque di realizzare interventi informativi e formativi
volti alla prevenzione dei rischi presenti nello specifico comparto
produttivo in cui opera il lavoratore extracomunitario e definire
piani mirati specifici diretti a:
- favorire l'inserimento dei lavoratori stranieri nel contesto
lavorativo;
- prevenire gli infortuni e le malattie professionali, valorizzando ed
indirizzando le attivita' delle componenti professionali (medici
competenti, responsabili dei servizi di prevenzione e protezione
ecc.), presenti all'interno delle aziende;
- favorire ed incentivare l'aumento di controlli, l'attivita' di
monitoraggio nei cantieri edili ed in ogni altro luogo ove risulta
massiccia la presenza di lavoratori stranieri anche a seguito della
delibera di Giunta regionale 2003/733 con cui sono state approvate le
linee regionali di intervento per la promozione della sicurezza,
regolarita' e qualita' sociale delle condizioni di lavoro in
Emilia-Romagna, intese alla qualificazione e regolarizzazione del
lavoro, emersione dal sommerso, promozione e sicurezza del e nel
lavoro, all'espletamento in tal senso di attivita' di monitoraggio,
verifica e controllo;
- orientare, formare e riqualificare il lavoratore straniero, mediante
l'individuazione di buone pratiche volte all'integrazione sociale
(es.: attuazione delle direttive per la parita' di trattamento) e per
favorire la costituzione di profili professionali piu' rispondenti ai
fabbisogni inevasi del mercato del lavoro;
- erogare servizi di mediazione interculturale.
20. Dipendenze
Nel corso del 2003 i Servizi per le tossicodipendenze (SerT) della
regione Emilia-Romagna hanno preso in carico 257 utenti stranieri
europei ed extracomunitari. Su 10.164 utenti tossicodipendenti, gli
stranieri rappresentano il 2,5% dell'utenza.
Il primo contatto con il sistema curante per gli stranieri dipendenti
da sostanze avviene quasi sempre all'interno del carcere, gli accessi
spontanei ai servizi sono infatti sporadici e raramente esitano in una
presa in carico; una quota considerevole di stranieri si rivolge,
principalmente nelle ore serali e notturne, direttamente al Pronto
Soccorso, o vi accede in seguito ad interventi di emergenza.
I trattamenti piu' frequenti sono quelli di disintossicazione rapida
con farmaci sostitutivi che generalmente non esitano in un'effettiva
presa in carico ed hanno quindi un'efficacia limitata.
La maggior parte dei trattamenti avviene presso i SerT e le strutture
del privato sociale; un 11% avviene all'interno delle strutture
penitenziarie.
La maggioranza degli utenti stranieri dei SerT sono dipendenti da
eroina (72,8%), in linea con lo standard della popolazione generale
dei SerT. E' molto consistente la quota di cocainomani (16%) e
l'alcolismo rappresenta la forma di dipendenza che, insieme a quella
da eroina, maggiormente si rileva nei soggetti stranieri (dati in
corso di rilevazione).
Una delle principali difficolta' e' quella della comunicazione, sia a
livello linguistico che culturale; gli utenti provengono infatti da
contesti diversi e il loro rapporto con le sostanze non e'
assimilabile a quello degli utenti italiani. Tali difficolta'
attualmente sono affrontate attraverso servizi di mediazione culturale
che in buona parte gia' operano nelle Aziende USL, o attraverso la
collaborazione di associazioni di cittadini stranieri.
Tra gli stranieri rimane alto il turn over nei servizi dovuto a
fenomeni di mobilita' per la continua ricerca di condizioni migliori
di vita e di lavoro, di invisibilita' in seguito all'inasprimento
delle pene conseguenti allo stato di irregolarita' e clandestinita',
ed infine, per gli stranieri regolarmente soggiornanti, di difficolta'
per chi ha problemi di dipendenza a rimanere stabilmente in carico ai
servizi.
Inoltre gli interventi svolti all'interno del carcere possono
presentare carenze riferite all'informazione sui percorsi possibili e
sulle opportunita' fuori dalla struttura penitenziaria.
Infine ai cittadini stranieri non in regola con il permesso di
soggiorno sono assicurate le prestazioni sanitarie, di cui all'art.
