SENTENZA 2 ottobre 2006, n. 323
Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 2, 4, 20, 23 e 24 della Legge della Regione Emilia-Romagna del 7 febbraio 2005, n. 1 (Norme in materia di protezione civile e volontariato. Istituzione dell'Agenzia regionale di protezione civile), promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato l'8 aprile 2005, depositato in Cancelleria il 13 aprile 2005 ed iscritto al n. 43 del registro ricorsi 2005
In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai
signori:
Franco Bile, Presidente; Giovanni Maria Flick, Ugo De Siervo, Romano
Vaccarella, Paolo Maddalena, Alfio Finocchiaro, Alfonso Quaranta,
Franco Gallo, Luigi Mazzella, Gaetano Silvestri, Sabino Cassese, Maria
Rita Saulle, Giuseppe Tesauro, giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale degli articoli 1, 2, 4,
20, 23 e 24 della Legge della Regione Emilia-Romagna del 7 febbraio
2005, n. 1 (Norme in materia di protezione civile e volontariato.
Istituzione dell'Agenzia regionale di protezione civile), promosso con
ricorso del Presidente del Consiglio di Ministri, notificato l'8
aprile 2005, depositato in Cancelleria il 13 aprile 2005 ed iscritto
al n. 43 del registro ricorsi 2005;
visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
udito nell'udienza pubblica del 20 giugno 2006 il Giudice relatore
Franco Bile;
uditi gli avvocati Giandomenico Falcon e Andrea Manzi per la Regione
Emilia-Romagna e l'avvocato dello Stato Giuseppe Albenzio per il
Presidente del Consiglio dei Ministri.
Ritenuto in fatto
1. - Con ricorso notificato l'8 aprile 2005 e depositato il successivo
13 aprile, il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato, in
via principale gli artt. 1, 2, 4, 20, 23 e 24 della Legge della
Regione Emilia-Romagna 7 febbraio 2005, n. 1 (Norme in materia di
protezione civile e volontariato. Istituzione dell'Agenzia regionale
di protezione civile).
L'art. 1, commi 1, 2 e 3, e' censurato in quanto - ridefinendo
principi, funzioni, compiti e finalita' di protezione civile -
invaderebbe la competenza dello Stato cui e' demandata, nella materia
concorrente in argomento (ex art. 117, terzo comma, della
Costituzione), la determinazione dei principi fondamentali da
definirsi in maniera unitaria a livello nazionale.
Il comma 2 del medesimo art. 1 - secondo cui "all'espletamento delle
attivita' di protezione civile provvedono la Regione, le Province, i
Comuni, le Comunita' montane, le Unioni di Comuni e le altre forme
associativi" - e' impugnato anche per contrasto con l'art. 118, primo
e secondo comma, Cost, che, sulla base dei principi di sussidiarieta',
differenziazione ed adeguatezza, legittima l'attribuzione di funzioni
amministrative in capo allo Stato ove occorra assicurarne l'esercizio
unitario.
Inoltre l'art. 1 e' impugnato in quanto: (a) riformula il principio
fondamentale gia' codificato dalla normativa di principio statale ed
esclude dal concorso alle attivita' di protezione civile alcune
categorie di soggetti (cittadini, ordini e collegi professionali),
cosi' violando l'art. 6 della Legge 24 febbraio 1992, n. 225, e,
conseguentemente, l'art. 117, terzo comma, nonche' l'art. 118, ultimo
comma, Cost.; (b) impone che il concorso operativo e la collaborazione
nelle attivita' di protezione civile delle Amministrazioni dello Stato
e degli Enti pubblici avvenga previa intesa, in contrasto con quanto
dispone l'art. 5, commi 4 e 4-bis, del decreto-legge 7 settembre 2001,
n. 343, convertito, con modificazioni, nella Legge 9 novembre 2001, n.
401, secondo cui l'attivita' tecnico-operativa dello Stato diretta ad
assicurare i primi interventi e' effettuata in raccordo con le
Regioni; (c) limita la salvaguardia dell'incolumita' esclusivamente ai
cittadini, escludendo dal novero dei soggetti tutelabili coloro che
cittadini non sono, cosi' violando non solo i principi fondamentali
della materia, ma anche quelli previsti dalla Costituzione,
dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali (ex art.
117, primo comma, Cost.) in tema di tutela dell'integrita' della
vita.
