COMUNICATO
RELAZIONE SULL'ATTIVITA' SVOLTA DAL DIFENSORE CIVICO REGIONALE NELL'ANNO 2003 (art. 11 della L.R. 16 dicembre 2003, n. 25)
SOMMARIO
1. La relazione annuale. Le competenze del Difensore civico
2. L'attivita' di difesa civica complessivamente espletata nel 2003
3. L'attivita' di difesa civica espletata nei confronti
dell'Amministrazione regionale.
3.1. Generalita'.
3.2. Casi significativi
4. La nuova legge sul Difensore civico
4.1. L'indennita' di funzione
4.2. Autonomia e indipendenza del Difensore civico
4.3. La sede
5. L'attivita' di difesa civica nei confronti delle amministrazioni
locali
5.1. Il rapporto convenzionale. Irrilevanza dell'art. 11 del TUEL
5.2 La difesa civica nei confronti dei Comuni non convenzionati.
Prassi e problematica
6. Pluralita' di competenze e discipline non concordanti
6.1. Richieste di componenti assemblee elettive locali
6.2. Questioni attinenti a rapporto di lavoro pubblico
7. Interventi extra ordinem
8. La difesa civica nei confronti delle Amministrazioni statali
aventi sede in regione
9. Conclusioni
1. La relazione annuale. Le competenze del Difensore civico
L'art. 11 della legge regionale 16 dicembre 2003, n. 25 pone a carico
del Difensore civico regionale l'onere di presentare entro il 31
marzo di ogni anno al Presidente del Consiglio regionale e al
Presidente della Giunta regionale una relazione sull'attivita'
svolta, corredata da osservazioni e proposte. Il Presidente del
Consiglio regionale e' tenuto a sua volta a trasmettere la relazione
ai consiglieri regionali e ai rappresentanti degli Enti, Istituti,
Consorzi, Agenzie e Aziende dipendenti o sottoposti a vigilanza o
controllo regionale, ai rappresentanti delle Aziende Unita' sanitarie
locali e Ospedaliere, ai concessionari o gestori di servizi pubblici
regionali e, infine, ai rappresentanti degli enti locali che, sulla
base di un rapporto regolato convenzionalmente, abbiano deciso di
avvalersi della difesa civica regionale: nel caso in cui la relazione
riguardi interventi sugli enti, aziende e istituti medesimi,
costituenti il complesso delle pubbliche amministrazioni e dei
pubblici servizi regionali e locali su cui il Difensore civico
espleta la sua funzione (art. 2). Ai sindaci dei Comuni
convenzionati, come richiesto dalle norme locali sulla difesa civica
o dalle convenzioni, vengono peraltro inviate direttamente specifiche
relazioni sull'attivita' svolta nei confronti di ciascun ente.
La tutela dei cittadini nei confronti dell'Amministrazione regionale
e locale e' stata quindi estesa, fino all'istituzione del difensore
civico nazionale, a norma dell'art. 16 della Legge 15 maggio 1997, n.
127, nei confronti delle Amministrazioni periferiche dello Stato, con
le medesime funzioni di richieste, di proposta, di sollecitazione e
di informazione che il rispettivo ordinamento regionale gli
attribuisce nei confronti delle strutture regionali, limitatamente
all'ambito territoriale di competenza del Difensore civico regionale,
con esclusione delle amministrazioni che operano nei settori della
difesa, della sicurezza pubblica e della giustizia. Sull'attivita'
svolta nell'anno precedente il difensore civico e' tenuto a
presentare una relazione ai presidenti del Senato della Repubblica e
della Camera dei Deputati nello stesso termine del 31 marzo.
A questo nucleo che si puo' definire proprio di funzioni della difesa
civica ne sono state aggiunte le seguenti extra ordinem:
a) il controllo eventuale previsto dal tuttora vigente art. 127 del
TUEL;
b) poteri sostitutivi per omissione o ritardo di atti obbligatori da
parte di enti locali (art. 136 TUEL);
c) la facolta' a costituirsi parte civile, ai sensi dell'art. 36
della legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i
diritti delle persone handicappate 5 febbraio 1992, n. 104, ove si
proceda per i reati di cui agli articoli 527 (atti osceni) e 628
(rapina), nonche' per i delitti non colposi contro la persona, di cui
al Titolo XII del codice penale, e per i reati di cui alla Legge 20
febbraio 1958, n. 75, concernente lo sfruttamento della
prostituzione, qualora l'offesa sia una persona handicappata.
Come e' noto, non ho partecipato all'attivita' di difesa civica sulla
quale relaziono. Poiche' la legge prescrive che la relazione sia
corredata da osservazioni e proposte, mi sono trovato di fronte
all'alternativa di trasmettere semplicemente i dati ricevuti ovvero
di commentarli e fare proposte, e ho ritenuto conforme al dettato
legislativo la seconda scelta.
2. L'attivita' di difesa civica complessivamente espletata nel 2003
Gli interventi complessivamente espletati nel 2003 nell'esercizio di
tutte le competenze richiamate nel precedente paragrafo sono stati
1406. Di essi, secondo la classificazione che e' stata data, 4 sono
stati avviati d'ufficio: uno nei confronti di AUSL (descritto tra i
casi significativi nel paragrafo 3.2), uno ha ad oggetto una proposta
di collaborazione avanzata dall'Ordine dei commercialisti di Bologna,
e 2 nei confronti dell'ACER della Provincia di Bologna (uno dei quali
descritto tra i casi significativi nel paragrafo 3.2).
Rispetto ai complessivi 1406 interventi, 1362 sono ripartiti come
segue tra le Province: Bologna 725, Ferrara 44, Forli'-Cesena 6,
Modena 25, Parma 18, Piacenza 12, Ravenna 515, Rimini 5. Le rimanenti
44 richieste sono pervenute da cittadini residenti in altre regioni e
concernenti questioni nei confronti di amministrazioni ed enti non
aventi sede nella regione Emilia-Romagna.
I procedimenti definiti sono stati 1202 ed hanno avuto i seguenti
esiti:
Positivo 722
- La P.A. ha accolto la tesi del Difensore civico 23
- La P.A. ha collaborato 186
- La P.A. ha fornito le informazioni e i chiarimenti
richiesti dal cittadino 513
Negativo 177
- Per infondatezza del reclamo 78
- Per dissenso non motivato 10
- Per mancata collaborazione 21
- Rinuncia della richiesta da parte degli interessati 68
La semplice osservazione statistica di questa tabella metterebbe in
evidenza l'obiettivita' dell'ufficio, col numero di reclami ritenuti
infondati e delle rinunce da parte degli interessati, almeno in gran
parte indotte dall'opera di convincimento esercitato dall'ufficio,
cui corrisponde un disinteresse in misura non accettabile delle
amministrazioni.
Archiviato 303
- Per inammissibilita' del reclamo 23
- Per incompetenza e conseguente trasmissione
al difensore civico competente o ad altra autorita' 55
- Per reclami attinenti a questioni private 203
- Per reclami attinenti a rapporti di lavoro pubblico
(incompetenza del Difensore civico) 22
3. L'attivita' di difesa civica nei confronti dell'Amministrazione
regionale
3.1. Generalita'
I procedimenti aperti nei confronti dell'Amministrazione regionale in
senso lato (Regione, Enti regionali e AUSL), nel 2003, sono stati
solo 201 a fronte dei 711 procedimenti riguardanti gli enti locali e
dei 195 procedimenti aperti nei confronti di amministrazioni
periferiche statali. I restanti 299 procedimenti riguardano nella
quasi totalita' (208) questioni private, assolutamente al di fuori
della competenza del difensore civico; ovvero reclami rientranti
nella competenza di altro difensore civico e di altre autorita' (61);
reclami relativi a rapporti di lavoro pubblico (27), su cui parimenti
il difensore civico non e' (o non sarebbe sempre) competente; e,
infine, 3 richieste di controllo sostitutivo, di cui s'e' riferito
nel precedente paragrafo 2.1.
Questi dati evidenziano un problema riguardante il nucleo originario
della competenza del Difensore civico, istituito per tutelare i
cittadini nei confronti dell'Amministrazione regionale, sia pure
estensivamente intesa, in quanto il Difensore civico aveva
competenza, in base alle due precedenti leggi del 1984 e del 1995, in
merito alle funzioni delegate dalla Regione agli Enti locali. La
riforma del 1977, col DPR 616, ma soprattutto la recente riforma
costituzionale del Titolo V della parte seconda della Costituzione,
ispirate al criterio di collocare le funzioni amministrative il piu'
vicino possibile al cittadino, evidentemente pongono il problema (mi
pare avvertito dalla recentissima legge regionale sul Difensore
civico n. 25 del 2003, sebbene questa manchi di dare soluzioni) di un
ripensamento o della conversione della difesa civica nei confronti
dell'Amministrazione regionale. Ignoro quanta consapevolezza vi sia
di questo problema ai vari livelli istituzionali, scientifici e
operativi. Mi limito per ora alla semplice sua segnalazione.