13, comma 3, Legge 5/04, mentre non lo sono le prestazioni di tipo
sociale; gli unici interventi socio-assistenziali vengono effettuati
dalle associazioni di volontariato.
Le persone straniere che si rivolgono al sistema curante, richiedono
in larga misura interventi di pronto soccorso e portano problemi e
difficolta' che non sempre gli operatori dei servizi di
emergenza-urgenza sono in grado di affrontare. Pertanto emerge
l'esigenza di dare strumenti piu' consoni a tali servizi attraverso
una adeguata attivita' di formazione.
Piu' in generale si riscontra la necessita' di formazione continua
degli operatori e di consolidamento di comunicazioni strutturate fra i
servizi di emergenza-urgenza, SerT, servizi sociali pubblici e del
privato sociale.
E' indispensabile consolidare gli interventi di mediazione culturale;
in particolare in ambito carcerario e' necessario mettere a punto
percorsi socio-sanitari piu' strutturati e fornire ai detenuti le
adeguate informazioni per favorire l'accesso ai servizi sia
all'interno che al termine della detenzione.
Piu' in generale il tema della facilitazione all'accesso ai servizi
socio-sanitari deve essere oggetto di progettazione dedicata, anche
attraverso la presenza di operatori stranieri all'interno dei servizi
sanitari pubblici e privati.
Infine ogni progetto destinato a una utenza potenzialmente vissuta
come generatrice di insicurezza nella cittadinanza deve prevedere una
valutazione di impatto, con il coinvolgimento della comunita' locale e
dei cittadini.
21. Politiche abitative
L'urbanistica e' chiamata a fornire risposte strutturali ai problemi
che, a loro volta, dimostrano di avere carattere strutturale.
In particolare l'urbanistica puo' costituire un pezzo rilevante per
costruire politiche integrate volte ad affrontare almeno due diversi
aspetti connessi all'immigrazione:
1. la necessita' di una politica abitativa complessiva ed il
coinvolgimento, per la sua realizzazione, anche di risorse private;
2. la prevenzione di fenomeni segregativi (sia territoriali che
urbani) e di equa accessibilita' ai servizi pubblici.
La rilevanza del fenomeno migratorio rispetto ai processi urbanistici
e' sottolineata dagli stessi soggetti economici e sociali che
partecipano alle Conferenze di Pianificazione, in quanto la tenuta o
la crescita demografica delle nostre citta' e' riconducibile quasi
esclusivamente a fenomeni immigratori (spesso variamente articolati e
comprendenti sia ingressi da altre regioni che da altre nazioni).
Perche' le potenzialita' dello strumento urbanistico possano essere
valorizzate al meglio e' tuttavia necessario sviluppare due azioni:
a) rendere, nel processo di pianificazione urbanistica, piu'
sistematico il raccordo con i servizi competenti in materia di
immigrazione ed in particolare con gli Osservatori statitici del
fenomeno migratorio: in fase di pianificazione, infatti, occorrono
dati quantitativi desumibili dalle anagrafi (oggi gli unici
utilizzati), ma servono anche conoscenze qualitative in grado di
rappresentare sia la dinamica del fenomeno che la sua articolazione
sociale e territoriale;
b) sviluppare strumenti che migliorino il grado di prevedibilita' del
fenomeno: i tempi delle trasformazioni urbanistiche ed il loro agire
sul territorio in modo quasi irreversibile richiedono, infatti, che le
previsioni dei movimenti immigratori vengano ricondotte agli elementi
strutturali in grado di determinare l'entita' e la natura del fenomeno
stesso. Cio' puo' avvenire, anche attraverso un piu' stretto raccordo
con il sistema economico volto a definire una piu' stringente
individuazione dei fabbisogni di forza lavoro prevedibili e non
esaudibili mediante il ricorso alla popolazione attiva presente.
Da tempo nella nostra regione i cittadini stranieri regolarmente
residenti hanno gli stessi diritti di accesso all'edilizia
residenziale pubblica e alle agevolazioni previste per
l'affitto/acquisto della prima casa, ivi compreso il fondo sociale per
l'affitto (vedi dati Orsa). Al 2002 risultano utenti dell'ERP circa
5.000 cittadini stranieri, in maggioranza extracomunitari, pari al 5%
del totale.
