SENTENZA 7 giugno 2004, n. 166
Sentenza nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione Emilia-Romagna 1 agosto 2002, n. 20 (Norme contro la vivisezione)
CORTE COSTITUZIONALE
In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai
signori:
Gustavo Zagrebelsky, Presidente; Valerio Onida, Carlo Mezzanotte,
Fernanda Contri, Guido Neppi Modona, Piero Alberto Capotosti,
Annibale Marini, Franco Bile, Giovanni Maria Flick, Francesco
Amirante, Ugo De Siervo, Romano Vaccarella, Paolo Maddalena, Alfio
Finocchiaro, giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Emilia-Romagna 1 agosto 2002, n. 20 (Norme contro la vivisezione),
promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri,
notificato il 30 settembre 2002, depositato in Cancelleria l'8
ottobre 2002 ed iscritto al n. 64 del registro ricorsi 2002;
visto l'atto di costituzione della Regione Emilia-Romagna;
udito nell'udienza pubblica dell'11 novembre 2003 il Giudice relatore
Ugo De Siervo;
uditi l'avvocato dello Stato Maurizio Fiorilli per il Presidente del
Consiglio dei Ministri e l'avvocato Giandomenico Falcon per la
Regione Emilia-Romagna.
Ritenuto in fatto
1. Con ricorso notificato il 30 settembre 2002 e depositato l'8
ottobre 2002 , il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato
la legge della Regione Emilia-Romagna 1 agosto 2002, n. 20 (Norme
contro la vivisezione).Secondo quanto esposto dall'Avvocatura
generale dello Stato, la legge impugnata vieterebbe nel territorio
regionale ogni attivita' di allevamento, utilizzazione o cessione a
fini di ricerca, di cani e di gatti, prevedendo sanzioni in caso di
violazione di tale precetto. Essa vieterebbe inoltre di vivisezionare
qualsiasi animale a fini didattici, ad eccezione dei casi previsti da
appositi, e preventivi, accordi stipulati con istituti scientifici ed
universita'.
La difesa erariale sostiene che la legge censurata inciderebbe sulle
materie della ricerca scientifica e della tutela della salute, che
l'art. 117, terzo comma, Cost. attribuisce alla potesta' legislativa
concorrente dello Stato e delle Regioni. La legge n. 20 del 2002
della Regione Emilia-Romagna, ad avviso dell'Avvocatura, eccederebbe
i limiti imposti alla competenza legislativa regionale, in
particolare poiche' l'art. 2, vietando in modo indiscriminato nel
territorio della regione Emilia-Romagna le attivita' indicate dalla
legge, contrasterebbe con il decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.
116 (Attuazione della direttiva 86/609 CEE in materia di protezione
degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini
scientifici). Tale decreto, nel recepire la direttiva 86/609/CEE del
Consiglio del 24 novembre 1986 (Direttiva del Consiglio concernenti
il ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e
amministrative degl Stati membri relative alla protezione degli
animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri fini specifici),
individuerebbe il fondamento e i limiti della sperimentazione ammessa
sugli animali a scopi scientifici. Inoltre, la legge regionale
potrebbe ostacolare l'attivita' di sperimentazione ammessa in ambito
europeo, cosi' determinando la violazione della normativa comunitaria
in materia.
La normativa impugnata, inoltre, contrasterebbe con l'art. 117,
secondo comma lettera l), Cost., in quanto, nel prevedere sanzioni
amministrative per la violazione delle disposizioni in essa
contenute, violerebbe la competenza esclusiva statale in materia di
ordinamento civile. Secondo la difesa erariale, infatti, la Corte
avrebbe costantemente affermato il principio secondo cui la potesta'
di sanzionare eventuali illeciti amministrativi seguirebbe i medesimi
criteri di distribuzione delle competenze statali cui le sanzioni si
riferiscono.
2. Si e' costituita in giudizio la Regione Emilia-Romagna,
limitandosi a chiedere che la Corte respinga il ricorso perche'
inammissibile, oltre che infondato, e riservandosi di esporre i
motivi delle proprie richieste in separata memoria.Ha presentato atto
di intervento fuori termine l'ENPA - Ente nazionale per la protezione
degli animali.
3. In data 14 gennaio 2003, in vista dell'udienza pubblica fissata
originariamente per il successivo 28 gennaio, l'Avvocatura generale
dello Stato ha presentato una memoria, sviluppando ulteriormente le
proprie argomentazioni.
