COMUNICATO
SENTENZA 24 giugno 2004, n. 198
CORTE COSTITUZIONALE
Sentenza nei giudizi di legittimita' costituzionale della legge della
Regione Emilia-Romagna 16 gennaio 2004, n. 1 (Misure urgenti per la
salvaguardia del territorio dall'abusivismo urbanistico ed edilizio)
In nome del popolo italiano la Corte Costituzionale composta dai
signori:
Gustavo Zagrebelsky, Presidente; Valerio Onida, Carlo Mezzanotte,
Fernanda Contri, Guido Neppi Modona, Piero Alberto Capotosti,
Annibale Marini, Franco Bile, Giovanni Maria Flick, Ugo De Siervo,
Romano Vaccarella, Alfio Finocchiaro, Alfonso Quaranta, giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimita' costituzionale della legge della Regione
Toscana 4 dicembre 2003, n. 55 (Accertamento di conformita' delle
opere edilizie eseguite in assenza di titoli abilitativi, in totale o
parziale difformita' o con variazioni essenziali, nel territorio
della regione Toscana), della legge della Regione Friuli-Venezia
Giulia 11 dicembre 2003, n. 22 (Divieto di sanatoria eccezionale
delle opere abusive), dell'articolo 4 della legge della Regione
Marche 23 dicembre 2003, n. 29 (Norme concernenti la vigilanza
sull'attivita' edilizia nel territorio regionale) e della legge della
Regione Emilia-Romagna 16 gennaio 2004, n. 1 (Misure urgenti per la
salvaguardia del territorio dall'abusivismo urbanistico ed edilizio),
promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei Ministri,
rispettivamente notificati il 6 febbraio, il 20 febbraio, il 25
febbraio e il 15 marzo 2004, depositati in Cancelleria il 16
febbraio, l'1 marzo, il 2 marzo e il 23 marzo successivi ed iscritti
ai nn. 20, 24, 27 e 41 del Registro ricorsi 2004;
visti gli atti di costituzione delle Regioni Toscana, Friuli-Venezia
Giulia, Marche ed Emilia-Romagna;
udito nell'udienza pubblica dell'11 maggio 2004 il Giudice relatore
Ugo De Siervo;
uditi l'avvocato dello Stato Franco Favara per il Presidente del
Consiglio dei Ministri e gli avvocati Lucia Bora e Fabio Lorenzoni
per la Regione Toscana, Giandomenico Falcon per le Regioni
Friuli-Venezia Giulia ed Emilia-Romagna e Stefano Grassi per la
Regione Marche.
ritenuto in fatto
1.1. Con ricorso notificato il 6 febbraio 2004 e depositato il 16
febbraio 2004 (Reg. ricorsi n. 20 del 2004), il Presidente del
Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura
generale dello Stato, ha sollevato questione di legittimita'
costituzionale avverso la legge della Regione Toscana 4 dicembre
2003, n. 55 (Accertamento di conformita' delle opere edilizie
eseguite in assenza di titoli abilitativi, in totale o parziale
difformita' o con variazioni essenziali, nel territorio della regione
Toscana), pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 44 del 10 dicembre
2003.
L'art. 1, comma 2, della legge impugnata dispone che i commi da 25 a
38 e da 40 a 45 dell'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n.
269 (Misure per la riqualificazione urbanistica, ambientale e
paesaggistica, per l'incentivazione dell'attivita' di repressione
dell'abusivismo edilizio, nonche' per la definizione degli illeciti
edilizi e delle occupazioni delle aree demaniali), "non si applicano
nel territorio della regione Toscana, ad eccezione delle disposizioni
di detti commi concernenti l'oblazione penale".Il ricorrente osserva
come la legge regionale in esame si basi sul presupposto del "gia'
avvenuto adeguamento della disciplina regionale" ai principi posti
DPR 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative
e regolamentari in materia edilizia), menzionato dal comma 2 del
citato art. 32. Tale comma, tuttavia, si limiterebbe semplicemente ad
individuare il "contesto generale e d'insieme" in cui questa
interviene.
Secondo il ricorrente, la legge impugnata violerebbe l'art. 117,
secondo comma, lettera l), della Costituzione, in quanto le norme in
materia di oblazione contenute nell'art. 32 del DL n. 269 del 2003,
convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 novembre 2003, n. 326
(Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 30
settembre 2003, n. 269, recante disposizioni urgenti per favorire lo
sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici),
costituirebbero esercizio della potesta' legislativa nella materia
"ordinamento penale", riservata in via esclusiva allo Stato.
La sottrazione del territorio di una o piu' regioni alla disciplina
statale introdurrebbe significative disuguaglianze, in violazione
dell'art. 3 Cost., non legittimate dal riconoscimento costituzionale
delle autonomie regionali.