Nelle ultime programmazioni di edilizia agevolata alimentate dalle
risorse ex-Gescal sono state effettuate sperimentazioni finalizzate a
offrire alloggi in locazione per lavoratori immigrati con priorita'
per quei Comuni in cui era piu' forte la domanda per la presenza di
forza lavoro di provenienza extraregionale.
In questo senso il bando regionale per la promozione di programmi
innovativi di edilizia abitativa, approvato con delibera del Consiglio
regionale 134/00, ha individuato tra le priorita' di intervento quelle
rivolte a "sostegno della mobilita' per il lavoro e lo studio",
privilegiando progetti integrati attuabili da una pluralita' di
soggetti pubblici e privati, compresi gli operatori del Terzo settore,
destinati ad offrire alloggi in locazione a canone ridotto rispetto ai
valori di mercato, per corrispondere al fabbisogno specifico dei
lavoratori immigrati, italiani e stranieri.
L'obiettivo della politica regionale e' orientato a integrare gli
interventi abitativi sul territorio privilegiando azioni coordinate e
interventi polifunzionali integrati con i servizi diretti ad una
pluralita' di soggetti, per evitare il rischio di riprodurre
condizioni di marginalita' sociale.
In questo senso si vuole incentivare l'azione di recupero,
risanamento, riqualificazione del patrimonio abitativo, con interventi
mirati ad arricchire il tessuto sociale esistente, anche attraverso
l'inserimento di nuove funzioni che si integrino con la residenza e di
servizi pubblici adeguati alla domanda. I programmi di
riqualificazione urbana generati dalla L.R. 19/98 e la recente
programmazione dei "Contratti di Quartiere II" contribuiscono alla
individuazione di politiche per la casa per le fasce piu' deboli della
popolazione in un quadro articolato di interventi finalizzati ad un
complessivo miglioramento della qualita' urbana.
Un approccio al problema della casa articolato nei cosiddetti
programmi integrati, e' stato introdotto sul piano nazionale dalla
179/92, legge che tra l'altro ha esteso per la prima volta i benefici
della Legge 457/78 ai cittadini stranieri residenti in Italia da
almeno cinque anni.
Tale approccio favorisce la ricerca di soluzioni abitative integrate
nel territorio urbano e dotate dei necessari servizi e spesso ha
premiato interventi di recupero del patrimonio esistente, ma non si
puo' affermare che rappresenti una risposta quantitativamente adeguata
alle dimensioni del problema. Infatti, nonostante gli sforzi
finanziari (a tali programmi e' stato assegnato il 15% delle risorse
destinate alle politiche abitative) gli interventi realizzati in
regione che accolgono stranieri non superano i 50 casi per un totale
stimabile intorno a 500 alloggi.
Nonostante queste iniziative pilota si verificano anche nel territorio
della nostra regione casi di emergenza abitativa che assumono aspetti
drammatici quando raggiungono la dimensione di agglomerati urbani
segnati da grave disagio sociale e talvolta da diffusi fenomeni di
criminalita'.
Questi "casi limite" rischiano di riprodursi ogni volta che la domanda
abitativa dei cittadini immigrati, in situazione di scarsita' di
offerta e alti costi dell'affitto, da' vita ad un mercato parallelo
caratterizzato da immobili fatiscenti, alloggi inadeguati, affitti in
nero e sovraffollamento.
Porre rimedio a queste situazioni, che sono il sintomo di una
situazione di disagio abitativo diffuso che affligge in misura
maggiore gli immigrati, ma anche alcune fasce "deboli" della
popolazione, costa molto di piu' che approntare programmi "preventivi"
di recupero e dare contributi per l'affitto.
In questo senso appare determinante, in una situazione di marginalita'
dell'edilizia residenziale pubblica, il contributo finanziario
rappresentato dal fondo sociale per l'affitto, di cui tuttavia si deve
rimarcare il divario tra domanda potenziale e disponibilita' di
risorse.
