COMUNICATO
RELAZIONE SULL'ATTIVITA' SVOLTA DAL DIFENSORE CIVICO REGIONALE NELL'ANNO 2004 (art. 11 della L.R. 16 dicembre 2003, n. 25)
SOMMARIO
Oggetto della relazione
Nota sul criterio di rilevazione statistica (I dati statistici)
L'attivita' svolta:
A) Le vicende che hanno interessato i controlli - Soppressione dei
controlli: a) del controllo eventuale b) del controllo sostitutivo (e
un caso di diniego ad esercitare tale controllo)
B) L'attivita' svolta ai sensi dell'art. 16 della Legge 15 maggio
1997, n. 127 (Indebito pensionistico - Determinazione ISE e ISEE -
Altri casi)
B) L'attivita' svolta in ambito regionale (Gestione del diritto allo
studio universitario - Compartecipazione dei familiari alle spese di
assistenza sociale. DDLgs 109/98 e 130/00 - Diritto di accesso -
Alcune risposte fornite con burocratica superficialita' - Altri casi)
- Attivita' svolta nei confronti di Comuni convenzionati - Attivita'
svolta nei confronti dei Comuni non convenzionati - I principi sulla
difesa civica affermati dal nuovo Statuto - Il garante regionale per
l'infanzia e l'adolescenza
Oggetto della relazione
Questa relazione si apre con una nota sul criterio che ho seguito per
la rilevazione e il riferimento dei dati statistici, innovando sul
passato per le ragioni che saranno esposte. La spiegazione
richiedera' molto spazio e di questo mi scuso, anche perche' non
sara' la sola lungaggine.
La competenza del Difensore civico regionale - incentrata su questo
ruolo - abbraccia tre livelli di amministrazioni (sovraregionale,
regionale e locale) e, di fatto, si espande in ambiti non
istituzionalmente propri, ma data l'unicita' del ruolo da cui la
competenza promana ritengo opportuno presentare una relazione
unitaria, comprensiva dei tre livelli. Peraltro presentero' una
specifica e dettagliata relazione a ciascuna delle Amministrazioni
comunali convenzionate.
Sia per il livello sovraregionale che per quello regionale non
riferiro' casi rilevanti (tranne uno concernente il diniego di
nominare un commissario ad acta nell'esercizio di potere sostitutivo
del sindaco di Reggio Emilia e un altro concernente il rifiuto di
collaborazione di ente statale), ma proporro' alcune questioni che mi
sembra possano rivestire un interesse particolare per le assemblee
elettive. L'intento di proporre una questione e non di riferire un
caso specifico richiede, mio malgrado, adeguato spazio. Le questioni
di cui trattasi concernono la ripetizione dell'indebito
pensionistico, la determinazione della situazione reddituale, ai fini
della partecipazione alla spesa dell'utente per le attivita'
socio-assistenziali, la gestione del diritto allo studio
universitario, il diritto di accesso. Vorrei sottolineare in modo
marcato la questione concernente la gestione del diritto allo studio
universitario.
Ho ritenuto infine opportuno riferire le innovazioni che nel 2004
sono state apportate all'istituto del Difensore civico dal nuovo
Statuto regionale e da leggi e sentenze della Corte Costituzionale.
Nota sul criterio di rilevazione statistica
I dati statistici esposti in questa relazione sono rilevati, rispetto
agli anni precedenti, con un diverso criterio, che mira soprattutto a
costituire dal prossimo anno una base di rilevazione attendibile, per
quanto concerne sia la qualita' tecnica relativa all'immissione dei
dati sia il criterio di selezione (ossia: quali input devono essere
presi in considerazione e quali no).
Spiego la ragione di quest'ultimo aspetto, che non e' un modo per
giustificare il calo che i "numeri" del 2004 registrano rispetto al
2003 e ancor piu' rispetto ad anni precedenti. Il Sole 24 Ore,
ragionando sul rapporto tra il 2003 in calo rispetto al 2002,
intitolo' il proprio servizio sulla relazione del 2003 "Il Difensore
civico perde peso". E il "peso" dei numeri e' invero rilevante per
valutare l'utilita' sociale e democratica del servizio di difesa
civica, a condizione che essi siano rappresentativi di azioni di
tutela civica chiaramente definite e tra loro omogenee. E' quindi
necessario chiarire che i "numeri" del 2004 che sto per riferire non
sono omogenei e comparabili con quelli del 2003, non solo perche' nel
2004 il Difensore civico non ha esercitato funzioni di tutela civica
nei confronti del Comune di Bologna, che, nel 2003, aveva comportato
la trattazione di 202 pratiche, e non solo perche' nel 2004 si e'
riversata sul servizio una fatale e per taluni profili
ingiustificabile coincidenza di circostanze, che hanno quasi
dimezzato la presenza del personale e pressoche' bloccato il
centralino telefonico, vale a dire il cuore del servizio stesso -
perche' se il cittadino telefona e non si mette in contatto desiste
forse per sempre dal rivolgersi al Difensore civico -, e per alcuni
periodi hanno addirittura paralizzato il servizio. Ma il vero e' che
i dati del 2004 non sono comparabili con i dati degli anni precedenti
perche' diverso e' il metodo di rilevazione statistica, ispirato
quest'anno a un criterio selettivo, che intendo rendere ancora piu'
selettivo. A parita' di criterio i "numeri" non sarebbero stati
diversi.
Vorrei quindi tornare a ben chiarire che non esprimo e non intendo
esprimere giudizi su passate gestioni, perche' non c'e' alcuna
ragione per esprimere giudizi, giacche' si tratta pur sempre di
rappresentare l'attivita' svolta dal servizio del Difensore civico
nel suo complesso (titolare dell'ufficio e suoi addetti). Voglio solo
spiegare la ragione per cui ho inteso adottare un criterio diverso
per selezionare i dati statistici. Ragione che e' data dal seguente
problema: i cittadini che si rivolgono al servizio del Difensore
civico pongono, in un gran numero di casi, talvolta un numero
rilevante di casi, problemi che attengono ad ambiti istituzionalmente
estranei alla sua attivita'; e in molti casi il rapporto col servizio
inizia e termina senza che il Difensore civico si sia occupato o si
occupi del caso.
Le richieste spaziano in tutti i settori della vita amministrativa e
non raramente investono rapporti privati, non esigono solo tutela
civica nei confronti di atti o fatti di maladmnistration, ma tendono
ad avere risposte piu' o meno semplici o pertinenti, piu' o meno
complesse, informazioni, pareri, consulenze. Tali richieste non si
possono eludere o rifiutare eccependo l'incompetenza del Difensore
civico, giacche' chi gli si rivolge intende innanzi tutto esorcizzare
quelli che egli vede come riti della burocrazia. Ne' si possono
mandare deluse le aspettative spiegando che il Difensore civico non
ha poteri e puo' solo tentare di persuadere l'Amministrazione a
modificare i propri provvedimenti o comportamenti, ma non puo'
imporre alcunche'.
Una parte dell'attivita' del Difensore civico, che le statistiche
possono variamente e persino arbitrariamente rappresentare, spazia
dunque in ambiti istituzionalmente non propri o incerti. I cittadini
interagiscono quotidianamente con grandi aziende oramai privatizzate,
che erogano servizi di grande importanza per i cittadini, con
societa' per i servizi postali, telefonici, di trasporto. Ma in
questi casi si potrebbe ben sostenere la competenza del Difensore
civico ragionando in base ai principi che si vengono affermando in
giurisprudenza per estendere la competenza dei giudici amministrativi
e, in particolare, della Corte dei Conti. Non sostanzialmente diverso
e' il discorso quando i suoi interventi sono rivolti nei confronti di
amministrazioni statali di livello nazionale e di enti locali che non
hanno istituito il Difensore civico o non l'hanno nominato e non sono
convenzionati con la Regione. In questi casi l'incompetenza del
Difensore civico e' fuori discussione, ma sostanzialmente si tratta
di interventi di tutela civica. La pubblica Amministrazione s'e'
aperta, tende a farsi trasparente, a tenere comportamenti
democratici, ad agire con spirito di leale collaborazione, e se il
Difensore civico, benche' privo di competenza, effettua interventi in
spirito di leale collaborazione, spesso ottiene la collaborazione
richiesta. Su questo aspetto positivo non sembra incidere
negativamente il fatto che l'azione di tutela viene esercitata da
difensori civici dei vari livelli (regionale e locali), dando luogo a
una sorta di difesa civica free lance, che obiettivamente e' una
confusione istituzionale ma non saprei proprio come si potrebbe fare
per mettervi ordine.
L'espansione dell'attivita' del Difensore civico, peraltro, non
dipende solo dalla necessita' di non deludere i cittadini che si
rivolgono a lui, ma anche dalla ragione stessa della sua esistenza,
che consiste nel dover superare la fase di mera raccolta di reclami e
lamentele, di mera rappresentazione dei problemi, per concorrere a
trovare in collaborazione con le Amministrazioni interessate la
concreta individuazione e soluzione dei problemi.
Di tutt'altra e affatto diversa natura e' il discorso quando il
Difensore civico viene chiamato a dare informazioni e pareri anche in
campo privatistico o al Difensore civico, inteso come servizio, ci si
rivolge per chiedere informazioni le piu' svariate, in ogni campo. Si
apre in questa direzione una larga zona grigia nell'attivita' del
servizio del Difensore civico, che statisticamente puo' essere
rappresentata secondo criteri i piu' disparati, raccogliendo dati
statistici che si possono allungare e restringere come un elastico,
sottratti al controllo del Difensore civico, ma che rappresenta una
quantita' di lavoro che e' legittimo interesse dei collaboratori
vedere riconosciuto, ma non, o almeno non interamente, tra i dati
relativi alla tutela civica. Ci sono dunque due zone non bene
delimitabili: 1) tutela civica (che convenzionalmente possiamo
definire procedimenti) e 2) carichi di lavoro che non sfociano in
azioni di tutela (che convenzionalmente possiamo definire
informazioni). La prassi ha portato a fonderne la rappresentazione
statistica nella relazione annuale, anche se le informazioni non
erano "ufficialmente" o "formalmente" trattate e neppure conosciute
dal Difensore civico. Nel 2003 i procedimenti (583) e le informazioni
(822) erano stati persino registrati separatamente, ma infine furono
ugualmente fusi nella relazione.
Le informazioni comprendono una serie di attivita', dai pareri alle
consulenze prestate esclusivamente dai funzionari, e che
oggettivamente non possono che essere prestate da loro, perche' in
questi casi il colloquio tra il funzionario e il cittadino non
costituisce una prima fase istruttoria ma si esaurisce
definitivamente con l'espressione o di una semplice informazione o di
un parere. Ancora piu' chiaro e' l'esempio se ci si riferisce ai
rapporti telefonici che si esauriscono con l'informazione fornita dal
personale addetto al centralino.
Siccome il Difensore civico non prende parte a questa attivita' e di
essa egli non porta la responsabilita', mi sono posto il problema di
come renderlo responsabile di parte (e ovviamente solo di parte) di
quella attivita'; problema difficile perche' non e' oggettivamente
agevole individuare un criterio oggettivo e sicuro di selezione in un
campo che per intero non appartiene alla competenza del Difensore
civico. D'altronde sarebbe ingiusto ignorare una buona parte del
lavoro, il piu' impegnato e responsabile dei funzionari. La soluzione
che ho adottato e' stata quella di disporre che anche l'archiviazione
delle "informazioni" deve essere sempre disposta dal Difensore
civico, previa ratifica, mentre le semplici informazioni di scarsa
rilevanza, non soggette a ratifica, non sono registrate e quindi
riferite nella relazione annuale. Non sono mancati casi in cui la
prestazione non e' stata ratificata, come in quello, assai rilevante,
della cauzione richiesta dall'HERA di Ravenna ai cittadini che non
disponessero di un conto corrente bancario, a garanzia del pagamento
della tariffa sui rifiuti, ed e' stata sostituita da una mia diversa
decisione. Il calo del numero delle "informazioni" rispetto al 2003
credo che stia a testimoniare la capacita' selettiva del criterio
adottato: nel 2004 sono state registrate (e ratificate) 288
informazioni contro le 822 informazioni del 2003.
