SENTENZA 13 luglio 2004, n. 282
Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Emilia-Romagna 23 aprile 1987, n. 16
CORTE COSTITUZIONALE
(Disposizioni integrative della legge regionale 2 agosto 1984, n. 42
"Nuove norme in materia di enti di bonifica - Delega di funzioni
amministrative"), promossi con 8 ordinanze dell'11 giugno 2003 dal
Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna
In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai
signori:
Gustavo Zagrebelsky, Presidente; Valerio Onida, Guido Neppi Modona,
Piero Alberto Capotosti, Annibale Marini, Franco Bile, Giovanni Maria
Flick, Francesco Amirante, Ugo De Siervo, Romano Vaccarella, Paolo
Maddalena, Alfonso Quaranta, giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge
della Regione Emilia-Romagna 23 aprile 1987, n. 16 (Disposizioni
integrative della legge regionale 2 agosto 1984, n. 42 "Nuove norme
in materia di enti di bonifica - Delega di funzioni amministrative"),
promossi con 8 ordinanze dell'11 giugno 2003 dal Tribunale
amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, rispettivamente
iscritte ai nn. da 613 a 620 del registro ordinanze 2003 e pubblicate
nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie
speciale, dell'anno 2003;
visti gli atti di costituzione del Consorzio irriguo del Canale di
Felino ed altro, della Societa' del Canale di Torrechiara e S.
Michele in Tiorre ed altro, della Societa' della Canaletta de' Rossi
ed altro, della Societa' del Canale Comune di Parma, della Societa'
degli Utenti delle acque del Canale Naviglio Taro e della Regione
Emilia-Romagna;
udito nell'udienza pubblica dell'8 giugno 2004 il Giudice relatore
Valerio Onida;
uditi gli avvocati Franco Bassi per il Consorzio irriguo del Canale
di Felino ed altro, per la Societa' del Canale di Torrechiara e S.
Michele in Tiorre ed altro e per la Societa' della Canaletta de'
Rossi ed altro, Arrigo Allegri per la Societa' del Canale Comune di
Parma, Francesco Soncini per la Societa' degli Utenti delle acque del
Canale Naviglio Taro, Giandomenico Falcon e Luigi Manzi per la
Regione Emilia-Romagna.
Ritenuto in fatto
1. Con otto ordinanze di identico tenore, emesse l'11 giugno 2003
(reg. ord. nn. da 613 a 620 del 2003), e pervenute a questa Corte il
15 luglio 2003, pronunciate nel corso di altrettanti giudizi promossi
da consorzi irrigui per l'annullamento delle delibere regionali di
soppressione dei consorzi irrigui stessi, il Tribunale amministrativo
regionale per l'Emilia-Romagna ha sollevato, in riferimento agli
artt. 117 (vecchio testo), 2, 3, 18, 41, 42 e 43 della Costituzione,
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge
della Regione Emilia-Romagna 23 aprile 1987, n. 16 (Disposizioni
integrative della legge regionale 2 agosto 1984, n. 42 "Nuove norme
in materia di enti di bonifica - Delega di funzioni
amministrative").
Le delibere regionali, emesse sulla base dell'art. 4 della legge
regionale citata, con le quali il Consiglio regionale sopprimeva gli
organismi ricorrenti, stabilendo altresi' che il Consorzio della
Bonifica Parmense subentrasse ad essi nell'esercizio dei compiti e
delle funzioni nonche' nei rapporti giuridici in atto, venivano
impugnate con due ordini di censure, il primo dei quali involgeva
l'estraneita' delle societa' ricorrenti alla previsione soppressiva,
mentre il secondo aveva ad oggetto l'illegittimita' costituzionale
della stessa, se ritenuta applicabile alla fattispecie.
Il giudice amministrativo sollevava questione di legittimita'
costituzionale della disposizione in riferimento, tra gli altri
parametri, all'art. 117 della Costituzione nel testo allora (aprile
2000) vigente. Questa Corte, con l'ordinanza n. 13 del 2002, rilevato
che successivamente all'emanazione dell'ordinanza di rimessione era
entrata in vigore la Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
(Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione), che
ha sostituito l'intero testo dell'art. 117 della Costituzione,
restituiva gli atti al remittente per un nuovo esame dei termini
della questione.