Su 32.609 domande presentate in tutta la regione nel 2001 comunque ben
26.645 sono state accolte, di cui 6.042 presentate da cittadini
extracomunitari, pari ad oltre il 22%.
Perche' si realizzi un programma di alloggi in locazione a canoni
contenuti occorre che le Amministrazioni locali si impegnino nel
reperimento di aree a basso costo o di immobili da recuperare,
puntando innanzitutto al riuso del patrimonio pubblico dismesso o non
utilizzato.
Tuttavia, data la crescente scarsita' di risorse pubbliche per il
settore delle politiche abitative, un programma di interventi mirati a
sostenere il mercato dell'affitto non puo' prescindere dalla
disponibilita' di investimenti finanziari e operatori privati che si
impegnino negli interventi di edilizia sociale, assumendo il settore
pubblico una funzione piu' incisiva nel regolare ed indirizzare
l'attivita' dei privati e nel sostenere finanziariamente le
"iniziative immobiliari sociali", promosse da associazioni di
categoria, cooperative, operatori del privato sociale.
Il sistema delle agenzie per l'affitto e dei Fondi di garanzia, che
conta gia' alcune esperienze positive, come a Modena, Cesena, Imola,
Parma, ecc. sono uno strumento di intermediazione utile per garantire
una terzieta' nel rapporto tra proprietari e affittuari. Cio' consente
di portare sul mercato dell'affitto patrimoni immobiliari privati,
delle fondazioni e degli ordini religiosi oggi inutilizzati e di
garantire assistenza e sostegno economico ai soggetti che come gli
immigrati trovano difficolta' di ogni tipo nel gestire un rapporto
diretto con i proprietari degli alloggi. Rimane compito del settore
pubblico quello di regolamentare il mercato e di sostenere anche
finanziariamente la costituzione e la gestione delle agenzie.
Occorre inoltre favorire l'intervento del cosiddetto Terzo settore o
settore non-profit, gia' oggi presente in alcune iniziative, ma che
potrebbe avere un ruolo piu' incisivo nella gestione degli immobili,
sia per la parte amministrativa che in quella dell'erogazione dei
servizi complementari di tipo sociale.
A questo scopo va incoraggiata l'iniziativa delle cooperative sociali,
che costituiscono il soggetto ideale per fornire l'assistenza
specifica e il mix di servizi mirato per le diverse situazioni locali,
inoltre puo' essere rafforzata anche la iniziativa dei consorzi di
impresa.
In queste iniziative e' opportuno che siano coinvolti i delegati delle
comunita' di immigrati in rappresentanza delle diverse nazionalita',
perche' si crei una rete di solidarieta' e di partecipazione che
garantisca il controllo delle iniziative sul territorio e promuova
l'integrazione sociale degli stranieri.
Occorre promuovere sul medio lungo periodo una politica di interventi
strutturali che affronti il problema della casa per i lavoratori
stranieri nell'ambito di una pianificazione territoriale degli
insediamenti che tenga conto della loro presenza ordinaria nel mondo
del lavoro e nella societa', superando l'identificazione oggi
consolidata tra immigrazione e marginalita' sociale.
Bisogna distinguere tra popolazione immigrata in condizioni di
poverta' e ordinaria domanda abitativa di lavoratori stabilizzati (ma
anche di commercianti e piccoli imprenditori), che non sono disposti
alla marginalita' sociale e alla pubblica assistenza. Molti di loro
hanno un reddito che in condizioni normali consentirebbe di affittare
una casa e in alcuni casi di acquistarla, altri sono portatori di una
normale domanda di assistenza per il reperimento dell'alloggio,
tuttavia la scarsa offerta di soluzioni abitative continua a generare
una discriminazione nei loro confronti, nonostante la ormai diffusa
consapevolezza del loro ruolo insostituibile come forza lavoro.