Parzialmente diverso e' il criterio adottato per il Comune di
Ravenna. Sono state ugualmente da me ratificate le informazioni
fornite dai funzionari che si recano presso quel Comune una volta la
settimana, secondo quando dispone la convenzione. Ma, beninteso a
parte, distinti dai "dati" ufficiali, sono registrati anche tutti i
contatti col pubblico avuti dall'impiegata addetta quotidianamente
all'ufficio del Difensore civico presso quel Comune, allo scopo di
dare visibilita' al suo specifico lavoro.
Devo aggiungere che, a decorrere dal 2005, e' stato finalmente
adottato un nuovo programma informatico, accantonando il vecchio
programma DBASE IV in MS-DOS, gestito esclusivamente dal personale di
segreteria. Al nuovo programma possiamo accedere direttamente, oltre
al personale di segreteria, io e tutti i funzionari, i quali sono ora
i responsabili dell'immissione dei dati relativi alle pratiche da
ciascuno di essi curate e dei loro aggiornamenti. Io, dal canto mio,
ho modo di verificare e all'occorrenza di modificare le schede,
correggendo dati che ritengo non siano stati immessi regolarmente, e,
all'atto del provvedimento di archiviazione della pratica, verifico
definitivamente ciascuna scheda. A cominciare dalla prossima
relazione, i dati avranno dunque una piu' che tranquillante base di
affidabilita' specialmente nella definizione dell'oggetto, nella
individuazione dell'ente verso cui si svolge l'intervento, nella
codificazione degli esiti, di cui ora non posso essere sicuro
garante. A parte questi miglioramenti, che possono dare garanzia in
ordine all'immissione dei dati, l'imputazione del programma
informatico e' ancora lo stesso di prima e ha bisogno di essere
razionalizzato e aggiornato. Situazione, questa, che, tranne per i
Comuni, convenzionati e non, mi induce a dare una sintetica
rappresentazione statistica, per grandi numeri e a non assumermi la
responsabilita' dei dettagli.
I dati statistici
Nel 2004 e' stato eliminato tutto l'arretrato, giacche' risultavano
non archiviate alcune pratiche aperte sin dal 1999. La natura della
difesa civica impone che la trattazione delle pratiche si concluda in
tempi ragionevolmente brevi, tali da assicurare l'efficacia
dell'intervento. La collaborazione delle Amministrazioni e'
ovviamente indispensabile a questo fine, ma occorre anche l'impegno
del mio ufficio nel tenere sotto piu' attento monitoraggio le
pratiche in corso, grazie anche al nuovo programma informatico e al
parziale riparo posto alle denunciate difficolta'. Segnalo percio'
come dato disfunzionale (anche se giustificato dall'eccezionale
situazione di emergenza) l'esistenza di 46 pratiche, aperte nel 2003,
che non risultavano ancora archiviate al 31 dicembre 2004.
Tornando agli anni precedenti, al 31 dicembre 2004 sono state
archiviate: 7 pratiche aperte nel 1999; 15 aperte nel 2000; 14 nel
2001 e 39 nel 2002.
Piu' significativi i dati del 2003 e, a maggior ragione, del 2004.
Nel 2003 erano stati aperti 581 procedimenti e date 822 informazioni.
Dei procedimenti residuati al 31 dicembre 2003, nel 2004 ne sono
stati trattati e archiviati 191. Nel 2004 sono state aperte 781
pratiche e ne sono state trattate 634: 346 procedimenti e 288
informazioni. Per un totale complessivo di 900 casi.
L'attivita' svolta
A) le vicende che hanno interessato i controlli
L'art. 16 della Legge 15 maggio 1997, n. 127, come e' noto, ha esteso
la tutela non giurisdizionale del Difensore civico regionale, fino
all'istituzione del Difensore civico nazionale, nei confronti delle
amministrazioni periferiche dello Stato, con le medesime funzioni di
richieste, di proposta, di sollecitazione e di informazione che il
rispettivo ordinamento regionale gli attribuisce nei confronti delle
strutture regionali, limitatamente all'ambito territoriale di
competenza del Difensore civico regionale, con esclusione delle
Amministrazioni che operano nei settori della difesa, della sicurezza
pubblica e della giustizia.
A questo nucleo, che si puo' definire proprio benche' provvisorio di
funzioni della difesa civica se ne sono aggiunte altre scarsamente
attinenti con la difesa civica e in effetti non praticate, quali,
senza ricordarle tutte, il controllo eventuale previsto dal tuttora
vigente art. 127 del Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli
enti locali (TUEL) e il controllo sostitutivo per omissione o ritardo
di atti obbligatori da parte di enti locali previsti dall'art. 136
dello steso TUEL.
Soppressione dei controlli
a) del controllo eventuale
La soppressione dei controlli rappresenta la naturale evoluzione
della legge Bassanini, che, per questo aspetto, aveva assunto
carattere transitorio e ne preannunciava come sbocco finale, per
l'appunto, la soppressione. Essa, infatti, ponendosi in questa
prospettiva, ma considerando che cio' presupponeva la soppressione
dell'art. 130 Cost., era orientata verso un drastico
ridimensionamento dei controlli medesimi. Come e' noto, erano stati
mantenuti in vita quattro tipi di controlli: a) un controllo
preventivo necessario; b) un controllo eventuale su iniziativa della
giunta; c) un controllo eventuale su iniziativa dei consiglieri; e d)
un controllo sostitutivo in caso di inerzia. Questo sistema di
controlli e' stato poi recepito dal testo unico delle leggi
sull'ordinamento locale (TUEL, artt. 124 ss. e dalla L.R. n. 3 del
1999, artt. 36 e ss.). L'organo competente ad esercitare il controllo
eventuale su iniziativa di consiglieri era il Difensore civico
provinciale o comunale, se istituito, ovvero il Comitato Regionale di
Controllo. L'organo competente ad esercitare il controllo
sostitutivo, regolato, dall'articolo 136, era invece il Difensore
civico regionale, se istituito, ovvero il Comitato Regionale di
Controllo. Il potere sostitutivo del Difensore civico era stato
mantenuto strettamente all'interno della previsione di cui
all'originario comma 45 dell'art. 17 della legge Bassanini bis, poi
trasfuso nell'art. 136 del TUEL e, diversamente da quanto previsto da
altre Regioni, non era stato esteso ad altri ambiti, tant'e' che, con
l'art. 16 della L.R. n. 3 del 1999, era stato previsto e disciplinato
un piu' esteso potere sostitutivo della Regione "nei casi in cui vi
sia una accertata e persistente inattivita' nell'esercizio di
funzioni conferite e cio' sia lesivo di rilevanti interessi del
sistema regionale e locale, nelle forme stabilite d'intesa nella
conferenza Regione-Autonomie locali", non attribuito al Difensore
civico regionale, facendo naturalmente salva la competenza dello
steso ai sensi del citato comma 45. Tale potere sostitutivo
regionale, non spettante al Difensore civico, e' stato quindi
disciplinato in forma aggiornata dall'art. 30 della L.R. n. 6 del
2004.
La Regione Emilia-Romagna, a differenza di quanto stabilito da altre
Regioni in materia di controllo sostitutivo, aveva quindi ispirato la
sua legislazione alla stretta attuazione della finalita' perseguita
dalla legge Bassanini bis.
La riforma costituzionale del 2001 (Legge Cost. n. 3 del 2001),
completando l'abbozzo della legge Bassanini, e' intervenuta con due
norme di notevole rilevanza per il sistema dei controlli poco prima
decritto: l'art. 9, comma 2 ha abrogato l'art. 130 Cost. e l'art. 6
ha sostituito l'art. 120 Cost., introducendo una nuova disciplina dei
controlli sostitutivi. L'abrogazione dell'art. 130 Cost. ha
comportato la soppressione dei controlli sugli enti locali, ma non
l'immediata estinzione dei comitati regionali di controllo, che,
istituiti con legge regionale, necessitavano di una apposita legge
che li sopprimesse. Quanto alla soppressione dei controlli non
mancavano coloro i quali ritenevano, a mio avviso con maggiore
fondamento, che l'abrogazione dell'art. 130 Cost. avesse solo privato
la disciplina ordinaria dei controlli della copertura costituzionale
assicurata dall'art. 130, per cui sarebbe stato necessario un
intervento del legislatore ordinario (statale) per abrogare la
disciplina dei controlli. A questa opinione avevo ritenuto di aderire
nella relazione presentata l'anno scorso, senza potere tener conto
della L.R. n. 6 del 2004 (Riforma del sistema amministrativo
regionale e locale. Unione europea e relazioni internazionali.
Innovazione e semplificazione. Rapporti con l'universita'),
promulgata e pubblicata, rispettivamente il 24 e 25 marzo 2004, pochi
giorni prima della scadenza del termine per la presentazione della
mia relazione al Consiglio regionale. L'art. 6 di detta legge ha
dichiarato cessato dalla data di entrata in vigore della Legge
costituzionale n. 3 del 2001 il controllo preventivo di legittimita'
sugli atti degli enti locali e ha soppresso il Comitato Regionale di
Controllo dalla data di entrata in vigore della legge medesima. Ed e'
questa la situazione che, di diritto, vige nella Regione
Emilia-Romagna, adeguandosi alla pratica desuetudine gia' toccata a
queste norme. Il fenomeno, tra desuetudine, irrilevanza e
inefficacia, si estende ad altri ambiti, come cerchero' di dire nel
corso di questa relazione e dovrebbe indurre ad attente riflessioni
sul ruolo del Difensore civico.
Per completezza bisogna aggiungere che lo schema di decreto
legislativo concernente l'individuazione delle funzioni fondamentali
e adeguamento dell'ordinamento degli enti locali alle disposizioni
della Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, a norma
dell'articolo 2 della Legge 5 giugno 2003, n. 131, all'art. 17
prevede l'abrogazione degli articoli da 124 a 134 del TUEL, e cioe'
del sistema di controlli previsto da quel testo unico.
b) del controllo sostitutivo (e un caso di diniego ad esercitare tale
controllo)
La citata L.R. n. 6 del 2004 ha lasciato in vita il controllo
sostitutivo da parte del Difensore civico (almeno nel senso che non
ha espressamente disposto, come per il controllo eventuale, che esso
fosse cessato alla data di entrata in vigore della legge
costituzionale di riforma del Titolo V). Ma la Corte Costituzionale,
con sentenza n. 112 del 2004, ha risolto in senso negativo la
questione della configurabilita', in capo al Difensore civico
regionale, di un potere d'intervento sostitutivo nei confronti degli
enti locali. Questo principio e' stato affermato in relazione alla
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10 della Legge
della Regione Marche n. 10 del 2002 (Misure urgenti in materia di
risparmio energetico e contenimento dell'inquinamento luminoso), il
quale prevede che il Difensore civico regionale, decorso inutilmente
il termine assegnato ai Comuni che abbiano omesso o ritardato di
adottare gli atti obbligatori previsti dalla detta legge, sentito
l'ente inadempiente, nomina un commissario ad acta che provvede in
via sostitutiva; ed e' stato ribadito con la successiva sentenza n.
173, con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato
l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 1 (limitatamente
alla parte che sostituisce l'art. 3, comma 1) della Legge della
Regione Toscana n. 35 del 2002, nella parte in cui disciplina
l'esercizio, ad opera del Difensore civico regionale e, in caso di
vacanza dell'ufficio, ad opera del Presidente della Giunta regionale,
dei poteri sostitutivi ad esso attribuiti da leggi statali o
regionali.
