SENTENZA 11 ottobre 2006, n. 332
Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 5, dell'art. 3, commi 1, lettera d), 2 e 3, dell'art. 4, commi 2, lettera c), 4 e 5, dell'art. 6, comma 4, e dell'art. 9, comma 5, della Legge della Regione Emilia-Romagna 12 luglio 2002, n. 14 (Norme per la definizione del calendario venatorio regionale), promosso con ordinanza del 30 luglio 2004 dal Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, sul ricorso proposto dalla Lega italiana per l'abolizione della caccia (L.A.C.) ed altra contro la Regione Emilia-Romagna ed altri, iscritta al n. 1018 del registro ordinanze 2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, prima serie speciale, dell'anno 2005
In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai
signori:
Franco Bile, Presidente; Giovanni Maria Flick, Francesco Amirante, Ugo
De Siervo, Paolo Maddalena, Alfio Finocchiaro, Alfonso Quaranta,
Franco Gallo, Luigi Mazzella, Gaetano Silvestri, Sabino Cassese, Maria
Rita Saulle, Giuseppe Tesauro, giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 5,
dell'art. 3, commi 1, lettera d), 2 e 3, dell'art. 4, commi 2, lettera
c), 4 e 5, dell'art. 6, comma 4, e dell'art. 9, comma 5, della Legge
della Regione Emilia-Romagna 12 luglio 2002, n. 14 (Norme per la
definizione del calendario venatorio regionale), promosso con
ordinanza del 30 luglio 2004 dal Tribunale amministrativo regionale
dell'Emilia-Romagna, sul ricorso proposto dalla Lega italiana per
l'abolizione della caccia (L.A.C.) ed altra contro la Regione
Emilia-Romagna ed altri, iscritta al n. 1018 del registro ordinanze
2004 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2,
prima serie speciale, dell'anno 2005;
visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
udito nell'udienza pubblica del 4 luglio 2006 il Giudice relatore
Maria Rita Saulle;
udito l'avvocato Maria Chiara Lista per la Regione Emilia-Romagna.
Ritenuto in fatto
1. - Il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, con
ordinanza del 30 luglio 2004, ha sollevato, in riferimento agli artt.
97, primo comma, e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 5,
dell'art. 3, commi 1, lettera d), 2 e 3, dell'art. 4, commi 2, lettera
c), 4 e 5, dell'art. 6, comma 4, e dell'art. 9, comma 5, della Legge
della Regione Emilia-Romagna 12 luglio 2002, n. 14 (Norme per la
definizione del calendario venatorio regionale).
Premette il rimettente che il giudizio a quo ha ad oggetto
l'impugnazione di tre delibere emesse dalla Giunta provinciale di
Bologna e dalla Giunta regionale dell'Emilia-Romagna in esecuzione
della legge impugnata, di talche' l'eventuale dichiarazione di
incostituzionalita' di quest'ultima determinerebbe la illegittimita'
derivata delle cennate delibere.
In punto di non manifesta infondatezza, il TAR rimettente, dopo aver
richiamato la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale in
materia di "tutela dell'ambiente" lo Stato nel dettare standard di
tutela uniformi sull'intero territorio nazionale puo' anche incidere
sulle competenze legislative regionali, rileva che tali standard - nei
quali si devono ricomprendere sia l'elencazione delle specie
cacciabili, sia la disciplina delle modalita' della caccia - devono
essere individuati, per quanto attiene alla salvaguardia della fauna
selvatica, nel complesso delle disposizioni di cui alla Legge statale
11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio).
Alla luce di tali premesse, a parere del giudice a quo, la legge
regionale impugnata contrasterebbe con i parametri costituzionali
evocati, in quanto introdurrebbe per la fauna selvatica una disciplina
dell'esercizio dell'attivita' venatoria difforme e peggiorativa
rispetto a quella prevista dalla Legge n. 157 del 1992.
In particolare, l'art. 1, comma 5, nella parte in cui autorizza, sulla
base di specifiche direttive regionali, le aziende
faunistico-venatorie alla caccia alla volpe, violerebbe il divieto di
immissione e di abbattimento di fauna selvatica non di allevamento,
comprendente quello della caccia alla volpe, previsto per le suddette
aziende dall'art. 16, comma 1, lettera b), della Legge n. 157 del
1992.
A parere del rimettente il successivo art 3, commi 1, lettera d), 2 e
3, nella parte in cui disciplinano il periodo e le modalita' in cui e'
consentita la caccia di ungulati violerebbe gli artt. 18 e 21, comma
1, lettera m) della Legge n. 157 del 1992. In particolare, la
disposizione impugnata consentirebbe, diversamente dalle norme statali
indicate, la caccia agli ungulati per un periodo superiore e su
terreni coperti in tutto o in parte di neve.
