DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 30 dicembre 2004, n. 2773
Primi indirizzi alle Province per la gestione e l'autorizzazione all'uso dei fanghi di depurazione in agricoltura
LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Visti:
- il DLgs 27 gennaio 1992, n. 99 recante norme concernenti la
protezione dell'ambiente, in particolare del suolo,
nell'utilizzazione dei fanghi di depurazione in agricoltura, in
applicazione della Direttiva CEE 86/278 del Consiglio del 12 giugno
1986;
- il DLgs 5 febbraio 1997, n. 22 di attuazione della Direttiva
91/156/CEE sui rifiuti, della Direttiva 91/689/CEE sui rifiuti
pericolosi e della Direttiva 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti
di imballaggio;
- il DLgs 11 maggio 1999, n. 152 recante "Disposizioni sulla tutela
delle acque dall'inquinamento e recepimento della Direttiva
91/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane e
della Direttiva 91/676/CEE relativa alla protezione delle acque
dall'inquinamento provocato dai nitrati provenienti da fonte
agricola", come modificato dal DLgs 18 agosto 2000, n. 258;
- il DM 19 aprile 1999 "Approvazione del Codice di buona pratica
agricola" finalizzato alla maggiore protezione delle acque
dall'inquinamento da nitrati riducendo l'impatto delle attivita'
agricola attraverso una piu' attenta gestione del bilancio
dell'azoto, in accordo con la Direttiva 91/676/CEE in materia;
- il DM 6 novembre 2003, n. 367 "Regolamento concernente la
fissazione di standard di qualita' nell'ambiente acquatico per le
sostanze pericolose ai sensi dell'art. 3, comma 4 del DLgs 11 maggio
1999, n. 152";
- la L.R. 30 maggio 1997, n. 15 "Norme per l'esercizio delle funzioni
regionali in materia di agricoltura - Abrogazione della L.R. 27
agosto 1983, n. 34", con la quale sono state delegate alle Province,
fra l'altro, le competenze per il rilascio dell'autorizzazione
all'utilizzo dei fanghi in agricoltura ai sensi del DLgs 27 gennaio
1992, n. 99;
- la L.R. 25/00 "Incentivazione dell'uso della fertilizzazione
organica ai fini della tutela della qualita' dei suoli agricoli",
finalizzata a promuovere l'adozione di buone pratiche di gestione e
l'impiego di materiali organici nell'attivita' agricola al fine di
tutelare la qualita' dei suoli e di prevenire l'insorgere di
fenomeni o processi di degrado e di inquinamento ambientale;
- la deliberazione della Giunta regionale dell'Emilia-Romagna n. 736
del 16 aprile 1996 avente come oggetto l'adozione di criteri tecnici
e procedurali per il rilascio delle autorizzazioni per l'utilizzo dei
fanghi di depurazione in agricoltura ai sensi del DLgs n. 99 del
1992;
- la deliberazione del Consiglio regionale dell'Emilia-Romagna n. 570
dell'11 febbraio 1997 "Approvazione del Piano territoriale regionale
per il risanamento e la tutela delle acque - Stralcio per il comparto
zootecnico" e contenente le Norme tecniche di attuazione delle
disposizioni in materia di utilizzazione agricola degli effluenti di
allevamento nonche' la delimitazione delle zone vulnerabili ai sensi
della Direttiva 91/676/CEE in materia di protezione delle acque
dall'inquinamento provocato dai nitrati da fonte agricola;
- la deliberazione della Giunta regionale dell'Emilia-Romagna n. 1053
del 9 giugno 2003 "Direttiva concernente indirizzi per l'applicazione
del DLgs 11 maggio 1999, n. 152 come modificato dal DLgs 18 agosto
2002, n. 258 recante disposizioni in materia di tutela delle acque
dall'inquinamento";
- la L.R. n. 7 del 2004 "Disposizioni in materia ambientale,
modifiche ed integrazioni a leggi regionali" ed in particolare l'art.