In particolare, nella memoria si sostiene, in primo luogo, che la
legge regionale violerebbe il primo comma dell'art. 117 Cost., e cio'
in quanto non rispetterebbe la normativa posta dall'ordinamento
comunitario in materia e recepita dalla legislazione italiana.
Infatti, mentre la direttiva europea fisserebbe "regole fondamentali,
tali da ridurre al minimo le sofferenze e gli abusi nei confronti di
animali allevati od utilizzati a scopo sperimentale" e mentre la
disciplina nazionale di attuazione, pur senza porre un divieto
assoluto agli esperimenti, aggiungerebbe "ulteriori elementi di
rafforzamento della tutela degli animali", la disciplina regionale
porrebbe in essere "un divieto generalizzato di allevamento, utilizzo
e cessione di cani o gatti a fini di sperimentazione", nonche'
dell'utilizzo di "pratiche di vivisezione a scopo didattico su
qualunque tipo di animale", prevedendo in materia anche "sanzioni
amministrative pecuniarie di rilevante entita'".
Viene inoltre messa in evidenza anche la previsione del secondo comma
dell'art. 1 della legge in questione - previsione definita
paradossale dal ricorrente - secondo la quale, a fronte
dell'insuperabile divieto di vivisezione a scopo di sperimentazione,
potrebbero essere autorizzati dalla Regione esperimenti didattici su
tutti gli animali nei casi "in cui il sacrificio di animali da
laboratorio potrebbe, almeno astrattamente, portare a progressi
medico-scientifici per la vita umana".
Ulteriore ragione di "illegittimita' della previsione derogatoria"
appena citata, inoltre, deriverebbe dalla considerazione della piu'
restrittiva disciplina corrispondente contenuta nel terzo comma
dell'art. 8 del DLgs n. 116 del 1992, ai sensi del quale "il Ministro
della Sanita' autorizza gli esperimenti a semplice scopo didattico
soltanto in caso di inderogabile necessita' e non sia possibile
ricorrere ad altri sistemi dimostrativi".
La legge regionale viene inoltre censurata sotto il profilo del primo
comma dell'art. 33 Cost., relativo alla liberta' scientifica, poiche'
porrebbe un ostacolo assoluto alle ricerche scienti'fiche del tipo in
oggetto, "a prescindere dalle caratteristiche o modalita'" del loro
svolgimento.
Viene denunziata, infine, la violazione del secondo e del terzo comma
dell'art. 117 Cost., poiche' la Regione, con la normativa in
questione, inciderebbe su alcune materie di esclusiva competenza
statale; in particolare, ad essere interessate dall'intervento
regionale sarebbero le materie dell'ordinamento civile e
dell'ordinamento penale, che soffrirebbero una deroga per effetto
della speciale disciplina in tema di sperimentazioni lecite sugli
animali. Ancora, le disposizioni impugnate sarebbero
costituzionalmente illegittime in quanto disapplicherebbero la
normativa di principio in materia di ricerca scientifica, che, per di
piu', e' stata dettata in recepimento della apposita normativa
comunitaria.
4. In data 15 gennaio 2003, la Regione Emilia-Romagna ha depositato
una ampia memoria, esponendo le ragioni poste a fondamento della
propria difesa.
La Regione resistente, in via preliminare, afferma che il ricorso
dovrebbe essere ritenuto inammissibile, in primo luogo perche'
meramente assertivo, e in secondo luogo perche' si limiterebbe "a
formulare censure di ordine generale, ed in definitiva ad affermare
l'illegittimita' costituzionale della legge senza indicare affatto le
specifiche ragioni che potrebbero determinare l'illegittimita' della
normativa regionale impugnata".Nel merito, la Regione sostiene
anzitutto che la normativa regionale in questione non contrasterebbe
con la direttiva europea invocata dall'Avvocatura dello Stato, dal
momento che quest'ultima determinerebbe solo una disciplina minima di
tutela degli animali che potrebbero essere oggetto di
sperimentazione, senza tuttavia escludere la possibilita' di una
maggior tutela, quale appunto quella prevista dalla legge in oggetto.