Il percorso argomentativo della Corte Costituzionale si collega ad
alcune sue recenti sentenze (nn. 43, 69, 70, 71, 72 e 73 del 2004)
relative alla configurazione del potere sostitutivo previsto dal
secondo comma dell'art. 120 Cost., con le quali la Corte
Costituzionale ha affermato che le regioni hanno il potere di
sostituirsi agli enti locali, benche' l'art. 120, comma 2 Cost. non
lo preveda, purche', in continuita' con la giurisprudenza pregressa,
vengano rispettate alcune condizioni, tra cui quella che vuole che
l'esercizio del potere sostitutivo deve essere affidato a un organo
di governo della Regione o deve comunque svolgersi sulla base di una
decisione di questo, stante l'attitudine dell'intervento a incidere
sull'autonomia costituzionale dell'ente sostituito.
Le declaratorie d'incostituzionalita' rese nei confronti delle citate
disposizioni di legge marchigiana e toscana si basano sul constatato
difetto di questa condizione, dovendosi escludere che il Difensore
civico sia annoverabile tra gli "organi di governo".
Detto in termini piu' semplici, la Corte Costituzionale ha ritenuto
che l'autonomia degli Enti locali e' garantita se il potere
sostitutivo per l'omesso compimento dei loro atti e' esercitato da un
organo di governo della Regione e tale non e' il Difensore civico. La
logica di questa tesi non trova unanime consenso, essendosi chiesto
da alcuni se, all'opposto, l'autonomia di tali enti non e' meglio
garantita se ad esercitarla sia il Difensore civico, cioe' da un
organo non politico e indipendente.Questa ratio decidendi, benche'
costruita nell'ambito delle due Regioni interessate, si estende ad un
buon numero di disposizioni statali e regionali, in particolare si
estende all'art. 136 del TUEL. Altre Regioni e, tra queste,
ovviamente, Marche e Toscana, hanno esteso i poteri di controllo
sostitutivo del Difensore civico anche all'interno del proprio
ordinamento.
Le citate decisioni della Corte Costituzionale pongono il problema se
la declaratoria d'incostituzionalita' si estende anche a tali altre
disposizioni. Risulterebbe che difensori civici non direttamente
toccati dalle norme regionali dichiarate incostituzionali continuino
a nominare commissari ad acta per il compimento di atti degli enti
locali anche in applicazione del citato art. 136 del TUEL. Io non
concordo con questa linea, perche' mi pare difficile negare che nel
caso in esame sia ravvisabile quella incompatibilita' diretta
dell'art. 136 TUEL con l'autonomia riconosciuta agli enti locali
dalla Costituzione, secondo l'interpretazione data dalla Corte
Costituzionale, tale da comportarne l'incostituzionalita', in
conformita' all'opinione prevalente in dottrina e ai principi
affermati dalla Corte Costituzionale in particolare con le sentenze
nn. 1/1956 e 84/1996.
In base a tali considerazioni, a prescindere dal merito della
questione che mi era stata posta, ho ritenuto di non poter prendere
in considerazione la richiesta dei consiglieri del gruppo AN e il
Comune di Reggio Emilia di provvedere in via sostitutiva, stante
l'asserita inerzia del sindaco, che non avrebbe provveduto, ai sensi
dell'art. 50, comma 9, del TUEL a nominare entro 50 giorni
dall'insediamento i vertici di enti, aziende e istituzioni.
B) L'attivita' svolta ai sensi dell'art. 16 della Legge 15 maggio
1997, n. 127
Come accennato, questa attivita' e' stata esercitata, a livello
sovraregionale, anche in ambiti istituzionali non propri del
Difensore civico. A livello sub-regionale e' stata pure esercitata
nei confronti di enti locali non convenzionati con l'Ufficio di
Presidenza.
La risposta dei soggetti verso cui ho indirizzato i miei interventi
e' stata sostanzialmente positiva.
Risalta quindi come sorprendentemente negativa, soprattutto per il
modo in cui si e' espressa, la risposta dell'agenzia per il demanio
di Bologna, che ha rifiutato di fornirmi le informazioni e i
chiarimenti richiesti con l'infondata motivazione che gli enti
pubblici economici non sono tenuti a collaborare col Difensore
civico. Dopo alcuni solleciti ricevetti una telefonata da un
funzionario dell'agenzia per spiegarmi una situazione di grave
difficolta' operativa dovuta a carenza di personale e assicurarmi che
mi avrebbero risposto a fine anno. Acconsentii a questa richiesta. Ma
un paio di mesi dopo telefono' un altro funzionario per troncare il
rapporto con la riferita motivazione che gli enti pubblici economici
non sono soggetti ad azioni di difesa civica.
Per il resto, di tutta l'attivita' svolta, cui accennero'
sinteticamente per titoli e indicativamente, mi sembra di dover
segnalare il problema della ripetizione dell'indebito pensionistico e
della determinazione dell'ISE e ISEE.
Indebito pensionistico
Piu' volte e' stato posto il problema della eccessiva lunghezza dei
tempi per la determinazione definitiva del trattamento di pensione e,
ancora piu', per il contestuale avvio, in molti casi, del
procedimento di recupero delle somme in piu' corrisposte col
trattamento provvisorio (ripetizione dell'indebito pensionistico).
Dato il tempo lasciato decorrere l'indebito di cui si chiede la
ripetizione talvolta assomma a cifre molto significative. Sono
situazioni che in alcuni casi possono essere determinate da
comportamenti non corretti delle amministrazioni previdenziali per i
loro ritardi o cattiva applicazione delle norme, ma, anche quando non
si configurano casi di mala amministrazione, determinano crisi
economiche nelle famiglie dei pensionati e diffondono risentimento
nei confronti della pubblica amministrazione. Ho sottoposto
all'attenzione degli enti previdenziali interessati che la
ripetizione d'indebito oggettivo in materia pensionistica non puo'
essere esaminata e risolta soltanto da un punto di vista civilistico,
occorrendo tenere conto, da un lato, della legislazione speciale che
regola l'indebito pensionistico in vario modo, generalmente
favorevole al pensionato, disponendo in quali casi e limiti si fa
luogo alla ripetizione dell'indebito (disposizioni che hanno dato
luogo alla proposizione da parte dei giudici di diverse questioni di
legittimita' costituzionale) e, d'altro lato, occorre tenere conto
della giurisprudenza della Corte dei Conti sull'indebito
pensionistico medesimo.
Da questo punto di vista un elemento non trascurabile e' il notevole
lasso di tempo che trascorre per la determinazione della pensione
definitiva. E non si puo' mancare di considerare che l'atto di
liquidazione provvisoria della pensione e' in se' atto definitivo,
come il provvedimento di liquidazione definitiva: il primo di
provvisorio ha soltanto il contenuto. Si tratta, in sostanza, di un
pagamento immediato della pensione sulla base dei soli elementi di
computo certi alla data del collocamento a riposo, e percio'
tendenzialmente variabile in relazione all'incidenza nella
determinazione della pensione finale di eventuali futuri
provvedimenti amministrativi, il cui iter procedimenatale, al momento
del collocamento a pensione, non e' ancora giunto a conclusione
ovvero non e' ancora iniziato. La previsione del successivo
conguaglio e', dunque, legata alle sole modificazioni del trattamento
pensionistico inerenti alla valutazione di elementi di computo
originariamente incerti o sopravvenuti, e non e' affatto diretta a
concedere alla pubblica amministrazione una generale possibilita' di
rimediare agli errori commessi indipendentemente dalle conseguenze
che tali errori abbiano sugli interessi primari del pensionato. Ne
consegue che la pubblica amministrazione non ha un illimitato potere
di recuperare l'indebito.
Non ignoro, peraltro, che le Sezioni riunite della Corte dei Conti,
in fattispecie di conguaglio scaturito fra pensione provvisoria e
trattamento definitivo, ha ammesso la ripetibilita' anche in casi in
cui "sia decorso un notevole lasso di tempo" in regime di
provvisorieta'. Ma neppure ignoro che non mancano decisioni di segno
diverso e, forse, piu' che a un contrasto sui principi, bisognerebbe
pensare, almeno in certi casi, come influente sulle decisioni, al
peso delle diverse circostanze. Il giudice, essendo pacifica la
natura indebita della somma pagata, si preoccupa talvolta, in questi
casi, di accertare se sia fondata la domanda di restituzione per la
somma richiesta dall'ente previdenziale e, ravvisando nella
fattispecie una vicenda particolare e singolare (il lungo tempo
trascorso e la mancata percezione dell'errore non solo da parte del
pensionato, ma, per molti anni, dalla stessa amministrazione
liquidatrice), ritiene che si sia cosi' determinata una situazione di
stabilita' idonea a giustificare il ragionevole affidamento del
pensionato sulla correttezza della pensione erogata. I giudici che
cosi' hanno ragionato hanno quindi sentenziato la restituzione delle
somme recuperate dall'ente, maggiorate da interessi legali e
rivalutazione monetaria.
I miei interventi non hanno avuto esito positivo, come peraltro c'era
da aspettarsi, ma hanno riscosso l'apprezzamento degli interessati
per l'interessamento e non hanno lasciato indifferenti i dirigenti
degli enti. Il direttore di una sede provinciale Inpdap s'e'
premurato di comunicarmi che riteneva assolutamente condivisibili in
linea di principio le mie osservazioni e mi ha fatto presente le
condizioni in cui operano gli enti, concludendo che l'unica strada
percorribile dal pensionato per evitare la ripetizione dell'indebito
e' ancora quella del ricorso, stante anche l'indirizzo
giurisprudenziale in materia diviso su posizioni opposte. Questo
direttore mi ha riferito che l'Inpdap, per la materia pensionistica
statale, agisce in qualita' di mero esecutore secondario di spesa ed
e' tenuto ad applicare, trattandosi di atti esecutivi, i decreti
relativi a pensione emanati dalle varie amministrazioni di
appartenenza e non gli e' dato di entrare nel merito di quanto da
esse disposto. Inoltre, in quanto ente pubblico non economico,
soggetto al controllo della Corte dei Conti, e' comunque tenuto al
recupero dei propri crediti erariali (a questo proposito sarebbero
state emanate disposizioni univoche dagli organi centrali
dell'istituto).La soluzione del problema, che non deve essere
sottovalutato puo' trovare dunque soluzione in una riforma del
sistema.
Determinazione ISE e ISEE
In riferimento alla valutazione della situazione reddituale ai fini
della partecipazione alla spesa dell'utente per le attivita'
socio-assistenziali, ai sensi di quanto stabilito dal DLgs 109/98 e
successive modifiche e integrazioni si pongono problemi che sembrano
richiedere una riconsiderazione della normativa. La questione e'
esaminata in seguito, in sede di esposizione di difesa civica nei
confronti dell'azione delle amministrazioni regionali, e a tale
esposizione rinvio.
Altri casi
Per quanto concerne rimanenti interventi, restando in campo
pensionistico, sono stati trattati reclami o fornite informazioni in
merito a ritardi nella determinazione della pensione definitiva, ad
assegni alimentari erogati dall'INPDAP, a trattenute da ratei di
pensione, a ricongiungimenti pensionistici, a rimborsi contributi
volontari INPS, alla liquidazione quota INPS spettante agli eredi, a
mancata esecuzione sentenza su INPS, a ricostituzione di pensione per
maternita', al diniego dell'INPS di pagare interessi su indebite
trattenute, al riconoscimento di pensione di reversibilita', a
iscrizione a ruolo INPS per contributi commercio, ecc.