52 che prevede, ai sensi dell'art. 6 del DLgs 99/92, l'emanazione di
un regolamento regionale per l'utilizzazione dei fanghi in
agricoltura;
- la deliberazione del Consiglio regionale n. 633 del 22 dicembre
2004 "Adozione del Piano regionale di tutela delle acque";
considerato che nelle more dell'adozione del regolamento regionale
diverse Province hanno individuato ulteriori limiti e condizioni,
peraltro tra loro diversi, sulla base dei quali rilasciare
l'autorizzazione allo spandimento dei fanghi di depurazione in
agricoltura;
preso atto che l'adozione di differenti regole e parametri sul
territorio regionale seppur rispondenti all'intento di offrire
maggiori tutele per la popolazione, per l'alimentazione e per i
prodotti agricoli, determini un'incertezza nei confronti dei soggetti
chiamati ad applicare e a far rispettare le regole;
richiamati l'articolo 4 della L.R. 15/97 e l'art. 14 della L.R. 21
aprile 1999, n. 3 "Riforma del sistema regionale e locale" che
prevedono che la Regione svolga le funzioni di indirizzo e
coordinamento delle funzioni conferite agli Enti locali;
ritenuto pertanto, nelle more dell'adozione del regolamento regionale
che disciplina l'utilizzazione dei fanghi di agricoltura, di emanare
primi indirizzi alle Province al fine di recuperare un'omogeneita' di
comportamento sul territorio regionale ed univocita' delle regole da
applicare in maniera da garantire da parte delle Province un
esercizio coordinato delle funzioni loro conferite;
considerato:
- che le strategie di gestione dei fanghi di depurazione devono
ispirarsi, in coerenza con le norme comunitarie, ai due fondamentali
principi dello "sviluppo sostenibile" e di "precauzione";
- che l'applicazione del principio di sostenibilita' risponde alla
necessita' di coniugare l'esigenza di applicare i fanghi al terreno a
beneficio dell'agricoltura con quella di evitare effetti nocivi sul
suolo, sulla vegetazione, sugli animali e sull'uomo;
- che il DLgs 152/99, all'art. 48, comma 1, dispone che i fanghi
devono essere riutilizzati ogni qualvolta cio' risulti appropriato e
che dall'insieme delle norme vigenti si desume il "favor" del
legislatore verso il riutilizzo dei fanghi in agricoltura;
- che l'applicazione del principio di precauzione richiede la
minimizzazione del potenziale rischio legato alle operazioni di
recupero dei fanghi attraverso una preliminare valutazione
scientifica della loro pericolosita';
- che l'impiego come fertilizzanti di fanghi prodotti dai processi di
depurazione delle acque reflue e' previsto dai codici di buona
pratica agricola ogni qual volta cio' sia reso possibile dalle loro
caratteristiche valutate in ragione del contenuto in elementi della
fertilita', in particolare dell'azoto, in sostanza organica e
presenza di sostanze inquinanti entro limiti prestabiliti;
- che gli approfondimenti tecnico scientifici di questi ultimi anni a
livello europeo e nazionale sulle questioni dell'utilizzo dei fanghi
in agricoltura ne mostrano da un lato l'importanza anche ambientale,
quale alternativa ad altre forme di smaltimento (discarica,
incenerimento, ecc.), dall'altro la conseguente necessita' di
definire una puntuale individuazione delle cautele da adottare per
prevenire i possibili rischi determinati dalla presenza di sostanze
inquinanti nei fanghi;
- che la documentazione tecnico-scientifica di settore elaborata a
livello di Commissione Europea nell'ambito del percorso di revisione
della Direttiva 86/278/CEE concernente la protezione del suolo