La direttiva europea 86/609/CEE, in altre parole, sarebbe destinata
essenzialmente al ravvicinamento delle normative nazionali relative
alla protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad
altri fini scientifici. Inoltre, la direttiva citata esplicitamente
prevederebbe che gli Stati possano introdurre "un regime di tutela
piu' severo" rispetto a questo nucleo minimo comune, con cio' quindi
rinviando al riparto di competenze previsto nei singoli ordinamenti.
Quanto poi alla riconducibilita' della materia disciplinata dalla
legge alle categorie previste nell'art. 117 Cost., la Regione
Emilia-Romagna afferma anzitutto che essa rientrerebbe
prevalentemente nel quarto comma di questa disposizione
costituzionale, dal momento che opererebbe "nel campo del rapporto
tra uomo e specie animali", realizzando "l'aspirazione ad uno
speciale rapporto di affettivita' con gli animali utilizzati a scopo
di compagnia". D'altra parte, la Regione riconosce come la legge in
esame incida anche nella materia della tutela della salute, ma nega
che esista in questa materia un principio fondamentale che "vieti un
intervento quale quello recato dalla legge regionale". Anzi, il fatto
che nel DLgs n. 116 del 1992 siano previsti alcuni poteri
ministeriali di restrizione del numero delle specie sottoponibili a
sperimentazione o di autorizzazione starebbe a dimostrare la
ammissibilita' di un analogo esercizio di poteri da parte delle
Regioni.
La Regione resistente, inoltre, evidenzia come, a suo avviso, la
determinazione delle regole in materia non "debba essere
necessariamente unica per tutta la comunita' nazionale".
Viene infine contestata l'affermazione dell'Avvocatura secondo la
quale la disciplina delle sanzioni amministrative sarebbe
riconducibile alla materia dell'"ordinamento civile"; viceversa, tale
disciplina seguirebbe i medesimi criteri di distribuzione delle
competenze sostanziali.
5. In prossimita' dell'udienza pubblica dell'11 novembre 2003, la
Regione Emilia-Romagna ha depositato una ulteriore memoria, dando
conto di quanto sopravvenuto all'impugnativa e replicando
ulteriormente agli argomenti sviluppati dalla difesa erariale nella
memoria a suo tempo depositata.
Sotto il primo profilo, la Regione riferisce dell'esito della fase
cautelare del giudizio amministrativo intentato da una ditta di
allevamento e commercio di animali a fini di sperimentazione avverso
i provvedimenti attuativi della legge regionale impugnata emanati da
parte del Comune di S. Polo d'Enza. Tanto il TAR di Parma, quanto la
V Sezione del Consiglio di Stato, rispettivamente con ordinanza n. 41
del 18 febbraio 2003 e con ordinanza del 27 maggio 2003, hanno
respinto la richiesta di sospensione degli atti impugnati e rigettato
in limine la richiesta di rimessione della questione di legittimita'
costituzionale della legge regionale oggetto del presente giudizio,
rilevando l'insussistenza di contrasti con la disciplina comunitaria,
la quale fisserebbe semplicemente limiti alla sperimentazione,
lasciando spazio ai singoli Stati di adottare una disciplina piu'
restrittiva.
La Regione da conto, inoltre, dei contenuti della legge regionale 10
luglio 2003, n. 13, recante "Modifiche alla legge regionale 1 agosto
2002, n. 20 (Norme contro la vivisezione)", intervenuta a modificare
la legge impugnata sulla base di contatti intercorsi con il Governo,
al fine di pervenire alla cessazione della materia del contendere. La
resistente sottolinea come i nuovi commi 2-bis e 2-ter dell'art. 1
della Legge n. 20 del 2003, introdotti appunto dalla Legge n. 13 del
2003, prevedano l'istituzione da parte delle Universita' aventi sede
nel territorio della regione di "Comitati etici per la
sperimentazione animale" disciplinati dalla Regione previa intesa con
i Rettori delle Universita', e come il nuovo comma 2 dell'art. 2
consenta oggi di prevedere i casi di deroga al divieto di vivisezione
a scopo didattico senza la necessita' di ulteriore espressa
autorizzazione regionale.
Quanto agli argomenti prospettati dall'Avvocatura dello Stato a
sostegno del ricorso, la Regione insiste anzitutto sul fatto che la
legge regionale impugnata non potrebbe in alcun modo avere l'effetto
di "escludere l'applicazione del diritto comunitario da una porzione
importante del suolo nazionale", richiamando non soltanto l'art. 24
della direttiva 86/609/CEE ma anche la nota con la quale la
Commissione Europea, proprio in relazione al caso di specie, ha
constatato che la medesima direttiva "contiene norme di
armonizzazione minime, garantendo al contempo agli Stati membri il
diritto di adottare ed applicare norme piu' restrittive nell'ambito
della tutela degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri
fini scientifici".