Oggetto di apposita impugnazione e', altresi', l'art. 4, comma 2,
lettera c), che, nel prevedere, dall'1 ottobre al 30 novembre, la
fruizione di ulteriori due giornate a settimana per la caccia da
appostamento alla fauna selvatica migratoria, secondo il rimettente,
violerebbe l'art. 18, comma 6 della Legge n. 157 del 1992 che consente
alle Regioni di derogare al numero di giornate di caccia settimanali
ma solo a seguito di una preventiva "valutazione necessariamente
congrua" dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (INFS) che,
nel caso in esame, risulta carente.
A parere del giudice a quo anche l'art. 4, commi 4 e 5, e l'art. 6,
comma 4, nella parte in cui fissano per la tortora e la beccaccia un
limite di capi abbattibili giornalmente e nell'arco della stagione
venatoria superiore a quello suggerito dall'INFS, si porrebbero in
contrasto con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica
indicata all'art. 1, comma 2, della legge nazionale citata.
Infine, l'art. 9, comma 5, nella parte in cui, con riguardo alla fauna
selvatica migratoria, prevede che l'annotazione sul tesserino
venatorio sia fatta al termine della giornata di caccia, anziche' dopo
ogni singolo abbattimento, introdurrebbe, a parere del rimettente, un
sistema di annotazione inidoneo a consentire il perseguimento delle
finalita' proprie del tesserino medesimo, vanificando di fatto il
controllo sugli abbattimenti compiuti, in violazione degli artt. 7 e
10 della Legge n. 157 del 1992.
2. - Si e' costituita la Regione Emilia-Romagna chiedendo che la
questione sollevata sia dichiarata inammissibile e, comunque,
infondata.
In via preliminare, la Regione rileva, quanto alle censure concernenti
"i tempi e le modalita' dei prelievi in selezione degli ungulati", la
sopravvenuta modifica del quadro normativo operata dall'art.
11-quaterdecies del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203 (Misure di
contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in materia
tributaria e finanziaria), convertito in legge, con modificazioni,
dall'art. 1 della Legge 2 dicembre 2005, n. 248, che espressamente
consente alle Regioni, sulla base di adeguati piani di abbattimento
selettivi, "di regolamentare il prelievo di selezione degli ungulati
appartenenti alle specie cacciabili anche al di fuori dei periodi e
degli orari di cui alla Legge 11 febbraio 1992, n. 157".
Nel merito, la Regione osserva che le norme impugnate, aventi ad
oggetto il prelievo degli ungulati, non violano alcuno dei principi
fissati dalla Legge n. 157 del 1992 e, in particolare, il calendario
venatorio da essa disciplinato.
La Regione rileva, infatti, che l'art. 3 impugnato prevede per gli
ungulati una "caccia di selezione", diversa dalla "caccia programmata"
posta a fondamento del calendario venatorio di cui alla Legge n. 157
del 1992. Tale diversa disciplina trova giustificazione, sempre a
parere della Regione, nel fatto che la specie degli ungulati, stante
anche il suo costante aumento, non rientra tra quelle protette
indicate nella suddetta legge statale. A sostegno di cio', la Regione
osserva che il decreto-legge n. 203 del 2005 ha previsto la
possibilita' di abbattimento di tali animali anche al di fuori dei
periodi e degli orari fissati dalla Legge n. 157 del 1992.
Quanto alla pretesa illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma
5, dell'art. 4, comma 2, lettera c), e dell'art. 9, comma 5, la
Regione evidenzia che tali disposizioni rappresenterebbero,
diversamente da quanto sostenuto dal rimettente, applicazione
equilibrata dei principi del calendario venatorio regionale da sempre
praticati sulla base della tradizione venatoria locale, nonche'
esplicazione della potesta' legislativa regionale in materia di
organizzazione dell'esercizio venatorio.
Infine, anche l'ultima censura, concernente i carnieri giornalieri e
stagionali ammessi per la tortora e la beccaccia, sarebbe infondata in
quanto anche in tale caso ricorrerebbe una valutazone che, rispettosa
delle tradizioni locali e della consistenza faunistica del territorio,
sarebbe esercizio della competenza legislativa regionale in materia di
caccia.
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna dubita,
in riferimento agli artt. 97, primo comma, e 117, secondo comma,
lettera s); della Costituzione, della legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 5, dell'art. 3, commi 1, lettera d), 2 e 3,
dell'art. 4, commi 2, lettera c), 4 e 5, dell'art. 6, comma 4, e
dell'art. 9, comma 5, della Legge della Regione Emilia-Romagna 12
luglio 2002, n. 14 (Norme per la definizione del calendario venatario
regionale).