Inoltre, rileva l'Avvocatura, poiche' gli introiti derivanti dalle
oblazioni sono stati inseriti nella legge finanziaria per l'anno
2004, la disciplina impugnata, impedendo l'applicazione nel
territorio regionale dell'art. 32 del DL n. 269 del 2003, violerebbe
l'art. 119 Cost. Essa, infatti, determinerebbe una ingerenza nella
formazione del bilancio annuale dello Stato e una lesione della
autonomia finanziaria che anche e soprattutto allo Stato deve essere
garantita, nonche' una compressione della sua competenza in materia
di "coordinamento della finanza pubblica e dei sistemi tributari".
Essa, inoltre, contrasterebbe con l'art. 81 Cost., in quanto
comporterebbe la sottrazione di risorse destinate alla copertura di
spese pubbliche approvate dal Parlamento e la rottura del c.d. "patto
di stabilita'" concordato a livello di Unione Europea.
La legge censurata violerebbe anche l'art. 117, terzo comma, Cost.,
che riconosce allo Stato la competenza a dettare i principi nella
materia "governo del territorio" e a disciplinare i titoli
abilitativi edilizi.
Ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, l'adozione di norme regionali
"meramente demolitorie" e "di reazione" alle norme statali, che
statuiscono la non applicazione nel territorio regionale di
disposizioni dello Stato, potrebbe pregiudicare l'unita' giuridica
della Repubblica, in violazione dell'art. 5 Cost. Le norme della
legge regionale violerebbero, peraltro, anche l'art. 127, secondo
comma, Cost., per la parte in cui e' riconosciuta alle Regioni la
possibilita' di impugnare avanti alla Corte Costituzionale le leggi
statali ritenute illegittime, cosi' escludendo che il potere
legislativo regionale possa essere utilizzato per contrastare
l'applicazione di norme dello Stato.
Da ultimo, si lamenta la violazione dell'art. 51 e dell'art. 134
Cost, senza tuttavia addurre alcuna motivazione a fondamento di tale
censura.
1.2. Con atto depositato il 2 marzo 2004 - ma in tale data non ancora
notificato alla controparte - l'Avvocatura dello Stato ha chiesto
che, ai sensi dell'art. 9, comma 4, della Legge 5 giugno 2003, n. 131
(Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica
alla Legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), sia sospesa la
legge della Regione Toscana n. 55 del 2003, in quanto essa
arrecherebbe pregiudizio all'interesse dello Stato e degli enti "a
finanza derivata" al conseguimento degli introiti "da condono".
2.1. Con ricorso notificato il 20 febbraio 2004 e depositato l'1
marzo 2004 (Reg. ricorsi n. 24 del 2004), il Presidente del Consiglio
dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale avverso
la legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 dicembre 2003, n. 22
(Divieto di sanatoria eccezionale delle opere abusive), pubblicata
nel Bollettino Ufficiale n. 52 del 24 dicembre 2003.Preliminarmente,
l'Avvocatura richiama l'art. 1 della legge impugnata, il quale, al
comma 1, esclude la sanatoria delle opere edilizie "realizzate in
assenza dei necessari titoli abilitativi previsti, ovvero in
difformita' o con variazioni essenziali rispetto a questi ultimi". Il
comma 2, primo periodo, del medesimo articolo stabilisce invece che,
al fine di consentire l'oblazione penale degli illeciti edilizi, la
domanda di definizione di tali illeciti, presentata dopo il 2 ottobre
2003 secondo le modalita' stabilite da disposizioni statali, non
sospende il procedimento per le sanzioni amministrative.
Secondo il ricorrente la legge censurata sarebbe contraddittoria, in
quanto da un lato non ammetterebbe la sanatoria, mentre dall'altro
predisporrebbe strumenti perche' possa operare una sanatoria diversa
da quella statale, e cioe' quella prevista dall'art. 108 della legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia 19 novembre 1991, n. 52 (Norme
regionali in materia di pianificazione territoriale ed urbanistica).
La norma regionale contrasterebbe con l'art. 4 della Legge
costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale della Regione
Friuli-Venezia Giulia), in quanto esso porrebbe alla competenza
legislativa "primaria" della Regione limiti "confrontabili" con
quelli previsti dal nuovo art. 117, terzo comma, Cost. per la
competenza legislativa concorrente delle Regioni ordinarie. La
disciplina dei titoli abilitativi edilizi - secondo quanto precisato
da questa Corte - competerebbe allo Stato ed in essa dovrebbe
ricomprendersi, a giudizio dell'Avvocatura, anche quella dei "titoli
per sanatoria non 'a regime', specie se tale previsione si salda con
(ed e' integrata da) la prefigurazione di programmi di
riqualificazione urbanistico-edilizia".