Percio' e' necessario che le forze economiche e produttive che
assumono lavoratori stranieri (che nel 2004 hanno rappresentato il 20%
delle nuove assunzioni) si impegnino assieme alle parti sociali e alle
istituzioni locali per la realizzazione di interventi abitativi
strettamente connessi alla formazione e all'inserimento lavorativo,
come d'altronde e' previsto nel Protocollo di intesa del 18/12/2001,
nell'ambito di una fruttuosa cooperazione tra pubblico-privato. Tali
interventi potranno essere realizzati anche in project financing su
aree urbanizzate dai Comuni e concesse in diritto di superficie a
operatori privati che li gestiscono in forma di servizi abitativi per
lavoratori immigrati, per un periodo minimo di trenta anni. Alla fine
del periodo gli immobili rientrano nel patrimonio comunale di edilizia
residenziale pubblica.
Per chi puo' permettersi gia' oggi di pagare un affitto sul libero
mercato, l'obiettivo potrebbe essere quello di accumulare, durante un
periodo di locazione almeno decennale, il capitale iniziale,
necessario ad acquistare o a costruire una casa in proprieta' in
Italia, se intende stabilizzare qui la propria residenza, o nel Paese
di origine, qualora opti per ritornare una volta che le condizioni
economiche lo consentano. Si tratta in questo caso di costruire un
meccanismo finanziario sul modello della locazione a termine con
proprieta' differita, indirizzato non tanto ad agevolare l'intervento
edilizio, quanto a gestire parte del risparmio accumulato mensilmente
per l'affitto e favorirne il reinvestimento in una "casa per il
ritorno".
I centri di prima accoglienza e gli alloggi sociali previsti dagli
art. 40, commi 2, 3 e 4 del Testo Unico di cui al DLgs 286/98, sono
strutture a carattere residenziale rivolte agli immigrati per il tempo
necessario al raggiungimento dell'autonomia personale.
Nel corso degli anni '90, in ragione di un graduale processo di
trasformazione del fenomeno migratorio che ha via via stemperato
connotati di "emergenzialita'", queste esperienze sono lievemente
diminuite per cui si registrano in Emilia-Romagna 220 presidi per un
totale di circa 3.400 posti disponibili (dati al 31/12/2004).
In un contesto caratterizzato da una domanda abitativa piu'
articolata, anche queste strutture sono chiamate a sostenere processi
di cambiamento qualitativo nell'ottica di una diminuzione graduale
delle dimensioni (massimo 40 posti cosi' come previsto dagli ultimi
bandi regionali), di una maggiore distribuzione territoriale delle
medesime, e della individuazione di soluzioni per particolari
tipologie di disagio sociale (donne sole con figli, nuclei familiari,
lavoratori singoli, richiedenti asilo, ecc.).
A seguito dell'entrata in vigore del Regolamento attuattivo del Testo
Unico sull'immigrazione cosi' come modificato dal DPR 334 del 18
ottobre 2004, la definizione dei parametri di idoneita' degli alloggi,
rientranti nei criteri previsti dalla legge regionale per
l'assegnazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica,
costituisce una questione fondamentale in materia di strumenti volti a
individuare soluzioni abitative per i cittadini stranieri residenti
nei territori provinciali. In tal senso, al fine di evitare e ridurre
situazioni di discriminazione e dare effettiva applicazione al diritto
dei cittadini stranieri ad accedere in condizioni di parita' agli
alloggi di edilizia residenziale pubblica, la Regione Emilia-Romagna
si impegna a promuovere criteri e parametri uniformi tra le diverse
parti del territorio regionale.
22. Lavoro autonomo e imprenditorialita'
In un contesto di crescente presenza di cittadini stranieri, appare
fondamentale assicurare continuita' e sviluppo agli interventi volti a
facilitare effettivi percorsi di integrazione e di regolarizzazione
nel contesto del mercato del lavoro della regione, in particolare nei
settori del commercio, dei servizi, dell'artigianato e
dell'agricoltura.
In tali settori va evidenziata la crescente attitudine, da parte delle
persone straniere, ad intraprendere iniziative imprenditoriali; questo
costituisce certamente uno degli elementi di maggiore evoluzione del
rapporto tra immigrazione e inserimento lavorativo. Ad una prima fase
caratterizzata da una presenza di cittadini stranieri occupati
prevalentemente in ruoli di lavoratori subordinati, ne fa seguito
un'altra, l'attuale, che vede una presenza sempre piu' numerosa, nel
sistema produttivo locale, di micro imprese di immigrati stranieri.
