RICORSO DEPOSITATO IL 7 marzo 2005, n. 32
Ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la quale ha il proprio domicilio in Via dei Portoghesi n. 12 - Roma nei confronti della Regione Emilia-Romagna, in persona del suo Presidente per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 26 del 23 dicembre 2004, "Disciplina della programmazione energetica territoriale ed altre disposizioni in materia di energia" (BUR n. 175 del 28 dicembre 2004) nell'articolo 1, comma 3, lett. c), e comma 5, nell'articolo 5, comma 1, lett. k) e comma 2, lett. o), nell'articolo 3, comma 1, lett. c), nell'articolo 16, commi 1, 6 e 7, nell'articolo 20, comma 1, nell'articolo 21, nell'articolo 22, comma 4
(pubblicazione disposta dal Presidente della Corte Costituzionale a
norma dell'art. 24 delle Norme integrative del 16 marzo 1956)
Art. 1, comma 3, lett. c)
La norma prevede che attraverso la programmazione della Regione ed
agli Enti locali sono definiti "gli obiettivi di riduzione delle
emissioni inquinanti e climateranti e assicurare le condizioni di
compatibilita' ambientale, paesaggistica e territoriale delle
attivita' di cui al comma 2".
La compatibilita' ambientale rientra nella tutela dell'ambiente,
assegnata alla legislazione esclusiva dello Stato dall'art. 117,
secondo comma, lett. s) Cost.
Le emissioni inquinanti non hanno sicuramente rilievo ne'
paesaggistico ne' territoriale, come vorrebbe la norma, perche' non
comportano alterazioni dei profili territoriali.
Questi richiami sono stati evidentemente inseriti nella norma solo
per radicare una competenza regionale, invece insussistente.
Nessun'altra materia e' richiamata, il che sta a significare che la
Regione non aveva altre sue competenze da far valere.
Se poi fosse individuata una qualche competenza concorrente della
Regione, sarebbero stati violati i principi fissati dalla legge
statale. L'art. 69, comma 1, lett. e) del DLgs 112/98 conserva allo
Stato in quanto compiti di rilievo nazionale, la "determinazione di
valori limite, standard, obiettivi di qualita' e sicurezza e norme
tecniche necessari al raggiungimento di un livello adeguato di tutela
dell'ambiente sul territorio nazionale". In questi principi trova
conferma che i valori limite, disciplinati dalla norma impugnata,
attengono alla tutela dell'ambiente e non di altri interessi.
Art. 1, comma 5
Vi sono individuate le fonti rinnovabili di energia.
La individuazione delle fonti energetiche rinnovabili rientra tra i
principi fondamentali di competenza dello Stato ai sensi dell'art.
117, terzo comma, Cost.
E lo Stato vi ha provveduto nell'art. 2, lett. a) del DLgs n.
387/2003 in attuazione della direttiva 2001/77/CE, che le ha definite
nell'art. 2.
La norma e', pertanto, costituzionalmente illegittima sotto un
duplice profilo: per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost.,
per non essersi attenuta alla definizione comunitaria, come si ricava
dal confronto delle due elencazioni; per violazione dell'art. 117,
terzo comma, Cost., per non essersi adeguata ai principi fondamentali
fissati dalla legge statale e per aver essa stessa sconfinato
nell'ambito dei principi fondamentali.
Art. 2, comma 1, lett. k)
La Regione si attribuisce il rilascio dell'intesa che, ai sensi
dell'art. 1.1 del DL 7 febbraio 2002, n. 7, convertito con
modificazioni nella Legge 9 aprile 2002, n. 55, deve intervenire
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni
e le Province autonome.
Risulta, pertanto, violato il terzo comma dell'art. 117 Cost. perche'
la norma statale appena richiamata costituisce un principio
fondamentale, in quanto rivolta ad assicurare la fornitura di energia
elettrica su tutto il territorio nazionale.
Nel richiamare, poi, gli indirizzi definiti dalla Giunta ai sensi del
comma 3, "di sviluppo del sistema elettrico regionale volti a
garantire, anche nel medio termine, il raggiungimento ed il
mantenimento di condizioni di sicurezza, continuita' ed economicita'
degli approvvigionamenti in quantita' commisurata al fabbisogno
interno", viola i principi fissati dalla Legge 239/04.
Il "fabbisogno interno" si deve ritenere come fabbisogno interno
regionale (in caso contrario l'illegittimita' costituzionale sarebbe
ancora piu' evidente). Ma perche' fabbisogno regionale possa essere
preso in considerazione di per se', astraendo da quello nazionale, si
da' per presupposto che la rete regionale operi autonomamente, senza
tenere conto del quadro nazionale e delle esigenze della rete unica.
Sono cosi' violati i principi portati dall'art. l, comma 3 della
legge statale richiamata dove, in vista degli "obiettivi generali di
politica energetica", compete allo Stato cio' che attiene a
"garantire sicurezza, flessibilita' e continuita' degli
approvvigionamenti di energia" ( lett. a) e di "assicurare la
economicita' dell'energia offerta ai clienti finali", esattamente le
finalita' in vista delle quali la norma impugnata ha assegnato la
competenza alla Regione.
Ma sono violati anche il comma 4, in particolare la lett. d) che
attribuisce sempre allo Stato le competenze per assicurare la
adeguatezza delle attivita' energetiche strategiche di produzione
trasporto e stoccaggio in modo che si raggiungano standard di
sicurezza e di qualita' del servizio nella distribuzione e la
disponibilita' di energia su tutto il territorio nazionale. Sono
infine violati anche i commi 7 e 8 nelle molteplici disposizioni
rivolte a garantire, insieme alla programmazione di settore,
l'efficienza e l'equilibrio della rete nazionale.