Riassunti gli atti, le societa' ricorrenti eccepivano la persistente
illegittimita' costituzionale della disposizione in riferimento
all'art. 117 (nuovo testo) della Costituzione, per la violazione dei
limiti alla potesta' legislativa concorrente della Regione in materia
di "governo del territorio", della competenza esclusiva dello Stato
nella materia dell'"ordinamento civile", e all'art. 118 (nuovo testo)
della Costituzione, mentre la Regione resistente deduceva essere
ricompresa la bonifica integrale nella materia "agricoltura e
foreste", non piu' inclusa fra quelle di competenza concorrente.
Il giudice a quo espone che, a fondamento della disposta
soppressione, il Consiglio regionale ha posto le seguenti
circostanze: la societa' risulta strutturata come ente ad autonomia
piena con compiti irrigui, in analogia con l'attivita' svolta di
norma dai consorzi di bonifica; le suddette funzioni sono oggi di
competenza dei consorzi di bonifica, essendo intervenuta la
classificazione di bonifica dell'intero territorio in cui opera il
citato consorzio; la societa' opera in base all'atto costitutivo dal
quale si evince che l'ente si configura di fatto come consorzio
irriguo.
Espone ancora il rimettente di aver rigettato con sentenza le censure
delle ricorrenti discendenti dalla loro prospettazione principale,
secondo la quale, non avendo esse veste pubblicistica, ne' essendo
consorzi irrigui di natura amministrativa, sarebbero state
erroneamente assoggettate alla previsione di soppressione dell'art. 4
della legge regionale n. 16 del 1987.
Osserva infatti il giudice amministrativo che, con la legge n. 16 del
1987, la Regione Emilia-Romagna, al dichiarato fine "di conseguire il
necessario coordinamento degli interventi pubblici e privati", ha
sottoposto a regime di bonifica l'intero territorio regionale; ha
previsto l'istituzione, per ogni ambito, di un solo consorzio di
bonifica destinato a succedere in tutti i diritti e gli obblighi ai
preesistenti consorzi ricadenti in tutto o in parte nel comprensorio;
nell'ambito di tale riorganizzazione, con la norma denunciata ha
soppresso, per farle confluire nei nuovi consorzi, tutte le
preesistenti forme di gestione, comprendendo in esse, ritiene il
remittente, anche le gestioni di natura privata titolari di
concessione statale di grande derivazione di acque.
La rilevanza della questione starebbe nel fatto che, essendo la norma
impugnata il presupposto esclusivo e diretto del provvedimento
impugnato, l'accoglimento della questione implicherebbe, per cio'
solo, l'accoglimento dei ricorsi proposti.
Quanto alla non manifesta infondatezza, precisa il remittente che gli
enti soppressi hanno tutti natura privatistica: essi, costituiti in
epoca remota, non sono mai stati oggetto di riconoscimento pubblico,
ne' con le modalita' previste per le persone giuridiche private dal
codice civile vigente, ne' con quelle di cui agli artt. 862 e 863 del
codice civile che disciplinano i consorzi di bonifica e quelli di
miglioramento fondiario. Il finanziamento di tali enti e' interamente
privato e non e' previsto alcun intervento pubblico nelle varie fasi
attinenti alla costituzione, alla nomina degli organi e al
funzionamento. La stessa Regione, nei provvedimenti impugnati,
qualifica i soggetti soppressi come enti che si configurano di fatto
come consorzi irrigui. La circostanza, poi, che sia in dubbio anche
la qualificazione delle societa' ricorrenti quali consorzi volontari
ai sensi dell'art. 918 del codice civile non porterebbe argomenti a
favore della tesi secondo la quale le societa' ricorrenti potrebbero
essere assimilate ad un organismo di diritto pubblico, ma
confermerebbe solo la difficolta' di classificarle in una delle
figure tipiche disciplinate dal codice civile, e la conseguente
necessita' di inquadrare le stesse fra le associazioni non
riconosciute.
Quanto ai dubbi di costituzionalita' riferiti all'art. 117 della
Costituzione, il giudice a quo ritiene che il parametro di
riferimento resti il riparto di competenze fissato dal testo
originario, perche' "il giudizio instaurato e' di natura
impugnatoria, e tende all'annullamento di un provvedimento
autoritativo la cui legittimita' va valutata alla stregua del
principio tempus regit actum", e perche' "l'interesse al ricorso va
valutato con riferimento esclusivo all'eliminazione di "quel"
provvedimento ed al ripristino della situazione giuridica ad esso
precedente, ed in tali termini tuttora persiste".