I 201 procedimenti posti in essere nei confronti dell'Amministrazione
regionale, di enti, istituti, consorzi ed aziende dipendenti o
sottoposti a vigilanza o controllo, nella suddivisione per materie
hanno interessato particolarmente la sanita' 63; l'edilizia
residenziale 42; i tributi e le tasse 16; l'ambiente e i consorzi di
bonifica 14; il diritto allo studio 9. Sono solo 7 i procedimenti
relativi al diritto d'accesso.
3.2. Casi significativi
I funzionari dell'ufficio, che ringrazio calorosamente, seguendo la
prassi, hanno segnalato e descritto i seguenti casi piu'
significativi. Mi risulta che anche a livello di coordinamento
nazionale dei difensori civici regionali si sta discutendo attorno
alla forma-tipo delle relazioni annuali ed e' mia sensazione che lo
schema costituito dalla descrizione di alcuni casi e' un'impostazione
da superare. Ma, nel frattempo, riporto tali casi.
- Regione Emilia-Romagna Settore Tributi
Fascicolo 174
Un automobilista richiedeva l'intervento urgente dell'ufficio al fine
di vedersi annullare, da parte del Settore Tributi della Regione, una
cartella di pagamento relativa ad un omesso versamento della tassa
automobilistica per il periodo agosto 1999 - luglio 2000.
L'interessato riferiva di avere gia' versato la tassa in
contestazione e l'urgenza dell'intervento richiesto era motivata
dall'imminente scadenza dei termini della cartella per la quale, per
altro, aveva presentato istanza di annullamento direttamente al
competente Settore regionale.
In accoglimento della richiesta, supportata dalla documentazione
necessaria, l'ufficio interpellava telefonicamente il Settore Tributi
regionale, il quale rispondeva celermente confermando che avrebbe
proceduto allo sgravio della tassa automobilistica in questione,
avendo verificato la regolarita' del versamento a suo tempo
effettuato dall'interessato.
- Regione Emilia-Romagna Settore Tributi
Fascicolo 25
Il Difensore civico ha ritenuto opportuno portare all'attenzione dei
Presidenti del Consiglio e della Giunta regionale una questione sulla
quale riteneva opportuna una riflessione da parte degli Organi
regionali.
La Legge n. 342 del 2000, ha stabilito l'esenzione dal bollo sia per
i veicoli costruiti da almeno trent'anni (art. 63, 1 comma), e sia
anche per i veicoli di particolare interesse storico e
collezionistico individuati, con propria determinazione,
dall'Automotoclub storico italiano e dalla Federazione motociclistica
italiana, per i quali il termine e' ridotto a venti anni (art. 63, 2
e 3 comma).
Per questi ultimi veicoli e' sorto un problema applicativo che
preclude ai soggetti interessati il beneficio della predetta
esenzione.
Difatti, i citati Enti associativi - deputati, dalla predetta legge,
a certificare il requisito concernente l'interesse storico e
collezionistico dei veicoli - hanno trasmesso agli archivi fiscali
gli estremi dei soli veicoli di proprieta' dei loro soci, ritenendo
esentabili dal bollo soltanto questi ultimi.
L'operato di tali Enti, correlato ad una discutibile interpretazione
della legge, ha determinato un complesso dibattito che non ha sortito
pero' soluzioni praticabili e non onerose per la fruizione
dell'esenzione dal bollo.
Al riguardo si e' allegata la nota del Settore Tributi della Regione
Emilia-Romagna circa l'interpretazione della norma in questione, e le
osservazioni in essa contenute, se per un verso motivano e
legittimano l'operato dell'Amministrazione regionale, per l'altro
evidenziano la sostanziale impraticabilita' di accesso al beneficio
della esenzione dal bollo, stante l'onerosita' dell'operazione
medesima.
Gli interessati, infatti, per ottenere la valutazione dei veicoli
dovrebbero associarsi ai predetti Enti, con conseguenti oneri
finanziari.
La complessita' di tale situazione, che indubbiamente penalizza i
cittadini interessati, nonche' la sua sostanziale iniquita', hanno
portato la Regione Lombardia a estendere il beneficio dell'esenzione
dal bollo anche ai veicoli con un'anzianita' di venti anni,
indipendentemente dal modello.
Il Difensore civico ha ritenuto doveroso rappresentare le indubbie
difficolta' di accesso a un beneficio che non dovrebbe essere
vanificato dalla onerosita' e dalla complessita' dei relativi atti,
affinche' le Autorita' regionali valutassero l'opportunita' di
adottare provvedimenti adeguati al fine di rendere possibile agli
interessati la fruizione delle agevolazioni previste dalle Legge
342/00.
- Regione Emilia-Romagna - Direzione generale Sanita' e Politiche
sociali - Servizio Pianificazione e Sviluppo dei Servizi sociali
Fascicolo 229
Un signore lamentava l'esclusione dall'erogazione del contributo per
l'acquisto di un autoveicolo a servizio di un disabile, ex L.R.
29/97, comunicatagli con nota del Comune di Castel Maggiore, in
applicazione delle disposizioni emanate dal Servizio Pianificazione e
Sviluppo dei Servizi sociali.
L'interessato, in seguito alla presentazione della relativa domanda
in data 12/4/2001, risultava al n. 193 della graduatoria. Per ragioni
di insufficienza delle risorse disponibili, nel 2002 erano erogati i
contributi ai beneficiari inseriti in graduatoria 2001, sino alla
posizione n. 177, i restanti (dal 178 al 219, tra i quali il
reclamante) venivano automaticamente inseriti per la valutazione
dell'anno 2002, in applicazione delle disposizioni contenute
nell'Allegato C, della deliberazione di Giunta regionale 778/98.Con
deliberazione di Giunta regionale n. 2720 del 30/12/2002, richiamata
nella determinazione del Servizio regionale competente, prot. n.
SOC/03/12257, veniva approvata la graduatoria 2002 degli aventi
diritto, disponendo l'erogazione del contributo, per i medesimi
motivi sopra evidenziati, per le richieste contrassegnate dal n. 1 al
n. 184. Nel provvedimento citato, al punto c) del deliberato, si dava
atto che "le richieste contrassegnate dal n. 185 al n. 279
dell'Allegato A concorreranno alla formulazione della graduatoria per
il prossimo anno 2003 cosi' come previsto al punto 6 dell'Allegato C
della deliberazione 778/98, in rapporto alle disponibilita'
finanziarie recate sul corrispondente capitolo del Bilancio per
l'esercizio finanziario 2003".
Verificato che nel citato allegato A l'interessato era indicato al n.
220, non risultava chiaro il motivo in base al quale egli doveva
essere escluso definitivamente dall'erogazione del contributo per il
quale aveva presentato domanda.
Nell'Allegato C alla deliberazione 778/98, effettivamente, al punto 6
era previsto che "le richieste gia' in graduatoria e non finanziate
per esaurimento delle risorse disponibili partecipano,
automaticamente ed unicamente, alla formulazione della graduatoria
per l'anno successivo a quello di presentazione della domanda".
Su tale ultima disposizione (partecipazione automatica unicamente
alla formulazione della graduatoria per l'anno successivo a quello di
presentazione della domanda), il Difensore civico esprimeva forti
riserve, ritenendo immotivato l'inserimento di una tale limitazione
all'effettivo riconoscimento del diritto al contributo in seguito
alla collocazione in posizione utile in graduatoria, poiche' in tale
modo a coloro che non avessero ricevuto il contributo per problemi di
esaurimento delle risorse non veniva concessa la possibilita'
effettiva di vedere riconosciuto il loro diritto, se non con la
previsione della loro partecipazione alla graduatoria unicamente per
l'anno successivo.
Si evidenziava, poi, che l'esclusione dall'erogazione del contributo,
in presenza degli altri presupposti individuati dalla L.R. 29/97 e
provvedimenti applicativi, non pareva potesse essere congruamente
giustificata dalla sola insussistenza di adeguate disponibilita'
finanziarie, poiche' la Regione avrebbe avuto, quanto meno, l'onere
di dotarsi delle risorse finanziarie necessarie per la concessione
del contributo.
Inoltre, si palesava la possibilita', per l'Amministrazione
regionale, di provvedere all'integrazione degli stanziamenti
previsti, non soltanto con i bilanci futuri, ma anche con
l'assestamento o variazioni del bilancio in corso (artt. 30 e 31 L.R.