L'art. 2 e' censurato alla luce del richiamato "principio unitario",
sotto il profilo che esso - definendo gli eventi calamitosi sulla base
dell'organo competente ad intervenire piuttosto che in relazione ai
parametri dell'intensita' e dell'estensione del fenomeno (come
previsto dall'art. 2 della citata Legge n. 225 del 1992) - configura
sistemi differenziati di intervento regionale suscettibili di
inficiare sia il principio di uguaglianza, sia l'azione statale per i
casi calamitosi che travalicano i confini del territorio della singola
Regione.
Anche l'art. 4, comma 1, e' censurato sotto il profilo della "garanzia
di unitarieta' del sistema", in quanto - rimettendo alla Regione
"l'esercizio delle funzioni in materia di protezione civile non
conferite ad altri Enti dalla legislazione regionale e statale" -
viola l'art. 7, comma 1, della Legge 5 giugno 2003, n. 131, secondo
cui lo Stato, in attuazione dell'art. 118, primo comma, Cost., puo'
attribuire a se' stesso quelle funzioni amministrative delle quali
occorra garantire l'unitarieta' di esercizio.
A sua volta l'art. 20, che istituisce l'Agenzia regionale di
protezione civile, e' impugnato "per contrasto con i gia' richiamati
principi costituzionali", poiche' attribuisce rilevanti funzioni di
protezione civile - quali la gestione del volontariato, l'emissione di
avvisi di attenzione, preallarme ed allarme, la predisposizione del
programma di previsione e prevenzione, la pianificazione di emergenza,
la presidenza del Comitato operativo regionale, la partecipazione alla
Commissione regionale per la previsione e per la prevenzione dei
grandi rischi - ad un Ente pubblico dotato di autonomia tecnica,
operativa, amministrativa e contabile.
In particolare, secondo il ricorrente, il comma 2, lettera f), dello
stesso art. 20 - che consente all'Agenzia regionale di protezione
civile di emettere avvisi di attenzione, pre-allarme ed allarme -
contrasta con la direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri
del 27 febbraio 2004.
L'art. 23 - che istituisce il Comitato operativo regionale per
l'emergenza, operativo anche per i casi di cui all'art. 2, comma 1,
lettera c), della stessa legge regionale - e' denunciato per
violazione dell'art. 2, comma 1, lettera c), della Legge n. 225 del
1992, che invece rimette allo Stato l'intervento nei casi di calamita'
piu' gravi.
Inoltre il ricorrente ritiene che lo stesso articolo, istituendo la
Commissione regionale per la previsione e la prevenzione dei grandi
rischi: (a) determina inutili duplicazioni di funzioni con quelle che
la Commissione statale per la previsione e per la prevenzione dei
grandi rischi svolge sull'intero territorio nazionale (ai sensi
dell'art. 5, commi 3, 3-bis e 3-quater del decreto-legge n. 343 del
2001 e degli artt. 7 e 9 della Legge n. 225 del 1992), nell'ambito del
potere di coordinamento, anche scientifico, attribuito in via
esclusiva allo Stato nella materia della protezione civile (art. 5 del
citato decreto-legge n. 343 del 2001, art. 107 del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 112); b) viola gli artt. 107, lettera f), punto 1),
e 108, lettera a), punto 1), del medesimo DLgs n. 112 del 1998, i
quali stabiliscono, rispettivamente, che lo Stato mantenga la funzione
di definizione degli "indirizzi per la predisposizione e l'attuazione
dei programmi di previsione e prevenzione in relazione alle varie
ipotesi di rischio" e che la Regione provveda "alla predisposizione
dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi, sulla base degli
indirizzi nazionali".
La stessa norma, poi - affidando al suddetto Comitato (e in
particolare al suo Presidente, il Direttore dell'Agenzia regionale) e
alla Commissione il coordinamento tecnico degli interventi nella fase
emergenziale - violerebbe l'art. 5 del decreto-legge n. 343 del 2001 e
l'art. 107 del DLgs n. 112 del 1998 che attribuiscono specificamente
allo Stato il potere di coordinamento, anche scientifico, al fine di
assicurare interventi di piu' ampio orizzonte e non parcellizzati.
Infine, l'art. 24, comma 1 - che prevede il trasferimento di risorse
nazionali all'Agenzia regionale - e' censurato per contrasto con gli
artt. 118 e 119 Cost, secondo cui l'erogazione di finanziamenti
pubblici e' disposta dallo Stato e avviene in base ai principi di
sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza; per il ricorrente, le
Regioni dispongono infatti di risorse proprie per lo svolgimento delle
funzioni pubbliche ad esse attribuite e di quelle aggiuntive che lo
Stato eroga in via eventuale e comunque soltanto per gli specifici
ambiti costituzionalmente individuati.