Le disposizioni censurate sono ritenute inoltre in contrasto con gli
artt. 3, 5, 51, 81, 117, secondo comma, 119, 127, secondo comma, e
134 Cost.
Nel merito, le argomentazioni proposte a sostegno di tali censure
sono sostanzialmente analoghe a quelle svolte in relazione alla
richiesta di declaratoria di incostituzionalita' della Legge n. 55
del 2003 della Regione Toscana.
2.2. Il ricorrente, infine, chiede che, ai sensi dell'art. 9, comma
4, della Legge n. 131 del 2003, sia sospesa in via cautelare la legge
della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 22 del 2003, ponendo a
sostegno di tale richiesta argomentazioni sostanzialmente coincidenti
con quelle poste a fondamento dell'istanza di sospensione della Legge
n. 55 del 2003 della Regione Toscana.
3.1. Con ricorso notificato il 25 febbraio 2004 e depositato il 2
marzo 2004 (Reg. ricorsi n. 27 del 2004), il Presidente del Consiglio
dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale avverso
l'art. 4 della legge della Regione Marche 23 dicembre 2003, n. 29
(Norme concernenti la vigilanza sull'attivita' edilizia nel
territorio regionale), pubblicata nel Bollettino Ufficiale n. 122 del
30 dicembre 2003.
L'art. 2 della legge regionale censurata ordina ai Comuni di
sospendere ogni determinazione circa la conclusione dei procedimenti
relativi alla definizione degli illeciti edilizi regolati dal DL n.
269 del 2003 fino all'entrata in vigore della legge regionale
indicata dall'art. 1 che dovrebbe disciplinare la materia. In tal
modo, secondo il ricorrente, il contenuto della legge impugnata si
concreterebbe nell'ordine ai Comuni di disapplicare la legge statale
e di attendere i futuri precetti legislativi della Regione, senza
peraltro ipotizzare alcun raccordo con le disposizioni statali in
tema di oblazione penale e di sospensione dei processi pendenti.
La disciplina censurata viene ritenuta contrastante con gli artt. 3,
5, 51, 81, 117, secondo comma, lettera l), 117, terzo comma, 119,
127, secondo comma, e 134 Cost.
Nel merito, le argomentazioni proposte sono sostanzialmente analoghe
a quelle portate a fondamento della richiesta di declaratoria di
incostituzionalita' delle leggi della Regione Friuli-Venezia Giulia e
della Regione Toscana.
3.2. Anche in questo caso, con argomentazioni sostanzialmente
coincidenti a quelle proposte nei ricorsi n. 20 e n. 24 del 2004,
l'Avvocatura dello Stato chiede la sospensione - ai sensi dell'art.
9, comma 4, della Legge n. 131 del 2003 - della normativa impugnata.
4.1. Con ricorso notificato il 15 marzo 2004 e depositato il 23 marzo
2004 (Reg. ricorsi n. 41 del 2004), il Presidente del Consiglio dei
Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale avverso
la legge della Regione Emilia-Romagna 16 gennaio 2004, n. 1 (Misure
urgenti per la salvaguardia del territorio dall'abusivismo
urbanistico ed edilizio).
L'art. 2 di tale legge dispone che fino all'entrata in vigore della
legge regionale prevista dall'art. 1, contenente nuove norme in
materia di vigilanza sull'attivita' urbanistico-edilizia,
responsabilita' e sanzioni, "i Comuni sospendono ogni determinazione
circa la conclusione dei procedimenti relativi alla definizione degli
illeciti edilizi, cosi' come regolati dall'articolo 32 del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269". Inoltre e' espressamente
mantenuta ferma la "possibilita' della presentazione delle domande di
sanatoria da parte degli interessati, a tutela e garanzia delle loro
posizioni giuridiche".
I profili di doglianza esposti nel ricorso sono sostanzialmente
coincidenti con quelli dei ricorsi presentati avverso le leggi delle
Regioni, Toscana, Friuli-Venezia Giulia e Marche.
4.2. Anche in questo caso l'Avvocatura dello Stato chiede la
sospensione - ai sensi dell'art. 9, comma 4, della Legge n. 131 del
2003 - della normativa impugnata.
5. Le Regioni Friuli-Venezia Giulia, Toscana, Marche ed
Emilia-Romagna si sono costituite in giudizio, concludendo per il
rigetto dei ricorsi presentati dallo Stato e delle connesse istanze
di sospensione.
6. La Regione Toscana, con memoria depositata in prossimita' della
Camera di Consiglio del 24 marzo 2004, fissata per la trattazione
delle istanze di sospensione, contesta le ragioni addotte a
fondamento della richiesta avanzata dallo Stato in relazione alla
legge regionale n. 55 del 2003, ed in particolare la circostanza
secondo la quale il mancato introito "da condono" costringerebbe lo
Stato a reperire altrove le risorse finanziarie perdute.