dall'utilizzo dei fanghi in agricoltura (Working Document on sludge -
III Draft del 27 aprile 2000), indica la necessita' di prevedere
valori limite per i fanghi non piu' limitati ai soli metalli pesanti
ma anche per altri composti organici tra cui i bifenili
policlorurati, le diossine ed i benzofurani, i composti alogenati,
gli ftlati;
- che la predetta documentazione, in accordo con la normativa
comunitaria in materia di rifiuti pericolosi, non fornisce
indicazioni circa i parametri ecotossicologici da prendere in
considerazione in sede di determinazione del grado di pericolosita'
dei fanghi, in quanto mancano i criteri di riferimento sia a livello
comunitario che internazionale;
- che l'Istituto Superiore di Sanita', con lettera del 7 ottobre
2004, prot. n. 0045882/AMPP/IA,12, ha comunicato che, ad oggi, sia a
livello internazionale che nazionale non e' stata definita alcuna
concentrazione limite da assegnare al parametro generico "Oli
minerali" al fine della classificazione dei rifiuti, pertanto si
dovra' fare ricorso a quanto e' riportato nella direttiva del
Ministero dell'Ambiente e Tutela territorio del 9 aprile 2002. A tal
proposito ad oggi tra le voci relative a sostanze ufficialmente
classificate come pericolose dalla Unione Europea compaiono 550
derivati del petrolio e del carbone, alcuni dei quali ascrivibili
alla famiglia degli oli minerali, con la loro relativa
classificazione di pericolo unicamente per quanto riguarda l'aspetto
della cancerogenicita'. In generale, tuttavia, si puo' affermare che
dal punto di vista tossicologico le caratteristiche di tossicita' e
in particolare la potenziale cancerogenicita' non sono attribuibili
ai componenti principali, bensi' alla presenza di alcune sostanze
assunte come "marker" di cancerogenicita'. Per poter classificare un
rifiuto con presenza di oli minerali, di cui non si conosce
puntualmente l'origine, con la caratteristica di cancerogeno, si
consiglia quindi di effettuare la ricerca dei markers: idrocarburi
aromatici a 4-6 nuclei condensati, Benzene, 1-3 Butadiene e
Benzo(a)pirene;
premesso inoltre che il DLgs 99/92:
- all'art. 3, comma 1, prevede che i fanghi di depurazione possono
trovare utilizzo in agricoltura qualora siano stati sottoposti a
trattamento per contenere o eliminare i possibili effetti igienico
sanitari, producano un effetto concimante e/o ammendante e correttivo
del terreno e non contengano sostanze tossiche e nocive e/o
persistenti, e/o bioaccumulabili in concentrazioni dannose per il
terreno, per le colture, per gli animali, per l'uomo e per l'ambiente
in generale;
- all'art. 6, comma 2, prevede che le Regioni stabiliscano ulteriori
limiti e condizioni di utilizzazione in agricoltura per i diversi
fanghi in relazione alle caratteristiche dei suoli, ai tipi di
colture praticate, alla composizione dei fanghi ed alle modalita' di
trattamento;
ritenuto di precisare che - secondo l'art. 57 del DLgs 22/97 - "ogni
riferimento ai rifiuti tossici e nocivi" (espressione rilevante
nell'ambito della classificazione dei rifiuti che veniva effettuata
sulla base del DPR 915/82) "si deve intendere riferito ai rifiuti
pericolosi" (la nuova classificazione dei rifiuti quale risulta dal
DLgs 22/97, sulla base delle norme comunitarie). La giurisprudenza
della Cassazione ha inoltre espressamente affermato che la disciplina
sui fanghi (DLgs 99/92) "opera un rinvio 'formale' alla disciplina
dei rifiuti e non un rinvio 'materiale' alla disciplina del DPR
915/82" (cfr. Cass., Sez. III, 3 luglio 2003). Ne consegue che il