1.1. - Nella memoria illustrativa d'udienza, la difesa del ricorrente
sottolinea come la necessita' dell'intervento statale (attraverso gli
organi a cio' deputati), eventualmente anche tramite un'organizzata
collaborazione con le Regioni, e' imprescindibile in quei settori
dell'ordinamento (come appunto la protezione civile) nei quali sono
coinvolti interessi ed esigenze dell'intera collettivita' nazionale,
connessi a valori costituzionali di rilievo primario, in quanto
strettamente inerenti alla difesa dell'ordine e della sicurezza
pubblica.
2. - La Regione Emilia-Romagna si e' costituita chiedendo il rigetto
del ricorso proposto perche' inammissibile e infondato, con riserva di
esporne i motivi.
2.1. - Nell'imminenza dell'udienza, la Regione ha depositato memoria
illustrativa, deducendo, in primo luogo, l'infondatezza delle censure
mosse all'art. 1, commi 1-3, della legge in esame, giacche' le norme
impugnate sono prive di contenuto precettivo, limitandosi ad
individuare l'oggetto della legge, ossia la "finalita' prioritaria"
dell'azione regionale. Inoltre, anche le singole disposizioni dei tre
commi impugnati si pongono nei solco dei principi fondamentali dettati
dallo Stato in ordine sia ai soggetti chiamati a partecipare
all'attivita' di protezione civile in ambito regionale, sia alle
modalita' di svolgimento di detta attivita', sia ai soggetti
destinatari degli interventi.
Riguardo all'art. 2, che ribadisce in sostanza il contenuto dell'art.
2 della Legge n. 225 del 1992, la Regione afferma che la norma si
limita a coordinare il tipo e la dimensione dell'evento con norme piu'
precise sulla competenza degli Enti locali e di essa stessa, con cio'
rispettando la competenza statale per gli eventi che ne richiedano
l'intervento, quale manifestazione dei principi di unita' e di
solidarieta' nazionale. Alle stesse conclusioni la Regione perviene
quanto all'art. 4, che pone una mera norma di chiusura per tutto
quanto non sia affidato ad altre Amministrazioni dalla legislazione
regionale e statale.
La Regione deduce poi l'inammissibilita' dell'impugnazione dell'art.
20, nella parte in cui istituisce l'Agenzia regionale di protezione
civile, per genericita' ed indeterminatezza dei parametri; e
dell'ulteriore censura mossa alla previsione del comma 2, lettera f),
dello stesso art. 20, per omessa illustrazione dell'oggetto del
contrasto, che si verificherebbe tra la norma regionale e "quanto
stabilito" dall'evocata direttiva del Presidente del Consiglio dei
Ministri del 27 febbraio 2004. La censura sarebbe comunque infondata,
non essendo ravvisabile alcun contrasto tra la norma regionale e la
citata direttiva statale.
Con riferimento all'art. 23, la Regione rileva che la norma in realta'
conferisce all'istituito Comitato operativo regionale per l'emergenza,
da un lato, il coordinamento tecnico-operativo delle attivita'
necessarie a fronteggiare gli eventi di cui all'art. 2, comma 1,
lettera b), della Legge n. 225 del 1992, e, dall'altro lato, il
concorso tecnico regionale ad interventi di ausilio e collaborazione
con l'azione statale in caso di grandi eventi.
Inoltre, riguardo al comma 4 del medesimo art. 23, la difesa regionale
osserva che la Commissione regionale grandi rischi costituisce una
struttura necessaria proprio per l'attuazione, a livello regionale,
dei criteri stabiliti dalla Commissione nazionale, senza duplicarne in
alcun modo le funzioni, ma attuandone la trasposizione in sede locale.
Infine, quanto alla censurata attribuzione al Comitato ed alla
Commissione del coordinamento tecnico degli interventi nella fase
emergenziale, essa si riferisce specificamente all'attivita' propria
delle Regioni e non contrasta con alcuna attivita' statale.
Riguardo, da ultimo, all'impugnato art. 24, comma 1, la difesa
regionale deduce che tale norma si limita a descrivere le entrate
dell'Agenzia regionale di protezione civile e, pertanto, non pone
alcun vincolo per la finanza statale, trattandosi di risorse che lo
Stato, in base a proprie leggi e a proprie decisioni attuative,
assegna alla Regione per le finalita' della protezione civile, che la
Regione a sua volta assegna in gestione all'Agenzia regionale.
Considerato in diritto
1. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato, in via
principale, gli artt. 1, 2, 4, 20, 23 e 24 della Legge della Regione
Emilia-Romagna 7 febbraio 2005, n. 1 (Norme in materia di protezione
civile e volontariato. Istituzione dell'Agenzia Regionale di
protezione civile).