Innanzi tutto, secondo la resistente, la legge impugnata non
interferirebbe con le disposizioni concernenti l'estinzione dei reati
urbanistici ed edilizi conseguenti all'istanza di condono ed al
pagamento delle relative somme; in secondo luogo, sarebbe rilevante
il fatto che in Toscana e' in vigore una compiuta disciplina edilizia
che consente anche la regolarizzazione di violazioni che non incidano
sostanzialmente sull'assetto del territorio: circostanza,
quest'ultima, che congiuntamente ad un efficace sistema di controlli
avrebbe consentito un "ordinato sviluppo edilizio".
Peraltro - osserva la Regione - l'esistenza di tale normativa
regionale renderebbe inapplicabile, in virtu' del comma 2 dell'art.
32 del decreto-legge impugnato, la disciplina statale sul condono,
esplicitamente dettata "nelle more" dell'attuazione, da parte delle
Regioni, del DPR n. 380 del 2001.
Inoltre, le motivazioni addotte dall'Avvocatura dello Stato a
fondamento della propria istanza cautelare confermerebbero "la totale
incostituzionalita' del condono introdotto dal legislatore statale",
dal momento che la finalita' puramente "finanziaria" dell'intervento
- emergente proprio dalle argomentazioni dell'Avvocatura - si
porrebbe in netto contrasto con i principi della giurisprudenza
costituzionale in materia (sono richiamate, sul punto, le sentenze n.
369 del 1988 e n. 416 del 1995), che ha ritenuto il condono uno
strumento eccezionale ed irripetibile, giustificato, nelle precedenti
circostanze, solo quale "punto di partenza di una nuova legalita'"
dopo "decenni di abusivismo di massa".
La Regione Friuli-Venezia Giulia e la Regione Emilia-Romagna, a loro
volta, concludono chiedendo il rigetto delle istanze di sospensione
formulate dal ricorrente, argomentando soprattutto sulla evidente
mancanza dell'irreparabile pregiudizio che dovrebbe derivare, nelle
more del giudizio, dalla applicazione delle leggi regionali
impugnate.
Anche la Regione Marche, a sostegno della infondatezza della istanza
cautelare, sottolinea l'assenza di qualunque pregiudizio irreparabile
derivante allo Stato dalla legge impugnata e, al contempo, l'assenza
di una qualunque utilita' concreta nell'eventuale decisione di
sospensione da parte di questa Corte.
7. Nell'imminenza della Camera di Consiglio del 24 marzo 2004 per la
trattazione delle istanze di sospensione presentate nei confronti
delle leggi delle Regioni Friuli-Venezia Giulia, Toscana e Marche,
l'Avvocatura dello Stato ha presentato atto di rinunzia alla
immediata decisione circa le istanze di sospensione presentate,
auspicando contestualmente la adesione delle Regioni alla "richiesta
di differimento" dell'esame delle istanze cautelari concernenti
l'art. 32 del DL n. 269 del 2003, dalle medesime Regioni impugnato.
Preso atto di tale rinuncia, con le ordinanze n. 117, n. 118 e n. 119
del 2004, questa Corte ha disposto il rinvio dell'esame di tali
istanze unitamente al merito.
8. La Regione Friuli-Venezia Giulia, nelle sue difese, mira a
chiarire il contenuto ed il significato della propria Legge n. 22 del
2003, evidenziando come essa farebbe esplicitamente salva l'oblazione
penale prevista dal legislatore statale e come anzi disciplinerebbe
esplicitamente il procedimento amministrativo volto a consentirla.
Quanto alla presunta violazione della competenza statale in materia
penale, la Regione richiama la sentenza di questa Corte n. 418 del
1995, sottolineando di non aver disposto la assoluta inapplicabilita'
della normativa sul condono, ma di essersi limitata a escludere la
sanatoria edilizia ai soli fini amministrativi, nel massimo rispetto
delle scelte dello Stato nel campo penale. L'eventuale effetto di
"scoraggiamento" della presentazione di domande di condono, derivante
in concreto dalla normativa regionale oggetto del giudizio, non
costituirebbe un vizio di legittimita' costituzionale della legge
regionale, poiche' quest'ultima non inciderebbe comunque sull'ambito
giuridico della sanatoria penale ma solo sulla sua applicazione
pratica.
In relazione alla pretesa violazione dell'autonomia finanziaria
statale e della competenza in materia di "coordinamento della finanza
pubblica" invocata dal ricorrente, la resistente sottolinea che i
proventi dell'oblazione penale sono espressamente fatti salvi dalla
legge regionale impugnata, e che, in ogni caso, la circostanza
secondo la quale il loro ammontare potrebbe attestarsi su livelli
inferiori rispetto alle aspettative dello Stato non potrebbe
costituire autonomo vizio di legittimita' costituzionale.