40/01). Tale soluzione non risultava fosse stata adottata per fare
fronte alle richieste inserite in graduatoria e rimaste escluse
dall'erogazione del contributo.
L'ufficio, in conclusione, prospettava due possibilita':
- con la deliberazione di Giunta regionale n. 2720 del 30/12/2002
(nella quale era scritto che la richiesta dell'interessato,
collocatosi al n. 220 dell'Allegato A alla deliberazione medesima,
avrebbe concorso alla formulazione della graduatoria per il prossimo
anno 2003) l'Amministrazione, evidentemente, aveva ritenuto di
derogare al disposto di cui al punto 6 dell'Allegato C della
deliberazione 778/98;
- la prima deliberazione citata era in contrasto e contraddittoria
rispetto a quest'ultima per la parte relativa alle domande presentate
nell'anno 2001 e gia' inserite automaticamente per la valutazione ai
fini della determinazione della graduatoria 2002, le quali, secondo
un'interpretazione letterale del gia' richiamato Allegato C, non
avrebbero potuto concorrere anche per l'anno 2003.
Accogliendo la prima ipotesi la domanda del reclamante doveva essere
inserita per la valutazione ai fini della graduatoria 2003,
provvedendo contestualmente l'Amministrazione regionale a dotarsi
della necessaria copertura finanziaria affinche' l'interessato, e gli
altri richiedenti nella sua situazione, non vedessero preclusa per la
terza volta la possibilita' di vedersi riconosciuta l'erogazione del
contributo richiesto.
Accogliendo la seconda ipotesi, basata sull'interpretazione letterale
del punto 6 dell'Allegato C della deliberazione 778/98 (con le
riserve espresse circa l'efficacia di tale disposizione al concreto
raggiungimento dell'obiettivo prefissato dall'art. 9 della L.R.
29/97), verificato il contrasto evidenziato sopra tra le due
deliberazioni, l'Amministrazione avrebbe dovuto valutare
l'opportunita' di procedere all'annullamento parziale della
deliberazione di Giunta 2720/02.
Tutto cio' premesso, si chiedeva al Responsabile del Servizio
Pianificazione e Sviluppo dei Servizi sociali della Regione
Emilia-Romagna un cortese riscontro.
In risposta alle considerazioni sopra evidenziate, perveniva una nota
con la quale il Responsabile del Servizio regionale competente, dopo
avere brevemente ricostruito l'iter della domanda presentata dal
cittadino che si era rivolto a questo ufficio, confermava che in sede
di formulazione della graduatoria per il 2003 la Giunta regionale,
preso atto cosi' come indicato alla lettera g) della deliberazione di
Giunta 2720/02 che n. 39 domande ammissibili ma non finanziate con la
delibera di Giunta 2951/01 avevano concorso alla graduatoria 2002,
avrebbe dovuto provvedere all'esclusione di tali domande dalla
graduatoria 2003, ai sensi del punto 6 dell'Allegato C della delibera
di Giunta 778/98, che prevedeva che tali domande potessero
partecipare unicamente alla graduatoria dell'anno successivo.
Per quanto concerneva, infine, il punto relativo alla dotazione delle
necessarie risorse di bilancio per l'erogazione del contributo in
questione, il Dirigente interpellato evidenziava che le scelte di
allocazione delle risorse venivano compiute dalla Giunta regionale,
avendo a riferimento il complesso delle risorse e degli interventi
sociali e socio-sanitari destinate alle persone con disabilita'.
- Consorzi Bonifica
Fascicolo 220
Un signore aveva richiesto l'intervento dell'ufficio, dopo avere
ricevuto una cartella di pagamento con causale "quota consortile" del
Consorzio della Chiusa di San Ruffillo e del Canale di Savena.
L'interessato non contestava la causale poiche' aveva sempre
provveduto a pagare regolarmente il previsto contributo al Consorzio,
egli lamentava, pero', che l'ammontare della quota da pagare,
riferita sempre allo stesso immobile di mq. 65, era ogni anno
differente e, soprattutto, era diversa per ogni condomino residente
nel medesimo condominio.
Il consorziato aveva gia' verificato presso i vicini che ciascuno
corrispondeva una quota diversa al Consorzio e che la differenza tra
le quote non era riferibile alle dimensioni dell'appartamento
detenuto in quanto, al contrario, si verificava che pagassero un
importo piu' elevato persone con immobile di dimensioni piu'
ridotte.
L'interessato, prima di rivolgersi all'ufficio, aveva gia' rivolto
tali domande al Consorzio senza, tuttavia, ottenere risposte
esaustive e chiare.
Il Difensore civico, quindi, interveniva presso il Consorzio della
Chiusa di San Ruffillo e del Canale di Savena chiedendo un controllo
sulla posizione contributiva del reclamante, con riguardo anche alle
annualita' pregresse ed in relazione a quella degli altri condomini
dello stesso stabile, illustrando le ragioni della quota ad esso
attribuita.
Il Presidente del Consorzio rispondeva di avere accertato che,
effettivamente, al consorziato era stata richiesta una quota maggiore
al dovuto e di avere dato disposizioni per il rimborso di quanto
pagato in eccedenza. Il Difensore civico rilevava che, tuttavia, non
erano stati chiariti i motivi per cui la somma attribuita a carico di
ogni condomino risultava sempre differente, anche se l'importo del
contributo, in quanto derivante dal titolo concessorio, discende
dalla suddivisone aritmetica della somma globale per il numero delle
unita' immobiliari costituenti il condominio indipendentemente dalla
loro tipologia e consistenza.
Il Presidente del Consorzio, con una nuova nota, informava che
ulteriori controlli avevano evidenziato il verificarsi di anomalie
nel programma informatico che ordina l'imposizione afferente i titoli
concessori e che a cio' si dovevano imputare le differenze
contributive. Il Presidente assicurava che il Consorzio, oltre ad
adoperarsi per risolvere le anomalie riscontrate, avrebbe provveduto
a rettificare le imposizioni ed a rimborsare tutti i contribuenti che
avevano versato somme maggiori del dovuto.
- Aziende USL
Fascicolo 262
Una signora, affetta da una grave forma di ipoacusia bilaterale,
veniva sottoposta ad un intervento di impianto cocleare presso un
ospedale di Bologna. Gia' prima dell'intervento, alla paziente era
stata prospettata la necessita' di svolgere, nella fase
post-operatoria, un lungo periodo di riabilitazione linguistica e
percettiva, quale indispensabile completamento del percorso
terapeutico intrapreso.
La paziente, quindi, effettuava due cicli di venti sedute
riabilitative presso un poliambulatorio convenzionato con l'Azienda
USL Citta' di Bologna. Al termine dei due cicli di cure, essendosi
manifestata l'esigenza di proseguire la terapia riabilitativa,
l'interessata inoltrava all'Azienda USL richiesta di autorizzazione
per consentirle l'espletamento di altre sedute necessarie per il
recupero di una sufficiente capacita' uditiva e di linguaggio.
La signora si rivolgeva, poi, all'ufficio del difensore civico
riferendo di avere incontrato ostacoli all'accoglimento della sua
richiesta di prosecuzione delle cure e chiedendo di intervenire
presso l'Azienda USL Citta' di Bologna.
In seguito all'invio di una nota del Difensore civico, l'Azienda
sanitaria in questione informava che la Direzione del Dipartimento
Cure Primarie aveva ritenuto opportuno procedere all'acquisizione di
un parere di uno specialista esperto in materia per valutare la
sussistenza dei presupposti per concedere l'autorizzazione
richiesta.
Trascorsi pochi giorni il medico specialista incaricato di esprimere
la propria valutazione sul caso rappresentato, comunicava di avere
evidenziato la necessita' per la paziente esaminata di eseguire un
nuovo ciclo di cure riabilitative, quale completamento del percorso
riabilitativo intrapreso.
Ricevuto il parere dello specialista, l'Azienda USL assicurava che
avrebbe celermente rilasciato l'autorizzazione alla paziente per un
ulteriore ciclo di dieci sedute.
Fascicolo 61
Una signora si era sottoposta, presso l'Ospedale di Bazzano, ad una
visita oculistica in seguito alla quale veniva riscontrata la
presenza di una cisti nell'occhio sinistro, cisti della quale il
medico consigliava l'asportazione. L'intervento nella data prevista
non veniva eseguito poiche' nel modulo rilasciato alla paziente non
era specificato che si trattava di chirurgia oculistica e, pertanto,
la stessa era rimandata a nuova visita oculistica con ulteriore
rinvio dell'intervento, per non meglio specificati motivi
organizzativi, di alcuni mesi.