Sulla asserita contraddittorieta' della legge regionale derivante
dalla circostanza secondo la quale essa, mentre vieterebbe l'uso di
cani e gatti a scopo di sperimentazione scientifica, consentirebbe a
certe condizioni la vivisezione di animali a scopo didattico, la
difesa della Regione, oltre all'inammissibilita' della censura
perche' non prospettata nel ricorso, rileva come essa sia frutto di
un evidente equivoco, dal momento che il divieto concernerebbe solo i
cani e i gatti, mentre la vivisezione a scopi didattici riguarderebbe
tutti gli animali.
La Regione argomenta poi sulla infondatezza della censura concernente
la violazione dell'art. 33, primo comma, Cost., in relazione alla
liberta' della ricerca scientifica, osservando che da un lato sarebbe
impossibile configurare una presunta liberta' assoluta della scienza,
dall'altro che la direttiva comunitaria e lo stesso legislatore
statale, prevedendo la possibile limitazione del numero delle specie
e del numero delle razze o categorie all'interno di ciascuna specie
sottoponibili a sperimentazione (addirittura affidando tale potere ad
un provvedimento ministeriale a carattere sostanzialmente
regolamentare), confermerebbero in termini evidenti la limitabilita'
della liberta' di ricerca scientifica.
Quanto alla lamentata violazione dell'art. 117 Cost., la Regione, pur
riconoscendo come la legge impugnata incida anche sulla materia della
ricerca scientifica (senza peraltro violare i principi fondamentali
contenuti nella legge statale), ribadisce che il settore in questione
avrebbe una sua consistenza propria, concernente in particolare il
rapporto tra uomo e animali, e come tale dovrebbe rientrare
nell'ambito della competenza regionale. La presunta interferenza con
le materie, di competenza esclusiva dello Stato, dell'ordinamento
civile e di quello penale costituirebbe poi un motivo nuovo, non
fatto valere nel ricorso (ad eccezione di quanto lamentato con
riferimento alle sanzioni amministrative), e dunque inammissibile;
l'inammissibilita' di tale motivo deriverebbe, inoltre, dalla
genericita' della sua prospettazione. La censura in questione sarebbe
comunque infondata nel merito.
Infine, sul rilievo mosso dalla difesa erariale concernente il fatto
che la deroga al divieto di vivisezione per scopi didattici non
sarebbe assistita dall'intervento di un organo tecnico-scientifico, a
parte l'inammissibilita' perche' si tratterebbe di motivo nuovo
rispetto al ricorso, la Regione osserva che, se la censura fosse
fondata, andrebbe a colpire la stessa legge statale che prevede la
competenza ministeriale senza alcuna specifica partecipazione di
organi tecnici; tuttavia, la censura sarebbe infondata, dal momento
che confonderebbe la competenza alla stipulazione delle intese
previste dalla legge regionale con il procedimento da seguire per
giungere ad ogni intesa.
Con queste argomentazioni, la Regione conclude per l'inammissibilita'
del ricorso introduttivo del giudizio, per genericita' delle censure
in esso contenute; per l'inammissibilita' dei motivi nuovi contenuti
nella memoria depositata dalla difesa erariale; in subordine, per
l'infondatezza del ricorso in tutte le sue parti.
Considerato in diritto
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato, ha impugnato la legge della
Regione Emilia-Romagna 1 agosto 2002, n. 20 (Norme contro la
vivisezione), per violazione dell'art. 117, terzo comma della
Costituzione, poiche' essa inciderebbe sulle materie della ricerca
scientifica e della tutela della salute, attribuite alla potesta'
legislativa concorrente delle Regioni, in violazione dei principi
fondamentali stabiliti dallo Stato. La legge impugnata, infatti,
eccederebbe i limiti imposti alla competenza legislativa delle
Regioni, in particolare poiche' l'art. 2, vietando in modo
indiscriminato nel territorio regionale le attivita' ivi indicate,
contrasterebbe con quanto previsto dal decreto legislativo 27 gennaio
1992, n. 116 (Attuazione della direttiva n. 86/609/CEE in materia di
protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri
fini scientifici), che individua il fondamento e i limiti della
sperimentazione ammessa sugli animali a scopi scientifici.