Cio' premesso, osserva che l'art. 4 della legge della Regione
Emilia-Romagna, prevedendo l'esercizio del potere di soppressione
indistintamente nei confronti di tutti i soggetti, anche di natura
privata, che operano nel settore della bonifica, con il trasferimento
ai nuovi consorzi di bonifica delle funzioni e dei rapporti delle
gestioni soppresse e, quindi, in sostanza, di tutto il patrimonio
dell'organismo soppresso, violerebbe, anzitutto, l'art. 117 della
Costituzione, in quanto la potesta' legislativa regionale nella
materia della bonifica, di natura concorrente, va esercitata nei
limiti derivanti dai principi fondamentali della legislazione statale
nella materia stessa. Come questa Corte ha riconosciuto nella
sentenza n. 326 del 1998, la potesta' legislativa regionale non puo'
spingersi fino all'eliminazione della figura giuridica del consorzio
di bonifica, stante la combinazione che in esso peculiarmente si
realizza fra pubblico e privato per effetto della legislazione
nazionale. Nella specie, la Regione poteva si' riorganizzare le
funzioni di bonifica e, con esse, quelle dei consorzi di bonifica, ma
non sopprimere ogni organismo di gestione ad esso non riconducibile,
ed in particolare associazioni o soggetti di carattere privato.
Tenuto conto della natura concorrente della potesta' legislativa
regionale, solo il legislatore statale potrebbe stabilire il
principio secondo cui l'attivita' di bonifica, anche per gli aspetti
gestionali, deve essere riservata esclusivamente ai consorzi di
bonifica, e quindi prevedere la soppressione di ogni diversa
gestione.
La violazione dell'art. 117 della Costituzione, prosegue il
remittente, sussisterebbe anche con riferimento al cosiddetto limite
del diritto privato, comportante l'inderogabilita', da parte del
legislatore regionale, delle norme dettate dal codice civile per
regolare l'autonomia negoziale privata: nella specie, la norma
impugnata sarebbe precisamente diretta a sopprimere un soggetto di
diritto privato, qualificabile come associazione non riconosciuta, in
contrasto con il suo statuto ed in violazione dell'autonomia
negoziale riconosciuta dagli artt. 36 e seguenti cod. civ.
L'art. 4 della legge della Regione Emilia-Romagna violerebbe anche
gli artt. 2 e 18 della Costituzione in relazione alla soppressione di
associazioni liberamente costituite; gli artt. 41 (in relazione alla
compressione della liberta' di iniziativa economica privata), 42 e 43
della Costituzione, attesa la mancata previsione di un indennizzo a
fronte della devoluzione del patrimonio degli enti da sopprimere ai
consorzi di bonifica istituiti per l'ambito territoriale di
riferimento.
2. Si sono costituite nei giudizi davanti a questa Corte alcune delle
associazioni ricorrenti nei procedimenti a quibus: il Consorzio
irriguo del Canale di Felino (r.o. n. 613 del 2003), la Societa' del
Canale Comune di Parma (r.o. n. 615 del 2003), la Societa' del Canale
di' Torrechiara e S. Michele di Tiorre (r.o. n. 616 del 2003), la
Societa' della Canaletta de' Rossi (r.o. n. 617 del 2003), la
Societa' degli Utenti delle acque del Canale Naviglio Taro (r.o. n.
618 del 2003), chiedendo che le questioni siano dichiarate fondate.
3. In ciascuno degli otto giudizi si e' altresi' costituita la
Regione Emilia-Romagna, chiedendo che la questione sia dichiarata
inammissibile o infondata e riservandosi di esporne le ragioni in
separata memoria.
4. Ha depositato memoria la Regione Emilia-Romagna, resistente nei
giudizi a quibus, che eccepisce anzitutto l'inammissibilita' della
questione per avere il TAR remittente fatto applicazione della norma
impugnata, "definendone irrevocabilmente l'interpretazione", con la
reiezione, disposta con sentenza, di uno dei motivi di impugnazione
(tendente ad accertare l'inapplicabilita' ai consorzi irrigui
ricorrenti dell'art. 4 della legge regionale n. 16 del 1987, perche',
in tesi, riferito ad altri tipi di enti). Cio' in quanto, dando una
certa interpretazione della disposizione, e cosi' applicandola,
avrebbe vincolato questa Corte, predeterminando l'esito
dell'operazione di derivazione delle norme dalle disposizioni
(vengono richiamate in proposito le ordinanze n. 67 del 1998 e n. 346
del 2001). Sarebbe, conscguentemente, ravvisabile anche un difetto di
rilevanza in relazione alla parte di controversia gia' decisa, non
scindibile dal resto. Infine, viene eccepito il difetto di
motivazione sulla perdurante rilevanza, per avere il remittente,
senza motivare in modo esauriente, ritenuto applicabile l'art. 117
della Costituzione nel vecchio testo, dopo la restituzione degli atti
disposta dalla Corte.