divieto di utilizzare in agricoltura fanghi "tossico-nocivi" (vecchia
classificazione del DPR 915/82) deve oggi intendersi come divieto di
utilizzare fanghi "pericolosi" (nuova classificazione sulla base del
DLgs 22/97 e delle norme comunitarie);
dato atto che la pericolosita' del rifiuto, secondo la provenienza
ovvero la concentrazione delle sostanze contenute, e' determinata in
relazione alla destinazione finale del rifiuto e non al suo
riutilizzo in agricoltura ovvero agli effetti sulla produzione
agricola e la catena alimentare umana; a tutt'oggi sia a livello
comunitario che nazionale non e' stata messa a punto una metodologia
o criterio per poter classificare un rifiuto pericoloso o meno in
funzione del rischio ecotossico (caratteristica di pericolo H14);
ritenuto pertanto di dover individuare con riferimento al fango
parametri omogenei, di pericolosita', ecotossicita' e
bioaccumulabilita', da applicare sul territorio regionale;
considerato:
- che in mancanza di criteri tecnici-scientifici certi e
inoppugnabili che individuino conseguentemente ed in concreto i
contorni della nozione di fango pericoloso per l'utilizzazione in
agricoltura, occorre fare riferimento alla piu' qualificata (per il
contenuto) ed autorevole (per la fonte) letteratura nazionale e
soprattutto europea, e, particolarmente, alla documentazione
riferibile alla Commissione Europea in precedenza richiamata;
- che ai fini dei requisiti di idoneita' agricola dei fanghi di
depurazione il documento di riferimento e' rappresentato dal citato
DM 19 aprile 1999 di approvazione del codice di buona pratica
agricola che, nel definire le condizioni generali di utilizzo,
richiama la necessita' di adottare cautele in ragione della possibile
presenza delle sostanze inquinanti e della corretta gestione degli
elementi della fertilita', in particolare dell'azoto, che risulta
pienamente disponibile dal primo anno di applicazione;
ritenuto:
- che in mancanza di criteri e norme tecniche, nazionali ed europee,
per stabilire quando un fango di depurazione e' da ritenersi
"pericoloso", questa Regione ha provveduto a porre il problema
all'ordine del giorno della riunione interregionale del 23 settembre
2004 per la costituzione di un Tavolo tecnico Regioni - Ministeri
competenti, per fornire un'interpretazione condivisa delle
problematiche sopra descritte, anche per esigenza di uniformita' su
scala nazionale;
- che a tal fine, tenuto conto che la complessita' degli aspetti
tecnico-normativi legati all'uso dei fanghi coinvolge profili
ambientali, sanitari e agricoli, il giorno 11 novembre 2004 sotto il
coordinamento delle rispettive Regioni capofila (Regione Piemonte -
Regione Veneto - Regione Puglia) si e' svolto a Roma un incontro per
predisporre un documento unitario di lavoro;
- che in attesa che i lavori avviati su scala nazionale ed europea
forniscano gli indirizzi necessari, sia opportuno e necessario
fornire i primi indirizzi alle Province per definire criteri
gestionali e standard piu' restrittivi in anticipazione rispetto alle
decisioni nazionali ed europee, nel pieno rispetto del principio di
precauzione e di sicurezza delle produzioni agricole, fermo restando
che gli indirizzi formulati saranno rivisti in funzione
dell'evoluzione delle conoscenze scientifiche;
- che dette limitazioni e condizioni di utilizzo in agricoltura dei
fanghi di depurazione siano necessarie anche in ordine alla
salvaguardia e tutela delle acque sotterranee e superficiali nonche'
alla protezione dei suoli ai sensi dell'art. 6, comma 2 e dell'art.