1.1. - Un primo gruppo di questioni riguarda i commi 1, 2 e 3
dell'art. 1.
Il comma 1 sancisce che la Regione Emilia-Romagna con la legge in
esame provvede, nell'esercizio delle attribuzioni ad essa spettanti ai
sensi dell'art. 117 della Costituzione, alla disciplina e al riordino
delle funzioni in materia di protezione civile ed assume quale
finalita' prioritaria della propria azione la sicurezza territoriale.
Il comma 2 precisa che all'espletamento delle attivita' di protezione
civile provvedono la Regione, le Province, i Comuni, le Comunita'
Montane, le Unioni di Comuni e le altre forme associative di cui alla
legge regionale 26 aprile 2001, n. 11, e vi concorre ogni altra
istituzione ed organizzazione pubblica o privata, ivi comprese le
organizzazioni di volontariato, che svolgono nel territorio regionale
compiti, anche operativi, di interesse della protezione civile. E
soggiunge che, per quanto riguarda le Amministrazioni dello Stato e
gli Enti pubblici nazionali, il concorso operativo e la collaborazione
nelle attivita' previste dalla presente legge avvengono previa intesa.
Il comma 3 infine prevede che i soggetti ora indicati compongono il
sistema regionale di protezione civile che persegue l'obiettivo di
garantire la salvaguardia dell'incolumita' dei cittadini, la tutela
dell'ambiente, del patrimonio culturale ed artistico e degli
insediamenti civili e produttivi dai danni o dal pericolo di danni
derivanti da eventi calamitosi.
1.2. - Tali disposizioni sono impugnate innanzitutto sotto il profilo
che esse - nel ridefinire principi, funzioni, compiti e finalita' di
protezione civile - contrasterebbero con l'art. 117, terzo comma,
della Costituzione, in base al quale spetta allo Stato determinare, in
maniera unitaria a livello nazionale, i principi fondamentali nella
materia concorrente della "protezione civile".
La questione non e' fondata.
In ordine all'assetto delle competenze nella materia concorrente della
"protezione civile" ed al rispetto da parte della Regione dei principi
fondamentali posti dallo Stato, la Corte ha piu' volte affermato
(Sentenze n. 327 del 2003 e n. 32 del 2006) che - ancor prima della
riforma costituzionale del 2001 il legislatore statale, istituendo il
Servizio nazionale della protezione civile (con la Legge 24 febbraio
1992, n. 225), aveva gia' rinunciato ad un modello centralizzato
optando per un'organizzazione diffusa a carattere policentrico; e che
in tale logica, nell'art. 2. comma 1, della legge citata, lo stesso
legislatore aveva previsto tre diverse tipologie di "eventi",
correlativamente definendo competenze e responsabilita': a) eventi
fronteggiabili mediante interventi degli Enti e delle Amministrazioni
competenti in via ordinaria; b) eventi che comportano l'intervento
coordinato di piu' Enti o Amministrazioni competenti in via ordinaria;
c) calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita'
ed estensione, richiedono mezzi e poteri straordinari.
In questa prospettiva, nel mutato quadro del nuovo assetto del Titolo
V della Parte seconda della Costituzione, la legge regionale in esame,
con gli impugnati commi dell'art. 1, persegue la finalita' prioritaria
di salvaguardare la sicurezza territoriale della Regione (comma 1) e -
in coerenza con tale finalita' disciplina il coordinamento della
propria attivita' con quella degli Enti locali e degli altri soggetti
pubblici o privati coinvolti (comma 2) nell'ambito degli interventi
del "sistema regionale di protezione civile" (comma 3; v. pure art.
3).
Il rispetto della sfera di competenza dello Stato risulta esplicitato
da diverse norme della legge stessa: l'art. 2, comma 1, lettera c)
prevede, in conformita' alla legislazione statale, l'intervento e il
coordinamento dello Stato per fronteggiare eventi calamitosi di
rilievo nazionale, che colpiscono il territorio regionale; l'art. 4,
comma 3, prevede che la partecipazione della Regione ad iniziative di
protezione civile al di fuori del territorio regionale e nazionale
avvenga in armonia con gli indirizzi ed i piani nazionali; gli artt. 5
e 6, disciplinano l'esercizio, da parte delle Province e dei Comuni,
di funzioni e compiti amministrativi ad essi attribuiti dalla citata
Legge n. 225 del 1992 e dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
gli artt. 11, 12 e 20, comma 2, lettere b) e c), sanciscono che il
programma regionale di previsione e prevenzione dei rischi e il piano
regionale per la preparazione e gestione delle emergenze sono
predisposti rispettivamente in armonia con gli indirizzi nazionali ed
in conformita' con i criteri di massima formulati a livello nazionale;
l'art. 13 prevede, in materia di incendi boschivi, il rispetto dei
principi della Legge 21 novembre 2000. n. 353; l'art. 17 stabilisce,
in materia di volontariato di protezione civile, il rispetto dei
principi della Legge 11 agosto 1991, n. 266.
