LEGGE REGIONALE 17 dicembre 2003, n. 26
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI CONNESSI CON DETERMINATE SOSTANZE PERICOLOSE
CAPO III
Norme di pianificazione e di salvaguardia
Art. 13
Norme di salvaguardia per le zone interessate
da stabilimenti a rischio di incidente rilevante
1. Fino all'adeguamento del piano urbanistico generale, tutto il
territorio comunale ovvero le aree di danno degli stabilimenti a
rischio di incidente rilevante delimitate ai sensi dell'articolo 12,
sono soggetti ai vincoli di destinazione definiti dalla tabella 3.b
del decreto ministeriale 9 maggio 2001.
2. Al fine della verifica dell'osservanza dei vincoli di cui al comma
1, il Comitato tecnico di valutazione dei rischi di cui all'articolo
4 della presente legge o, fino alla sua costituzione, il Comitato di
cui all'articolo 21 del decreto legislativo n. 334 del 1999, esprime
parere preventivo e vincolante, entro quarantacinque giorni dalla
richiesta, su tutti gli interventi pubblici e privati di
trasformazione del territorio, soggetti a procedimenti abilitativi.
3. Per gli interventi soggetti a denuncia di inizio attivita',
qualora il parere non sia allegato alla denuncia di inizio attivita',
esso e' acquisito d'ufficio secondo le disposizioni di cui
all'articolo 10, comma 5, della legge regionale 25 novembre 2002, n.
31 (Disciplina generale dell'edilizia).
4. Non sono soggetti al parere di cui al comma 2 i seguenti
interventi edilizi:
a) interventi di manutenzione straordinaria, risanamento
conservativo, restauro e ristrutturazione edilizia, che non
comportino un aumento delle unita' immobiliari, del carico
urbanistico o delle superfici utili degli edifici;
b) manufatti per l'eliminazione delle barriere architettoniche;
c) impianti tecnologici al servizio di edifici esistenti;
d) recinzioni, muri di cinta, cancellate, tralicci con esclusione
delle linee elettriche;
e) pensiline, bacheche, cartelloni e altre strutture per
l'esposizione di mezzi pubblicitari.
NOTE ALL'ART. 13
Comma 1
1) La tabella 3.b del decreto ministeriale 9 maggio 2001 concernente
Requisiti minimi di sicurezza in materia di pianificazione
urbanistica e territoriale per le zone interessate da stabilimenti a
rischio di incidente rilevante e' la seguente:
"6.1. Individuazione degli elementi territoriali e ambientali
vulnerabili
Gli elementi tecnici utili ai fini di una valutazione di
compatibilita' territoriale e ambientale sono espressi in relazione
all'esigenza di assicurare sia i requisiti minimi di sicurezza per la
popolazione e le infrastrutture, sia un'adeguata protezione per gli
elementi sensibili al danno ambientale.
6.1.1. Elementi territoriali vulnerabili
La valutazione della vulnerabilita' del territorio attorno ad uno
stabilimento va effettuata mediante una categorizzazione delle aree
circostanti in base al valore dell'indice di edificazione e
all'individuazione degli specifici elementi vulnerabili di natura
puntuale in esse presenti, secondo quanto indicato nella successiva
tabella 1.
Occorre inoltre tenere conto delle infrastrutture di trasporto e
tecnologiche lineari e puntuali. Qualora tali infrastrutture
rientrino nelle aree di danno individuate, dovranno essere
predisposti idonei interventi, da stabilire puntualmente, sia di
protezione che gestionali, atti a ridurre l'entita' delle conseguenze
(ad esempio: elevazione del muro di cinta prospiciente
l'infrastruttura, efficace coordinamento tra lo stabilimento e l'ente
gestore dell'infrastruttura finalizzato alla rapida intercettazione
del traffico, ecc.). Un analogo approccio va adottato nei confronti
dei beni culturali individuati in base alla normativa nazionale
(decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490) e regionale o in base
alle disposizioni di tutela e salvaguardia contenute nella
pianificazione territoriale, urbanistica e di settore.
Tabella 1 - Categorie territoriali
CATEGORIA A
1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
l'indice fondiario di edificazione sia superiore a 4,5 m3/m2.
2. Luoghi di concentrazione di persone con limitata capacita' di
mobilita' - ad esempio ospedali, case di cura, ospizi, asili, scuole
inferiori, ecc. (oltre 25 posti letto o 100 persone presenti).
3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante all'aperto - ad esempio
mercati stabili o altre destinazioni commerciali, ecc. (oltre 500
persone presenti).