Inoltre, la legge regionale, ostacolando l'attivita' di
sperimentazione ammessa nell'ordinamento comunitario, determinerebbe
una violazione della normativa comunitaria in materia e quindi
contrasterebbe con il primo comma dell'art. 117 Cost.
La normativa oggetto del presente giudizio contrasterebbe altresi'
con l'art. 117, secondo comma, lettera l), Cost., in quanto, nel
prevedere sanzioni amministrative per la violazione delle
disposizioni in essa contenute, incidenti in materie di competenza
statale, violerebbe la competenza esclusiva statale in materia di
ordinamento civile.
La legge regionale, infine, violerebbe anche il primo comma
dell'articolo 33 Cost. in quanto porrebbe uno ostacolo assoluto alla
ricerca scientifica condotta con le modalita' in oggetto.
2. Deve preliminarmente essere dichiarato inammissibile l'intervento
spiegato nel giudizio, peraltro tardivamente, dall'ENPA - Ente
nazionale per la protezione degli animali. Secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte, nei giudizi di legittimita'
costituzionale promossi in via principale sono legittimati ad essere
parti solo i soggetti titolari delle attribuzioni legislative in
contestazione (cfr., da ultimo, sentenze n. 338 del 2003, n. 315 del
2003, n. 307 del 2003, n. 303 del 2003 e n. 49 del 2003).
3. Sempre in via preliminare va respinta la eccezione di
inammissibilita' del ricorso sollevata dalla Regione Emilia-Romagna
perche' in esso si affermerebbe "apoditticamente il contrasto della
normativa regionale con la Costituzione o con la normativa europea,
senza addurre specifiche argomentazioni a sostegno di tale tesi, e
senza illustrare le ragioni ed i profili sotto i quali la censura
sarebbe fondata". In realta', il ricorso dell'Avvocatura individua,
seppur in estrema sintesi e tramite il rinvio al contenuto dei testi
normativi citati, le cause dell'asserita incostituzionalita' della
legge regionale n. 20 del 2002 nel contrasto delle sue disposizioni
con quanto previsto dal DLgs n. 116 del 2002 riguardo alla attuazione
della direttiva 86/609/CEE del Consiglio del 24 novembre 1986
(Direttiva del Consiglio concernente il ravvicinamento delle
disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati
membri relative alla protezione degli animali utilizzati a fini
sperimentali o ad altri fini specifici).
Occorre, peraltro, procedere alla delimitazione del thema decidendum
su cui questa Corte e' chiamata a pronunciarsi. Infatti, la delibera
del Consiglio dei Ministri che decide la proposizione del ricorso e
l'allegata relazione del Ministro per gli Affari regionali contengono
censure del tutto generiche nei confronti dell'intera legge, mentre
vengono espressi specifici rilievi di costituzionalita' solo
limitatamente all'art. 2 ed in relazione alla lesione del terzo comma
dell'art. 117 Cost.; lo stesso riferimento alla lesione del diritto
comunitario appare del tutto generico e perplesso. Cio' conduce a
restringere la presente questione di costituzionalita' al solo
profilo della eventuale lesione del terzo comma dell'art. 117 Cost.
da parte dell'art. 2 della legge della Regione Emilia-Romagna n. 20
del 2002, ferma restando la valutazione di questa Corte in ordine
alla eventuale inscindibilita' tra la disposizione validamente
impugnata e le altre disposizioni della legge.
4. Nel merito la questione e' fondata.
5. I due commi dell'art. 2 della legge regionale impugnata contengono
due distinte disposizioni: la prima vieta nel territorio regionale
non solo l'allevamento, ma anche "l'utilizzo e la cessione a
qualsiasi titolo di cani e gatti, ai fini di sperimentazione"; la
seconda vieta "la vivisezione a scopo didattico su tutti gli animali,
salvo i casi autorizzati" secondo le previsioni della stessa legge.
Sul punto ha inciso marginalmente la modifica introdotta dall'art. 2
della legge regionale n. 13 del 2003, eliminando il precedente
riferimento alla Regione come soggetto che avrebbe dovuto esprimere
l'autorizzazione.