In subordine, nel merito, la Regione conclude per l'infondatezza
della questione, osservando in particolare, tra l'altro, quanto
all'asserita violazione dell'art. 117 della Costituzione, che non
sarebbe stato indicato il principio fondamentale violato; e che
l'opera di concentrazione nei consorzi di bonifica - che ne valorizza
il ruolo ed il carattere misto pubblico-privato - di tutte le
funzioni ed attivita' svolte nel settore, anche dai privati, privando
dei compiti irrigui altre organizzazioni, troverebbe sostegno in
quanto affermato dalla sentenza n. 326 del 1998.
Quanto alla violazione del limite del diritto privato, osserva che la
scomparsa dell'ente e' la mera conseguenza della scomparsa delle sue
uniche funzioni, concentrate nei consorzi di bonifica, nell'ambito di
un profondo riordinamento organizzativo del sistema, riguardante
anche attivita' svolte da soggetti privati, ma solo in quanto si
tratti di funzioni di interesse generale, di rilievo pubblico, non di
funzioni proprie dell'autonomia privata.
In proposito ricorda, tra l'altro, che alla stregua dell'art. 1 della
legge 5 gennaio 1994, n. 36 - attuata dal DPR 18 febbraio 1999, n.
238 (artt. 1 e 2) - "tutte le acque ... sono pubbliche e
costituiscono una risorsa che e' salvaguardata ed utilizzata secondo
criteri di solidarieta'", e che la gestione del demanio idrico spetta
alle Regioni ed agli enti locali. Tali norme, costituenti principi
fondamentali ai sensi dell'art. 117 della Costituzione, avrebbero
universalizzato il rilievo pubblicistico delle funzioni svolte dai
privati in materia di bonifiche, sicche' tutti i consorzi operanti
nell'ambito delle acque, anche relativamente "minori", non avrebbero
"alcun titolo di detenzione e trattamento di tali acque che non sia
esattamente l'appartenenza al sistema pubblico/privato delle
bonifiche".
5. Nel giudizio introdotto con r.o. n. 615 del 2003, in prossimita'
dell'udienza ha depositato memoria la Societa' del Canale Comune di
Parma, concludendo per la fondatezza della questione.
La parte privata, che fa, tra l'altro, presente - anche ai fini dei
limiti che l'efficacia ex tunc della pronuncia di incostituzionalita'
potrebbe incontrare negli effetti che la norma abbia irrevocabilmente
prodotto - che un provvedimento cautelare ha sospeso la soppressione
dell'ente ed il passaggio di proprieta' dei beni, anzitutto contesta
la inammissibilita' della questione, eccepita dalla Regione
resistente, per avere il giudice a quo rigettato con sentenza uno dei
due motivi di gravame - basato sulla applicabilita' della norma
denunciata ai soli consorzi di diritto amministrativo e non anche a
quelli, come la ricorrente, privi di veste pubblicistica -,
applicando cosi' la norma poi impugnata. Respingendo il primo motivo,
infatti, il TAR si sarebbe limitato a dare della norma una
interpretazione letterale e sistematica.
Ricorda poi come essa Societa', costituita otto secoli fa dagli
agricoltori per regolare l'uso delle acque derivate dal torrente
Parma, ed il relativo riparto delle spese, abbia natura associativa,
ed abbia diritto a vedersi mantenuta in vita ai sensi degli artt. 2 e
18 della Costituzione. Essa, nell'ambito della tutela di un'attivita'
produttiva agricola, cura in particolare l'irrigazione dell'erba - di
cui viene cosi' permessa la ricrescita ed una pluralita' di "sfalci"
- essenziale per l'allevamento delle mucche da latte destinato alla
produzione del formaggio parmigiano reggiano, erba che "tipizza" tale
formaggio. L'attivita' di presa e distribuzione dell'acqua e'
integralmente finanziata dagli associati, ed e' escluso ogni costo o
contributo pubblico. La sua rete strumentale ha un valore di oltre
800.000 Euro, che secondo la legge il Consorzio di Bonifica di Parma
dovrebbe prendere in carico, realizzando una espropriazione gratuita
senza indennizzo alcuno, senza evidenziate ragioni di pubblica
utilita', atteso che i beni resterebbero destinati ad irrigare
proprio e soltanto i fondi degli aderenti alla societa'.