La signora interpellava questo ufficio rappresentando il disagio
causatole da tali rinvii, sia sul piano psicologico, sia in campo
lavorativo essendo l'interessata costretta a chiedere continui
permessi al suo datore di lavoro. Inoltre la signora lamentava che
per entrambe le visite le era stato richiesto il pagamento del
ticket.
Con nota inviata all'Azienda USL Bologna Sud, il Difensore civico
chiedeva di accertare le cause dei lamentati disservizi e la
regolarita' della doppia richiesta di pagamento del ticket.
Dopo qualche tempo, l'Azienda interpellata rispondeva scusandosi con
l'interessata per il disservizio occorsole ed impegnandosi al
rimborso del ticket erroneamente richiesto.
Fascicolo 94
Un signore segnalava a questo ufficio le molteplici difficolta' e
disguidi verificatisi a fronte della presentazione di una domanda di
rimborso del costo di una prestazione sanitaria usufruita dalla
moglie.
La domanda veniva presentata nel settembre 2002 e solo nel gennaio
2003, dopo diversi solleciti da parte degli interessati, l'Azienda
Ospedaliera di Bologna comunicava loro che la richiesta era stata
accolta e li invitava a recarsi presso gli uffici per ritirare
l'importo richiesto.
Pochi giorni dopo, tuttavia, l'interessato veniva informato
telefonicamente dall'Azienda Ospedaliera che vi era stato un
contrordine e che, quindi, il rimborso era stato sospeso. Il marito
della paziente, percio', a fronte di tali contrattempi e del
ricevimento delle informazioni contrastanti, non sapeva piu' come
comportarsi per ottenere il rimborso. Questo ufficio, pertanto,
interveniva presso la Direzione, chiedendo di provvedere affinche'
agli interessati fosse fornita ogni necessaria informazione in
relazione alla pratica in questione.
In seguito alla nota inviata, il Direttore amministrativo,
nell'intento di porre fine alle lungaggini ed ai numerosi disguidi
verificatisi, comunicava la definitiva disponibilita' dell'Azienda
Ospedaliera a procedere al rimborso delle somme versate per
l'effettuazione della prestazione sanitaria.
Fascicolo 80/d'ufficio
A seguito di diverse segnalazioni pervenute all'ufficio da parte di
cittadini residenti sul territorio regionale, si e' ritenuto
opportuno sottoporre a tutte le Aziende USL alcune considerazioni in
merito alla procedura per il rilascio del contrassegno per veicoli a
servizio di persone invalide.
L'ufficio esponeva che il cittadino invalido, per ottenere il
permesso in questione, doveva presentare domanda al Sindaco del
Comune di residenza; a tale istanza, conformemente a quanto disposto
dall'art. 381 del DPR 495/92, doveva essere allegato un certificato
attestante che il richiedente era stato sottoposto a visita medica,
nel corso della quale era stata riscontrata una capacita' di
deambulazione sensibilmente ridotta.
Poiche', di norma, la valutazione relativa alla capacita' di
deambulazione ed il rilascio della conseguente certificazione
avvenivano nel corso di un'apposita visita medica da effettuarsi
presso l'unita' medico legale dell'Azienda USL di competenza,
accadeva che il soggetto invalido, pure essendo gia' stato esaminato
dalle varie commissioni competenti ad accertarne la condizione di
invalidita' civile, dovesse successivamente essere sottoposto a nuova
visita, specificatamente finalizzata al compimento di tale
formalita'.
Tale duplicazione degli accertamenti medici cui doveva essere
sottoposta la persona invalida, appariva piuttosto penalizzante,
poiche' tale soggetto, proprio a causa della propria condizione,
incontra notevoli difficolta' nel compiere anche brevi spostamenti,
soprattutto nel caso in cui non possa contare sull'assistenza dei
propri familiari.
L'espletamento della visita medica specifica presso l'unita' medico
legale comportava, inoltre, l'addebito di un costo in capo
all'interessato. Le segnalazioni pervenute all'ufficio, avevano
indotto il Difensore civico a riflettere in ordine alla necessita' di
apportare qualche semplificazione procedurale.
In particolare, considerato che gia' nel corso delle visite
effettuate presso le varie commissioni di invalidita' veniva espresso
un giudizio riguardo la capacita' di deambulazione del soggetto
esaminato, pareva superfluo che un nuovo accertamento dovesse essere
espletato nel corso di un'ulteriore apposita visita medica.
Sulla questione era stata molto apprezzata l'iniziativa assunta dal
Direttore dell'U.O. Medicina Legale dell'Azienda USL Citta' di
Bologna il quale, dimostrando una lodevole sensibilita' e venendo
incontro alle esigenze dei soggetti invalidi, aveva dato disposizioni
affinche' i Presidenti delle Commissioni invalidi civili, ciechi,
sordomuti e Legge 104/92, gia' nell'ambito della visita di
invalidita', sussistendo le condizioni, compilassero il certificato
relativo al rilascio del contrassegno in questione. Tale modifica
della procedura, indubbiamente, comportava che alcun onere poteva
piu' essere addebitato agli interessati per il rilascio del
contrassegno, poiche' la visita all'uopo prevista non si rendeva piu'
necessaria.
Poiche' si riteneva che la misura adottata nell'ambito dell'Azienda
USL Citta' di Bologna rappresentasse un'importante agevolazione in
favore di una categoria di soggetti gia' fortemente penalizzata, il
Difensore civico chiedeva alle Aziende USL della regione
Emilia-Romagna di volere valutare se, nell'ambito delle rispettive
sfere di competenza territoriale, sussistesse la possibilita' di
attuare un'analoga iniziativa che consentisse la semplificazione
della procedura in questione.
Dopo avere ricevuto risposta da tutte le Aziende USL regionali,
risultava che soltanto due Aziende USL ritenevano di non potere
rilasciare gratuitamente la certificazione riguardante lo stato di
invalidita' ai fini del contrassegno per la circolazione e sosta dei
veicoli al servizio di persone invalide. Della questione, pertanto,
veniva investita la Direzione generale Sanita' e Politiche sociali
della Regione ed il Direttore rispondeva precisando che la
certificazione in questione doveva essere rilasciata gratuitamente su
tutto il territorio regionale.
In seguito a tale comunicazione tutte le Aziende USL regionali si
sono uniformate a tale nuova procedura.
- ACER Bologna - Regione Emilia-Romagna - Assessorato Programmazione
territoriale, Politiche abitative e Riqualificazione urbana
Fascicolo 149/d'ufficio
Il Difensore civico ha ritenuto di informare l'Assessorato
Programmazione territoriale, Politiche abitative e Riqualificazione
urbana della Regione Emilia-Romagna delle molteplici lamentele
pervenute all'ufficio da parte di assegnatari di alloggi pubblici
gestiti dall'Azienda in questione, i quali, nell'ambito della
procedura attivata per la definizione della situazione economica ai
fini del calcolo del canone di locazione, si vedono ancora oggi
richiedere l'estratto conto bancario al 31/12/2002, senza
possibilita' di presentare una dichiarazione sostitutiva.
Tale comportamento e' stato ritenuto contrario alle seguenti
disposizioni:
- art. 4, comma 1, DLgs 109/98, il quale prevede che il
richiedente la prestazione sociale agevolata presenti un'unica
dichiarazione sostitutiva, concernente le informazioni necessarie per
la determinazione dell'indicatore della situazione economica
equivalente;
- art. 3, comma 2, lett. a), DPCM 221/99, il quale dispone
che ai fini della determinazione del patrimonio mobiliare devono
essere considerati, tra gli altri, i depositi ed i conti correnti
bancari e postali, per i quali va assunto il valore del saldo
contabile attivo, al netto degli interessi, alla data del 31 dicembre
dell'anno precedente alla presentazione della dichiarazione
sostitutiva di cui all'art. 6 (previsione della presentazione di
dichiarazione sostitutiva resa ai sensi degli artt. 2 e 4 della Legge
15/68 e successive modificazioni, nonche' artt. 1 e 2 DPR 403/98);
- art. 33, comma 1, L.R. 24/01: tale disposizione,
indubbiamente, prevede che l'Ente erogatore possa richiedere
all'assegnatario informazioni o documentazione delle quali non e' in
possesso e che non possono essere acquisite d'ufficio. Nel caso di
specie, pero', eventualmente l'unica documentazione che potrebbe
essere richiesta e' esclusivamente quella relativa al saldo contabile
attivo del conto corrente ma non quella avente ad oggetto l'estratto
conto bancario, nel quale vengono indicati anche dati che non
rientrano nella previsione normativa (tutti i movimenti del
correntista).