Si deve quindi ritenere che la norma impugnata, cosi' come tutta la
legge regionale, ha quale oggetto soltanto gli eventi calamitosi
(incidenti comunque sul solo territorio regionale) fronteggiabili con
gli interventi di cui alle lettere a) e b) dell'art. 2, comma 1 della
Legge n. 225 del 1992, e non anche le calamita' naturali, catastrofi o
altri eventi destinati, per intensita' ed estensione, ad essere
fronteggiati con mezzi e poteri straordinari dello Stato (ex art. 2,
comma 1, lettera c, della stessa legge), nel rispetto della sfera di
competenza ad esso attribuita dai principi fondamentali della materia
concorrente in esame.
1.3. - Il comma 2 dell'art. 1 (secondo cui "all'espletamento delle
attivita' di protezione civile provvedono la Regione, le Province, i
Comuni, le Comunita' montane, le Unioni di Comuni e le altre forme
associative") e', altresi', ritenuto dal ricorrente in contrasto con
l'art. 118, primo e secondo comma, Cost., che in base ai principi di
sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, legittima
l'attribuzione di funzioni amministrative in capo allo Stato ove
occorra assicurarne l'esercizio unitario.
La questione non e' fondata.
Poiche' sulla base delle considerazioni appena esposte, la norma
impugnata si riferisce solo alle attivita' del "sistema regionale di
protezione civile", essa non incide su calamita' naturali, catastrofi
o altri eventi che per intensita' ed estensione, debbano essere
fronteggiati con mezzi e poteri di competenza statale. E comunque essa
non preclude l'eventuale allocazione in capo allo Stato di quelle
funzioni amministrative di cui occorra assicurare l'esercizio
unitario, ai sensi dell'art. 118 Cost., che peraltro - secondo la
giurisprudenza di questa Corte - puo' avvenire soltanto sulla base di
una legge statale, in ossequio al principio di legalita'.
1.4. - Il comma 2 dell'art. 1 e' anche censurato nella parte in cui
esclude dal concorso alle attivita' di protezione civile alcune
categorie di soggetti (cittadini, ordini e collegi professionali):
secondo il ricorrente, la norma - in quanto riformula il principio
fondamentale posto dall'art. 6 della legge n. 225 del 1992 -
violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118, ultimo comma, Cost.
La questione non e' fondata, poiche' basata su una lettura incompleta
della norma impugnata.
Infatti, il comma 2 - dopo aver affermato che "all'espletamento delle
attivita' di protezione civile provvedono la Regione, le Province, i
Comuni, le Comunita' Montane, le Unioni di Comuni e le altre forme
associative di cui alla legge regionale 26 aprile 2001, n. 11" -
aggiunge testualmente che "vi concorre ogni altra istituzione ed
organizzazione pubblica o privata, ivi comprese le organizzazioni di
volontariato, che svolgono nel territorio regionale compiti, anche
operativi, di interesse della protezione civile". Il tenore generale
della disposizione consente, dunque, di ritenere comprese nel concorso
alle attivita' di protezione civile anche le categorie di soggetti
indicate dal ricorrente.
1.5. - Il comma 2 dell'art. 1 e' ancora impugnato - nella parte in cui
prevede che il concorso operativo e la collaborazione nelle attivita'
di protezione civile delle Amministrazioni dello Stato e degli Enti
pubblici avvenga "previa intesa" - sotto il profilo della violazione
dell'art. 5, commi 4 e 4-bis, del decreto-legge 7 settembre 2001, n.
343, convertito nella Legge 9 novembre 2001, n. 401, secondo cui
l'attivita' dello Stato per i primi interventi e' effettuata "in
concorso con le Regioni e da queste in raccordo con i prefetti e con i
Comitati provinciali di protezione civile".
Neanche tale questione e' fondata.
L'art. 2, comma 1, della legge regionale in esame si risolve in una
parafrasi dei principi fissati dall'art. 2, comma 1, lettere a), b) e
c), della Legge n. 225 del 1992, prima ricordati (al n. 12), integrati
dagli artt. 107 e 108 del DLgs n. 112 del 1998.