12, comma 6 del DLgs 99/92;
- che in attuazione della citata L.R. 25/00 di incentivazione
dell'uso della fertilizzazione organica ai fini della tutela della
qualita' dei suoli agricoli, sia necessario promuovere l'adozione di
buone pratiche di gestione e l'impiego di materiali organici
nell'attivita' agricola al fine di tutelare la qualita' dei suoli e
di prevenire l'insorgere di fenomeni o processi di degrado e di
inquinamento ambientale;
- che sia necessario, in relazione alle diverse aree geografiche
della regione e con riferimento alle caratteristiche chimico -
fisiche e idrogeologiche del suolo e del sottosuolo, individuare
criteri omogenei per la determinazione di dette limitazioni e
condizioni al fine di garantire agli utilizzatori parita' di
trattamento a parita' di condizioni;
- che in attuazioni dei predetti principi e' da prevedere un rigoroso
sistema di gestione e controllo della filiera di utilizzo dei fanghi
dalla produzione all'applicazione al suolo, anche mediante l'adozione
di parametri analitici di maggiore tutela, al fine di garantire
l'utilizzo di fanghi di qualita';
ritenuto inoltre che per il conseguimento delle finalita' e degli
obiettivi in precedenza richiamati, ad integrazione di quanto gia'
previsto dal DLgs 99/92, e' necessario prevedere l'introduzione delle
seguenti condizioni e limitazioni di utilizzo dei fanghi di
depurazione, con le motivazioni specifiche di seguito indicate:
a) la valutazione preventiva di pericolosita' dei fanghi di
depurazione da destinare all'utilizzazione agricola. Tale
prescrizione, in capo al produttore dei fanghi prevede l'esecuzione
di protocolli analitici predefiniti con la determinazione, oltre che
dei metalli pesanti, anche di alcuni composti organici persistenti
pericolosi che ragionevolmente possono essere utilizzati allo scopo,
sulla base delle risultanze della letteratura scientifica europea ed
internazionale (ad esempio i bifenili policlorurati - PCB, gli
idrocarburi policiclici aromatici - IPA, i composti organici
alogenati - AOX). Con tale prescrizione, oltre a dare concreta
attuazione al principio comunitario di precauzione in ragione di
ragionevoli rischi che la stessa Commissione Europea attraverso la
documentazione scientifica di settore ha individuato nelle operazioni
di recupero, si verifica in concreto la condizione di non
pericolosita' dei fanghi prevista dall'articolo 3, comma 1 del DLgs
99/92. Detta condizione e' legata alla oggettiva possibilita' che le
sostanze pericolose derivanti dalle diverse attivita' umane e dai
settori produttivi siano scaricate nelle reti fognarie e si
accumulano, pertanto, nei fanghi di depurazione prodotti dagli
impianti trattamento delle acque reflue urbane;
b) il divieto di utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura
nelle stagioni autunno - inverno, di norma nel periodo 1 novembre
fine febbraio. In ragione delle proprieta' fertilizzanti dei fanghi
legate al loro contenuto in elementi nutritivi, in particolare
dell'azoto in buona parte in forma disponibile per le colture, detta
limitazione si giustifica con la necessita' di limitare le perdite di
azoto dal suolo all'ambiente (acque superficiali e sotterranee). A
tal fine e' opportuno distribuire il fango in tempi prossimi alla
presenza di una coltura in grado di assorbirlo e su terreni con un
contenuto di acqua non eccedente la loro capacita' di ritenzione.
Tale criterio peraltro e' ribadito dal Codice di buona pratica
agricola di cui al DM 19 aprile 1999, piu' volte richiamato. La
Commissione Europea (CE), (nota del 2002 - Brussels, ENV.B1 D(2202),
ritiene che occorra stabilire un periodo di divieto all'apporto di
fertilizzanti azotati. In una comunicazione del 2004 al Ministero
dell'Ambiente e della Tutela territorio, la CE stessa indica il
periodo novembre - febbraio quale periodo di norma da considerare per
l'Italia Settentrionale. Il periodo di divieto proposto discende
altresi' dagli esiti dei bilanci idroclimatici effettuati
periodicamente dalle strutture tecniche regionali (ARPA - Servizio
Meteorologico) che evidenziano come la concentrazione delle
precipitazioni nel periodo autunno - primaverile, che coincide con il
minore consumo idrico delle colture, determina in questa stagione
surplus idrici compresi tra 50 e 300 mm. L'acqua in eccesso puo'
infiltrarsi nel terreno o scorrere in superficie e raggiungere il