In definitiva, secondo la Regione resistente, sarebbero del tutto
erronei i parametri invocati nel ricorso: il patto di stabilita',
perche' si tratterebbe di un vincolo complessivo che potrebbe essere
rispettato in molti modi; l'art. 81 Cost., in quanto gli incerti e
futuri proventi delle oblazioni pagate in relazione ad illeciti
verificatisi nel territorio della regione Friuli-Venezia Giulia non
potrebbero correttamente essere gia' destinati alla copertura di
spese pubbliche; la competenza in materia di coordinamento della
finanza pubblica, poiche' le norme statali sulla sanatoria
amministrativa degli illeciti edilizi non potrebbero in alcun modo
qualificarsi come esercizio della medesima.
Infine, del tutto insussistente sarebbe da ritenere, secondo la
difesa regionale, la pretesa violazione del principio di unita' della
Repubblica e correlativamente degli artt. 127 e 134 Cost: cio' in
quanto la "reazione" alla legge statale o la modulazione dei suoi
effetti applicativi nel territorio regionale non comprometterebbero
affatto la giurisdizione costituzionale e comunque non potrebbero
costituire vizi in se', ma solo in ragione dei loro specifici
contenuti scrutinati alla luce dei parametri costituzionali sulla
competenza.
9. La difesa della Regione Marche muove dalla premessa di aver
esercitato, con la legge n. 29 del 2003, la propria competenza
legislativa in materia di edilizia e di governo del territorio, e
che, pertanto, proprio come previsto dal comma 2 dell'art. 32 del DL
n. 269 del 2003, avrebbe legittimamente chiarito l'inapplicabilita'
della normativa statale sul condono amministrativo degli illeciti
edilizi, facendo invece salva la disciplina dell'oblazione penale.
Del tutto priva di fondamento sarebbe dunque la pretesa violazione
della competenza legislativa statale in materia penale, anche in
considerazione della giurisprudenza costituzionale secondo cui "alle
Regioni non e' precluso concorrere a precisare, secundum legem,
presupposti d'applicazione di norme penali statali" (sentenza n. 487
del 1989).
Quanto alla presunta violazione dell'art. 117, terzo comma, Cost.,
tale censura sarebbe infondata, poiche' sarebbe lo stesso comma 2
dell'art. 32 del DL n. 269 del 2003 ad escludere la natura di
principi fondamentali delle disposizioni sul condono.
La Regione Marche ritiene altresi' infondata la censura relativa alla
violazione degli artt. 81 e 119 Cost., osservando che, a suo avviso,
sarebbe lo Stato a non aver valutato adeguatamente le conseguenze sui
conti pubblici dell'adeguamento della legislazione regionale ai
principi previsti nel DPR n. 380 del 2001; pertanto, si sarebbe di
fronte ad una illegittima interferenza dello Stato sull'autonomia
finanziaria della Regione, e non, invece, ad una compressione da
parte di quest'ultima dell'autonomia finanziaria dello Stato.
Dovrebbe poi essere ritenuta infondata la presunta violazione della
competenza statale concernente il coordinamento della finanza
pubblica e dei sistemi tributari: cio' in quanto lo Stato non avrebbe
rispettato quelle garanzie di partecipazione delle Regioni ai
processi decisionali concernenti il riparto e la destinazione dei
fondi che questa Corte avrebbe richiesto come criterio di attuazione
dell'art. 119 Cost. nella sentenza n. 16 del 2004. Circa la censura
relativa alla violazione degli artt. 127 e 134 Cost., la Regione
Marche fa osservare che la legge impugnata non varrebbe a
disconoscere la giurisdizione costituzionale e quanto ad essa spetta
in via esclusiva; viceversa, si tratterebbe soltanto di un atto di
esercizio della potesta' legislativa spettante alla Regione secondo
il principio di competenza.
Infine, la censura relativa all'art. 51 Cost. sarebbe da considerare
inammissibile in quanto del tutto priva di una sia pur minima
definizione dei termini e dei profili della questione.
10. Anche la Regione Toscana contesta la fondatezza del ricorso
statale avverso la propria Legge n. 55 del 2003. In primo luogo,
rileva che gia' prima dell'emanazione del DL n. 269 del 2003, era
stata emanata una disciplina regionale in materia urbanistica ed
edilizia gia' compiuta, esplicitamente adeguata - grazie alla legge
della Regione Toscana 5 agosto 2003, n. 43 (Modifiche e integrazioni
alla legge regionale 14 ottobre 1999, n. 52, recante Norme sulle
concessioni, le autorizzazioni e le denunce d'inizio delle attivita'
edilizie - Disciplina dei controlli nelle zone soggette al rischio
sismico - Disciplina del contributo di concessione - Sanzioni e
vigilanza sull'attivita' urbanistico-edilizia - Modifiche ed
integrazioni alla legge regionale 23 maggio 1994, n. 39 e modifica
della legge regionale 17 ottobre 1983, n. 69) - ai principi contenuti
nel testo unico dell'edilizia di cui al DPR n. 380 del 2001, e tale,
tra l'altro, da consentire la regolarizzazione di violazioni formali
e di illeciti sostanzialmente non rilevanti. In secondo luogo, si
sostiene che la legge impugnata costituirebbe la conseguenza
obbligata di quanto disposto dallo stesso legislatore statale che,
con lo specifico richiamo contenuto nel comma 2 dell'art. 32 del DL
n. 269 del 2003, avrebbe esplicitamente sancito la piena legittimita'
di interventi volti a rendere inapplicabili gli effetti
amministrativi del condono edilizio nei territori di regioni che gia'
si siano adeguate alla disciplina del testo unico del 2001.