6. Hanno altresi' depositato memorie di identico contenuto il
Consorzio irriguo del Canale di Felino (r.o. n. 613 del 2003), la
Societa' del Canale di Torrechiara e S. Michele di Tiorre (r.o. n.
616 del 2003) e la Societa' della Canaletta de' Rossi (r.o. n. 617
del 2003), le quali parti', insistendo nelle conclusioni rassegnate,
hanno soprattutto illustrato la violazione del limite del diritto
privato posto alla competenza legislativa regionale.
7. Ha depositato memoria la Societa' degli Utenti delle acque del
Canale Naviglio Taro (r.o. n. 618 del 2003), che nell'insistere per
l'accoglimento della questione ha, tra l'altro, contestato la
fondatezza dell'eccezione di inammissibilita' sollevata dalla Regione
per avere il giudice amministrativo rigettato con sentenza uno dei
motivi di impugnazione, facendo cosi' applicazione della norma poi
denunciata. Osserva in proposito che, a differenza del precedente
richiamato (l'ordinanza di questa Corte n. 346 del 2001), nel quale
il giudice, accogliendo un motivo, aveva annullato l'atto in forza
della legge regionale che, poi, ultroneamente aveva impugnato, nel
caso di specie l'esame, ed il rigetto, del motivo aveva condotto ad
affermare che l'art. 4 della legge regionale n. 16 del 1987 impediva
l'annullamento dell'atto. E proprio in virtu' di tale constatazione
il TAR aveva ritenuto rilevante e proponibile la questione.
Considerato in diritto
1. Il Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, con
otto ordinanze di analogo tenore, pronunciate nel corso di
altrettanti giudizi promossi da alcuni consorzi irrigui o societa'
qualificate come consorzi irrigui di fatto, avverso provvedimenti che
ne disponevano la soppressione, ha sollevato, in riferimento agli
articoli 2, 3, 18, 41, 42, 43 e 117 della Costituzione, questione di
legittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione
Emilia-Romagna 23 aprile 1987, n. 16 (Disposizioni integrative della
legge regionale 2 agosto 1984, n. 42 "Nuove norme in materia di enti
di bonifica - Delega di funzioni amministrative").
La disposizione impugnata prevede che "sono soppressi i consorzi
idraulici, di difesa, di scolo e di irrigazione nonche' ogni altra
forma di gestione non consortile di opere o sistemi di scolo ed
irrigui, che ricadono nei comprensori delimitati ai sensi del secondo
comma del precedente articolo 3 [id est dei comprensori di bonifica]"
(comma 1). Con il provvedimento di soppressione, deliberato dal
Consiglio regionale su proposta della Giunta (comma 2), il Consiglio
"definisce la successione nei rapporti giuridici ed amministrativi
fra gli organismi soppressi e i consorzi di bonifica che subentrano
nell'esercizio dei compiti e delle funzioni" (comma 3).
Analoga questione era stata gia' sollevata dal medesimo TAR con un
gruppo di ordinanze emesse il 6 aprile 2000, in riferimento agli
articoli 2, 18, 42, 43 e 117 della Costituzione. A seguito della
restituzione degli atti al giudice a quo, disposta da questa Corte
con l'ordinanza n. 13 del 2002 per un nuovo esame della questione,
alla luce della sopraggiunta entrata in vigore del nuovo testo
dell'art. 117 della Costituzione, risultante dall'art. 3 della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, il TAR ora ripropone la
questione medesima, aggiungendo ai parametri gia' in precedenza
evocati gli articoli 3 e 41 della Costituzione, e ritenendo che, per
quanto riguarda l'art. 117 della Costituzione, debba farsi tuttora
riferimento al testo costituzionale anteriore alla riforma del 2001,
in quanto i giudizi a quibus hanno per oggetto l'impugnazione di
provvedimenti emanati nel vigore di quel testo, e tendono, in base
alla domanda dei ricorrenti, all'annullamento degli stessi.