La tesi sostenuta dalla difesa regionale, secondo la quale la
disposizione censurata opererebbe nell'ambito di una materia di
competenza residuale delle Regioni, quindi di loro esclusiva
spettanza, definita come "rapporto tra uomo e specie animali" non
puo' essere condivisa. Oltre ai forti dubbi sulla configurabilita' di
una simile materia nel sistema di riparto di cui all'art. 117 Cost.,
nel caso in esame la stessa terminologia utilizzata
("sperimentazione", "vivisezione a scopo didattico") rende palese che
il legislatore regionale e' consapevolmente intervenuto nell'ambito
della materia "ricerca scientifica", seppur finalizzata al settore
medico o alla didattica universitaria, e quindi in una materia di
legislazione concorrente, nella quale ai sensi dell'art. 117, terzo
comma, Cost. spetta al legislatore nazionale determinare i principi
fondamentali. Inoltre, anche nella piu' recente legislazione in tema
di riparto delle funzioni amministrative fra Stato e Regioni (seppur
antecedente alla riforma del Titolo V operata dalla Legge
costituzionale n. 3 del 2001), la "protezione e tutela degli animali
impiegati a fini scientifici e sperimentali" ineriva alla materia
"ricerca scientifica", secondo quanto si ricava dall'art. 125 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e
compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli Enti locali,
in attuazione del Capo I della Legge 15 marzo 1997, n. 59).
D'altra parte il DLgs n. 116 del 1992 disciplina gli stessi settori
materiali ora disciplinati dall'art. 2 della legge della Regione
Emilia-Romagna n. 20 del 2002, nell'ambito di una ampia normativa
esplicitamente finalizzata, come specificato nell'art. 1, alla
"protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri
fini scientifici".
6. La tutela degli animali sottoposti a sperimentazioni a scopo
scientifico e didattico, gia' sommariamente garantita dalla Legge 12
giugno 1931, n. 924, recante "Modificazione delle disposizioni che
disciplinano la materia della vivisezione sugli animali vertebrati a
sangue caldo (mammiferi ed uccelli)", ha subito un sostanziale
rafforzamento con il DLgs n. 116 del 1992 che, nel recepire la
direttiva 86/609/CEE, ha sviluppato ampiamente i principi e gli
obiettivi di quest'ultimo atto normativo mediante una disciplina
analitica, fortemente restrittiva della stessa liberta' di
sperimentazione, a tutela degli animali coinvolti, e largamente
affidata nella sua applicazione alle determinazioni, alle
autorizzazioni ed ai controlli del Ministro della Sanita' e
dell'Istituto superiore di sanita'.
Quanto, in particolare, ai cosiddetti animali di affezione - oltre
alle misure previste dalla Legge 14 agosto 1991, n. 281 (Legge quadro
in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo) e
alla tutela generale contro i maltrattamenti di cui all'art. 727 cod.
pen. - il DLgs n. 116 del 1992 stabilisce espressamente che questi
possono essere sottoposti a sperimentazioni solo ove appositamente
allevati e su specifica autorizzazione ministeriale (art. 3, comma
2), nella esclusiva ipotesi che obiettivo di tali attivita' "siano
verifiche medico-biologiche essenziali e gli esperimenti su altri
animali non rispondano agli scopi dell'esperimento" (art. 8, comma 1,
lettera b). Analoga e' la previsione per gli esperimenti a scopo
didattico, poiche' il Ministro della Sanita' puo' autorizzarli
"soltanto in caso di inderogabile necessita' e non sia possibile
ricorrere ad altri sistemi dimostrativi" (art. 8, comma 3).
La legislazione vigente quindi bilancia attentamente il doveroso
rispetto verso gli animali sottoposti a sperimentazione e l'interesse
collettivo alle attivita' di sperimentazione su di essi che sono
ritenute indispensabili, sulla base delle attuali conoscenze di tipo
scientifico, sia dall'ordinamento nazionale che dall'ordinamento
comunitario (cfr. soprattutto l'art. 3 del DLgs n. 116 del 1992 e
l'art. 3 della direttiva 86/609/CEE). E' noto che esistono anche
opinioni contrarie ad ogni specie di sperimentazione animale, dal
momento che si asserisce che queste sperimentazioni sarebbero in
realta' inefficaci, ma si tratta di opinioni scientifiche finora
largamente minoritarie e non recepite ne' dal legislatore nazionale,
ne' da quello europeo (il quale, anzi, ha ancora di recente
confermato ed integrato la disciplina di cui alla direttiva
86/609/CEE mediante la direttiva 2003/65/CE del Parlamento Europeo e
del Consiglio del 22 luglio 2003 (Direttiva del Parlamento Europeo e
del Consiglio che modifica la direttiva 86/609/CEE del Consiglio
concernente il ravvicinamento delle disposizioni legislative,
regolamentari e amministrative degli Stati membri relative alla
protezione degli animali utilizzati a fini sperimentali o ad altri
fini specifici).