Sono stati inoltre trattati reclami o forniti chiarimenti e
informazioni in merito, tra l'altro, alla contestazione di fatture
telefoniche, a danni causati dall'interruzione di linea telefonica,
al riconoscimento della cittadinanza italiana, al mancato rilascio di
patente di guida, all'attribuzione della qualifica di guardia
giurata, all'assunzione al lavoro di extracomunitari,
all'autorizzazione all'acquisto di arma da caccia, al risarcimento
danni per il distacco di linea telefonica, all'auto-giustificazione
delle assenze di alunni maggiorenni, alla riscossione di vaglia
postali, alla disdetta di abbonamento RAI-TV, all'abilitazione per
conducente di taxi, alla formazione di graduatorie all'impiego, ad
infortunio professionale in itinere, all'installazione di barriere
antirumore lungo la rete ferroviaria, a black out elettrico, a
comportamento non corretto di impiegato postale, a rinnovo del
permesso di soggiorno, al rilascio di duplicato patente, a
contestazione bolletta Enel alterata a causa di incrostazione
calcarea, a denegato rimborso supplemento Eurostar, a rimborso
abbonamento mensile Trenitalia, al servizio auto al seguito, ad
accertamento sanitario per esenzione leva, alla pulizia argine linea
ferroviaria, a disdetta contratto Wind, a cure odontoiatriche
(intervento presso l'Ordine dei medici), a borsa di studio da
amministrazione penitenziaria ministero giustizia, a soppressione
Eurostar linea Milano-Pescara.
B) L'attivita' svolta in ambito regionale
Gestione del diritto allo studio universitario
Mi preme in modo particolare sottoporre al Consiglio regionale la
questione che passo subito ad esporre.
Si tratta dell'intervento esercitato (ma farei meglio a dire
dell'intervento che ho tentato di esercitare) in merito alla revoca,
adottata dal direttore di un'azienda regionale per il diritto allo
studio (ARSTUD di Bologna), di benefici concessi per l'anno
accademico 2003-2004 e per la contestuale richiesta di restituire
entro un breve termine i contributi erogati (1914,70 Euro), perche'
lo studente reclamante M.M. si era iscritto al corso universitario
oltre il termine stabilito dal bando.
Il mancato rispetto del termine e il carattere perentorio del termine
stesso sono incontestabili. Lo studente non aveva rispettato una
clausola del bando e, tuttavia, la sola visione delle date in cui il
provvedimento di revoca era stato adottato e consegnato
all'interessato e della rilevante entita' della cifra chiesta in
restituzione lasciavano trasparire una gestione delle borse di studio
caratterizzata da comportamenti ritardati o irregolarmente compiuti,
dei quali solo lo studente veniva chiamato a pagarne le conseguenze.
Ritenni pertanto necessario intervenire a tutela di un diretto
interesse dello studente in riferimento a comportamenti ritardati o
comunque irregolarmente compiuti da parte di servizi e uffici
dell'azienda (art. 2, comma 1, L.R. n. 25 del 2003).
Il comportamento dell'Amministrazione, a questo punto, meritava di
essere indagato alla luce del seguente fatto: allo studente M.M.,
nonostante la sua irregolare iscrizione in graduatoria, erano stati
erogati 1914,70 Euro, che egli aveva speso per le normali esigenze
della vita e dello studio. Dopo di che, con enorme ritardo, gli erano
stati revocati i benefici ricevuti e gli era stata intimata la
sollecita restituzione di una somma ragguardevole, di cui lo studente
non aveva l'immediata disponibilita' e che gli era difficile
procurarsi. Si aggiunga che in base a una convenzione tra azienda e
universita' - in palese violazione dell'art. 34 della Costituzione in
quanto introduce una irragionevole limitazione al diritto allo
studio, nonche' in violazione di fondamentali diritti individuali -
la conclusione degli studi e' subordinata al soddisfacimento di
presunti diritti di credito. Era dunque evidente che lo studente
stava subendo un danno ingiusto, a prima vista almeno in senso
sostanziale. Si concorre ai benefici previsti per il diritto allo
studio e si puo' essere o non essere ammessi a beneficiarne. Ma
essere ammessi, ricevere i benefici, utilizzarli e doverli poi
restituire e' ben altro, e' un danno grave, che si subisce per colpa
dei ritardi e delle inefficienze dei servizi e uffici competenti,
quindi un danno ingiusto. Se poi questi soldi, a causa dei notevoli
ritardi con cui vengono eseguiti gli accertamenti, non sono
utilizzati per rendere effettivo il diritto allo studio a favore di
altri studenti, ma finiscono per costituire un risparmio per
l'azienda, allora si produce un vulnus al principio costituzionale
sancito dall'art. 34 Cost., si ha un fallimento del progetto
costituzionale che vuole rendere effettivo il diritto allo studio,
assicurando ai capaci e meritevoli il diritto di raggiungere i gradi
piu' elevati degli studi, anche se privi di mezzi.
Per dare l'idea della grave patologia delle procedure adottate per la
gestione del diritto allo studio nell'azienda basti rilevare che sono
state revocate 39+273 posizioni, per un ammontare complessivo di
361.895,74 Euro. E' il dato che ricavo dalla determinazione del
direttore generale della stessa azienda del 29/7/2004, da cui deduco
che soltanto in tale data l'azienda si accorge di aver erogato
361.895,75 Euro a concorrenti non in possesso dei requisiti di legge.
E' facile dedurre che gli accertamenti vengono eseguiti con notevoli
e ingiustificati ritardi, con conseguenze gravissime a carico degli
stessi studenti e in particolare della gestione dei benefici per il
diritto allo studio, essendo probabile che poi sia mancato il tempo
per convertire tale ingente somma a favore di studenti in regola.
I dati relativi all'iscrizione sono agli atti degli uffici dall'1
gennaio 2004, quelli relativi al merito dall'agosto 2003, quelli
relativi al reddito, infine, risultano prima del 31 dicembre 2003 da
autocertificazioni contestuali alle domande per la concessione dei
benefici. Il procedimento, con la temporizzazione delle sue varie
fasi, e' minutamente descritto nelle Norme generali del bando di
concorso, ma i tempi previsti per effettuare gli accertamenti
risultano lungamente disattesi senza alcuna ragione, tanto piu' che
ho potuto accertare che gli accertamenti in altre sedi universitarie,
tra cui quella di Roma, vengono compiuti in tempi strettissimi.
Sulla base di queste considerazioni di fondo e di una larga serie di
considerazioni giuridiche esposte al direttore dell'azienda - e non
potendo esercitare piu' estesi e penetranti poteri di indagine sulla
gestione del procedimento amministrativo - chiedevo di riesaminare e
rivedere il provvedimento. Ricevetti una risposta del tutto elusiva,
che non prendeva in considerazione una sola delle mie osservazioni e
si limitava a ripetere che la revoca era stata disposta a causa della
tardiva iscrizione, per cui dovetti replicare in altri termini e
altra forma, aggiungendo ulteriori considerazioni.
Considerando, d'altra parte, che la difesa civica deve aver riguardo
soprattutto all'attivita' amministrativa piuttosto che al singolo
atto - anche se la vigente normativa preclude al Difensore civico o
gli crea difficolta' nel procedere in questa direzione -, indirizzai
le mie considerazioni, per conoscenza, all'assessore regionale alla
scuola, formazione professionale, universita', lavoro e pari
opportunita', al presidente dell'azienda regionale, al magnifico
rettore dell'universita' di riferimento e al garante dello studente,
perche' fossero informati della criticabile gestione del procedimento
amministrativo e valutassero l'opportunita' di adottare i
provvedimenti che fossero stati ritenuti necessari ed opportuni per
garantire una gestione amministrativa piu' efficiente. Con
discrezione avevo rappresentato l'esigenza che le varie fasi del
procedimento fossero definite piu' precisamente con determinazione di
termini e di responsabilita'.
Sulla mia replica al direttore dell'azienda e' intervenuto il
presidente dell'azienda per chiudermi la porta in faccia. Mi
comunicava, infatti, che aveva chiesto al direttore di non rispondere
alla mia seconda lettera, perche' la questione era gia' stata
trattata e definita in sede tecnica con la prima risposta. Ma poi
tornava egli stesso sui presunti esaustivi aspetti tecnici, e cioe'
sull'unico motivo della tardiva iscrizione, che, come e' evidente, e'
un aspetto del tutto irrilevante ai fini della valutazione della
questione. Il presidente dell'azienda si e' dunque inserito, in
violazione del principio di separazione e autonomia
dell'amministrazione, in un intervento del Difensore civico nei
confronti del direttore dell'azienda, del funzionario che e' l'unico
ed esclusivo responsabile del provvedimento oggetto di difesa civica
e ha "chiesto" al direttore di non dare piu' corso al mio intervento.
Se la difesa civica e' una "magistratura di persuasione", io ero
ancora impegnato a "persuadere" e, a questo scopo, a chiarire, a
meglio argomentare e a stabilire un proficuo colloquio col direttore
dell'azienda, ma il mio impegno e' stato stroncato dal presidente
dell'azienda.
Preso atto di quest'inaccettabile comportamento, disposi
l'archiviazione del fascicolo e mi riservai di riferire all'ufficio
di presidenza del consiglio regionale, in sede di relazione annuale,
dando il risalto che la rilevanza e la gravita' della questione
meritano.
Il problema giuridico non verte sulla tardiva iscrizione: senza
dubbio lo studente non avrebbe dovuto essere incluso nella
graduatoria finale. Ma si da il caso che una formale graduatoria
finale non e' stata approvata e che allo studente siano state pagate
rate della borsa di studio. Il problema concerne la gestione del
diritto allo studio, rispetto alla quale il caso dello studente M.M.
e' un sintomo di una generale inefficienza, non un fatto su cui
intervenire con un provvedimento di autotutela, il quale - ove ne
ricorrevano le condizioni, che, secondo me, non ricorrevano - avrebbe
dovuto colpire il provvedimento di concessione dei ratei della borsa
di studio.
Messo a fuoco il problema, avevo fatto presente quali circostanze
avevano determinato la tardiva iscrizione, chiarendo peraltro che
tali circostanze non giustificavano il ritardo nell'iscrizione,
benche' anche di esse bisognava tenere debito conto, in un contesto
di piu' ampie considerazioni, al momento dell'adozione del
provvedimento di revoca. Lo studente di cui si tratta e' un
extracomunitario sordomuto e non ha una buona conoscenza della lingua
italiana; la tardiva iscrizione e' dovuta a un equivoco comunicativo
dovuto a tali handicap e al cambio di procedura per concorrere
all'assegnazione delle borse di studio; nelle poche decine di giorni
di ritardo della sua iscrizione ha sostenuto quattro esami con buon
profitto.
La revoca concludeva un procedimento preordinato allo svolgimento di
un'attivita' amministrativa, che avrebbe dovuto tendere a soddisfare
in pieno il principio di buon andamento della pubblica
amministrazione stabilito dall'art. 97 Cost., e in particolare, per
quanto riguarda il diritto agli studi universitari, a rendere
effettivo tale diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e
altri assegni (art. 34 Cost. e relative leggi statali e regionale
d'attuazione). Per rendere effettivo il diritto occorre svolgere
ordinatamente, correttamente e nei tempi dovuti le varie fasi del
procedimento amministrativo. Nel caso in questione, la gestione non
corretta del procedimento amministrativo ha compromesso
l'effettivita' del diritto e tuttavia le conseguenze si sono
scaricate solo sullo studente. Non sorge il dubbio che ci sia
qualcosa da rivedere nell'andamento dell'attivita' amministrativa?
Che la revisione di 312 posizioni per circa 362.000 Euro sia un
segnale allarmante?
Com'e' noto la Legge 2 dicembre 1991, n. 390 (Norme sul diritto agli
studi universitari) prevede che Stato, Regioni e universita',
nell'ambito delle proprie competenze, attuino interventi per favorire
il diritto agli studi universitari. In particolare, allo Stato
spettano l'indirizzo, il coordinamento e la programmazione degli
interventi in materia; le Regioni attivano gli interventi volti a
rimuovere gli ostacoli d'ordine economico e sociale per la concreta
realizzazione del diritto e le universita' organizzano i propri
servizi in modo da rendere effettivo e proficuo lo studio
universitario (art. 3).