A tale proposito il dato nazionale (elaborato dalla CNA) evidenzia che
l'imprenditoria promossa da persone straniere rappresenta il comparto
piu' attivo e dinamico dell'imprenditoria nazionale. Anche in
Emilia-Romagna il numero delle imprese individuali di immigrati e'
cresciuto notevolmente (ad esempio +22% rispetto al 2003). I settori
di attivita' economica che vedono la maggiore presenza di imprenditori
stranieri sono le costruzioni, il commercio e l'attivita'
manifatturiera, che complessivamente rappresentano l'80% circa del
totale.
In armonia con i precedenti programmi adottati dalla Regione nel campo
degli interventi rivolti all'integrazione dei cittadini stranieri
immigrati, si ritiene opportuno confermare una metodologia di azione
che preveda la promozione, da parte degli Enti locali, di progetti
finalizzati a sviluppare le possibilita' di avvio, di regolarizzazione
e qualificazione di attivita' imprenditoriali degli immigrati.
L'obiettivo deve essere la regolarizzazione, la promozione, la
qualificazione e il progressivo consolidamento delle attivita' svolte
dai cittadini stranieri immigrati.
Si individuano i seguenti obiettivi prioritari verso i quali tendere:
A) garantire pari opportunita' di accesso alle attivita' di lavoro
autonomo e imprenditoriale e tutelare le differenze;
B) assicurare una adeguata formazione professionale;
C) promuovere l'avvio delle attivita' imprenditoriali da parte di
cittadini stranieri immigrati, sia in forma individuale che in forma
associativa.
A) Garantire pari opportunita' di accesso alle attivita' di lavoro
autonomo e imprenditoriale
Per il raggiungimento dell'obiettivo indicato si ritiene importante
mettere in atto interventi che possano garantire un accesso paritario
alle attivita' di lavoro autonomo, curando in particolare i percorsi
di apprendimento della lingua italiana, comprensivi di riferimenti
alle leggi e regolamenti che disciplinano nella nostra regione
l'esercizio delle attivita' imprenditoriali. Per tutelare le
differenze, gli interventi dovranno essere destinati prioritariamente
ai soggetti socialmente piu' deboli quali le donne.
In particolare risultano da attivare prioritariamente i seguenti
interventi:
1. interventi volti a costruire percorsi integrati tra formazione
linguistica e informazione, orientamento e formazione professionale,
finalizzati ad agevolare l'ingresso nel mercato del lavoro;
2. interventi finalizzati a conseguire un consolidamento delle
relazioni tra associazioni e istituzioni, nonche' a incrementare nei
cittadini stranieri immigrati il livello di conoscenza e di
sensibilizzazione in merito al funzionamento della pubblica
Amministrazione regionale e locale. Risultano pertanto prioritari gli
interventi destinati a promuovere l'avvio o il consolidamento delle
associazioni e la definizione di reti di servizi per le imprese,
promosse dalle associazioni imprenditoriali.
B) Assicurare una adeguata formazione professionale
Per tale obiettivo risulta importante promuovere interventi di
formazione volti ai cittadini stranieri immigrati ai fini di un
adeguato e corretto svolgimento delle attivita' imprenditoriali. In
particolare nei settori di attivita' commerciale ed industriale in
sede fissa, e per quanto attiene il settore alimentare, dove risultano
di particolare importanza le conoscenze inerenti gli aspetti
igienico-sanitari.
Devono inoltre essere previsti corsi che consentano lo sviluppo della
necessaria professionalita' nel comparto dei pubblici esercizi
(attivita' di bar, ristoranti, ecc.).
Anche nel comparto non alimentare si rende opportuno promuovere la
necessaria qualificazione degli imprenditori e degli addetti con
particolare riferimento alle leggi di settore e alle abilitazioni per
le varie tipologie di attivita' merceologiche.
C) Promuovere l'avvio delle attivita' imprenditoriali da parte di
immigrati, sia in forma individuale che in forma associativa
Al fine di promuovere l'avvio di regolari attivita' nel commercio, nei
servizi, nell'artigianato, nel lavoro autonomo da parte di immigrati,
sia in forma singola che associativa, si ritiene opportuno confermare
azioni di incentivazione e sostegno all'avvio di attivita'
imprenditoriali gia' previste all'art. 15 della L.R. 14/90, ora
abrogato dalla L.R. 5/04.