reticolo di scolo. Pertanto, a scala regionale si e' ritenuto
coerente individuare il periodo novembre - febbraio quale divieto
generale per l'intero territorio, consentendo, tuttavia, in
considerazione delle variabili climatiche e colturali di talune
aree, di derogare da tale disposizione;
c) l'obbligo per il soggetto utilizzatore di non effettuare
applicazioni continue di fanghi sugli stessi terreni per piu' di tre
anni e la conseguente messa a riposo degli stessi per ulteriori due
anni. Tale prescrizione, da considerarsi come ulteriore applicazione
del principio comunitario di precauzione in ragione di ragionevoli
rischi di possibile bioaccumulo nel suolo e nelle colture di sostanze
pericolose, soprattutto di metalli pesanti, risponde in prima istanza
all'esigenza di prevenire detta possibilita', attraverso il semplice
metodo della rotazione dei terreni;
d) il divieto di utilizzo in agricoltura dei fanghi di depurazione
prodotti dal trattamento delle acque reflue industriali, salvo quelli
derivanti dai settori produttivi individuati da uno specifico
allegato. Tale limitazione e' da mettere in relazione alla concreta
possibilita' che i fanghi di depurazione derivanti dal trattamento di
acque reflue industriali, in quanto connesse a processi produttivi
dai quali molto spesso hanno origine scarichi parziali
particolarmente inquinanti per le innumerevoli sostanze pericolose
che entrano nei predetti processi produttivi, possano risultare
particolarmente pericolosi se utilizzati in agricoltura, anche in
relazione alla oggettiva difficolta' di una loro completa ed
esaustiva caratterizzazione qualitativa. In questo ambito peraltro si
sta muovendo la stessa CE laddove nella richiamata documentazione
tecnico-scientifica di supporto alla revisione della direttiva
86/278/CEE, indica la necessita' di limitare l'utilizzo in
agricoltura ai soli fanghi di depurazione prodotti da acque reflue
derivanti da processi produttivi che in ragione della loro natura e
delle migliori tecniche utilizzate siano da considerarsi
intrinsecamente sicuri. Analogo criterio e' stabilito, peraltro,
dallo stesso DLgs 99/92 laddove, all'art. 2, comma 1, limita la
possibilita' di utilizzo in agricoltura dei soli fanghi derivanti
dalla depurazione delle acque reflue da insediamenti produttivi
assimilabili qualitativamente a quelli degli insediamenti civili. A
fronte di questi possibili rischi, in coerenza con il principio di
precauzione piu' volte richiamato, si e' ritenuto necessario indicare
in apposito allegato alla direttiva i settori produttivi che sulla
base delle attuali conoscenze tecnico - scientifiche sono da
considerarsi ragionevolmente sicuri sotto il profilo della potenziale
idoneita' dei fanghi di depurazione prodotti. In accordo al carattere
di provvisorieta' di detto criterio, in quanto legato all'evoluzione
dei dati scientifici e quindi alla necessita' di una periodica
revisione, e' stato previsto di rivedere entro un anno
dall'emanazione della direttiva detto allegato. Tale revisione dovra'
necessariamente tener conto sia della tipologia e delle
caratteristiche dei settori produttivi presenti in ambito regionale,
sia della effettiva applicazione delle migliori tecniche disponibili
ai singoli processi produttivi e della loro efficacia sotto il
profilo della riduzione / eliminazione delle sostanze pericolose
emesse nell'ambiente, anche attraverso i fanghi di depurazione
prodotti;
e) il divieto di utilizzare in agricoltura fanghi prodotti dalle
vasche settiche o dalle vasche tipo Imhoff a servizio di case sparse
o insediamenti isolati. Tale limitazione e' giustificata dal fatto
che tali fanghi per loro natura, cosi' come estratti dalle predette
vasche, non presentano le caratteristiche di sicurezza igienica
previste dalle vigenti norme, ma richiedono un ulteriore trattamento.
Per tale motivo e' previsto il loro invio agli impianti di
trattamento delle acque reflue urbane che consentono di effettuare
queste ulteriori operazioni. In tal senso peraltro si esprime anche
la CE nella documentazione tecnico-scientifica predisposta per la
revisione della citata direttiva 86/278/CEE;
f) il divieto di utilizzare in agricoltura fanghi prodotti da
impianti di depurazione di acque di scarico autorizzati anche al
trattamento di rifiuti ai sensi del DLgs 22/97, fatto salvo quanto
previsto per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane.