La Regione Emilia-Romagna ha disciplinato il diritto allo studio
universitario con Legge n. 50 del 24 dicembre 1996, che prevede
interventi rivolti alla generalita' degli studenti e servizi
attribuibili per concorso e sovvenzioni straordinarie. Possono
partecipare al concorso gli studenti che abbiano i requisiti previsti
dall'apposito bando (art. 10, comma 3).
L'iscrizione a un corso universitario e' ovviamente condizione per la
concessione dei benefici previsti (lapalissianamente: chi non e'
iscritto non ha diritto) ed e' prescritto dal bando che l'iscrizione
debba (doveva) essere effettuata entro il 31/12/2003, esclusivamente
allo scopo di accedere ai benefici previsti, giacche' dopo
l'iscrizione, per cosi' dire, normale puo' essere effettuata anche
dopo tale termine, salvo a pagare un diritto di mora.
Le Norme generali dei bandi di concorso per l'anno accademico
2003/2004 delineano un procedimento per la concessione e l'erogazione
delle borse di studio e degli altri benefici previsti, che si
suddivide in quattro fasi, delle quali le prime devono (dovevano)
svolgersi entro il 31 dicembre 2003.
1) Presentazione delle domande e relativi termini di scadenza
(paragrafo 8.1).
2) Formazione e pubblicazione delle graduatorie provvisorie e
predefinitive (paragrafo 9.1). Tra la formazione e pubblicazione
delle graduatorie provvisorie e la formazione e pubblicazione delle
graduatorie predefinitive si inserisce un sub-procedimento
contenzioso: contro le graduatorie provvisorie possono essere
presentati ricorsi entro venti giorni dalla pubblicazione. Entro il
31 dicembre 2003 gli studenti interessati, come gia' detto, si
sarebbero dovuti iscrivere al proprio corso (paragrafo 7).
3) Accertamento dei requisiti di merito ed economici e della
regolarita' delle iscrizioni.
4) Formazione delle graduatorie definitive (nota 28 al paragrafo 9.1,
secondo cui le graduatorie definitive sono elaborate successivamente
agli accertamenti sui requisiti di merito e sulla regolarita' delle
iscrizioni).
Non sono previsti i termini entro i quali si sarebbero dovute
concludere queste due ultime fasi. Sottolineo questa omissione: non
appena il procedimento viene a interessare la discrezionalita'
dell'amministrazione lo scenario muta: niente termini e niente
responsabilita'.
Ho accertato che gli studenti idonei hanno avuto comunicazione, entro
il 31 dicembre 2003, della concessione dei benefici, a condizione che
dagli accertamenti fossero risultati confermati i requisiti di
reddito ed economici autocertificati e l'iscrizione e sono stati
avvertiti che i controlli sui requisiti di merito e sull'iscrizione
sarebbero stati effettuati dall'Universita' e quelli sui dati
economici dall'azienda.
Il paragrafo 11 delle citate Norme generali prevede come l'azienda
paga la borsa di studio e i contributi, ma non prevede quando paga.
I troppi silenzi nella definizione del procedimento ampliano la sfera
della discrezionalita' dell'amministrazione e favoriscono
comportamenti omissivi e arbitrari. Anche se, in base al principio di
buon andamento della pubblica amministrazione, deve ritenersi che le
suddette due ultime fasi (accertamento dei requisiti di merito ed
economici e della regolarita' dell'iscrizione) devono concludersi
entro termini ragionevoli per consentire l'efficiente e ordinata
erogazione dei benefici, in condizioni di certezza e di efficienza e,
quindi, quando tutti gli accertamenti sono stati compiuti, salvi, per
la ragione che diro' tra poco, gli accertamenti aggiuntivi al
campione concernenti il reddito. Un conto, infatti, e' non ricevere
sussidi, altro riceverli, usufruirne e doverli poi restituire,
peraltro, in tempi brevi. Se questo e' il risultato dell'attivita'
amministrativa, vuol dire che c'e' qualcosa che non va.
Significativamente il quarto comma del paragrafo 12 del bando
stabilisce che i controlli sui dati economici sono effettuati con
metodologia a campione che interessa almeno il 20% degli idonei, pur
non escludendo che in tempi successivi si proceda fino ad effettuare
il controllo su tutti gli idonei. Il senso di questa disposizione e'
chiarissimo: il controllo precede la formazione delle graduatorie
definitive e, per consentire il sollecito compimento di queste due
operazioni ed erogare i benefici previsti in tempi utili, e'
consentito un controllo a campione sulle condizioni economiche, in
quanto trattasi del controllo che presenta maggiori difficolta' di
attuazione, senza escludere che il controllo possa essere effettuato
successivamente (e cioe' successivamente alla formazione e
pubblicazione delle graduatorie definitive e all'erogazione dei
benefici, con eventuali conseguenze aventi carattere sanzionatorio,
il che e' ben giustificato giacche' verrebbero a colpire
dichiarazioni non veritiere se non false).
Ne consegue che, ad eccezione del controllo sui dati economici, i
controlli sui requisiti di merito e sull'iscrizione devono essere
effettuati prima della formazione e pubblicazione delle graduatorie
definitive e dell'erogazione dei benefici, tenuto anche conto che le
moderne tecnologie favoriscono e rendono veloce l'effettuazione di
tali controlli. Un controllo tardivo sarebbe in contrasto col
principio di buon andamento della pubblica amministrazione, perche' i
ritardi e le irregolarita' dell'attivita' amministrativa non possono
e non devono ritorcersi a danno dei diritti costituzionalmente
riconosciuti degli studenti. Il procedimento e' la forma del
provvedimento amministrativo - che fa registrare nel campo della
legislazione amministrativa un significativo progresso perche'
l'attivita' amministrativa sia efficace, efficiente e si svolga in
condizioni di massima trasparenza - e deve svolgersi correttamente e
in modo ordinato, altrimenti si risolve in una violazione del
principio di buon andamento della pubblica amministrazione.
Nel caso specifico la tardiva iscrizione e' stata accertata
("recepita" dice ambiguamente il provvedimento) dal direttore
dell'azienda regionale con determinazione n. 73 del 23 luglio 2004
(sette mesi dopo la scadenza del termine!) e comunicata
all'interessato con nota n. 18372 del 9 settembre successivo (due
mesi per spedire il provvedimento!), ben dopo l'erogazione dei
benefici. Le graduatorie definitive non risultano approvate. Si
tratta, quindi, di un provvedimento di autotutela, che richiede non
solo l'esistenza di un errore (in questo caso: un errore
dell'amministrazione, che non ha effettuato controlli regolari e
tempestivi), ma anche (e soprattutto) nell'esigenza di tutelare una
ragione di pubblico interesse. Tutto all'opposto, nel caso specifico,
a parte il danno causato allo studente in particolare stato di
difficolta', cio' che viene offeso e' l'interesse pubblico,
costituzionalmente garantito, di rendere effettivo il diritto allo
studio con assegni ed altre provvidenze, che consentano ai capaci e
ai meritevoli, anche se privi di mezzi, di raggiungere i gradi piu'
alti degli studi (art. 34 Cost. cit.). Il diritto allo studio non e'
un quiz televisivo, che dispensa premi ai fortunati, giustamente
negati a coloro che danno la risposta dopo il suono del gong, facendo
risparmiare soldi all'azienda.
Compartecipazione dei familiari alle spese di assistenza sociale.
DDLgs 109/98 e 130/00
La questione puo' essere ricondotta al quesito se gli enti erogatori
di servizi di assistenza sociale a soggetti anziani o portatori di
handicap siano tenuti o meno a sostituirsi a chi versa in stato di
bisogno e non e' in grado di provvedere al proprio mantenimento.
Prevale pressoche' incontrastata sia in dottrina sia in
giurisprudenza la tesi negativa, alla quale ritengo di aderire sul
piano giuridico. Parrebbe, peraltro, che a questa tesi non si
atterrebbero gli enti locali della regione (e di altre regioni).
E' stato in primo luogo affermato che i decreti legislativi 109/98 e
130/00 non farebbero altro che confermare la disciplina civilistica
in materia di alimenti, visti gli abusi perpetrati dagli enti
erogatori. Sussiste, peraltro, un elemento di ambiguita' nel decreto
n. 130, la' dove si precisa (art. 2, comma 1) che la valutazione
della situazione economica del richiedente e' determinata "con
riferimento alle informazioni relative al nucleo familiare di
appartenenza". Ma e' agevole sostenere che la valutazione estesa ai
familiari deve necessariamente coordinarsi con il principio sopra
indicato, che e' enunciato in modo esplicito, per cui deve ritenersi
che se gli alimenti non venissero richiesti dall'assistito o i
parenti tenuti a corrisponderli non li versassero spontaneamente, nel
caso che l'assistito non li richiedesse l'ente erogatore non potrebbe
fare altro che riferirsi alle sole condizioni economiche
dell'assistito, nei confronti del quale potrebbe agire anche
esecutivamente ove avesse propri redditi magari cospicui. Peraltro,
la Cassazione, con qualche pronuncia (ad es. Cass. 16 marzo 2001, n.
3822) ha riportato inopinatamente in vita, dopo un lungo letargo, la
Legge 3 dicembre 1931, n. 1580 recante norme per la rivalsa delle
spese di spedalita' e manicomiali, che si reputava fosse stata
implicitamente abrogata dalle Legge 180/78 sulla chiusura dei
manicomi e dalla Legge 833/78 istitutiva del servizio sanitario
nazionale. Comunque, se tale legge non si considerasse abrogata gia'
anteriormente, essa deve ritenersi abrogata dal decreto n. 109, in
base al principio generale per cui la legge posteriore abroga quella
anteriore. Infatti la rivalsa non potrebbe riguardare le prestazioni
strettamente cliniche e sanitarie, ma solo quelle c.d. alberghiere di
permanenza e soggiorno nella struttura, ma queste si inquadrerebbero
sostanzialmente in quelle assistenziali di cui alla Legge 328/00 e
rientrerebbero, pertanto, nella previsione del decreto n. 109. Altro
aspetto del problema concerne il combinato disposto dell'art. 25
della Legge 328/00 e dell'art. 1, ultimo comma novellato, del decreto
n. 109, secondo cui per le prestazioni sociali fornite ai soggetti
con handicap grave e agli ultrasessantacinquenni non autosufficienti
si deve far riferimento esclusivamente alla loro situazione economica
personale (redditi e beni). Orbene, gli enti erogatori avrebbero
eccepito che questo disposto non sarebbe operativo in quanto l'art.
3, comma 2 ter del decreto n. 109 precisa, quanto alle prestazioni
sociali agevolate, erogate a domicilio o in ambiente residenziale, a
ciclo diurno o continuativo, rivolte ai suddetti soggetti, che le
disposizioni del decreto stesso si applicano nei limiti stabiliti da
altro decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri; e si
aggiunge che tale decreto non e' mai stato emanato (e non risulta
ancora emanato), per cui, fino alla emanazione di esso, non sarebbe
operante il principio di esclusione della possibilita', per gli enti
erogatori, di richiedere il pagamento delle rette ai parenti del
ricoverato. Ma anche in questo si sostiene agevolmente che si tratta
di un'interpretazione assolutamente infondata. Gia' prima
dell'intervento legislativo tale possibilita' era esclusa dalla
logica emergente dalla disciplina degli alimenti nel codice civile;
il decreto n. 109 non ha fatto altro che dare una sua corretta
interpretazione di una normativa precedente, non ha aggiunto nulla di
nuovo e dunque non vi e' certo bisogno di un ulteriore decreto per
precisare e specificare un principio gia' di per se' del tutto chiaro
e senza ambiguita'.