CATEGORIA B
1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
l'indice fondiario di edificazione sia compreso tra 4,5 e 1.5 m3/m2.
2. Luoghi di concentrazione di persone con limitata capacita' di
mobilita' - ad esempio ospedali, case di cura, ospizi, asili, scuole
inferiori, ecc. (fino a 25 posti letto o 100 persone presenti).
3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante all'aperto - ad esempio
mercati stabili o altre destinazioni commerciali, ecc. (fino a 500
persone presenti).
4. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante al chiuso - ad esempio
centri commerciali, terziari e direzionali, per servizi, strutture
ricettive, scuole superiori, universita', ecc. (oltre 500 persone
presenti).
5. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante con limitati periodi di
esposizione al rischio - ad esempio luoghi di pubblico spettacolo,
destinati ad attivita' ricreative, sportive, culturali, religiose,
ecc. (oltre 100 persone presenti se si tratta di luogo all'aperto,
oltre 1000 al chiuso).
6. Stazioni ferroviarie ed altri nodi di trasporto (movimento
passeggeri superiore a 1000 persone/giorno).
CATEGORIA C
1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
l'indice fondiario di edificazione sia compreso tra 1,5 e 1 m3/m2.
2. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante al chiuso - ad esempio
centri commerciali, terziari e direzionali, per servizi, strutture
ricettive, scuole superiori, universita', ecc. (fino a 500 persone
presenti).
3. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante con limitati periodi di
esposizione al rischio - ad esempio luoghi di pubblico spettacolo,
destinati ad attivita' ricreative, sportive, culturali, religiose,
ecc. (fino a 100 persone presenti se si tratta di luogo all'aperto,
fino a 1000 al chiuso; di qualunque dimensione se la frequentazione
e' al massimo settimanale).
4. Stazioni ferroviarie ed altri nodi di trasporto (movimento
passeggeri fino a 1000 persone/giorno).
CATEGORIA D
1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
l'indice fondiario di edificazione sia compreso tra 1 e 0,5 m3/m2.
2. Luoghi soggetti ad affollamento rilevante, con frequentazione al
massimo mensile - ad esempio fiere, mercatini o altri eventi
periodici, cimiteri, ecc.
CATEGORIA E
1. Aree con destinazione prevalentemente residenziale, per le quali
l'indice fondiario di edificazione sia inferiore a 0,5 m3/m2.
2. Insediamenti industriali, artigianali, agricoli, e zootecnici.
CATEGORIA F
1. Area entro i confini dello stabilimento.
2. Area limitrofa allo stabilimento, entro la quale non sono presenti
manufatti o strutture in cui sia prevista l'ordinaria presenza di
gruppi di persone. La categorizzazione del territorio esposta nella
tabella 1 tiene conto di alcune valutazioni dei possibili scenari
incidentali, e in particolare dei seguenti criteri: - la difficolta'
di evacuare soggetti deboli e bisognosi di aiuto, quali bambini,
anziani e malati, e il personale che li assiste; - la difficolta' di
evacuare i soggetti residenti in edifici a piu' di cinque piani e
grandi aggregazioni di persone in luoghi pubblici; per tali soggetti,
anche se abili di muoversi autonomamente, la fuga sarebbe
condizionata dalla minore facilita' di accesso alle uscite di
emergenza o agli idonei rifugi; - la minore difficolta' di evacuare i
soggetti residenti in edifici bassi o isolati, con vie di fuga
accessibili e una migliore autogestione dei dispositivi di sicurezza;
- la minore vulnerabilita' delle attivita' caratterizzate da una
bassa permanenza temporale di persone, cioe' di una minore
esposizione al rischio, rispetto alle analoghe attivita' piu'
frequentate; - la generale maggiore vulnerabilita' delle attivita'
all'aperto rispetto a quelle al chiuso.
Sulla base di questi stessi criteri, integrati dalle valutazioni che
riguardano i singoli casi specifici, sara' necessario ricondurre alle
categorie della tabella tutti gli elementi territoriali eventualmente
presenti e non esplicitamente citati dalla tabella stessa.
Le Regioni, nell'ambito della definizione della disciplina regionale
attuativa del presente decreto, potranno integrare i contenuti della
tabella 1, in rapporto alle specifiche normative regionali in materia
urbanistica e ambientale.
Per le categorie E ed F si deve tenere conto di quanto previsto dagli
articoli 12 e 13 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, ove
applicabili.