La difesa della Regione resistente si sviluppa poi interamente sul
versante dei vizi (gia' denunciati nei ricorsi n. 82 del 2003 e n. 10
del 2004) riscontrabili nella disciplina statale di cui al predetto
DL n. 269 del 2003 e alla relativa legge di conversione, la cui
illegittimita' costituzionale renderebbe specularmente ragione della
piena legittimita' della legge regionale n. 55 del 2003.
11. La Regione Emilia-Romagna, nella sua memoria, propone
argomentazioni sostanzialmente analoghe a quelle delle altre
Regioni.
In particolare, sul primo motivo di censura (concernente la presunta
violazione della competenza statale in materia penale), la difesa
della Regione osserva che la legge regionale n. 1 del 2004 si
limiterebbe a precludere temporaneamente la conclusione del
procedimento di definizione dell'illecito edilizio, senza impedire la
presentazione della domanda ed il connesso versamento dell'oblazione
da cui consegue l'estinzione del reato.
Quanto alla lamentata violazione dei principi fondamentali di cui
alla normativa sul condono edilizio, la Regione osserva come l'art.
32 del DL n. 269 del 2003 non contenga la determinazione di principi
fondamentali della materia, tale non potendosi considerare una norma
del tutto eccezionale rispetto alla disciplina edilizia ordinaria.
Inoltre, la "attivazione del condono" sarebbe in contraddizione con
la tutela dei valori relativi alla tutela dell'ambiente, in quanto la
base del condono sarebbe "il puro scambio tra la rinuncia alla
salvaguardia di tali valori in cambio di una somma di denaro".
Quanto agli altri motivi del ricorso, la difesa regionale ne afferma
l'infondatezza, riproponendo quasi letteralmente gli argomenti svolti
dalla Regione Friuli-Venezia Giulia.
12. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, in prossimita'
dell'udienza, ha depositato una memoria, con la quale insiste per
l'accoglimento dei ricorsi.
La difesa erariale muove da una prima considerazione di fondo: le
leggi regionali impugnate ignorerebbero tutte "la, molto grave,
sanzione civile (attinente all'ordinamento civile) prevista dall'art.
17 della Legge n. 47 del 1985"; il che renderebbe ancora piu'
evidente la scarsissima efficacia (in relazione alla principale
finalita' del condono edilizio, consistente nell'emersione degli
illeciti sommersi) che assumerebbe la sanatoria del solo illecito
penale che non fosse accompagnata dalla contestuale eliminazione
delle conseguenze amministrative e civili, dimostrando come i diversi
profili degli illeciti edilizi sarebbero in realta' inscindibili.
Secondo l'Avvocatura, la decisione di accoglimento dei ricorsi in
questione non potrebbe che essere consequenziale ad una pronuncia che
riconoscesse la competenza statale a produrre, in via straordinaria,
una disciplina di condono edilizio, che porterebbe necessariamente ad
escludere "una competenza legislativa delle Regioni a produrre
disposizioni di segno opposto, le quali esorbitino dalla sfera delle
competenze regionali quanto meno (. . .) perche' non rispettano un
principio fondamentale legittimamente dato dal Parlamento".
In via subordinata, la difesa statale, pur riconoscendo come le
Regioni possano produrre norme diverse da quelle prodotte dallo
Stato, ed anche esplicitamente statuire la inapplicabilita' di queste
ultime, insiste sulla violazione dell'art. 127 Cost. da parte delle
leggi regionali impugnate; cio' in quanto, nei casi di specie, le
resistenti avrebbero utilizzato il potere legislativo "con sviamento
di potere", ossia per contrapporre una reputata propria competenza
alla competenza del Parlamento nazionale.
Considerato in diritto
1. Il Presidente del Consiglio dei Ministri ha impugnato, con
distinti ricorsi, la legge della Regione Toscana 4 dicembre 2003, n.
55 (Accertamento di conformita' delle opere edilizie eseguite in
assenza di titoli abilitativi, in totale o parziale difformita' o con
variazioni essenziali del territorio della regione Toscana), l'art. 4
della legge della regione Marche 23 dicembre 2003, n. 29 (Norme
concernenti la vigilanza sull'attivita' edilizia nel territorio
regionale), la legge della Regione Emilia-Romagna 16 gennaio 2004, n.