Tutto cio' premesso ed in riferimento alla posizione gia' assunta con
la risposta fornita ad un'interrogazione di alcuni Consiglieri, con
la quale veniva assicurato un intervento della Giunta presso le ACER
e gli Enti locali, si chiedeva all'Assessore di volere cortesemente
informare l'ufficio circa i provvedimenti adottati al fine di porre
fine a richieste di documenti non previsti dalla vigente normativa in
materia di valutazione della situazione economica dei soggetti che
richiedono prestazioni sociali agevolate.
Gentilmente, l'Assessore rispondeva che il problema era stato
discusso nell'ambito di incontri e riunioni tenutesi in materia di
canoni e.r.p. con le stesse ACER regionali, le Organizzazioni
sindacali e delegazioni di assegnatari. L'interlocutore riferiva,
inoltre, che non erano stati adottati provvedimenti formali, poiche',
da un lato la competenza in materia di ISE/ISEE, anche ai fini
dell'applicazione dei canoni, non appartiene alla Regione, bensi'
all'INPS, CAF, ACER e Comuni e, dall'altro lato, in seguito
all'entrata in vigore della L.R. 24/01, le ACER non sono piu' enti
sottoposti a controllo regionale.
Il Presidente di ACER della provincia di Bologna, con nota
indirizzata all'ufficio e per conoscenza all'Assessore regionale,
assicurava che l'ACER di Bologna non aveva mai ostacolato l'invio di
dichiarazioni sostitutive da parte degli assegnatari ed, anzi, agli
stessi era stata esplicitamente richiesta proprio la produzione di
una dichiarazione sostitutiva unica e di una dichiarazione
sostitutiva di certificazione.
Il Presidente sottolineava, infine, che non risultava che i CAF
avessero male interpretato le disposizioni ricevute, che del resto
corrispondevano alla convenzione che gli stessi avevano stipulato con
l'INPS.
4. La nuova legge sul Difensore civico
L'anno 2003 s'e' chiuso con l'approvazione di una nuova legge sul
Difensore civico (L.R. 16 dicembre 2003, n. 25), in merito alla quale
ritengo pertinente anche alla mia funzione esporre alcune
osservazioni. A causa della mia precoce esperienza di difensore
civico non azzardo analisi piu' approfondite e proposte concrete. Non
posso peraltro tacere l'impressione che, il legislatore, postosi il
problema (il che e' gia' un titolo di merito), non abbia saputo
indicare soluzioni concrete ed efficaci.
4.1. L'indennita' di funzione
Segnalo innanzi tutto - togliendo di mezzo, come si vedra', ogni
motivo d'imbarazzo - l'innovazione peggiorativa recata dalla legge in
merito all'indennita' del Difensore civico, che mi sento di definire
un ossimoro istituzionale. La nuova legge, mentre, nella prospettiva
di una significativa riforma dello statuto, affida al Difensore
civico "il compito di rafforzare e completare il sistema di tutela e
di garanzia del cittadino nei confronti della pubblica
Amministrazione, nonche' di assicurare e promuovere il buon andamento
e l'imparzialita' dell'azione amministrativa, secondo i principi di
legalita', trasparenza, efficienza, efficacia ed equita'" (art. 1),
ha soppresso l'indennita' di residenza precedentemente prevista, in
coincidenza, per ironia del caso, che non e' mai avaro di
combinazioni, con la nomina del primo Difensore civico non residente
a Bologna e unitamente alla soppressione, ad opera della legge
finanziaria, del rimborso delle spese di viaggio. E' stato, insomma,
annullato il principio affermato al momento dell'istituzione del
Difensore civico con la Legge del 1984, ribadito con la successiva
Legge del 1995 e condiviso da tutte le Regioni, che parifica
l'indennita' del Difensore civico a quella dei consiglieri regionali.
I verbali del procedimento legislativo riguardante la Legge 25/03 non
sono ancora pubblicati, ma escluderei che si tratti di una svista, di
un mero errore di omissione. Si tratterebbe, dunque, di una scelta
che oggettivamente non avrebbe altro significato se non quello della
menomazione della dignita' istituzionale della funzione della difesa
civica, mettendo quindi a nudo il senso banalmente enfatico di certe
formule legislative.
Mi affretto, peraltro, a sgomberare irrevocabilmente dal tavolo il
mio interesse personale, perche' la questione e' troppo seria per
essere inquinata da un elemento di questo tipo, augurandomi che il
legislatore voglia rivedere la sua decisione al piu' presto
possibile, stabilendo che gli effetti decorreranno a favore del
prossimo Difensore civico. Importa solo ristabilire il principio.
4.2. Autonomia e indipendenza del Difensore civico
La proposizione legislativa che ho citato nel paragrafo precedente
relativa al compito del Difensore civico e' integralmente mutuata,
parola per parola, dal progetto di Legge n. 189 dell'on. Boato,
concernente l'istituzione del Difensore civico nazionale.
Ora, com'e' noto, mentre nell'ordinamento statale l'istituzione del
Difensore civico costituirebbe una novita', nella regione
Emilia-Romagna questa forma di tutela dei cittadini nei confronti
della pubblica Amministrazione esiste da vent'anni, non e' una
novita'. Le circostanze sono, dunque, del tutto opposte e cio'
comporta che la medesima formula legislativa assume una valenza
diversa. Nell'ordinamento statale si tratta, effettivamente, di una
nuova forma di tutela dei cittadini che viene ad aggiungersi a quelle
classiche e tradizionali; nell'ordinamento regionale, dove nulla si
aggiunge, la stessa affermazione risulta priva di significato.
Il progetto Boato, inoltre, a differenza della legge regionale, non
si limita ad affermare il valore dell'istituzione del Difensore
civico, ma, per rendere possibile la realizzazione della progettata
nuova forma di tutela, prevede concrete soluzioni normative e
organizzative, che invece mancano nella legge regionale. Infatti,
all'art. 10 del progetto e' previsto che, con provvedimento adottato
dal Difensore civico nazionale, sentito il Ministro del Tesoro, del
Bilancio e della Programmazione economica, e' stabilita la dotazione
organica dell'ufficio, articolata per qualifiche. La legge si limita
a stabilire il numero massimo dei posti in dotazione organica e che i
posti previsti in organico sono coperti da dipendenti pubblici,
collocati in posizione di comando. In un qualunque momento il
Difensore civico nazionale, con provvedimento motivato, puo'
interrompere il rapporto con un dipendente, sostituendolo con un
altro. Mi affretto a dichiarare che ho citato le previsioni del
progetto Boato non per formulare analoghe proposte, ma per riuscire
a spiegare meglio qual e', secondo me, il problema che intendo
evidenziare. Mi sono fermamente convinto che il servizio del
Difensore civico dovrebbe essere diversamente concepito e organizzato
(e su questa convinzione tornero' piu' avanti), ma ritengo che non
spetti a me proporre puntuali soluzioni concrete.
La previsione nel progetto Boato di concrete formule organizzative,
che mancano del tutto nella legge regionale, rende infatti evidente
che il compito da quest'ultima stabilito, di rafforzare e completare
il sistema di tutela e di garanzia dei cittadini nei confronti della
pubblica Amministrazione, ecc., e' affidato unicamente alla capacita'
e alla buona volonta' del Difensore civico (al quale intanto si
decurta l'indennita'), che non si capisce cosa e come possa fare
personalmente di piu' e di meglio di cio' che e' stato fatto nei
precedenti vent'anni (perche' questo, a ben vedere, si riduce la
previsione legislativa), dal momento che in tutta la legge non c'e'
una sola misura di carattere organizzativo o procedimentale volta a
favorire la realizzazione del suddetto compito. Al secondo comma
segue invero l'affermazione secondo cui "La Regione assicura al
Difensore civico, non sottoposto ad alcuna forma di dipendenza
gerarchica o funzionale, lo svolgimento della sua attivita' in
condizioni di autonomia, liberta', indipendenza, efficacia e provvede
a dotare gli uffici competenti delle adeguate risorse umane e
strumentali.". Ma si tratta di una mera petizione di principio, che
rimette l'attuazione delle garanzie previste alle decisioni di altri
organi regionali politici e amministrativi, il che, mentre puo'
essere assolutamente tranquillizzante sul piano della personale
sensibilita' politica e amministrativa dei titolari di tali organi,
sul piano dei principi si risolve nella negazione delle garanzie
previste.