Le norme impugnate, a parere del rimettente, sarebbero in contrasto
con i parametri costituzionali evocati e, in particolare, con la Legge
statale 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna
selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che fissa il nucleo
minimo di salvaguardia della fauna selvatica valido per l'intero
territorio nazionale e, pertanto, riservato alla competenza esclusiva
dello Stato (ex plurimis: Sentenze n. 311 del 2003 e n. 536 del
2002).
2. - Il rimettente ha impugnato l'art. 3, commi 1, lettera d), 2 e 3,
nella parte in cui, da un lato, amplia il calendario venatorio
previsto per gli ungulati dall'art. 18 della Legge n. 157 del 1992, e,
dall'altro, ne consente la caccia anche su terreni coperti in tutto o
in parte di neve, in violazione del divieto sancito all'art. 21, comma
1, lettera m), della Legge n. 157 del 1992.
Con riferimento a tale questione va rilevato che - successivamente
all'emanazione dell'ordinanza di rimessione - e' intervenuto l'art.
11-quaterdecies, comma 5, del decreto-legge 30 settembre 2005, n. 203
(Misure di contrasto all'evasione fiscale e disposizioni urgenti in
materia tributaria e finanziaria), convertito in legge, con
modificazioni, dall'art. 1 della Legge 2 dicembre 2005, n. 248, il
quale ha previsto che le Regioni possono, sulla base di adeguati piani
di abbattimento selettivi, regolare il prelievo di selezione degli
ungulati appartenenti alle specie cacciabili anche al di fuori dei
periodi e degli orari di cui alla Legge n. 157 del 1992.
Stante l'innovazione legislativa, va disposta, in via preliminare, e
limitatamente a tale questione, la restituzione degli atti al
Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna, affinche' lo
stesso valuti la rilevanza e la non manifesta infondatezza della
questione di legittimita' costituzionale sulla base dello ius
superveniens.
3. - In via preliminare, deve essere dichiarata, per le restanti norme
impugnate, l'inammissibilita' delle censure per contrasto con l'art.
97 della Costituzione e, in particolare, con i principi di buon
andamento e imparzialita' dell'Amministrazione. Tali censure, infatti,
risultano sommarie e meramente assertive, cosi' contraddicendo
l'esigenza di una adeguata motivazione a sostegno della impugnativa.
4. - La questione relativa all'art. 1, comma 5, non e' fondata.
Tale norma viene impugnata nella parte in cui prevede che le aziende
faunistico-venatorie ed agri-turistico venatorie provvedono ad
abbattere gli ungulati "in base alle vigenti direttive regionali
relative alla gestione delle aziende medesime ed al vigente
regolamento regionale concernente la gestione faunistico-venatoria".
A parere del rimettente la disposizione in esame, nell'autorizzare la
caccia di fauna selvatica non di allevamento nelle aziende sopra
indicate, si porrebbe in contrasto con l'art. 16, primo comma, lettera
b), della Legge n. 157 del 1992, nella parte in cui prevede che nelle
suddette aziende e' possibile immettere ed abbattere la sola fauna
selvatica di allevamento, con conseguente violazione dell'art. 117,
secondo comma, lettera s) della Costituzione.
Orbene, poiche' la norma impugnata si limita a rinviare, quanto alla
definizione della disciplina della caccia all'interno delle aziende
faunistico-venatorie, ad un regolamento e a direttive regionali, essa
risulta priva di autonomo carattere precettivo e inidonea ad incidere
sul riparto delle competenze legislative fissato dall'art. 117 della
Costituzione.
5. - La questione relativa all'art. 4, comma 2, lettera c), non e'
fondata.
II giudice a quo ritiene che tale disposizione violi l'art. 117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione, nella parte in cui
prevede, dall'1 ottobre al 30 novembre, ulteriori due giornate
settimanali per la caccia alla fauna migratoria da appostamento, senza
che tale concessione sia subordinata ad una valutazione
necessariamente congrua del parere dell'Istituto nazionale per la
fauna selvatica (INFS), richiesto dall'art. 18, comma 6, della Legge
n. 157 del 1992.
Tale censura si fonda su di un erroneo presupposto interpretativo.
L'art. 18 richiamato, infatti, al comma 5, stabilisce il limite di tre
giornate di caccia settimanali prevedendo, al successivo comma 6, la
possibilita' per le Regioni di derogare a tale limite nei periodo
dall'1 ottobre al 30 novembre "sentito" l'INFS e tenuto conto delle
consuetudini locali.