Art. 2, comma 1, lett. o)
L'art.14 del DLgs 23 maggio 2000, n. 164, in attuazione della
direttiva 98/30/CE, al comma 1 attribuisce agli Enti locali
l'attivita' "di indirizzo, di vigilanza e di programmazione e
controllo sulle attivita' di distribuzione".
E' anche questo un principio fondamentale rivolto alla corretta
attivita' di distribuzione del gas naturale nella quale si tenga
conto delle specificita' territoriali, attivita' che e' definita
espressamente attivita' di servizio pubblico.
La norma, prevedendo invece la competenza della Regione per
l'adozione degli indirizzi di sviluppo, non si e' attenuta a quel
principio.
Art. 3, comma 1, lett. c)
Assegnando la competenza alle Province per le autorizzazioni
all'installazione e all'esercizio delle reti di trasporto e
distribuzione dell'energia, la norma ha violato lo stesso principio
dell'art. 14, comma 1 del DLgs 164/00 poiche', ai sensi del secondo
comma dello stesso art. 4, per Enti locali, ai sensi del primo comma,
si debbono intendere i Comuni, Unioni di Comuni e Comunita' Montane.
Art. 16, commi 1, 6 e 7
Codesta Corte ha gia' avuto modo di rilevare che il riparto del
potere regolamentare e' strutturato rigidamente e che l'enumerazione
tassativa delle competenze portano ad escludere la possibilita' di
dettare norme suppletive, da chi non e' titolare del potere
corrispondente, in attesa che provveda chi ne ha la competenza (sent.
n. 303 del 2003, richiamata nella sent. n. 30 del 2005).
Ai sensi dell'art. 117, sesto comma, Cost. i Comuni hanno potesta'
regolamentare in ordine alla disciplina dell'organizzazione e dello
svolgimento delle funzioni attribuite.
Nel comma 6 della norma regionale e' confermato questo potere
regolamentare.
Senonche' nel comma 7 i regolamenti di cui al primo comma, che
dovrebbero disciplinare solo "le procedure autorizzative di propria
competenza", sono dichiarate applicabili ai procedimenti
autorizzativi di competenza degli Enti locali sino all'entrate in
vigore dei regolamenti locali.La disciplina complessiva che ne
risulta viene a collidere con la norma costituzionale richiamata
secondo il principio interpretativo che codesta Corte ha gia' dato.
Art. 20, comma 1
Ai sensi dell'art.1-quinquies del DL 29 agosto 239, convertito con
modificazioni nella Legge 27 ottobre 2003, n. 290, gli impianti di
generazione di energia elettrica di potenza nominale maggiore di 10
MVA possono essere messi definitivamente fuori servizio secondo un
procedimento, che vi e' disciplinato, di competenza statale.
La messa fuori uso, come e' evidente, e' disposta in funzione della
sicurezza della rete nazionale e secondo tempi e procedimenti che ne
debbono nel frattempo garantire l'equilibrio e, quindi,
l'efficienza.
Non dovrebbe essere in dubbio che i criteri di messa fuori servizio
siano di competenza statale in quanto non possono che essere gli
stessi su tutto il territorio nazionale.
La norma regionale impugnata disciplina direttamente la materia ed in
termini non conformi alla norma di principio statale, dando per
presupposto che ogni Regione possa introdurre una normativa
differenziata.
E', pertanto, violato l'art. 117, terzo comma, Cost.
Art. 21
E' prevista la stipulazione di intese con lo Stato al fine di
assicurare l'integrazione ed il coordinamento tra la politica
energetica regionale e nazionale.
Se alla norma dovesse essere attribuito il solo effetto di
autorizzare gli organi regionali alla stipulazione, non sorgerebbero
problemi di legittimita' costituzionale.
Se, invece, fosse interpretata come disciplina sostanziale della
materia, la norma sarebbe costituzionalmente illegittima per
violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. g), poiche'
interferisce sull'ordinamento sulla organizzazione dello Stato
ponendo norme di procedimento per l'esercizio di funzioni statali.
Ma sarebbe illegittima anche per violazione del principio
fondamentale fissato nell'art. 1, commi 1 e 2, del DL 7 febbraio
2002, n. 7, convertito con modificazioni nella Legge 9 aprile 2002,
n. 55 dove l'intesa e' prevista con la Conferenza permanente per
quanto riguarda la sicurezza e la garanzia della necessaria copertura
del fabbisogno nazionale, e con la Regione interessata solo per i
singoli procedimenti di autorizzazione.
Art. 22, comma 4
Ragioni analoghe valgono anche per questa norma.
Se il suo effetto non fosse solo quello di autorizzare gli organi
regionali alla stipulazione delle intese che vi sono previste, la
norma violerebbe gli stessi principi richiamati sopra perche',
incidendo sull'ordinamento e la organizzazione dell'Autorita' per
l'energia elettrica ed il gas, che ha competenza nazionale,
attribuirebbe alla Regione competenza in una materia che investe
l'intero territorio nazionale, quale e' quella individuata attraverso
il richiamo del primo comma dello stesso art. 22, materia che e'
necessariamente sottratta alla singola Regione.
Per queste ragioni
si conclude
perche' le norme impugnate siano dichiarate costituzionalmente
illegittime.
Roma, 23 febbraio 2005
VICE AVVOCATO GENERALE
IL CANCELLIERE DELLO STATO
M.R. Fruscella Glauco Nori