La situazione di fatto del servizio e' tale che si e' entrati
(purtroppo per la prematura morte alla fine dello scorso anno di un
giovane dipendente, nonche' per l'unilaterale ritiro della
funzionaria del Comune di Bologna, a quanto mi risulta
unilateralmente deciso) e si sta precipitando in una fase di
autentica dissoluzione per collocamenti a riposo, tra cui il
Responsabile del Servizio, trasferimenti e scadenza di un contratto
di collaborazione coordinata continuativa, senza alcuna garanzia
normativa di rapide e idonee sostituzioni.
A mio parere l'ordinamento deve tener conto, in una qualche forma che
non spetta certamente a me proporre, della specialita' del servizio
del difensore, organo di garanzia, al quale, per dovere istituzionale
sono e debbono essere estranee le dimensioni della politica e
dell'amministrazione, per cui non puo' essere strutturato in base a
questo giusto principio di separazione e ai parametri compartimentati
e quantitativi che derivano da tale principio. Il servizio del
Difensore civico deve essere esclusivamente un servizio, snello e
qualitativamente efficiente, di supporto all'attivita' del difensore,
che ovviamente si deve autogestire quel tanto che e' necessario (in
ordine al personale, alla attrezzature ecc.) per essere funzionante.
Dall'organizzazione del servizio dipendono l'autonomia e
l'indipendenza del Difensore civico, che altrimenti sarebbero
destinate a rimanere parole in liberta' scritte sulla carta.
4.3. La sede
Il Difensore civico ha sede al settimo piano di Largo Caduti del
Lavoro n. 4. L'ingresso si trova dopo uno spigolo, a fianco
dell'entrata di uno scarico merci, di fronte al quale staziona sempre
qualche Tir. Largo Caduti del Lavoro e' un grande parcheggio in pieno
centro, affollato e trafficato, disagevole da attraversare. Una
piccola anonima targa segnala la presenza del Difensore civico, senza
alcun segno o scritta che indichi l'appartenenza alla regione
Emilia-Romagna, sicche' potrebbe essere piu' facilmente percepito
come uno studio professionale. Cio' che in particolare intendo porre
in risalto e' che un perverso sviluppo di barriere architettoniche
rende impossibile a persone portatrici di handicap l'accesso al
piccolissimo ascensore. Pongo criticamente questa situazione
logistica in relazione alla disposizione di cui al terzo comma
dell'art. 2 della nuova legge, secondo la quale spettano al Difensore
civico le iniziative di mediazione e di conciliazione dei conflitti
con le finalita' di rafforzare la tutela dei diritti delle persone e,
in particolare, per la protezione delle categorie di soggetti
socialmente deboli.
5. La difesa civica nei confronti delle Amministrazioni locali
5.1. Il rapporto convenzionale. Irrilevanza dell'art. 11 del TUEL
I Comuni convenzionati col Difensore civico regionale sono 17
(Bologna, Borgo Tossignano, Budrio, Casalecchio di Reno,
Casalfiumanese, Castel Guelfo, Castel del Rio, Castel San Pietro
Terme, Crevalocore, Dozza, Fontanelice, Imola, Mordano, Pieve di
Cento, Ravenna, Sant'Agata Bolognese, Zola Predosa). E' appena il
caso di ricordare che il Comune di Bologna ha disdetto la convenzione
gia' nel 2002, con un anno di anticipo rispetto alla scadenza, nel
mese di ottobre 2003 ha ritirato la funzionaria che, in base alla
convenzione, era tenuto a dislocare presso l'ufficio del Difensore
civico, non so se versa la quota convenzionalmente pattuita in
convenzione con l'ufficio di presidenza, ma a tutt'oggi, non avendo
ancora provveduto alla nomina del proprio Difensore civico, si avvale
delle prestazioni mie e del mio ufficio.
Nei confronti dei Comuni convenzionati il Difensore civico ha
esercitato 525 interventi, di cui 202 nei confronti del Comune di
Bologna, 251 nei confronti del Comune di Ravenna (sicche' su questi
due Comuni capoluogo si e' quasi interamente concentrata la funzione
di difesa civica per quello che riguarda l'amministrazione locale).
Nei confronti di tre Comuni convenzionati (Casalfiumanese, Borgo
Tosignano e Castel del Rio) non e' stato esercitato alcun intervento;
un solo intervento e' stato esercitato nei confronti dei Comuni di
Pieve di Cento, di Dozza e Castel Guelfo, 2 nei confronti dei Comuni
di Sant'Agata Bolognese, Castel del Rio e Fontanelice, per vedere
finalmente un numero di interventi espresso con una cifra doppia (18)
nei confronti del Comune di Casalecchio di Reno. 186 interventi,
infine, sono stati svolti nei confronti di Comuni non convenzionati,
che non hanno istituito il Difensore civico ai sensi dell'art. 11 del
TUEL n. 267 del 2000.
Per ulteriori e piu' specifiche informazioni si rinvia alle allegate
relazioni di ciascuno dei suddetti Comuni.
Le relazioni relative agli anni precedenti (a risalire dal 2002)
rilevano il dato quantitativamente deludente relativo ai Comuni non
capoluogo di provincia e del fenomeno ipotizzano spiegazioni invero
non appaganti. Da un lato, si ragiona voltairianamente, come se,
senza nulla togliere alla qualita' delle nostre Amministrazioni
locali, vivessimo nel migliore dei mondi possibili, sicche' si
avrebbero pochissimi reclami perche' i cittadini non avrebbero di che
lamentarsi per l'attivita' dei propri amministratori; d'altra parte
si adombra il sospetto che il servizio di difesa civica non sia
adeguatamente pubblicizzato.
Piu' probabilmente si tratta invece di un fenomeno che scaturisce da
una situazione di difficolta' ben piu' profonda, che investe tutto il
sistema di difesa civica a livello locale nel nostro Paese e nella
nostra regione.
I Comuni emiliano-romagnoli che hanno istituito il Difensore civico
sono 95, tra cui tutti i capoluoghi di Provincia, le Province sono 3
(Ferrara, Modena e Ravenna). I Difensori civici locali (provinciali e
comunali) sono 30, che esercitano la funzione di difesa civica nei
confronti di 78 Comuni e delle 3 Province. Ai primi bisogna
aggiungere i 17 Comuni, che sono stati prima elencati, nei confronti
dei quali la funzione e' esercitata dal Difensore civico regionale.
Sette Difensori civici hanno competenza nei confronti di un solo
Comune. Gli altri hanno competenza su piu' Comuni, in base ad
associazione della funzione di difesa civica o a convenzioni per il
suo esercizio. L'associazione intercomunale Valle dell'Idice
raggruppa a questo fine 5 Comuni; l'associazione intercomunale della
pianura forlivese: 4; l'associazione intercomunale della Bassa
Romagna: 17; l'Unione dei Comuni del Sorbara: 4, il cui Difensore
civico ha competenza anche nei confronti di altro comune della
provincia, che non fa parte dell'Unione; l'Associazione intercomunale
Tresinaro - Secchia: 3; la Comunita' Montana Unione Valle del
Samoggia: 6; l'Unione Terre di Castelli: 6; la Comunita' Montana
Valle del Parecchia: 4. Un Difensore civico ha competenza su quattro
Comuni e 2 su 2 Comuni ciascuno.
Questi dati sembrano mettere in luce l'irrilevanza dell'art. 11 del
TUEL, il quale stabilisce che gli statuti comunali e provinciali
hanno la facolta' di istituire l'Ufficio del Difensore civico.
L'irrilevanza, per il vero, va fatta risalire piu' indietro, giacche'
l'art. 11 deriva dall'art. 8 della Legge sull'ordinamento delle
autonomie locali n. 142 del 1990. E si tratta di un problema al quale
e' difficile dare risposte risolutive. Per cui non deve meravigliare
se la risposta non l'ha data certamente la Regione con l'abrogata
Legge n. 15 del 1995 e ora col primo comma, lett. e) dell'art. 2,
stabilendo che il Difensore civico regionale interviene anche nei
confronti "degli Enti locali in forma singola o associata, su
richiesta degli stessi, previa stipula di apposite convenzioni
approvate dai rispettivi organi consiliari competenti". (Questa
disposizione, quanto meno ambigua per quanto riguarda l'Organo
regionale competente ad approvare la convenzione, deve essere letta
in connessione con l'art. 12, dove si precisa che "la domanda di
convenzione (......) deve essere rivolta all'Ufficio di Presidenza
del Consiglio regionale che la esamina ed approva ad ogni effetto il
relativo atto, d'intesa con il Difensore civico.").