A sua volta, il comma 1 dell'art. 23 attribuisce all'istituito
Comitato regionale per l'emergenza - oltre alla "funzione di
coordinamento tecnico-operativo regionale delle attivita' necessarie a
fronteggiare gli eventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera b)", la
cui disciplina spetta alla legge regionale - anche il "concorso
tecnico regionale" agli interventi di cui all'art. 2, comma 1, lettera
c), della Legge n. 225, in evidente funzione ausiliaria e
collaborativa con gli organi statali.
In un quadro siffatto, la previsione dell'"intesa" non viene impiegata
in senso contrapposto al "concorso" e al "raccordo" previsti dal
citato art. 5 del decreto-legge n. 343 del 2001; ma per significare
che - nei casi in cui l'attivita' degli organi regionali puo'
concorrere con quella di organi statali, ossia nei casi di cui alla
menzionata lettera c) - gli organi regionali devono agire sulla base
di intese con gli organi statali, proprio a maggior garanzia
dell'autonomia dell'Amministrazione statale.
1.6. - A sua volta, il comma 3 dell'art. 1 e' censurato - nella parte
in cui limita ai "cittadini" la salvaguardia dell'incolumita',
escludendo dal novero dei soggetti tutelati chi cittadino non sia -
per violazione dei principi fondamentali della materia e di quelli
previsti dalla Costituzione, dall'ordinamento comunitario e dagli
obblighi internazionali (art. 117, primo comma, Cost.).
La questione non e' fondata.
L'espressione "cittadini" non e' evidentemente usata dalla norma in
senso tecnico, riferito all'appartenenza delle persone allo Stato, con
esclusione degli stranieri o degli apolidi; e puo' dunque agevolmente
essere intesa, in senso costituzionalmente orientato, come riferita in
generale a tutte le persone fisiche.
2. - L'art. 2, sul presupposto dell'esistenza di un "principio
unitario" che informerebbe la materia, e' censurato sotto il profilo
che - definendo gli eventi calamitosi in funzione dell'organo
competente ad intervenire piuttosto che dell'intensita' ed estensione
del fenomeno (come previsto dall'art. 2 della Legge n. 225 del 1992) -
configurerebbe sistemi di intervento regionale differenziati, capaci
di inficiare, da un lato, il principio di uguaglianza e, dall'altro,
l'azione statale per i casi calamitosi travalicanti i confini del
territorio della singola regione.
La questione non e' fondata.
A prescindere dalla gia' rilevata erroneita' della premessa
dell'esistenza di un "principio unitario" del sistema di protezione
civile, si e' notato (retro, n. 1.5.) come la norma regionale si ponga
invece nel solco dei principi fissati dall'art. 2, comma 1, lettere
a), b) e c) della Legge n. 225 del 1992, integrati dagli artt. 107 e
108 del DLgs n. 112 del 1998, il cui contenuto del resto
sostanzialmente riproduce.
3. - L'art. 4, comma 1, e' a sua volta censurato (ancora sul
presupposto "dell'unitarieta' del sistema") sotto il profilo che esso
- attribuendo alla Regione "l'esercizio delle funzioni in materia di
protezione civile non conferite ad altri Enti dalla legislazione
regionale e statale" - violerebbe l'art. 7, comma 1, della Legge 5
giugno 2003, n. 131, secondo il quale, in attuazione dell'art. 118,
primo comma, Cost., lo Stato puo' attribuire a se' stesso le funzioni
amministrative di cui occorra garantire l'unitarieta' di esercizio.
Nei termini in cui e' proposta, la questione non e' fondata.
Valgono, infatti, le medesime considerazioni svolte circa l'erroneita'
della premessa dell'"unitarieta' del sistema" di protezione civile e
circa l'inidoneita' di norme come quella impugnata ad impedire
un'eventuale allocazione in capo allo Stato, mediante apposita legge
statale, di funzioni amministrative assunte in sussidiarieta', ai
sensi dell'art. 118 Cost.
4. - L'art. 20, che istituisce l'Agenzia regionale di protezione
civile, e' impugnato "per contrasto con i gia' richiamati principi
costituzionali", poiche' attribuisce rilevanti funzioni di protezione
civile quali la gestione del volontariato, l'emissione di avvisi di
attenzione, preallarme ed allarme, la predisposizione del programma di
previsione e prevenzione, la pianificazione di emergenza, la
presidenza del Comitato operativo regionale, la partecipazione alla
Commissione regionale per la previsione e per la prevenzione dei
grandi rischi - ad un Ente pubblico dotato di autonomia tecnica,
operativa, amministrativa e contabile.