Per quanto concerne gli ambiti territoriali per la predisposizione dei
piani si ritiene opportuno individuare nella Provincia la dimensione
di riferimento.
All'Amministrazione provinciale e' pertanto demandata
l'individuazione, da realizzare tramite la concertazione con le
rappresentanze delle forze economiche e sociali e delle associazioni
di promozione sociale, delle priorita' di intervento e
conseguentemente la ripartizione delle risorse in relazione ai
progetti che dovranno essere realizzati nel territorio di competenza,
sulla base di specifici bandi.
23. Cultura ed intercultura
La liberta' culturale e' una parte fondamentale dello sviluppo umano,
poiche' essere in grado di scegliere una propria identita', chi si e',
senza perdere il rispetto degli altri o essere esclusi da altre scelte
e' importante per vivere una vita al massimo del suo sviluppo.
In questo senso, la Regione Emilia-Romagna e' consapevole che le
politiche per una effettiva integrazione sociale dei cittadini
stranieri non possono fermarsi agli interventi piu' visibili e
materiali come la soluzione abitativa, l'assistenza sociale,
l'inserimento scolastico e lavorativo: occorre infatti avere sempre in
considerazione anche gli ostacoli simbolici e culturali che possono
pregiudicare ogni altra forma di intervento ed inserimento sociale.
Dunque parlare di promozione di politiche culturali e interculturali
significa adottare un approccio istituzionale attivo, volto a
sviluppare e facilitare relazioni positive di confronto, scambio e
conoscenza tra cittadini autoctoni e migranti o meglio tra "nuovi e
vecchi residenti".
Le linee di programmazione di alcune tra le principali leggi del
settore culturale indicano tra gli obiettivi generali prioritari il
tema dell'integrazione culturale:
a) le linee programmatiche 2003-2005 della L.R. 13/99 "Norme in
materia di spettacolo" prevedono tra gli obiettivi generali quello di
favorire la "diffusione dello spettacolo presso le fasce di pubblico
non abituali e quelle di popolazione con minori opportunita' di
formazione e fruizione";
b) il programma degli interventi per la promozione delle attivita'
culturali per il triennio 2004-2006 annovera tra gli obiettivi
specifici quello di "sostenere ricerche-intervento e progetti di
comunicazione sulle tematiche relative al governo di una societa'
multi etnica e alla valorizzazione delle differenze (etniche,
culturali e di genere . . .)";
c) il programma regionale per gli interventi in materia di
biblioteche, archivi storici, musei e beni culturali per il triennio
2004-2006 individua tra gli obiettivi generali, per gli interventi di
valorizzazione dei beni e delle istituzioni culturali, di "garantire
un migliore livello qualitativo nelle modalita' di accesso agli
utenti, con particolare attenzione a quelli in condizione di
svantaggio, nonche' nella diffusione delle conoscenze e delle
informazioni, nell'utilizzo delle nuove tecnologie e dello scambio
interculturale". Nello specifico per quanto attiene ai piani
provinciali in materia di biblioteche e archivi invita a "sostenere
l'apertura di nuovi servizi tesi a favorire l'accesso di nuovi
segmenti di pubblico, facilitare l'accesso ai cittadini stranieri, in
una logica di confronto interculturale e agevolare l'accesso di utenti
in condizioni di svantaggio".
Si tratta dunque di promuovere l'accesso dei cittadini stranieri ai
servizi culturali di base, intesi come un momento importante di
incontro e di comprensione delle diverse culture, compresa quella del
Paese ospitante. Occorre evitare la logica dei "luoghi separati" ed
individuare nelle istituzioni culturali gia' attive, anche con il
prezioso contributo dei centri interculturali, i soggetti idonei per
rafforzare il dialogo interculturale.