Credo che nessuno abbia in tasca la soluzione del problema, che forse
va data a livello nazionale, ma forse la Regione puo' concorrere in
modo piu' organico e concreto di quanto non sia possibile con
l'attuale convenzionamento o con l'affidarne il compito al
coordinamento dei Difensori civici locali, secondo la previsione di
cui alla lett. c) del primo comma dell'art. 13, LR. 25/03, secondo
cui il coordinamento deve promuovere lo sviluppo della difesa civica
regionale sull'intero territorio regionale, ignorando cosi' le
ragioni dell'irrilevanza della difesa civica nell'ordinamento
locale.
Questo problema, peraltro, era gia' approdato in Parlamento nelle
passate legislature e v'e' tornato in questa legislatura, con due
proposte di legge. Prima. Proposta di Legge n. 189 dell'on. Boato,
presentata il 20 maggio 2001, che riguarda l'istituzione del
Difensore civico (nazionale, regionale e locale), e rappresenta una
sorta di legge quadro sulla difesa civica. Per quanto riguarda la
difesa civica locale, rilevato che poco piu' di un centinaio di
Comuni su oltre 8.000 e una decina di Province avevano istituito un
Difensore civico alla data di presentazione della proposta (ma queste
cifre sono nel frattempo cresciute, sia pure non di molto e, in
particolare, senza mutare il senso del fenomeno), si prevede
l'abrogazione dell'art. 11 del TU e una disciplina quadro della
difesa civica. La facolta' di istituire un autonomo Ufficio del
Difensore civico locale e' prevista per i Comuni con popolazione
superiore ai 50 mila abitanti, mentre i Comuni con popolazione
inferiore ai 50.000 abitanti utilizzano l'Ufficio del Difensore
civico locale istituito dalle Amministrazioni provinciali. (Per
quanto riguarda l'art. 8 della Legge 142/90, il testo riguardante il
Difensore civico fu introdotto dalla Camera dei deputati in
riferimento ai Comuni con popolazione superiore a 40.000 abitanti, ma
il limite fu soppresso nel testo modificato dal Senato). Secondo.
Disegno di Legge n. 693, d'iniziativa del sen. Ripamonti, comunicato
alla Presidenza del senato il 27 settembre 2001, che propone la
modifica dell'art. 11 del TUEL, rendendo obbligatoria l'istituzione
del Difensore civico da parte dei Comuni e delle Province. Il DDL
prevede pure diverse modalita' di nomina del Difensore civico (alcune
delle quali discutibili e, per il vero, non essendo originali, gia'
criticamente discusse) e interessanti puntualizzazioni in ordine alle
competenze del Difensore civico.
5.2. La difesa civica nei confronti di Comuni non convenzionati.
Prassi e problematica
Ho gia' rilevato che nel 2003 sono stati esercitati 186 interventi
nei confronti di Comuni non convenzionati. Il problema della
competenza del Difensore civico regionale (come pure degli altri
Difensori civici locali) neppure si pone se l'Ente locale di cui si
tratta non ha previsto l'istituzione del Difensore civico nel proprio
statuto. Tuttavia, finora, il Difensore civico regionale s'e'
ritenuto competente, ma, come anticipato, almeno sotto l'aspetto
formale, non condivido questa opinione. Mi risulta, a parte il caso
di quei difensori civici regionali o delle Province autonome
convenzionati con tutti i Comuni della rispettiva regione o provincia
(come il difensore civico della Liguria e della Provincia autonoma di
Trento) che i difensori civici regionali affrontano il problema
secondo varie modalita' e criteri. Capisco il valore democratico
della scelta di esercitare la difesa civica cosi' nei confronti dei
Comuni convenzionati come di quelli non convenzionati, ma ritengo
anche che essa, piu' che assumere una funzione di supplenza, copra (e
quindi finisce con l'occultare), con una sorta di difesa civica free
lance, un problema le cui molteplici implicazioni politiche,
istituzionali e organizzative dovrebbero essere valutate e
possibilmente risolte con scelte legislative, statutarie e
regolamentari. Fra le quali implicazioni includo la considerazione
che non sarebbe lecito al Difensore civico "coprire" una (non) scelta
dell'Amministrazione locale, che e' pur sempre un indice della
qualita' della stessa, che al Difensore civico, al contrario, spetta
rilevare e denunciare.
Sul piano pratico, nessun cittadino che si rivolgera' a questo
Ufficio rimarra' senza ricevere una qualche forma di assistenza. Al
di la' dei compiti istituzionali, il Difensore civico da sempre
fornisce, a chiunque gli si rivolga, attivita' di orientamento, di
consulenza e di assistenza, attraverso la quale, nei casi di cui si
sta parlando, si potra', nei modi opportunamente valutati caso per
caso, supplire a quell'attivita' di difesa civica che gli Enti locali
non hanno previsto e disciplinato, ma sempre evitando accuratamente
confusioni istituzionali.
Concludo le mie osservazioni su questo tema accennando timidamente
(si tratta, infatti, di un'idea sulla quale non ho avuto ancora la
possibilita' di riflettere) alla possibilita' di un intervento
legislativo regionale che, cosi' come in passato aveva stabilito la
competenza del Difensore civico sulle materie di competenza regionale
delegate agli Enti locali ai sensi del vecchio art. 118 Cost., ora,
utilizzando il criterio di flessibilita' previsto dalla
giurisprudenza costituzionale in materia di controlli sostitutivi
regionali, estenda la competenza del Difensore civico a determinate
materie esercitate da Enti locali che non hanno istituito il
Difensore civico (cfr. sentt. c. cost. nn. 43, 69, 70, 71, 72 e 73
del 2004).
6. Pluralita' di competenze del Difensore civico e pluralita' di
discipline. Prassi e osservazioni
La proiezione della difesa civica regionale verso le Amministrazioni
statali operanti in ambito regionale, da un lato, e le
Amministrazioni locali, dall'altro, pone il problema delle norme
applicabili nei vari casi, stante le reciproche sfere di autonomia.
La configurazione della difesa civica e' lasciata quasi totalmente
all'apprezzamento discrezionale delle fonti regionali e locali, con
la conseguenza che la normativa in materia e' molto frammentata e,
per quanto riguarda la difesa civica locale, anche lacunosa.
Peraltro, la dottrina e' riuscita a compiere uno sforzo di
astrazione, ricavando da questo materiale vario e scoordinato i
caratteri essenziali configuranti principi generali della materia. Ma
restano zone d'ombra e difficolta' interpretative.
Per quanto concerne le Amministrazioni statali, come s'e' visto, ai
sensi dell'art. 16 della Legge n. 127 del 1997, il Difensore civico
regionale esercita le medesime funzioni che egli esercita nei
confronti delle strutture regionali. Per questo e da quanto e'
risultato leggendo il resoconto dell'attivita' svolta non emergono
problemi e non ho particolari osservazioni da fare.
Per quanto, invece, riguarda le Amministrazioni locali, in mancanza
di analoga disposizione, che la Regione non puo' porre stante
l'autonomia degli Enti locali (ma forse potrebbe essere prevista in
sede di convenzione), e stante che la normativa locale e' in genere
abbastanza lacunosa, non mancano problemi e osservazioni. L'esame
dell'attivita' svolta nello scorso anno ha posto in evidenza le
seguenti due questioni.
6.1. Interventi a richiesta di membri delle assemblee elettive
Il sesto comma dell'art. 3 della legge regionale sul Difensore civico
stabilisce che egli non puo' intervenire a richiesta di consiglieri
regionali. Una analoga disposizione non si trova negli ordinamenti
locali. Evidentemente ragionando in base alla reciproca autonomia
dell'ordinamento regionale e dell'ordinamento locale e alla mancanza,
in quest'ultimo, di una norma analoga a quella regionale, si e'
ritenuto di dover intervenire sulla richiesta di consiglieri
comunali; richieste che talvolta hanno riguardato questioni relative
all'andamento dei lavori dei Consigli comunali e all'applicazione
delle norme regolamentari interne. E' anche talora accaduto che
l'intervento del Difensore civico non e' risultato gradito al
consigliere, con vivace seguito polemico.