Secondo il remittente, la norma censurata sarebbe anzitutto in
contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in
materia di bonifica (che ai sensi del vecchio testo dell'art. 117
della Costituzione limitavano la potesta' legislativa regionale)
quali individuati da questa Corte nella sentenza n. 326 del 1998. In
relazione a tali principi, secondo il remittente, la potesta'
regionale di programmazione e organizzazione della bonifica non
potrebbe esplicarsi sopprimendo ogni organismo di gestione non
riconducibile ai consorzi di bonifica, ed in particolare le
associazioni o i soggetti di carattere privato. Al di fuori dei
procedimenti previsti per la costituzione, anche d'ufficio, dei
consorzi di bonifica, il legislatore regionale non potrebbe incidere
obbligatoriamente sugli interessi privati e riservare esclusivamente
ai consorzi di bonifica medesimi l'attivita' di bonifica, prevedendo
la soppressione di ogni diversa gestione.
Inoltre sarebbe violato il limite del diritto privato, che
comporterebbe l'inderogabilita', da parte del legislatore regionale,
delle norme del codice civile che regolano l'esercizio dell'autonomia
negoziale privata, e dunque il divieto di sopprimere soggetti di
diritto privato, in contrasto con il loro statuto ed in violazione
dell'autonomia negoziale.
Infine la norma censurata contrasterebbe con gli artt. 2 e 18 della
Costituzione, prevedendo la soppressione di associazioni liberamente
costituite; con l'art. 41 della Costituzione, comprimendo la liberta'
di iniziativa economica privata; con gli artt. 42 e 43 della
Costituzione, attesa la mancata previsione di un indennizzo a fronte
della devoluzione del patrimonio degli enti soppressi ai consorzi di
bonifica.
2. Non possono accogliersi le eccezioni di inammissibilita' della
questione avanzate dalla difesa della Regione Emilia-Romagna.
La circostanza che il TAR avesse, con separate sentenze parziali
(anteriori alle ordinanze di rimessione che hanno dato luogo alla
restituzione degli atti disposta con l'ordinanza n. 13 del 2002),
respinto un primo ordine di censure fondate sulla asserita
inapplicabilita' della norma denunciata ad organismi di natura
privata come le ricorrenti non comporta che si fosse con cio'
esaurito il potere decisorio del Tribunale remittente. In realta' il
TAR ha dapprima escluso che la norma abbia la portata restrittiva
affermata dalla parte, e conscguentemente ne e' risultata la
rilevanza della questione di legittimita' costituzionale, con la
quale si lamenta proprio l'incidenza della norma stessa su organismi
di carattere privato. Che poi tale procedimento logico, in se'
ineccepibile, sia stato tradotto dal Tribunale in una sentenza
parziale e in una successiva ordinanza di rimessione, cosi'
"consolidando" in una autonoma pronuncia, nell'ambito della stessa
controversia, un'interpretazione della disposizione impugnata
suscettibile di essere, in ipotesi, contraddetta in sede di giudizio
di costituzionalita', puo' dar luogo a critica sul piano della
tecnica del giudizio amministrativo, ma non incide sulla
ammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale.
Parimenti non puo' essere accolta l'eccezione di inammissibilita' che
la Regione avanza in relazione alla motivazione dell'ordinanza sulla
necessita' di riferirsi come parametro al testo originario dell'art.
117 della Costituzione. Il problema della correttezza del parametro
applicabile, se puo', astrattamente, incidere sul merito della
questione, non ne condiziona invece, in questo caso,
l'ammissibilita'.
Nemmeno, infine, puo' darsi ingresso all'eccezione di
inammissibilita' fondata sulla asserita mancanza di motivazione dei
profili di legittimita' costituzionale riferiti agli articoli 2, 18,
41, 42 e 43 della Costituzione. Infatti, ancorche' succintamente, il
remittente indica le ragioni di fondo della affermata violazione
costituzionale.
3. I giudizi, aventi il medesimo oggetto, devono essere riuniti per
essere decisi con unica pronuncia.
La questione e' fondata nei termini di seguito specificati.