1 (Misure urgenti per la salvaguardia del territorio dall'abusivismo
urbanistico ed edilizio), per violazione degli artt. 3, 5, 81, primo
e quarto comma, 117, secondo comma, lettera l), e terzo comma,
119,127 e 134 della Costituzione.
Ha inoltre proposto impugnazione avverso la legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia 11 dicembre 2003, n. 22 (Divieto di sanatoria
eccezionale delle opere abusive), denunciando la violazione, oltre
che dei parametri costituzionali appena richiamati, anche dell'art. 4
della Legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 (Statuto speciale
della Regione Friuli-Venezia Giulia).
2. Considerata l'identita' delle doglianze formulate avverso le leggi
regionali impugnate, i relativi giudizi possono essere riuniti per
essere decisi con un'unica pronuncia.
3. In via preliminare, devono essere dichiarate inammissibili le
censure sollevate nei ricorsi in riferimento sia all'art. 51 che
all'art. 134 della Costituzione, dal momento che non vengono addotte
motivazioni a loro sostegno.
4. Quanto alle altre censure, occorre prendere preliminarmente in
esame le questioni sollevate dal ricorrente con riferimento agli
artt. 5 e 127 della Costituzione, in quanto concernenti la
possibilita' per le Regioni di disporre dell'efficacia di una legge
dello Stato nell'ambito del territorio regionale.
4.1. Il ricorrente sostiene, a tale riguardo, che le leggi regionali
impugnate violerebbero l'art. 5 Cost., in quanto l'adozione di norme
regionali "meramente demolitorie" e "di reazione" alle norme statali,
che statuiscono la non applicazione nel territorio regionale di
disposizioni dello Stato, pregiudicherebbe l'unita' giuridica della
Repubblica; inoltre, le leggi regionali violerebbero l'art. 127,
secondo comma, Cost. in quanto tale disposizione, riconoscendo alle
Regioni la possibilita' di impugnare di fronte a questa Corte le
norme statali ritenute illegittime, implicitamente escluderebbe che
il potere legislativo regionale possa essere utilizzato per
contrastare l'applicazione di norme dello Stato.
4.2. La questione e' fondata.
Il Titolo V della Parte II della Costituzione, cosi' come le
corrispondenti disposizioni degli statuti speciali, presuppongono che
l'esercizio delle competenze legislative da parte dello Stato e delle
Regioni, secondo le regole costituzionali di riparto delle
competenze, contribuisca a produrre un unitario ordinamento
giuridico, nel quale certo non si esclude l'esistenza di una
possibile dialettica fra i diversi livelli legislativi, anche con la
eventualita' di parziali sovrapposizioni fra le leggi statali e
regionali, che possono trovare soluzione mediante il promuovimento
della questione di legittimita' costituzionale dinnanzi a questa
Corte, secondo le scelte affidate alla discrezionalita' degli organi
politici statali e regionali.
Cio' che e' implicitamente escluso dal sistema costituzionale e' che
il legislatore regionale (cosi' come il legislatore statale rispetto
alle leggi regionali) utilizzi la potesta' legislativa allo scopo di
rendere inapplicabile nel proprio territorio una legge dello Stato
che ritenga costituzionalmente illegittima, se non addirittura solo
dannosa o inopportuna, anziche' agire in giudizio dinnanzi a questa
Corte, ai sensi dell'art. 127 Cost. Dunque ne' lo Stato ne' le
Regioni possono pretendere, al di fuori delle procedure previste da
disposizioni costituzionali, di risolvere direttamente gli eventuali
conflitti tra i rispettivi atti legislativi tramite proprie
disposizioni di legge.
4.3. La legge della Regione Friuli-Venezia Giulia 11 dicembre 2003,
n. 22, significativamente intitolata "Divieto di sanatoria
eccezionale delle opere abusive", non si limita ad adottare una
legislazione piu' restrittiva della sanatoria edilizia, o
parzialmente diversa rispetto a quanto previsto dall'art. 32 del
decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per
favorire lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti
pubblici) quale risultante dalla conversione in legge ad opera della
Legge 24 novembre 2003, n. 326 (Conversione in legge, con
modificazioni, del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269, recante
disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione
dell'andamento dei conti pubblici), come e' attualmente possibile
sulla base della sentenza n. 196 del 2004 di questa Corte, ma nega la
stessa possibilita' di applicare la sanatoria edilizia statale di
tipo straordinario nel territorio regionale, escludendo altresi' che
la presentazione della domanda di condono possa determinare la
sospensione del procedimento finalizzato alla irrogazione delle
sanzioni amministrative.Come chiarito nella sentenza appena
richiamata, le Regioni a statuto speciale che dispongono di potesta'
legislativa di tipo primario nel settore dell'urbanistica, tra le
quali e' da annoverare la Regione Friuli-Venezia Giulia in base
all'art. 4, numero 12, del suo statuto - diversamente da quanto
sembra sostenere la Avvocatura - devono rispettare la disciplina
statale concernente la misura dell'oblazione, i relativi termini di
versamento, ed in genere le relative articolazioni procedimentali ed
organizzative, mentre possono disciplinare diversamente la sanatoria
amministrativa degli abusi edilizi commessi nel proprio territorio
(al pari delle Regioni ad autonomia ordinaria) ed eventualmente
subordinarla anche al rispetto dei vincoli previsti da proprie
specifiche normative (secondo quanto questa Corte aveva gia'
affermato nella sentenza n. 418 del 1995, relativa alla Provincia
autonoma di Trento).