Tale limitazione e' da mettere in relazione alla concreta
possibilita' che i fanghi di depurazione derivanti da questi impianti
possano costituire fonte di pericolo qualora utilizzati in
agricoltura, in ragione della molteplicita' dei rifiuti trattati,
anche pericolosi, che inevitabilmente determinano l'accumulo di molte
sostanze pericolose nei fanghi di depurazione, dei quali non e'
oggettivamente possibile averne una completa ed esaustiva
caratterizzazione qualitativa. La mancata previsione di analogo
divieto per gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane che
smaltiscono anche rifiuti liquidi e' giustificato dall'insieme delle
condizioni e delle prescrizioni tecnico - impiantistiche e gestionali
previste dalle norme vigenti per queste tipologie di impianti
(decreto 6 novembre 2003, n. 367 in materia di sostanze pericolose e
direttiva regionale 1053/03), che consentono di ridurre i possibili
rischi connessi all'utilizzo dei fanghi di depurazione prodotti;
g) l'obbligo per il soggetto utilizzatore di disporre di sistemi di
stoccaggio dei fanghi di depurazione di adeguata capacita', in
ragione della quantita' di fanghi gestiti annualmente. In questo
ambito e' stato previsto il divieto d'uso di sistemi costituiti da
"lagoni" in terra battuta. Tale prescrizione, peraltro prevista
espressamente all'art. 12, comma 3 del DLgs 99/92 risponde sia
all'esigenza di ottimizzare al meglio la fase di gestione operativa e
di controllo dei fanghi lungo l'intera filiera dalla produzione
all'applicazione ai terreni, sia alla corretta gestione dei fanghi
stessi nel periodo di divieto di utilizzo. Tenuto conto che detti
impianti di stoccaggio dei fanghi sono soggetti alle disposizioni in
materia di rifiuti (DLgs 22/97), la direttiva al riguardo si limita a
fornire alcune indicazioni circa la capacita' di stoccaggio e le
cautele da adottare. In questo ambito rientra il divieto di usare
sistemi di stoccaggio in terra battuta, i cosiddetti "lagoni". Detti
sistemi, infatti, destinati in origine allo stoccaggio dei liquami
zootecnici, non possono per loro natura soddisfare i requisiti di
funzionalita' e sicurezza richiesti per queste tipo di strutture
(facilita' di accesso per i mezzi di carico e scarico, installazione
di sistemi di protezione dei fanghi dalle acque meteoriche, ecc.);
h) il divieto di utilizzo dei fanghi di depurazione in terreni
situati a distanze inferiori a 100 metri dal perimetro dei centri
abitati. Tale limitazione e' motivata dalla necessita' di limitare e
contenere il possibile disagio per la popolazione delle aree
limitrofe ai terreni utilizzati per lo spandimento dei fanghi. Dette
operazioni, infatti, quantunque i fanghi utilizzati ai sensi del DLgs
99/92 debbano essere stabilizzati per ridurne il loro potere
fermentiscibile, per loro natura nel periodo che intercorre fra la
fase di deposito sui terreni e quella di spandimento e successivo
interramento possono causare emanazione di odori e sviluppo di
insetti. Detti fenomeni sono altresi' favoriti dalle alte temperature
che caratterizzano di norma i maggiori periodi di spandimento: tarda
primavera ed estate. Per il contenimento di tali fenomeni la
direttiva fissa in 24 ore il tempo entro il quale deve essere
effettuato l'interramento del fango, dopo la fase di deposito sui
terreni che non puo' protrarsi per piu' di 48 ore;
dato atto:
- che in data 12 giugno 2003 la Direzione generale Ambiente e la
Direzione generale Agricoltura hanno intrapreso una iniziativa
congiunta per aggiornare i criteri di attuazione del DLgs n. 99 del
1992, attraverso uno specifico Gruppo di lavoro;
- che di tale Gruppo di lavoro hanno fatto parte le Province e le
Sezioni provinciali di ARPA che attraverso i propri collaboratori
hanno fornito un contributo fattivo all'elaborazione dei presenti
indirizzi;
ritenuto pertanto opportuno e necessario, per le motivazioni