Questa ricostruzione della disciplina legislativa si scontra con
l'orientamento del tutto opposto degli enti erogatori e ha provocato
diversi interventi. Anche se talvolta la posizione degli enti
erogatori e' stata sostenuta con argomenti del tutto risibili,
ritengo che il conflitto chiama in causa due valori, rendendone
difficile la loro conciliazione: il rispetto del principio di
legalita' e il rispetto del principio di solidarieta'.
I difensori civici regionali, per quanto concerne gli interventi
posti in essere e di cui sono a conoscenza, hanno sostanzialmente
assunto la tutela del principio di legalita', ma non hanno potuto
mettere in atto azioni qualificabili come interventi di difesa civica
regionale in senso proprio, non avendone la competenza, che
appartiene ai difensori civici comunali. Si sono quindi mossi in due
direzioni: tentando di sensibilizzare, da una parte, l'interessamento
di livelli di governo aventi potere normativo o, dall'altra parte, di
agenzie di pressione ovvero esercitando direttamente, in un certo
qual modo, una forma di pressione, ad esempio promuovendo un
censimento tra i Comuni della regione per conoscere il loro
comportamento. Sono a conoscenza che, in un caso, avendone la
competenza, e' stato avviato un procedimento per esercitare un
provvedimento di intervento sostitutivo, ma ora, come e' noto, i
difensori civici non possono piu' esercitare tale potere, dichiarato
illegittimo dalla Corte Costituzionale con Sentenza n. 112 del 2004.
Un altro Difensore civico, rilevando le intime contraddizioni del
sistema, le ha segnalate al Parlamento, ritenendo che esse richiedano
necessariamente un intervento legislativo nazionale. A questa linea
mi adeguo con questa relazione.
Questo ufficio s'era pure indirizzato nella direzione di suscitare
l'interessamento del servizio sociale regionale, col quale si sono
avuti alcuni incontri, senza esito, ma di cio' mi rendo ben conto. I
funzionari regionali hanno fatto presente che la Regione non avrebbe
un potere di iniziativa (sul che concordo), stante nel caso in
questione la competenza degli enti locali. Semmai, a loro avviso,
una parziale soluzione poteva essere data dalla previsione del fondo
sociale europeo ex art. 46, L.R. 12/3/2003, n. 2, ma per la concreta
applicazione si sarebbe dovuta attendere la direttiva del Consiglio
regionale ex art. 49 legge citata. Anche se nutro sfiducia sulla
praticabilita' di questa soluzione, mi permetto di richiamare
l'attenzione della nuova legislatura.
Diritto di accesso
Numerose sono le richieste relative al diritto di accesso nei
confronti di amministrazioni d'ogni livello (statale, regionale e
locale), che pero' non danno luogo al ricorso formale previsto
dall'art. 25 della legge sul procedimento amministrativo, ma, per
essere generalmente presentate oltre il termine previsto per il
ricorso (sia al Difensore civico sia al Tar), richiedono di essere
trattate informalmente.
Puo' darsi che anche questo sia un indice idoneo a misurare il "peso"
effettivo del Difensore civico e sicuramente e' opportuno valutare
l'efficacia che esercita o puo' esercitare il ricorso formale. Al
quale (nell'ambito di un'ampia riforma della legge sul procedimento
amministrativo) la recentissima Legge 11 febbraio 2005, n. 15 ha
arrecato alcune modifiche.
Il quarto comma dell'art. 25 della legge sul procedimento
amministrativo, nel testo sostituito dall'art. 15 della Legge n. 340
del 24 novembre 2000, riconosce, nel caso che la richiesta di
accedere agli atti della pubblica amministrazione sia stata respinta
o sia stata accolta con differimento del diritto di accesso, la
facolta' di attivare un intervento del Difensore civico competente
prima di adire il giudice amministrativo. E' opinione comune che tale
disposizione avrebbe introdotto interessanti novita', ma non mi pare
contestabile che l'intervento del Difensore civico si riveli
praticamente inefficace. Il detto quarto comma e' ora stato
sostituito dall'art. 17, comma 1, lett. a) della Legge 15/05. Le
modifiche che riguardano il Difensore civico sono le seguenti: a) la
competenza del Difensore civico competente per ambito territoriale e'
limitata nei confronti delle amministrazioni comunali, provinciali e
regionali. Di conseguenza viene meno la competenza del Difensore
civico regionale nei confronti delle amministrazioni periferiche
dello Stato; b) Qualora il Difensore civico competente per ambito
territoriale non e' stato costituito, la competenza e' attribuita al
Difensore civico competente per l'ambito territoriale immediatamente
superiore. Di conseguenza, nella Regione Emilia-Romagna, si
"legittima" la competenza del Difensore civico regionale nei
confronti di molte amministrazioni comunali. c) Nei confronti degli
atti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato il
ricorso deve essere inoltrato presso la Commissione centrale per
l'accesso, istituita, ai sensi del (nuovo) art. 27 (v. art. 18 Legge
15/05), presso la Presidenza del Consiglio dei ministri. Peraltro, ai
sensi dell'art. 23, comma 3, Legge 15/05, le nuove disposizioni di
cui sopra hanno effetto dalla data di entrata in vigore del
regolamento, previsto dal comma 2, inteso a integrare o modificare il
vigente regolamento 352/92.
Per motivare questa affermazione analizzo la struttura del
procedimento.
Un soggetto, avendo interesse, presenta una motivata istanza di
accesso, la quale 1) puo' essere accolta in tutto o in parte, 2) puo'
essere accolta con differimento dell'accesso e, infine, 3) puo'
essere respinta a) con provvedimento emesso ad hoc
dall'Amministrazione o b) col semplice decorso di trenta giorni dalla
sua presentazione. (Il rifiuto, il differimento e la limitazione
dell'accesso, ai sensi del comma 3 dell'art. 25, sono ammessi nei
casi e nei limiti stabiliti dall'art. 24; la richiesta, inoltre,
s'intende respinta, ai sensi del comma 4, primo periodo, dell'art, 25
decorsi inutilmente trenta giorni dalla richiesta).
A questo punto il richiedente si trova di fronte a un bivio, potendo
1) presentare ricorso al tribunale amministrativo o 2) chiedere
l'intervento del Difensore civico.
Ricorso al tribunale amministrativo regionale. Contro le
determinazioni amministrative concernenti il diritto di accesso e nei
casi in cui l'intervento del Difensore civico risulti infruttuoso,
nel senso che sara' precisato piu' avanti, l'istante puo' ricorrere,
nel termine di trenta giorni, al Tribunale amministrativo regionale,
il quale decide in camera di consiglio entro trenta giorni dalla
scadenza del termine per il deposito del ricorso, uditi i difensori
delle parti che ne abbiano fatto richiesta. La decisione del TAR, ai
sensi del comma 5 dell'art. 25, e' appellabile, entro trenta giorni
dalla notifica della stessa, al Consiglio di Stato, il quale decide
con le stesse modalita' e negli stessi termini. In caso di totale o
parziale accoglimento del ricorso, il giudice amministrativo,
sussistendone i presupposti, ordina, ai sensi del comma 6,
l'esibizione dei documenti richiesti. Il ricorrente puo' stare in
giudizio personalmente, senza assistenza di Difensore, sia davanti al
TAR sia davanti al Consiglio di Stato, secondo quanto dispone il
comma 3 dell'art. 2 della Legge n. 205 del 2000.
Richiesta d'intervento del Difensore civico (art. 25, comma 4). Anche
l'intervento del Difensore civico puo' essere richiesto nel termine
di trenta giorni. In questo caso se il Difensore civico ritiene
illegittimo il diniego o il differimento, lo comunica al funzionario
che l'ha disposto. Costui, nei successivi trenta giorni:
1) puo' adottare un provvedimento con cui, revocando o annullando il
precedente diniego o differimento, accolga espressamente l'istanza di
accesso. L'intervento del Difensore civico si conclude con successo
solo in questo caso;
2) puo' serbare un silenzio significativo (silenzio-accoglimento) per
tutti i suddetti trenta giorni (il citato comma 4 dice che se il
funzionario che aveva disposto il diniego o il differimento non emana
il provvedimento confermativo motivato, l'accesso e' consentito). In
questo caso il silenzio serbato dall'amministrazione a seguito delle
censure formulate dal Difensore civico viene considerato ex lege
accoglimento dell'istanza di accesso, ma nella realta' questa fictio
juris esplica scarsa efficacia e costringe a ricorrere a ulteriori
procedure;
3) puo' emanare un provvedimento di conferma del rigetto totale o
parziale ovvero del differimento del rigetto. In questo caso il
soggetto interessato, entro trenta giorni dalla ricezione del
provvedimento confermativo, puo' adire il giudice amministrativo
(TAR), il quale decide secondo la procedura prima descritta. Il
termine di trenta giorni per presentare ricorso al TAR decorre dalla
data di ricevimento, da parte del richiedente, dell'esito della sua
istanza al Difensore civico.
L'intervento del Difensore civico si concreta, dunque, solamente
nella formulazione e comunicazione al funzionario responsabile delle
illegittimita' riscontrate, giacche' gli e' precluso l'esercizio di
poteri decisionali e coercitivi con efficacia nei confronti del
responsabile del procedimento. Questo e' un punto critico e, per il
vero, non e' mancato in dottrina chi l'ha segnalato, notando che la
complessa procedura prevista sara' probabilmente poco utilizzata (e,
in base all'esperienza dello scrivente, risulta in effetti poco
utilizzata), per due ordini di motivi. Il primo e' costituito dalla
mancanza di forme di coercizione per assicurare l'esecuzione del
silenzio-assenso formatosi dopo l'intervento del Difensore civico. In
secondo luogo le censure del Difensore civico possono essere messe
facilmente nel nulla con la semplice emissione di un provvedimento
motivato di conferma da parte della pubblica amministrazione. Non si
comprenderebbe quindi perche' i soggetti interessati dovrebbero
attivare interventi praticamente inefficaci di difesa civica, per
dover poi adire il giudice amministrativo al quale si sarebbero
potuti rivolgere sin dal primo momento. Si aggiunga poi che il
ricorso al giudice amministrativo, nonche' efficace, e' altrettanto
semplice quanto il ricorso al Difensore civico, attesa la celerita'
del giudizio camerale e la possibilita' data al soggetto interessato
di rappresentare personalmente le proprie ragioni senza l'assistenza
di Difensore.
L'osservazione in contrario secondo cui il ricorso al TAR potrebbe
essere scoraggiato dal fatto che questo contenzioso, potendosi sempre
sviluppare nel doppio grado e produrre quindi un certo danno, per lo
meno nel senso del rinvio nel tempo dell'effettivo accesso agli atti,
in primo luogo sembra avere scarso fondamento, giacche' il ricorso al
Difensore civico rischia di aprire un terzo grado di giudizio e, se
ne avesse, motiverebbe l'opportunita' del ricorso al Difensore civico
alla sola condizione che questo intervento abbia un apprezzabile
grado di efficacia. Si deve anche aggiungere, d'altra parte, che
l'operato del Difensore civico puo' essere di sostanziale ausilio per
i soggetti interessati ai fini dell'eventuale successiva proposizione
del ricorso al giudice amministrativo, perche' consente ai
ricorrenti, specialmente nei casi in cui non si avvalgano
dell'assistenza di un Difensore, di utilizzare i rilievi formulati
dal Difensore civico. Si deve inoltre considerare che i due ricorsi
non sono alternativi, per cui l'intervento del Difensore civico puo'
espletarsi anche in pendenza del ricorso giurisdizionale, potendo
giungere a conclusione positiva prima che questo si concluda. A
questo scopo e' utile l'informazione fornita ai soggetti che
richiedono l'intervento del Difensore civico, ma non basta.