6.1.2. Elementi ambientali vulnerabili
Con particolare riferimento al pericolo per l'ambiente che puo'
essere causato dal rilascio incidentale di sostanze pericolose, si
considerano gli elementi ambientali secondo la seguente suddivisione
tematica delle diverse matrici ambientali vulnerabili potenzialmente
interessate dal rilascio incidentale di sostanze pericolose per
l'ambiente:
- beni paesaggistici e ambientali (decreto legislativo 29 ottobre
1999, n. 490);
- aree naturali protette (es. parchi e altre aree definite in base a
disposizioni normative);
- risorse idriche superficiali (es. acquifero superficiale;
idrografia primaria e secondaria; corpi d'acqua estesi in relazione
al tempo di ricambio ed al volume del bacino);
- risorse idriche profonde (es. pozzi di captazione ad uso potabile o
irriguo; acquifero profondo non protetto o protetto; zona di ricarica
della falda acquifera).
- uso del suolo (es. aree coltivate di pregio, aree boscate).
La vulnerabilita' di ognuno degli elementi considerati va valutata in
relazione alla fenomenologia incidentale cui ci si riferisce. Su tale
base, in via generale e a solo titolo di esempio, si potra'
considerare trascurabile l'effetto prodotto da fenomeni energetici
come l'esplosione e l'incendio nei confronti dell'acqua e del
sottosuolo. In tutti gli altri casi, la valutazione della
vulnerabilita' dovra' tenere conto del danno specifico che puo'
essere arrecato all'elemento ambientale, della rilevanza sociale ed
ambientale della risorsa considerata, della possibilita' di mettere
in atto interventi di ripristino susseguentemente ad un eventuale
rilascio.
In sede di pianificazione territoriale e urbanistica, verra'
effettuata una ricognizione della presenza degli elementi ambientali
vulnerabili, come individuabili in base a specifiche declaratorie di
tutela, ove esistenti, ovvero in base alla tutelabilita' di legge,
oppure, infine, in base alla individuazione e disciplina di specifici
elementi ambientali da parte di piani territoriali, urbanistici e di
settore.
6.2. Determinazione delle aree di danno
6.2.1. Valori di soglia
Il danno a persone o strutture e' correlabile all'effetto fisico di
un evento incidentale mediante modelli di vulnerabilita' piu' o meno
complessi. Ai fini del controllo dell'urbanizzazione, e' da ritenere
sufficientemente accurata una trattazione semplificata, basata sul
superamento di un valore di soglia, al di sotto del quale si ritiene
convenzionalmente che il danno non accada, al di sopra del quale
viceversa si ritiene che il danno possa accadere. In particolare, per
le valutazioni in oggetto, la possibilita' di danni a persone o a
strutture e' definita sulla base del superamento dei valori di soglia
espressi nella seguente tabella 2.
Tali valori sono congruenti con quelli definiti nelle linee guida di
pianificazione di emergenza esterna del Dipartimento della Protezione
civile e con quelli definiti nel decreto ministeriale 15 maggio 1996
"Criteri di analisi e valutazione dei rapporti di sicurezza relativi
ai depositi di gas di petrolio liquefatto (GPL)" e decreto
ministeriale 20 ottobre 1998 "Criteri di analisi e valutazione dei
rapporti di sicurezza relativi ai depositi di liquidi facilmente
infiammabili e/o tossici".
La necessita' di utilizzo dei valori di soglia definiti deriva non
solo dall'esigenza di assicurare la necessaria uniformita' di
trattamento per i diversi stabilimenti, ma anche per rendere
congruenti i termini di sorgente utilizzati nel controllo
dell'urbanizzazione con quelli per la pianificazione di emergenza
esterna e per l'informazione alla popolazione.
Tabella 2 - Valori di soglia
Scenario Elevata inizio Lesioni Lesioni Danni alle
incidentale letalita' letalita' irreversibili reversibili
strutture /Effetti dominio
1 2 3 4 5
Incendio (radiazione
termica stazionaria) 12,5 kW/m2 7 kW/m2 5 kW/m2 3kW/m2 12,5
kW/m2
BLEVE/Fireball (radiazione Reggio
termica variabile) fireball 350 kJ/m2 200 kJ/m2 125 kJ/m2
200-800 m (*)
Flash-fire (radiazione
termica istantanea) LFL 1/2 LFL
VCE (sovrapressione 0,3 bar (0,6
di picco) spazi aperti) 0,14 bar 0,07 bar 0,03 bar 0,3 bar
Rilascio tossico LC50 (30 IDLH
(dose assorbita) min,hmn)
(*) secondo la tipologia del serbatoio.
Per la corretta applicazione dei criteri di valutazione della
compatibilita' territoriale, il gestore esprime le aree di danno con
riferimento ai valori di soglia di tabella 2. In generale, gli
effetti fisici derivati dagli scenari incidentali ipotizzabili
possono determinare, danni a persone o strutture, in funzione della
specifica tipologia, della loro intensita' e della durata.