4.4. - L'art. 1, comma 2, della legge della Regione Toscana n. 55 del
2003 e l'art. 4, comma 6 della legge della Regione Marche n. 29 del
2003 esplicitamente dichiarano inapplicabili nei rispettivi territori
regionali numerosi commi dell'art. 32 del DL n. 269 del 2003.
Entrambe queste leggi muovono dal presupposto che il comma 2
dell'art. 32 del DL n. 269 del 2003 disponga l'applicazione del
condono straordinario solo in caso di mancato adeguamento da parte
delle Regioni ai principi fondamentali in materia edilizia di cui al
DPR 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative
e regolamentari in materia edilizia) e che quindi Regioni come la
Toscana e le Marche, gia' adeguatesi alla nuova normativa, ben
potrebbero disporre diversamente.
Anche a prescindere dalla considerazione che, comunque, una tale
previsione non giustificherebbe l'unilaterale dichiarazione di
inapplicabilita' nei territori regionali di parte di un testo
legislativo statale esplicitamente riferito all'intero territorio
nazionale, questa Corte, nella sentenza n. 196 del 2004 (che pure
riconosce nella materia in questione un significativo potere
legislativo anche alle Regioni ad autonomia ordinaria), ha chiarito
che il solo significato del comma 2 dell'art. 32 del DL n. 269 del
2003 compatibile con la vigente disciplina costituzionale e'
l'individuazione del contesto normativo entro il quale il condono e'
stato adottato.
4.5. Anche la legge della Regione Emilia-Romagna n. 1 del 2004,
all'art. 1, comma 3, lettera d), stabilisce la "generale non
sanabilita' delle violazioni in contrasto con la strumentazione
urbanistica vigente" e, all'art. 2, prescrive che i Comuni sospendano
"ogni determinazione circa la conclusione dei procedimenti relativi
alla definizione degli illeciti edilizi, cosi' come regolati
dall'art. 32 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269". In tal
modo, la legge regionale dell'Emilia-Romagna sostanzialmente esclude
anch'essa la possibilita' di applicazione della disciplina della
sanatoria edilizia dettata dall'art. 32 del DL n. 269 del 2003.
5. Per le ragioni assorbenti sopra indicate (cfr. il precedente punto
4.2.), la legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 22 del 2003,
la legge della Regione Toscana n. 55 del 2003, l'art. 4 della legge
della Regione Marche n. 29 del 2003 e la legge della Regione
Emilia-Romagna n. 1 del 2004, devono quindi essere dichiarate
costituzionalmente illegittime.
6. La dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle norme
impugnate esime dall'analisi delle ulteriori censure proposte.
7. Non vi e' luogo a provvedere sulle istanze di sospensione
formulate dallo Stato avverso la legge della Regione Toscana n. 55
del 2003, la legge della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 22 del
2003, l'art. 4 della legge della Regione Marche n. 29 del 2003 e la
legge della Regione Emilia-Romagna n. 1 del 2004.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
1) dichiara l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione
Toscana 4 dicembre 2003, n. 55 (Accertamento di conformita' delle
opere edilizie eseguite in assenza di titoli abilitativi, in totale o
parziale difformita' o con variazioni essenziali, nel territorio
della regione Toscana);
2) dichiara l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione
Friuli-Venezia Giulia 11 dicembre 2003, n. 22 (Divieto di sanatoria
eccezionale delle opere abusive);
3) dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge
della Regione Marche 23 dicembre 2003, n. 29 (Norme concernenti la
vigilanza sull'attivita' edilizia nel territorio regionale);
4) dichiara l'illegittimita' costituzionale della legge della Regione
Emilia-Romagna 16 gennaio 2004, n. 1 (Misure urgenti per la
salvaguardia del territorio dall'abusivismo urbanistico ed
edilizio).
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 24 giugno 2004.
IL PRESIDENTE IL REDATTORE
Gustavo Zagrebelsky Ugo De Siervo
IL CANCELLIERE
Maria Rosaria Fruscella
Depositata in Cancelleria il 28 giugno 2004