precedentemente esposte, di adottare specifici indirizzi al fine di:
A) fornire indicazioni circa l'utilizzo dei fanghi di depurazione in
agricoltura al fine di prevenire possibili fenomeni di contaminazione
del suolo e/o inquinamento delle acque ed evitare effetti dannosi
sull'uomo, sugli animali e sulla vegetazione, favorendone nel
contempo la corretta utilizzazione;
B) dettare disposizioni, ai sensi dell'art. 6 del DLgs 27 gennaio
1992, n. 99, in merito ai seguenti aspetti: - modalita' del sistema
autorizzativo; - condizioni di utilizzo dei diversi tipi di fanghi in
relazione alla loro composizione, alle modalita' di trattamento, alle
caratteristiche dei suoli, alle dosi applicabili ed agli strumenti
da adottare per garantire la corretta utilizzazione agronomica dei
medesimi sulla base delle colture praticate nonche' le ulteriori
limitazioni e divieti di utilizzo, fermo restando quanto previsto
dagli articoli 3 e 4 del decreto; - modalita' e procedure per
garantire un corretto flusso informativo verso il Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del territorio;
dato atto del parere di regolarita' amministrativa espresso dal
Direttore generale Ambiente Difesa del suolo e della costa e dal
Direttore generale Agricoltura ai sensi dell'art. 46, secondo comma
della L.R. 43/01 e della deliberazione di Giunta regionale 447/03;
su proposta dell'Assessore all'Agricoltura, Ambiente e Sviluppo
sostenibile;
a voti unanimi e palesi, delibera:
1) di approvare, per le motivazioni espresse in premessa che qui si
intendono integralmente richiamate, i "Primi indirizzi alle Province
per la gestione e l'autorizzazione all'uso dei fanghi di depurazione
in agricoltura" secondo il documento in allegato, il quale e' parte
integrante e sostanziale del presente provvedimento, per il
conseguimento delle seguenti finalita':
A) fornire indirizzi circa l'utilizzo dei fanghi di depurazione in
agricoltura al fine di prevenire possibili fenomeni di contaminazione
del suolo e/o inquinamento delle acque ed evitare effetti dannosi
sull'uomo, sugli animali e sulla vegetazione, favorendone nel
contempo la corretta utilizzazione;
B) dettare disposizioni, ai sensi dell'art. 6 del DLgs 27 gennaio
1992, n. 99, in merito ai seguenti aspetti: - modalita' del sistema
autorizzativo; - condizioni di utilizzo dei diversi tipi di fanghi in
relazione alla loro composizione, alle modalita' di trattamento, alle
caratteristiche dei suoli, alle dosi applicabili ed agli strumenti
da adottare per garantire la corretta utilizzazione agronomica dei
medesimi sulla base delle colture praticate nonche' le ulteriori
limitazioni e divieti di utilizzo, fermo restando quanto previsto
dagli articoli 3 e 4 del decreto; - modalita' e procedure per
garantire un corretto flusso informativo verso il Ministero
dell'Ambiente e della Tutela del territorio;
2) di stabilire che le Province, entro 60 giorni dall'entrata in
vigore del presente atto, provvedano ad informare i titolari delle
autorizzazioni in essere all'utilizzo dei fanghi di depurazione circa
gli obblighi ed i tempi di adeguamento alle nuove disposizioni
nonche' delle procedure e delle modalita' per la revisione delle
predette autorizzazioni;
3) di stabilire altresi' in un anno dall'entrata in vigore del
presente provvedimento il termine entro il quale la Regione e' tenuta
a rivedere l'elenco dei settori produttivi con produzione di fanghi
di depurazione potenzialmente idonei all'utilizzo in agricoltura,
riportati all'Allegato 2 degli indirizzi di cui al punto 1;
4) di fissare in quindici giorni dalla data di pubblicazione del
presente atto nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia- Romagna,
l'entrata in vigore del presente provvedimento;
5) di pubblicare il presente provvedimento nel Bollettino Ufficiale
della Regione Emilia-Romagna.
(segue allegato fotografato)