Passando quindi alla fase propositiva, si ritiene che possano
articolarsi le seguenti tre proposte:
1) bisognerebbe curare una larga ed efficace informazione. A questo
scopo potrebbe essere opportuno disporre che i responsabili di
procedimenti devono comunicare al Difensore civico le richieste di
accesso agli atti amministrativi a loro rivolte, per consentire al
Difensore civico di indirizzare agli istanti opportune informative
sulle procedure che possono essere attivate in caso di diniego
all'accesso o differimento dello stesso;
2) sarebbe opportuna una integrazione della vigente normativa sul
Difensore civico, in base alla quale si faccia obbligo
all'amministrazione di recepire le censure del Difensore civico
ovvero, qualora non intenda farlo, di proporre ricorso al TAR. Si fa
presente in proposito che non si avrebbe un aggravio di spese per
l'amministrazione, giacche', ai sensi del citato comma 3
dell'articolo 1 della Legge n. 205 del 2000 l'amministrazione puo'
essere rappresentata e difesa da un proprio dipendente, purche' in
possesso della qualifica di dirigente, autorizzato dal rappresentante
legale dell'ente;
3) il richiedente l'accesso puo' proporre ricorso al TAR a
condizione che sia stato previamente adito il Difensore civico e
questo non abbia riscontrato profili d'illegittimita' nel
diniego/differimento/limitazione dell'accesso. Questa terza e ultima
proposta richiederebbe una integrazione alle disposizioni in materia
di giustizia amministrativa, magari della stessa Legge n. 205 del
2000 e darebbe maggiore efficacia e spessore all'intervento del
Difensore civico se fosse accompagnato dall'attuazione, da parte
della regione, della precedente seconda proposta.
Alcune risposte fornite con burocratica superficialita'
Segnalo ora alcuni casi di collaborazione fornita con burocratica
superficialita' tanto piu' rimarchevole in quanto proveniente da
istituzioni sanitarie quali due Policlinici della Regione.
Alla richiesta di chiarimenti su un reclamo concernente uno
spiacevole episodio di visita a un paziente gravemente ammalato (e
deceduto nei giorni successivi) mi fu risposto con la
rappresentazione di una condivisibile strategia di gestione degli
orari di visita ai pazienti, la cui efficacia veniva affidata ad una
discrezionalita' saggia e comprensiva dei risvolti umani e sociali
recati dalla malattia, ma senza nulla chiarire sull'episodio di cui
si trattava e neppure accennarvi, mentre, secondo quanto aveva
riferito la moglie del paziente, in quella occasione tale strategia
era stata del tutto ignorata. Alla risposta erano state allegate due
lettere non aventi alcuna attinenza col detto episodio, bensi'
riguardanti fatti diversi accaduti prima.
Analogamente, in relazione ad un esposto riguardante i tempi lunghi
di attesa per visite ed esami indirizzatomi dal Centro per la tutela
dei diritti del malato (CTDM) di Ferrara, al quale si erano rivolti
due cittadini di quella citta'. Ebbi in risposta una documentazione
che non corrispondeva per nulla al caso e alla mia richiesta di
chiarimenti. Lo feci presente addebitando il fatto a un disguido o
errore materiale di trasmissione e, in dettaglio, esposi nuovamente
il caso, specificando che cosa ritenevo opportuno conoscere e cosa,
invece, mi era stato risposto in modo del tutto non pertinente.
Questa mia seconda lettera non ha mai avuto risposta.
Altri casi
Indico ora sommariamente e indicativamente - e tralasciando quelli
che erano stati attivati anteriormente al 2003 - interventi svolti
nei confronti:
- della Direzione generale Ambiente e Difesa del suolo: circa la
manutenzione dell'argine di un canale; l'indizione di un'asta
pubblica per l'assegnazione di pertinenze idrauliche in precedenza di
competenza dell'Agenzia del demanio; l'asserita mancata
corresponsione dell'indennita' per una espropriazione per pubblica
utilita'; la formazione dell'albo dei tecnici acustici; la richiesta
di ripubblicare uno studio preliminare di impatto ambientale di una
bretella autostradale; la concessione di porzione di ex canale di
scolo; la realizzazione di un argine a protezione di abitazione
privata; la competenza regionale o comunale a provvedere alla
manutenzione e pulizia di un corso d'acqua;
- della Direzione generale Attivita' produttive, Commercio e Turismo:
circa il diritto di attivare o cedere i diversi rami di un'azienda);
- della Direzione generale Risorse finanziarie e strumentali: circa
una ripetizione di indebito pagamento; il pagamento del bollo auto;
l'esenzione di tasse automobilistiche per autoveicoli di interesse
storico; l'accesso al servizio di assistenza telefonica ACI
funzionante su numerazione telefonica e fax di tipo 199 a pagamento;
tasse di circolazione pagate in eccedenza; il rimborso di tasse
automobilistiche pagate in eccedenza;
- della Direzione generale Sanita' e Politiche sociali: circa il
trasferimento di una disabile da residenza psichiatrica a casa di
cura; il pagamento di ticket per un importo maggiorato; il mancato
inserimento di un disabile nella graduatoria ex L.R. 29/97 per
l'erogazione di un contributo per acquisto di un autoveicolo. Sempre
in materia di assistenza sanitaria, farmaceutica, veterinaria,
prevenzione, sanita', segnalo interventi in merito ad una richiesta
dell'ENPA rivolta ad una azienda Usl affinche' venissero tutelate le
persone che lavorano all'interno della struttura sia come dipendenti
che come volontari; alla fornitura di scarpe ortopediche da parte del
meccanico ortopedico di una azienda USL; al rilascio cartella clinica
incompleta da parte di una azienda Usl; a ritardo nella esecuzione di
un intervento da parte di un ospedale; a mancato rimborso quote
ticket;
- del Servizio Programmazione della Distribuzione commerciale: circa
l'erogazione dei contributi ex L.R. 41/97 concernente interventi nel
settore del commercio per la valorizzazione delle imprese minori
della rete distributiva;
- del Servizio Tributi: per il rimborso della tassa regionale per il
diritto allo studio, in seguito all'accesso ad un posto di borsa di
studio;
- della Azienda USL di Bologna (in ordine a inconvenienti igienici
rilevati in diversi condomini; a ritardi nella definizione di
procedimenti concernenti il riconoscimento di invalidita' civile;
all'inoltro all'Inps della pratica per l'erogazione della pensione di
invalidita' civile; al riconoscimento dell'indennita' di
accompagnamento);
- dell'Azienda USL di Ferrara in ordine a difficolta' e disguidi per
la scelta del medico di base; alla mancata risposta a una
Associazione per i diritti del malato a un esposto sul comportamento
di un sanitario nei confronti di un assistito;
- dell'Istituto Giovanni XXIII di Bologna per un esposto circa le
modalita' dell'assistenza prestata a un assistito e a mancata
informazione riguardo alle terapie applicate;
- di Consorzi di Bonifica in ordine alla determinazione o alla stessa
debenza di contributi consortili;
- dell'ACER Azienda Casa Emilia-Romagna in ordine a: ritardo nella
stipulazione dell'atto di acquisto di un locale da adibire ad
autorimessa; osservazioni in merito al piano di vendita degli
alloggi di edilizia residenziale pubblica e dei posti auto
pertinenziali; rivendicazione del diritto a ottenere il trasferimento
dell'alloggio a prezzo agevolato in considerazione della situazione
di profugo italiano rimpatriato dall'estero dell'esponente;
segnalazione della probabile presenza di amianto nell'immobile di
residenza; manutenzioni varie (di ascensore soggetto a frequenti
blocchi per infiltrazioni d'acqua nel pozzetto; di impianto elettrico
difettoso da anni; rifacimento dell'impianto elettrico fatiscente;
sostituzione tapparelle; impianto di riscaldamento; sostituzione
della vasca da bagno con piatto doccia, stante la condizione di
invalidita' di un componente il nucleo familiare;) rideterminazione
del canone di un alloggio di edilizia residenziale pubblica; cambio
alloggio; contribuzione alle spese di installazione impianto
servoscala; ritardi nella procedura di cessione di alloggi a favore
di assegnatari; decadenza assegnazione alloggio motivata con il
superamento delle condizioni di reddito del nucleo familiare.
Inoltre sono stati dati chiarimenti o espressi pareri su: invio
cartella esattoriale per mancato pagamento bollo auto; accordo della
Regione con i Comuni sopra i 50.000 abitanti per contenere
l'inquinamento; modalita' di ricorso contro verbale della Capitaneria
di porto; esenzione bollo auto per disabili; sanzione per esercizio
della pesca senza aver pagato la corrispondente tassa di concessione;
adozione cani; criteri circa la procedura selettiva per assunzione
CFL; valutazione titoli e formazione; sanzione per ritardato
pagamento di tasse automobilistiche; mancata risposta a richiesta di
informazioni relative a graduatoria conseguente pubblico concorso;
rinegoziazione mutuo agevolato; annullamento dello statuto della
Comunalia di Albareto; estinzione anticipata di mutuo agrario;
opportunita' di mezzi pubblici meno inquinanti e gratuiti; richiesta
di rimborso di contributo sanitario non dovuto; segnalata mancanza,
nella maggior parte delle case di cura private, di sale di
rianimazione.
Le conferenze dei difensori civici nazionale e regionale
Nel 2004 ho partecipato a Roma alle riunioni del 19 marzo, 30 aprile
e 17 settembre della conferenza dei Difensori civici regionali e
delle province autonome. Non ho potuto partecipare alla riunione del
17 dicembre, in cui sono stato sostituito dalla responsabile del
servizio dott.ssa Gloria Guicciardi. Nel corso di tali riunioni sono
stati discussi i seguenti argomenti: prospettive di collegamento con
il Me'diateur europe'en; forme di collegamento tra i difensori civici
regionali e locali; sussidiarieta' e convenzioni tra i difensori
civici regionali e gli Enti locali; deontologia del Difensore civico;
problema relazione annuale ed eventuali sintesi e/o griglie comuni;
problematiche relative agli statuti ed al controllo degli atti;
rapporti con i mass-media; collegamenti europei ed internazionali;
collegamenti con universita', centri studi, scuole di pubblica
amministrazione.
Inoltre, ho convocato tre riunioni del coordinamento dei Difensori
civici comunali e provinciali, previsto dall'art. 13 della legge
regionale, che si sono svolte presso il mio ufficio il 23 marzo, il
19 maggio e il 14 ottobre, discutendo i seguenti argomenti:
regolamento interno del coordinamento: esame del regolamento
approvato dal precedente Coordinamento e definizione delle eventuali
modifiche; competenze e poteri del Difensore civico; ampiezza e
liberta' di azione nell'ambito degli Enti locali di riferimento;
problematiche di interesse generale presentate ai Difensori civici
locali - valutazione del coordinamento; definizione delle linee di
intervento sul problema del pagamento delle rette di ricovero in
residenze assistenziali convenzionate degli anziani ultra
sessantacinquenni non autosufficienti.
Attivita' svolta nei confronti di Comuni convenzionati
Di questa attivita' tratto in modo specifico nelle relazioni a
ciascun consiglio comunale. Qui espongo i dati numerici essenziali,
indicando il numero delle pratiche aperte nel 2004 e quello,
complessivo e distinto per anno di apertura, delle pratiche
definite.
A Ravenna sono state aperte 101 pratiche e definite 102 di cui 78
aperte nel 2004, 17 aperte nel 2003, 5 aperte nel 2002, 1 aperta nel
2001 e 1 aperta nel 2000.
A Imola sono state aperte 26 pratiche e definite 25, di cui 19 aperte
nel 2004, 4 aperte nel 2003, 1 aperta nel 2002 e 1 aperta nel 2000.
A Castel San Pietro Terme sono state aperte 10 pratiche e definite
12, di cui 7 aperte nel 2004, 3 aperte nel 2003 e 2 aperte nel 2002.