Risulta da cio' che, contrariamente a quanto sostenuto dal rimettente,
la norma statale evocata prevede una mera interlocuzione tra l'Ente
territoriale e l'INFS, senza che il parere da quest'ultimo espresso si
possa considerare vincolante per la Regione ai fini dell'esercizio
legittimo della deroga.
6. - La questione afferente all'art. 4, commi 4 e 5, e all'art. 6,
comma 4, e' manifestamente inammissibile.
Il rimettente dubita della legittimita' costituzionale delle norme
regionali cennate, nella parte in cui fissano, per determinate specie
animali, un limite di capi abbattibili superiore a quello desumibile
da un richiamato parere dell'INFS e dall'art. 1, comma 2, della Legge
n. 157 del 1992.
Quanto al denunciato contrasto con il parere dell'INFS, va rilevato
che esso non indica in termini di certezza alcun limite quantitativo
dei capi abbattibili, limitandosi a suggerire l'opportunita' di una
riduzione degli stessi.
Anche il richiamo fatto dal rimettente all'art. 1, comma 2, della
Legge n. 157 del 1992, e' inconferente, in quanto questo prevede
soltanto che "l'esercizio dell'attivita' venatoria e' consentito
purche' non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna
selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole".
Risulta, quindi, che sia il parere che la norma sopra indicati
enunciano esclusivamente principi di ordine generale, senza precisare
il numero massimo dei capi abbattibili. Il rimettente ha omesso di
indicare sotto quale profilo, in concreto, le norme impugnate violino
i suddetti principi ed ha posto, pertanto, una questione del tutto
immotivata sul requisito della manifesta infondatezza.
7. - La questione relativa all'art. 9, comma 5, non e' fondata.
Il rimettente ritiene che la norma impugnata nel prevedere
l'annotazione dei capi abbattuti sul tesserino venatorio al termine
della giornata di caccia, anziche' dopo ogni singolo abbattimento, non
consentirebbe il controllo sugli abbattimenti compiuti, cosi' violando
gli artt. 7 e 10 della Legge n. 157 del 1992 e, conseguentemente,
l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.
In proposito va rilevato che, quanto alla disciplina del tesserino di
caccia, il legislatore statale si e' limitato ad indicare all'art. 12,
comma 12, della Legge n. 157 del 1992, che "Ai fini dell'esercizio
dell'attivita' venatoria e' altresi' necessario il possesso di un
apposito tesserino rilasciato dalla Regione di residenza, ove sono
indicate le specifiche norme inerenti al calendario regionale, nonche'
le forme di cui al comma 5 e gli ambiti territoriali di caccia ove e'
consentita l'attivita' venatoria", senza dettare alcuna prescrizione
sulle modalita' dell'annotazione del capo abbattuto.
La norma regionale impugnata, pertanto, non si pone in contrasto con
le norme statali richiamate dal rimettente, limitandosi a disciplinare
aspetti strettamente attinenti all'attivita' venatoria, espressione
della potesta' legislativa residuale della Regione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina, in relazione alle questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 3, commi 1, lettera d), 2 e 3 della Legge della Regione
Emilia-Romagna n. 14 del 2002, sollevate, in riferimento all'art. 117,
secondo comma, lettera s), della Costituzione, la restituzione degli
atti al Tribunale amministrativo regionale dell'Emilia-Romagna;
dichiara la manifesta inammissibilita' delle questioni di legittimita'
costituzionale dell'art. 1, comma 5, dell'art. 4, commi 2, lettera c),
4 e 5, dell'art. 6, comma 4, e dell'art. 9, comma 5, della Legge della
Regione Emilia-Romagna 12 luglio 2002, n. 14 (Norme per la definizione
del calendario venatorio), sollevate, in riferimento all'art. 97,
primo comma, della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe;
dichiara la manifesta inammissibilita' delle questioni di legittimita'
costituzionale dell'art, 4, commi 4 e 5, e dell'art. 6, comma 4, della
Legge della Regione Emilia-Romagna n. 14 del 2002, sollevate, in
riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s), della
Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe;
dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, comma 5, dell'art. 4, comma 2, lettera c), e dell'art. 9,
comma 5, della Legge della Regione Emilia-Romagna n. 14 del 2002,
sollevate, in riferimento all'art. 117, secondo comma, lettera s),
della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo
della Consulta, l'11 ottobre 2006.
IL PRESIDENTE IL REDATTORE
Franco Bile Maria Rita Saulle
IL CANCELLIERE
Giuseppe Di Paola
Depositata in Cancelleria 19 ottobre 2006.