Questa Corte aveva gia' ritenuto, nel vigore del previgente Titolo V
della Parte II della Costituzione, che la bonifica fosse
riconducibile ad una competenza regionale fondamentalmente
concorrente, relativa da un lato alla materia dell'agricoltura e
foreste, dall'altro, e in un quadro piu' ampio, alla azione pubblica
per la difesa del suolo, la tutela e l'uso delle risorse idriche, la
tutela dell'ambiente come ecosistema, in una "concezione globale
degli interventi sul territorio" (sentenza n. 326 del 1998, sulle
orme della sentenza n. 66 del 1992). Rispetto al nuovo testo
dell'art. 117, potrebbero venire oggi in rilievo sia la competenza
regionale "residuale", che si presta a comprendere molti aspetti
della disciplina del settore agricolo (quarto comma), sia, d'altro
canto, la competenza esclusiva dello Stato in materia di "tutela
dell'ambiente" e "dell'ecosistema" (secondo comma, lettera s), sia
infine, in modo piu' comprensivo, la competenza concorrente in tema
di "governo del territorio" (terzo comma).
Tuttavia, ai fini della decisione della presente controversia, non e'
necessario dirimere definitivamente la questione dell'applicabilita'
del vecchio o del nuovo Titolo V, ne' ricostruire l'insieme dei
principi (ieri e oggi) vincolanti per il legislatore regionale in
questa materia. Assumono infatti carattere assorbente alcuni profili
delle censure mosse dal remittente che si riconducono alla violazione
di norme costituzionali diverse dall'art. 117, nonche' ad un limite
alla potesta' legislativa regionale rimasto fondamentalmente
invariato nel passaggio dal vecchio al nuovo testo dell'art. 117:
vale a dire il limite, individuato dalla costante giurisprudenza di
questa Corte (ed oggi espresso nella riserva alla potesta' esclusiva
dello Stato della materia "ordinamento civile", ai sensi del nuovo
art. 117, secondo comma, lettera l, della Costituzione), consistente
nel divieto di alterare le regole fondamentali che disciplinano i
rapporti privati (cfr., da ultimo, sentenze n. 82 del 1998, n. 352
del 2001).
La Regione era ed e' bensi' competente a disciplinare le attivita' di
bonifica, a programmarle sul territorio, a regolarne l'esercizio da
parte degli enti pubblici e dei privati proprietari, a stabilire le
modalita' di gestione delle relative opere (cfr. sentenze n. 66 del
1992, n. 326 del 1998). In questo ambito non e' escluso che la legge
regionale potesse e possa anche dettare norme per disciplinare in
modo nuovo forme di gestione, costituitesi nel tempo in epoche
risalenti, di opere di interesse generale, come quelle di adduzione,
di distribuzione, di utilizzo e di recupero delle acque, e di sistemi
irrigui.
Ma la norma impugnata non si limita a riordinare l'esercizio delle
attivita' di bonifica e la gestione delle relative opere, bensi'
dispone senz'altro la soppressione ex lege di organismi e di
gestioni, anche di carattere privato, stabilendo che i consorzi di
bonifica - enti pubblici economici a base associativa, nell'attuale
configurazione (cfr., nella Regione Emilia-Romagna, gli artt. 5 e 6
della legge regionale 26 novembre 1984, n. 59) - non solo subentrino
nell'esercizio dei compiti e delle funzioni dei predetti organismi,
ma succedano ad essi nei rapporti giuridici e amministrativi, dunque
pure nella titolarita' dei beni eventualmente posseduti, al di fuori
di ogni procedura di eventuale ablazione per ragioni di interesse
pubblico, con conseguente corresponsione di indennizzi.
In tal modo la norma censurata, da un lato, travalica il limite, ora
ricordato, del divieto di alterare le fondamentali regole del diritto
privato; dall'altro lato si risolve in una violazione dei principi
costituzionali di autonomia e di salvaguardia della proprieta'
privata e della liberta' di associazione. La legge regionale,
infatti, pretende di incidere sulla stessa esistenza degli organismi
privati di cui dispone la soppressione, e dunque sul nucleo
irriducibile della loro autonoma sfera giuridica.
4. La disposizione impugnata deve pertanto essere dichiarata
costituzionalmente illegittima, restando assorbito ogni altro profilo
della questione sollevata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la illegittimita' costituzionale dell'articolo 4 della legge
della Regione Emilia-Romagna 23 aprile 1987, n. 16 (Disposizioni
integrative della legge regionale 2 agosto 1984, n. 42 "Nuove norme
in materia di enti di bonifica - Delega di funzioni
amministrative").
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 13 luglio 2004.
IL PRESIDENTE IL REDATTORE
Gustavo Zagrebelsky Valerio Onida
IL CANCELLIERE
Giuseppe Di Paola
Depositata in Cancelleria il 28 luglio 2004.