Nei termini prospettati - ed anche a prescindere dalla genericita'
dell'argomentazione a sostegno dell'asserita incostituzionalita' - la
questione e' inammissibile in quanto nella proposta del Ministro per
gli affari regionali, richiamata dalla delibera del Consiglio dei
Ministri di impugnazione della legge in esame, non v'e' traccia di
tale motivo di impugnazione.
4.1. - L'art. 20, comma 2, lettera f) - che consente all'Agenzia
regionale di protezione civile di emettere avvisi di attenzione,
preallarme ed allarme - e' censurato per contrasto con la direttiva
del Presidente del Consiglio dei Ministri del 27 febbraio 2004; a
sostegno dell'impugnazione il ricorrente richiama la sentenza di
questa Corte n. 238 del 2004, deducendo che in essa "si prevede che le
Regioni non possano porre in essere attivita' o atti lesivi delle
direttive statali".
La questione non e' fondata.
In primo luogo, l'affermazione di cui alla richiamata sentenza -
peraltro non espressa nei termini evocati nel ricorso - si muove nel
diverso ambito dell'esercizio del c.d. "potere estero" delle Regioni
(di cui ai commi quinto e nono dell'art. 117 Cost.) e del necessario
coordinamento di esso con l'esclusiva competenza statale in tema di
politica estera (secondo le procedure dettate dall'art. 6 della Legge
n. 131 del 2003). La decisione non puo' quindi di per se' comportare
l'incostituzionalita' della norma impugnata, in un contesto nel quale
- trattandosi di materia rimessa alla competenza concorrente di Stato
e Regione - al primo spetta solo di determinare, con legge, i principi
fondamentali (ex art. 117, terzo comma, ultimo periodo, Cost. ed art.
1 della Legge n. 131 del 2003).
D'altro canto, la formulazione della norma impugnata consente di
interpretarla nel senso che lo specifico compito di emissione di
avvisi di attenzione, preallarme ed allarme, da essa affidato
all'Agenzia regionale di protezione civile, mira ad attuare il
disposto dell'art. 108 del DLgs n. 112 del 1998, il quale al comma 1,
lettera a, n. 1), attribuisce alle Regioni le funzioni relative alla
predisposizione dei programmi di previsione e prevenzione dei rischi,
sulla base degli indirizzi nazionali.
5. - L'art. 23 e' censurato sotto diversi profili.
La norma - nella parte in cui istituisce il Comitato operativo
regionale per l'emergenza (COREM), con funzioni estese anche ai casi
di cui all'art. 2, comma 1, lettera c) - violerebbe, in primo luogo,
l'art. 2, comma 1, lettera c), della Legge n. 225 del 1992, che invece
rimette allo Stato l'intervento nei casi di calamita' piu' gravi.
La questione non e' fondata.
Infatti, il comma 1 dell'art. 23 attribuisce al COREM - da un lato -
la "funzione di coordinamento tecnico-operativo regionale delle
attivita' necessarie a fronteggiare gli eventi di cui all'art. 2,
comma 1, lettera b)", la cui disciplina (per le ragioni esaminate:
retro, n. 1.2.) spetta alla competenza della Regione ai sensi
dell'art. 2, comma i, lettera b), della Legge n. 225 del 1992; e -
dall'altro - il "concorso tecnico regionale" agli interventi di cui
all'art. 2, comma 1, lett. c), della stessa Legge n. 225 in funzione
meramente ausiliaria e collaborativa con i competenti organi statali.
5.1. - Inoltre, secondo il ricorrente, la norma - nella parte in cui
istituisce la Commissione regionale per la previsione e la prevenzione
dei grandi rischi - violerebbe: a) l'art. 5, commi 3, 3-bis e 3-quater
del decreto-legge n. 343 del 2001 e gli artt. 7 e 9 della Legge n. 225
del 1992, determinando inutili duplicazioni di funzioni con quelle
svolte sull'intero territorio nazionale dalla Commissione statale per
la previsione e per la prevenzione dei grandi rischi; b) gli artt.
107, lettera f), numero 1), e 108, lettera a), numero 1), del DLgs n.
112 del 1998, sulle competenze di Stato e Regioni in tema di
predisposizione e attuazione dei programmi di previsione e prevenzione
dei rischi.
Entrambi i profili di censura sono infondati.