Da quanto detto emerge che, nell'ambito della materia "ricerca
scientifica", l'esigenza di tener conto sia dello sviluppo della
ricerca, che della massima tutela degli animali che possono essere
coinvolti nelle sperimentazioni ha originato una serie di norme del
DLgs n. 116 del 1992, che costituiscono principio fondamentale in
quanto esprimono il punto di equilibrio della sperimentazione; da
cio' il divieto che possano essere sostanzialmente modificate ad
opera dei legislatori regionali, riducendo ulteriormente la relativa
liberta' della ricerca scientifica o comprimendo l'attuale livello di
tutela degli animali sottoponibili a sperimentazione (per
considerazioni in parte analoghe, si vedano le sentenze di questa
Corte n. 507 del 2003, n. 338 del 2003 e n. 282 del 2002).
In questo senso sono significativi di entrambi questi rischi gli
stessi contenuti dell'art. 2 della legge della Regione Emilia-Romagna
n. 20 del 2002, poiche' il primo comma vieta in assoluto
l'allevamento, l'utilizzo e la cessione nel territorio regionale di
cani e gatti a fini di sperimentazione, mentre il secondo comma
sostituisce all'eccezionale autorizzazione ministeriale alla
vivisezione a scopo didattico una diversa ed indeterminata
autorizzazione.
Cio' senza considerare che limiti differenziati da Regione a Regione
potrebbero comunque essere aggirati con estrema facilita'.
E' pur vero che l'art. 24 della direttiva europea 86/609/CEE
autorizza gli Stati membri ad adottare o ad applicare anche "misure
piu' rigide per la protezione degli animali utilizzati a fini
sperimentali o per il controllo e la limitazione dell'uso degli
animali in esperimenti"; il legislatore statale, tuttavia,
nell'esercizio del proprio potere di determinare i principi
fondamentali della materia, non si e' limitato a recepire il livello
di tutela previsto dalla normativa comunitaria, ma ha gia'
direttamente dettato una disciplina in parte piu' rigida delle
prescrizioni della direttiva europea, peraltro attraverso una
regolamentazione uniforme per tutto il territorio nazionale.
Ne', d'altra parte, appare ammissibile dedurre, dalla previsione
contenuta nella legislazione in oggetto (art. 18 del DLgs n. 116 del
1992) di alcuni limitati poteri ministeriali che possono modificare
alcune disposizioni del decreto legislativo, la tesi che la Regione
possa esercitare il proprio potere legislativo almeno nei medesimi
ambiti. Dal momento che, invece, e' alla legge dello Stato che spetta
dettare i principi fondamentali nella materia de qua, puo' semmai
dubitarsi della legittimita' costituzionale di un potere ministeriale
di modificazione di norme qualificabili come principi fondamentali,
aspetto peraltro non in discussione in questa sede.
7. La dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 2 della legge
della Regione Emilia-Romagna n. 20 del 2002 comporta la dichiarazione
di illegittimita' costituzionale consequenziale, ai sensi dell'art.
27 della Legge 11 marzo 1953, n. 87, degli articoli 3 e 4 della
medesima Legge, che disciplinano esclusivamente il sistema
sanzionatorio) ed i poteri di vigilanza relativi alle prescrizioni
contenute nell'art. 2.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge
della Regione Emilia-Romagna 1 agosto 2002, n. 20 (Norme contro la
vivisezione);
dichiara, ai sensi dell'art. 27 della Legge 11 marzo 1953, n. 87,
l'illegittimita' costituzionale degli articoli 3 e 4 della legge
della Regione Emilia-Romagna 1 agosto 2002, n. 20.
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 7 giugno 2004.
IL PRESIDENTE IL REDATTORE
Gustavo Zagrebelsky Ugo De Siervo
IL CANCELLIERE
Giuseppe Di Paola
Depositato in Cancelleria l'11 giugno 2004.