Coerentemente con quanto espresso da legislatore regionale e con
quanto si sta elaborando sul territorio si individuano alcuni assi
strategici di lavoro:
- la realizzazione di progetti specifici mirati all'accesso di
pubblico di diversa cultura nei musei e nelle biblioteche, anche
attraverso l'elaborazione di proposte informative mirate, percorsi
tematici e servizi di accoglienza specifici;
- favorire in particolare iniziative tese ad avvicinare il pubblico
adulto ai contesti urbani in cui vivono, nell'ottica di migliorare la
comprensione della cultura del Paese ospitante;
- favorire momenti di incontro e di confronto soprattutto per quanto
riguarda lo spettacolo dal vivo delle tradizioni e delle proposte dei
diversi Paesi, senza trascurare la possibilita' di accesso ad
iniziative analoghe del Paese ospitante;
- favorire nella scuola azioni mirate a carattere didattico tese a
utilizzare in maniera sistematica il patrimonio storico e culturale
per favorire un dialogo e un confronto fra le diverse realta'
culturali di provenienza per una migliore comprensione della storia
dei diversi Paesi.
24. Promozione, strumenti di coordinamento interno e monitoraggio
degli interventi
La Giunta regionale, ai fini di dare attuazione al presente programma,
promuove e sostiene iniziative sperimentali a forte carattere
innovativo, per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri.
La Regione nel promuovere la realizzazione delle azioni e degli
obiettivi delineati dal programma triennale ne prevede il costante
monitoraggio finalizzato al miglioramento e allo sviluppo degli
interventi.
L'azione di monitoraggio nella fase di implementazione assicura da un
lato la coerenza degli atti di programmazione regionale di settore con
le linee di indirizzo del programma triennale e dall'altro verifica il
livello di progressiva attuazione degli obiettivi previsti dal
programma stesso.
La positiva esperienza del gruppo di lavoro interassessorile,
costituito per la predisposizione tecnica del programma triennale,
impone di estenderne le funzioni anche per l'attivita' di
monitoraggio.
Il gruppo interassessorile dovra' quindi:
- promuovere il necessario coordinamento degli interventi di settore
rivolti all'integrazione sociale dei cittadini stranieri immigrati e
garantire la congruita' degli atti rilevanti di programmazione
settoriale con le linee strategiche indicate dal programma triennale;
- sviluppare il processo di monitoraggio delle azioni e delle risorse
programmate;
- predisporre una relazione finale entro il 31/12/2009 che illustri lo
stato di attuazione degli obiettivi fissati dal programma e i
risultati delle azioni promosse per il loro conseguimento;
- proporre suggerimenti e specifiche azioni per incentivare
l'integrazione delle politiche dei vari settori destinate ai cittadini
stranieri.
La Regione, in piena sintonia con quanto espresso dagli Enti locali in
sede di Consulta regionale per l'integrazione sociale, ritiene
opportuno che le Province ed i Comuni capofila di zona sociale, si
dotino di analoghi gruppi tecnici di coordinamento interassessorile
posti in capo all'Assessorato avente delega per le politiche per
l'immigrazione.
Il gruppo di coordinamento interassessorile e' altresi' sede di
confronto tecnico con la Consulta regionale per l'integrazione sociale
dei cittadini stranieri di cui all'art. 6 della L.R. 5/04, in
occasione della presentazione della relazione finale, nonche' di
approfondimenti tematici e di proposte di rilevante interesse.
La relazione finale viene presentata alla Giunta e alla Consulta
regionale per l'integrazione sociale dei cittadini stranieri
immigrati.
L'analisi degli interventi realizzati per l'integrazione sociale dei
cittadini stranieri, oggetto della relazione conclusiva, si sviluppa
in accordo con le esigenze conoscitive espresse dalla clausola
valutativa della L.R. 5/04 (art. 20) ed in particolare alla attivita'
informativa che la Giunta regionale, a cadenza triennale, deve fornire
nei confronti della Assemblea legislativa sull'attuazione della legge
e sui risultati ottenuti nel migliorare il livello di integrazione
sociale dei cittadini stranieri.
Tale analisi si raccorda inoltre con il monitoraggio di attivita'
sull'immigrazione previsto dal "Patto per la qualita' dello sviluppo,
la competitivita', la sostenibilita' ambientale e la coesione sociale"
del 18 febbraio 2004 in collaborazione con il Servizio Controllo
strategico regionale.