Il danno ambientale, con riferimento agli elementi vulnerabili
indicati al punto 6.1.2. e invece correlato alla dispersione di
sostanze pericolose i cui effetti sull'ambiente sono difficilmente
determinabili a priori mediante l'uso di modelli di vulnerabilita'.
L'attuale stato dell'arte in merito alla valutazione dei rischi per
l'ambiente derivanti da incidenti rilevanti non permette infatti
l'adozione di un approccio analitico efficace che conduca a risultati
esenti da cospicue incertezze. Si procede pertanto secondo le
indicazioni qualitative di cui al punto 6.3.3.
6.2.2. Aree di danno
La determinazione delle aree di danno deve essere eseguita dal
gestore nella considerazione delle specificita' della propria
situazione, corrispondentemente alle tipologie di danno e secondo i
livelli di soglia indicate in Tabella 2.
Per gli stabilimenti soggetti alla presentazione del Rapporto di
sicurezza, la determinazione delle aree di danno deve essere condotta
dal gestore nei termini analitici richiesti per la stesura di questo
ed eventualmente rivalutata a seguito delle conclusioni
dell'istruttoria per la valutazione del Rapporto di sicurezza.
Per gli altri stabilimenti, il gestore deve effettuare le necessarie
valutazioni e analisi di sicurezza nell'a'mbito dell'attuazione del
proprio sistema di gestione di sicurezza, come previsto dall'allegato
III al decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 e dall'articolo 7
del decreto ministeriale 9/8/2000, concernente disposizioni sui
sistemi di gestione della sicurezza, fornendo le informazioni e gli
elementi tecnici conformemente alle definizioni ed alle soglie di cui
alla tabella 2.
Il gestore deve indicare, per ognuna delle ipotesi incidentali
significative individuate, la classe di probabilita' degli eventi
secondo la suddivisione indicata nelle tabelle 3a e 3b.
Le tipologie di effetti fisici da considerare sono le seguenti:
Radiazione termica stazionaria (POOL FIRE, JET FIRE)
I valori di soglia sono in questo caso espressi come potenza termica
incidente per unita' di superficie esposta (kW/m2). I valori numerici
si riferiscono alla possibilita' di danno a persone prive di
specifica protezione individuale, inizialmente situate all'aperto, in
zona visibile alle fiamme, e tengono conto della possibilita'
dell'individuo, in circostanze non sfavorevoli, di allontanarsi
spontaneamente dal campo di irraggiamento.
Il valore di soglia indicato per i possibili danni alle strutture
rappresenta un limite minimo, applicabile ad obiettivi
particolarmente vulnerabili, quali serbatoi atmosferici, pannellature
in laminato plastico, ecc. e per esposizioni di lunga durata. Per
obiettivi meno vulnerabili potra' essere necessario riferirsi a
valori piu' appropriati alla situazione specifica, tenendo conto
anche della effettiva possibile durata dell'esposizione.
Radiazione termica variabile (BLEVE/Fireball)
Il fenomeno, tipico dei recipienti e serbatoi di materiale
infiammabile pressurizzato, e' caratterizzato da una radiazione
termica variabile nel tempo e della durata dell'ordine di 10-40
secondi, dipendentemente dalla quantita' coinvolta. Poiche' in questo
caso la durata, a parita' di intensita' di irraggiamento, ha
un'influenza notevole sul danno atteso, e' necessario esprimere
l'effetto fisico in termini di dose termica assorbita (kJ/m2)3.
Ai fini del possibile effetto domino, vengono considerate le distanze
massime per la proiezione di frammenti di dimensioni significative,
riscontrate nel caso tipico del GPL.
Radiazione termica istantanea (FLASH-FIRE)
Considerata la breve durata dell'esposizione ad un irraggiamento
significativo (1-3 secondi, corrispondente al passaggio su di un
obiettivo predeterminato del fronte fiamma che transita all'interno
della nube), si considera che effetti letali possano presentarsi solo
entro i limiti di infiammabilita' della nube (LFL).
Eventi occasionali di letalita' possono presentarsi in concomitanza
con eventuali sacche isolate e locali di fiamma, eventualmente
presenti anche oltre il limite inferiore di infiammabilita', a causa
di possibili disuniformita' della nube; a tal fine si puo' ritenere
cautelativamente che la zona di inizio letalita' si possa estendere
fino al limite rappresentato da 1/2 LFL.