Devo dire con franchezza che non condivido l'orientamento seguito in
passato. A mio modo di vedere, nelle situazioni in cui il Difensore
civico venisse inevitabilmente attratto nel pur legittimo contrasto
di opinioni politiche, che lo vedrebbe schierato a favore di una
parte o contro l'altra, va fatta valere una fondamentale ragione di
principio attinente all'indeclinabile valore-guida dell'autonomia e
imparzialita' che deve guidare il Difensore civico nell'esercizio
della sua funzione. La quale, da un lato, deve mirare a garantire, in
termini obiettivi generali, l'imparzialita' e il buon andamento della
pubblica Amministrazione e, d'altro lato, a tutelare, sotto un
profilo soggettivo individuale, i diritti e gli interessi di chiunque
abbia subito abusi, omissioni, ritardi, in una parola che abbia
subito casi di malamministrazione. Per svolgere tale funzione il
Difensore civico puo' agire anche d'ufficio e, naturalmente,
sull'impulso di segnalazioni da chiunque gli pervengano. Il divieto
sancito dalla disposizione regionale, a mio avviso, e' intrinseco al
sistema della difesa civica e come tale opererebbe anche se non fosse
previsto. Rimane - ed e' fuor di dubbio - l'imperativo della legge
(adopero il termine in senso materiale), per cui non possono essere
collocate sullo stesso piano la legge che sancisce perentoriamente il
divieto e quella che non ha alcuna previsione al riguardo. In questo
secondo caso non mi pare escluso che il difensore civico possa sempre
trarre motivo anche da interrogazioni o interpellanze o segnalazioni
di consiglieri per esercitare il proprio intervento, ma avendo sempre
come punto saldo il valore guida della sua imparzialita', il suo
dovere istituzionale di sottrarsi alla pur legittima logica della
dialettica politica. Il punto centrale di questa riflessione e' che
il Difensore civico deve mantenersi rigorosamente estraneo rispetto
alla sfera dove si assumono le scelte politiche, alle quali si
dovranno uniformare le decisioni amministrative, ma deve nel
frattempo esprimere attitudine ad influire dall'esterno sui contenuti
che le scelte politiche stesse potranno assumere. Il procedimento per
la formazione delle decisioni passa attraversa due fasi: la prima
attiene al progetto politico, che si forma attraverso il confronto
maggioranza e opposizione e la relativa dialettica politica, la
seconda attiene alla formazione del progetto istituzionale, in cui si
converte, nelle forme istituzionali previste dall'ordinamento, il
progetto politico. L'intervento del difensore civico, come dei
giudici e d'ogni altra forma di controllo, agisce sulle forme
concrete in cui si attua (o non si attua o si attua male) il progetto
istituzionale.
6.2. Questioni attinenti ai rapporti di pubblico impiego
Il quinto comma dell'art. 3 della L.R. n. 25 stabilisce che il
Difensore civico non puo' intervenire a richiesta di soggetti legati
da rapporto di impiego pubblico con le Amministrazioni o i soggetti
di cui all'art. 2, comma 1, per la tutela di posizioni connesse al
rapporto stesso. S'e' ritenuto che questa disposizione abbia una
valenza generale e debba essere applicata anche nei confronti delle
Amministrazioni locali (essendo, peraltro, pacifico che non si
applica nei confronti delle Amministrazioni statali). Questa opinione
risulta anche confortata dal fatto che il divieto di cui si tratta e'
ripetuto in tutti i progetti presentati in Parlamento nelle varie
legislature.
Sul piano del diritto positivo, peraltro, ritengo che il divieto,
laddove espresso, non possa assumere il carattere di principio
generale. Ritengo, al contrario, che laddove tale divieto non sia
espresso, non puo' ritenersi inibito in ogni caso l'intervento del
Difensore civico, ma bisogna valutare ogni singolo caso anche in base
alle altre valutazioni che l'ordinamento richiede che siano fatte per
quanto attiene alla tutela del cittadino nei confronti di atti di
malamministrazione.
7. Interventi extra ordinem
La Sezione regionale dell'Emilia-Romagna dell'Agenzia autonoma per la
gestione dell'Albo dei segretari comunali e provinciali aveva chiesto
l'attivazione dell'esercizio del controllo sostitutivo, ai sensi
dell'art. 32 della L.R. n. 7 del 1992, sostituito dall'art. 36, comma
9, della L.R. n. 3 del 1999, in seguito al mancato avvio della
procedura per la copertura delle Segreterie convenzionate,
rispettivamente, dei Comuni di Calestano e Terenzo (PR) e Lesignano
de' Bagni (PR) e Bibbiano (RE) e della Segreteria del Comune di San
Giovanni in Persiceto. A seguito dell'intervento del Difensore
civico, i Sindaci dei Comuni interessati procedettero a individuare i
rispettivi Segretari comunali.
Non si segnalano casi di controllo eventuale ex art. 127 del TUEL o
di costituzione di parte civile ex art. 36, Legge n. 104 del 1992.
8. La difesa civica nei confronti delle Amministrazioni statali
Il Difensore civico, nel 2003, nonche' nei confronti delle
Amministrazioni periferiche dello Stato, ha ritenuto di esercitare le
proprie competenze anche nei confronti di aziende erogatrici di
servizi, che, a parte il merito delle questioni, hanno corrisposto
alle richieste. I procedimenti aperti sono stati 195. 53 sono stati
subito archiviati in quanto le richieste riguardavano amministrazioni
operanti in settori sottratti alla competenza del Difensore civico,
ai sensi dell'art. 16 della Legge n. 127 del 1997, per ragioni di
materia (giustizia 14 e difesa 2) o di territorio (uffici diplomatici
e altro 37). I restanti procedimenti sono suddivisi come segue per
Amministrazioni: enti previdenziali 40, aziende erogatrici servizi
pubblici 37, finanze 27, interni 4, istruzione 11, trasporti 6, beni
ambientali 4, e ANAS 1.
9. Conclusioni
Nonostante che non si tratti piu' oramai di un istituto di
recentissima formazione, il Difensore civico deve essere considerato
un istituto non ancora del tutto integrato nell'ordinamento, ne'
abbastanza diffuso a livello comunale e provinciale, ne'
adeguatamente conosciuto o male conosciuto dai cittadini. Forse una
certa sua rappresentazione come una sorta di Rambo che risolve tutte
le situazioni (mentre la quasi totalita' delle Amministrazioni
locali, cui la riforma costituzionale del Titolo V ha consegnato,
unicum al mondo, sia pure in linea di principio, la totalita' della
funzione amministrativa, non e' coperta dalla difesa civica) finisce
col generare delusione e sfiducia. L'esperienza, di per se', non puo'
essere considerata deludente, perche' le cause della delusione e
della sfiducia sono esterne, ne', per renderla piu' incisiva, occorre
che la difesa civica sia assistita da poteri coercitivi.
Occorre pero' indagare a fondo per scoprire le reali difficolta'
insite nell'ordinamento e, soprattutto, nelle sue modalita' attuative
e organizzative. L'art. 11 del TU del TUEL stabilisce che lo statuto
comunale e quello provinciale possono prevedere l'istituzione del
Difensore civico, oltre che con i tradizionali compiti di garanzia
dell'imparzialita' e del buon andamento della pubblica
amministrazione comunale o provinciale, segnalando anche di propria
iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi
dell'Amministrazione nei confronti dei cittadini. La dottrina, che
all'istituto del Difensore civico ha dedicato una qualche attenzione,
ha disegnato un "figurino" normativo dell'istituto del Difensore
civico per astrazione dal complesso della normazione statale,
regionale e locale, mettendo in luce contraddizioni e ambiguita' e,
soprattutto, l'ampio spettro delle possibilita' d'intervento che la
formulazione del citato art. 11 riassume. Anche la recentissima Legge
regionale del 16 dicembre amplia la sfera dell'intervento del
Difensore civico, anche se si ferma a mere petizioni di principio.
Orbene, rispetto a questi notevoli e lodevoli intenti dichiarati, la
mia pur ancora scarsa esperienza mi porta a rilevare uno scarto
enorme tra gli obiettivi dichiarati e l'assetto organizzativo, che
tocca punte di emarginazione. Una situazione probabilmente
generalizzata se, dopo un decennio di esperienza della difesa civica
in Italia, la prof. Borgonovo Re, recentissimamente nominata
Difensore civico della Provincia autonoma di Trento, metteva in luce
in un saggio dal titolo suggestivo: La pulce e l'elefante: dieci anni
di difensore civico. Mi pare vano reclamare nuove competenze, che
rischierebbero solo di inquinare il quadro delle attuali competenze
gia' non del tutto coerente, o poteri coercitivi, che snaturerebbero
la vera forza della funzione, che e' quella di convincere e
persuadere (acquisendo le conoscenze necessarie per convincere e
persuadere). Ma, certo, se a malapena si riesce a ricevere reclami e,
in periferia, a realizzare ancora piu' precariamente il contatto coi
cittadini solo in alcuni punti, sara' estremamente difficile
sollevare il servizio del Difensore civico dalla condizione di un
ufficio reclami e renderlo capace di penetrare criticamente nei
concreti meccanismi di funzionamento dell'universo delle pubbliche
Amministrazioni operanti sul territorio regionale.
Bologna, 30 marzo 2004
IL DIFENSORE CIVICO
Antonio Martino