A Crevalcore sono stati aperte 4 pratiche e definite 3, di cui 2
aperte nel 2004 e 1 nel 2003.
A Sant'Agata Bolognese sono state aperte 2 pratiche e ne e' stata
definita 1.
A Dozza e' stata aperta una pratica e ne e' stata definita 1.
A Zola Predosa sono state aperte 9 pratiche e definite 8, di cui 7
aperte nel 2004 e 1 nel 2003.
A Casalecchio di Reno sono state aperte 18 pratiche e definite 17, di
cui 5 aperte nel 2004 e 12 nel 2003.
A Pieve di Cento e' stata aperta e definita 1 pratica.
A Budrio sono state aperte 5 pratiche e ne e' stata definita 1.
A Borgo Tossignano e' stata aperta e definita 1 pratica.
A Fontanelice e' stata aperta e definita 1 pratica.
Attivita' svolta nei confronti dei Comuni non convenzionati
Nei confronti di Comuni non convenzionati, pur non avendo alcuna
competenza, sono stati esercitati interventi in spirito di leale
collaborazione, che hanno incontrato buona predisposizione da parte
delle amministrazioni. Sono state complessivamente aperte 85 pratiche
e ne sono state definite 119, di cui 72 aperte nel 2004, 36 nel 2003,
6 nel 2002, 3 nel 2001 e 2 nel 2000.
I principi sulla difesa civica affermati dal nuovo Statuto
Il nuovo Statuto della Regione Emilia-Romagna definisce i principi
relativi al Difensore civico nel Titolo VIII (Garanzie e controlli) -
non esistente nei due precedenti Statuti - il quale prevede La
consulta di garanzia statutaria (art. 69), il Difensore civico (art.
70), il garante regionale per l'infanzia e l'adoloscenza (art. 71) e,
infine, il controllo di gestione e l'integrazione della sezione di
controllo della Corte dei Conti (art. 72).
Il primo Statuto regionale del 1971 non aveva previsto la figura del
Difensore civico, che fu istituito con legge ordinaria solo nel 1984;
il secondo Statuto del 1989 l'aveva previsto all'art. 45 del Titolo
VI, concernente l'amministrazione regionale, limitandosi a dare
copertura statutaria all'istituzione della difesa civica, posta a
garanzia dei diritti e degli interessi dei cittadini, e a determinare
per linee generali compiti e modalita' d'intervento del Difensore
civico.
La diversa collocazione del nuovo Statuto non risolve, ma, anzi,
accentua, l'ambiguita' che rende incerta la natura dell'istituto,
oscillante, per l'appunto, tra organo di controllo e organo di
garanzia. Anche la Corte Costituzionale, con le citate sentenze
concernenti il potere sostitutivo del Difensore civico, rileva
incidentalmente tale incertezza, anche se, pur propendendo,
nell'ambito degli ordinamenti regionali presi in considerazione, per
la qualificazione del Difensore civico quale organo di controllo,
finisce tuttavia col non fornire indicazioni univoche in merito.
L'art. 70 del nuovo Statuto definisce il Difensore civico organo
autonomo e indipendente della regione e gli riconosce una propria
autonomia finanziaria e organizzativa. Stabilisce che il Difensore
civico e' posto a garanzia dei diritti e degli interessi dei
cittadini, nonche' delle formazioni sociali che esprimono interessi
collettivi e diffusi e svolge funzioni di promozione e stimolo della
pubblica amministrazione. Demanda, quindi, alla legge il compito di
determinare compiti, requisiti e modalita' d'intervento del Difensore
civico e stabilisce infine che il Difensore civico puo' segnalare
alle commissioni assembleari situazioni di disagio e di difficolta'
dei cittadini nell'applicazione di norme regionali.
Questa previsione e' certamente quella che assume in maniera piu'
spiccata il carattere di norma-cornice, sicche' si pone come
inderogabile l'esigenza di approvare una nuova legge d'attuazione dei
principi affermati. Contiene, peraltro, una norma concreta di grande
interesse, immediatamente operativa, quella la quale prevede che il
Difensore civico possa segnalare alle competenti commissioni
consiliari situazioni di difficolta' e di disagio dei cittadini in
merito all'applicazione di norme regionali e avanzare proposte per la
soluzione di tali problemi. In questo caso, ed e' questo che merita
di essere sottolineato, le commissioni sono tenute a pronunciarsi
sulle proposte del Difensore civico entro trenta giorni.
Il nuovo Statuto, infine, appare in linea con l' istituto
"consolidato" quale, come e' stato rilevato in sede di coordinamento
nazionale dei Difensori civici, si presenta nel diritto
internazionale e comunitario, dalla prima risoluzione dell'ONU che
nel 1946 invitava gli Stati membri ad istituire l'ombudsman, alla
risoluzione n. 48 della stessa Assemblea delle Nazioni unite del
dicembre 1993, che individua i parametri di autonomia ed indipendenza
dell'organo; dalla fondamentale risoluzione del Consiglio d'Europa n.
80/1999 che elenca puntualmente i principi generali cui gli stati
membri debbono ispirarsi nella disciplina del Difensore civico,
all'istituzione, nel 1995, del Mediatore europeo ed alla proposta di
costituzionalizzazione dell'organo nel nuovo progetto di Costituzione
europea. Tali documenti definiscono le caratteristiche fondamentali
dell'organo di tutela civica e le sue principali competenze,
precisando che la funzione del Difensore civico non e' solo quella di
assistere il cittadino, in un ottica eminentemente conciliativa (di
mediatore appunto), ma anche quella di stimolare l'Amministrazione ad
adottare comportamenti virtuosi, ad essere promotore di buona
amministrazione.
Il legislatore statutario di volta in volta mostra, dunque, un
crescente interesse per la difesa civica ma questa progressiva
attenzione e' rimasta finora scritta sulla carta. C'e' disarmonia tra
gli statuti e le leggi che regolano la difesa civica e tra le leggi e
loro concreta attuazione, in particolare tra le leggi e
l'organizzazione del servizio di difesa civica. Questo pessimismo e'
confermato dalla nuova legge sul Difensore civico n. 25 del 2003,
stranamente approvata mentre la commissione consiliare per la
revisione dello Statuto stava elaborando il nuovo testo statutario.
Eppure, mentre la nuova legge stabilisce, ribadendo un principio gia'
affermato dalla precedente legislazione, che "La Regione assicura al
Difensore civico, non sottoposto ad alcuna forma di dipendenza
gerarchica o funzionale, lo svolgimento della sua attivita' in
condizioni di autonomia, liberta', indipendenza, efficacia e provvede
a dotare gli uffici competenti delle adeguate risorse umane e
strumentali", nessuna di queste garanzie e' in effetti assicurata
alla difesa civica. Cosi' non fosse l'anno 2004 non sarebbe stato
l'annus horribilis, e mi auguro irripetibile, per la difesa civica
che e' stato.
Ne consegue che l'attuazione dei nuovi principi statutari richiede,
come prima cosa, una radicale riforma dell'istituto per una
attuazione di tali principi (e per definire il coordinamento con la
recente legge n. 9 del 2005 istitutiva del garante per l'infanzia,
giacche' la semplice previsione di cui all'art. 12, secondo cui il
garante per l'infanzia si avvale della struttura del Difensore
civico, e' una ingenua esorcizzazione del problema).
Il garante regionale per l'infanzia e l'adolescenza
Il nuovo Statuto prevede all'art. 71 anche l'istituzione del garante
regionale per l'infanzia e l'adolescenza col compito di garantire la
piena attuazione dei diritti e degli interessi, sia individuali che
collettivi, dei minori, istituto che, auspicavo, si sarebbe dovuto
attuare contestualmente con l'auspicata riforma della difesa civica.
L'istituzione del garante dei minori risponde a convenzioni
internazionali e nazionali e attualmente e' in discussione al senato
un ddl unificato che si prefigge di dare attuazione ai principi
affermati con le suddette convenzioni, istituendo un'autorita'
specializzata a livello nazionale e articolata a livello regionale.
L'impostazione statutaria, con la previsione del garante regionale
dei minori quale figura distinta dal Difensore civico, e' dunque in
linea con il disegno che si sta costruendo a livello nazionale e con
le esigenze di questa forma di tutela specializzata gia' prevista a
livello regionale con norma di rango statutario. Se, infatti, al
Difensore civico non sono precluse alcune forme di tutela dei minori
e degli adolescenti, occorre che al garante dei minori siano
attribuiti altri poteri concreti e specializzati. E mi pare che il
disegno di legge cui accennavo si muova in questa direzione.
Cio' premesso, segnalo che la conferenza nazionale dei difensori
civici regionali e delle province autonome ha approvato
recentissimamente un documento, di cui avrei riferito in questa
relazione se non fossi stato anticipato dall'approvazione della
legge. Quel documento, ferma restando l'impostazione dualistica delle
suddette due forme di tutela, auspicava che si potesse utilizzare il
servizio della difesa civica regionale per organizzare anche la
tutela dei minori, secondo moduli che possono essere variamente
concepiti dal legislatore. L'auspicio era suggerito soprattutto dalla
preoccupazione che una settorializzazione e frammentazione della
tutela non giurisdizionale potrebbe moltiplicare a cascata le
istituzioni di garanzia (garanti per i disabili, per gli anziani, per
i detenuti, per i candidati a concorsi pubblici, per l'ambiente; lo
statuto di uno dei comuni convenzionati prevede tredici forme di
tutela non giurisdizionale) e potrebbe indebolire ulteriormente
l'istituto della difesa civica, che non ha ancora acquistato peso e,
anzi, ne va perdendo.
E' ben vero che negli ordinamenti di vari Paesi europei la
settorializzazione esiste ma e' anche vero che in questi paesi
l'istituto della difesa civica e' forte e ben radicato. Perche' il
punto e' proprio questo: in Italia la difesa civica e' debole, non e'
penetrata nella nostra cultura istituzionale e, in questi ultimi
tempi, va indebolendosi ulteriormente e, almeno per ora, e' stata
archiviata ogni proposta di legge quadro statale sulla difesa civica,
mentre, per contro, come accennato, sono stati limitati i poteri del
Difensore civico in materia di accesso agli atti ex Legge 241/90
escludendone gli uffici periferici dello Stato.
Da questa situazione nasce la preoccupazione che processi di
settorializzazione della tutela non giurisdizionale, in un contesto
di debolezza istituzionale dell'Ombdusman in Italia, possano
contribuire ad accentrare il ruolo marginale del Difensore civico,
quando, invece, si dovrebbe valorizzare - come il nuovo Statuto
prevede tra gli obiettivi dell'azione regionale - quello che ha la
potenzialita' per divenire un grande istituto liberale a garanzia di
tutti i cittadini.
Infine, una rapida comparazione tra le due leggi istitutive del
Difensore civico e del garante per l'infanzia rivela differenze, di
cui non e' agevole rendersi conto, in ordine ai principi di garanzia
sanciti con maggiore enfasi per il Difensore civico; al coordinamento
col servizio col Difensore civico, cui ho prima accennato; alla
durata in carica, non legata alla durata della legislatura per il
Difensore civico e vincolata per il garante dell'infanzia; alla
prorogatio, non ammessa per il Difensore civico e ammessa per il
garante dell'infanzia, all'indennita' (per il Difensore civico la
nuova legge ha soppresso l'indennita' di residenza, mentre la legge
istituiva del garante per l'infanzia la prevede). Con la precedente
relazione, definendo la soppressione dell'indennita' un ossimoro
istituzionale, chiesi che venisse ripristinata a partire dal prossimo
Difensore civico. Prendo atto di un secondo ossimoro e chiedo una
parificazione di dignita' istituzionale, in un senso o nell'altro. Ma
ribadisco la richiesta della mia esclusione dall'eventuale ripristino
dell'indennita'.
IL DIFENSORE CIVICO
Antonio Martino