Anche le funzioni della Commissione regionale per la previsione e la
prevenzione dei grandi rischi - in coerenza con l'intero assetto della
legge regionale in esame - devono ritenersi limitate ai soli eventi
calamitosi (incidenti sul territorio regionale) fronteggiabili con gli
interventi di cui alle lettere a) e b) dell'art. 2, comma 1, della
Legge n. 225 del 1992, con esclusione quindi degli eventi destinati,
per intensita' ed estensione, ad essere fronteggiati con mezzi
straordinari di competenza statale (art. 2, comma 1, lettera c).
D'altro canto, la Commissione regionale ha il solo compito di fornire,
su richiesta della Regione, consulenza, supporto tecnico-scientifico e
proposte in materia di previsione e prevenzione dei rischi specifici
del territorio regionale; essa quindi (nell'intenzione del legislatore
regionale, peraltro libero di legiferare nella materia concorrente col
solo rispetto dei principi fondamentali) e' anche deputata ad attuare,
trasponendoli a livello regionale, i criteri stabiliti dalla
Commissione nazionale, senza con cio' duplicarne le funzioni.
5.2. - Infine la norma - nella parte in cui affida al Comitato
operativo regionale per l'emergenza e alla Commissione regionale per
la previsione e la prevenzione dei grandi rischi il coordinamento
tecnico degli interventi nella fase emergenziale - violerebbe l'art. 5
del decreto-legge n. 343 del 2001 e l'art. 107 del DLgs n. 112 del
1998, che attribuiscono allo Stato il potere di coordinamento, anche
scientifico, per assicurare interventi di piu' ampio orizzonte, non
parcellizzati.
Nel senso dell'infondatezza della censura valgono i criteri
interpretativi piu' volte citati: la norma impugnata, riguardando
attivita' della Regione per eventi rientranti nell'ambito della sua
competenza, non comporta di per se' violazione dei principi
fondamentali desumibili dalle evocate norme interposte, pur se non le
richiama esplicitamente (ma nemmeno contiene previsioni ad esse
contrarie) (Sentenze n. 327 del 2003 e n. 129 del 2006).
6. - Infine l'art. 24, comma 1, e' censurato nella parte in cui
prevede il trasferimento di risorse statali all'Agenzia regionale, per
contrasto con gli artt. 118 e 119 Cost., secondo i quali l'erogazione
di finanziamenti pubblici e' disposta dallo Stato e avviene in base ai
principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza.
La questione non e' fondata.
La norma impugnata classifica fra le entrate dell'Agenzia regionale -
oltre alle risorse ordinarie e straordinarie trasferite annualmente
dalla Regione - le risorse ordinarie statali per l'esercizio delle
funzioni conferite alla Regione in materia di protezione civile; le
risorse straordinarie statali per interventi connessi ad eventi da cui
derivi lo stato di emergenza nel territorio regionale; le risorse del
Fondo regionale di protezione civile di cui all'art. 138, comma 16,
della Legge 23 dicembre 2000, n. 388; e le risorse comunitarie,
statali e regionali per il finanziamento o il cofinanziamento di
progetti ed attivita' di interesse della protezione civile in ambito
europeo.
Il suo contenuto, pertanto, e' meramente descrittivo di entrate che
possono pervenire alla Agenzia regionale secondo i generali criteri di
conferimento, e non costituisce certo fonte di obbligazioni di
trasferimento di risorse finanziarie a carico dello Stato; sicche' il
solo effetto dell'elenco e' quello di legittimare l'Agenzia a ricevere
gli indicati tipi di entrate, se e quando i relativi trasferimenti
vengano disposti dalla fonte competente, regionale, statale o
comunitaria.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondate le questioni di legittimita' costituzionale
dell'art. 1, commi 1, 2 e 3, dell'art. 2, dell'art. 4, comma 1,
dell'art. 20, comma 2, lettera f), dell'art. 23 e dell'art. 24, comma
1, della legge della Regione Emilia-Romagna 7 febbraio 2005, n. 1
(Norme in materia di protezione civile e volontariato. Istituzione
dell'Agenzia regionale di protezione civile), proposte - in
riferimento agli artt. 117, primo e terzo comma, 118, primo, secondo e
quarto comma, e 119 della Costituzione - dal Presidente del Consiglio
dei Ministri, con il ricorso in epigrafe;
dichiara inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 20 della medesima Legge della Regione Emilia-Romagna n. 1
del 2005, proposta - in riferimento ai "gia' richiamati principi
costituzionali" - dal Presidente del Consiglio dei Ministri, con il
citato ricorso.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale. Palazzo
della Consulta, il 2 ottobre 2006.
IL PRESIDENTE E REDATTORE
Franco Bile
IL CANCELLIERE
Giuseppe Di Paola
Depositata in Cancelleria il 6 ottobre 2006.