Onda di pressione (VCE)
Il valore di soglia preso a riferimento per i possibili effetti
letali estesi si riferisce, in particolare, alla letalita' indiretta
causata da cadute, proiezioni del corpo su ostacoli, impatti di
frammenti e, specialmente, crollo di edifici (0,3 bar); mentre, in
spazi aperti e privi di edifici o altri manufatti vulnerabili,
potrebbe essere piu' appropriata la considerazione della sola
letalita' diretta, dovuta all'onda d'urto in quanto tale (0,6 bar).
I limiti per lesioni irreversibili e reversibili sono stati correlati
essenzialmente alle distanze a cui sono da attendersi rotture di
vetri e proiezione di un numero significativo di frammenti, anche
leggeri, generati dall'onda d'urto.
Per quanto riguarda gli effetti domino, il valore di soglia (0,3 bar)
e' stato fissato per tenere conto della distanza media di proiezione
di frammenti od oggetti che possano provocare danneggiamento di
serbatoi, apparecchiature, tubazioni, ecc.
Proiezione di frammenti (VCE)
La proiezione del singolo frammento, eventualmente di grosse
dimensioni, viene considerata essenzialmente per i possibili effetti
domino causati dal danneggiamento di strutture di sostegno o dallo
sfondamento di serbatoi ed apparecchiature.
Data l'estrema ristrettezza dell'area interessata dall'impatto e
quindi la bassa probabilita' che in quell'area si trovi in quel
preciso momento un determinato individuo, si ritiene che la
proiezione del singolo frammento di grosse dimensioni rappresenti un
contribuente minore al rischio globale rappresentato dallo
stabilimento per il singolo individuo (in assenza di effetti
domino).
Rilascio tossico
Ai fini della valutazione dell'estensione delle aree di danno
relative alla dispersione di gas o vapori tossici, sono stati presi a
riferimento i seguenti parametri tipici:
- IDLH ("Immediately Dangerous to Life and Health": fonte
NIOSH/OSHA): concentrazione di sostanza tossica fino alla quale
l'individuo sano, in seguito ad esposizione di 30 minuti, non subisce
per inalazione danni irreversibili alla salute e sintomi tali da
impedire l'esecuzione delle appropriate azioni protettive.
- LC50 (30 min, hmn): concentrazione di sostanza tossica, letale per
inalazione nel 50% dei soggetti umani esposti per 30 minuti.
Nel caso in cui siano disponibili solo valori di LC50 per specie non
umana e/o per tempi di esposizione diversi da 30 minuti, deve essere
effettuata una trasposizione ai detti termini di riferimento mediante
il metodo TNO.
Si rileva che il tempo di esposizione di 30 minuti viene fissato
cautelativamente sulla base della massima durata presumibile di
rilascio, evaporazione da pozza e/o passaggio della nube. In
condizioni impiantistiche favorevoli (ad esempio, sistema di
rilevamento di fluidi pericolosi con operazioni presidiate in
continuo, allarme e pulsanti di emergenza per chiusura valvole, ecc.)
e a seguito dell'adozione di appropriati sistemi di gestione della
sicurezza, come definiti nella normativa vigente, il gestore dello
stabilimento puo' responsabilmente assumere, nelle proprie
valutazioni, tempi di esposizione significativamente diversi; ne
consegue la possibilita' di adottare valori di soglia
corrispondentemente diversi da quelli di Tabella 2.
6.3. Criteri per la valutazione della compatibilita' territoriale e
ambientale
La valutazione della compatibilita' da parte delle autorita'
competenti, in sede di pianificazione territoriale e urbanistica,
deve essere formulata sulla base delle informazioni acquisite dal
gestore e, ove previsto, sulla base delle valutazioni dell'autorita'
competente di cui all'articolo 21 del decreto legislativo 17 agosto
1999, n. 334, opportunamente rielaborate ed integrate con altre
informazioni pertinenti.
Gli elementi tecnici, cosi' determinati, non vanno interpretati in
termini rigidi e compiuti, bensi' utilizzati nell'ambito del processo
di valutazione, che deve necessariamente essere articolato, prendendo
in considerazione anche i possibili impatti diretti o indiretti
connessi all'esercizio dello stabilimento industriale o allo
specifico uso del territorio.
Il processo di valutazione tiene conto dell'eventuale impegno del
gestore ad adottare misure tecniche complementari, ai sensi
dell'articolo 14, comma 6, del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334.
Gli strumenti di pianificazione territoriale e urbanistica potranno
prevedere opportuni accorgimenti ambientali o edilizi che, in base
allo specifico scenario incidentale ipotizzato, riducano la
vulnerabilita' delle costruzioni ammesse nelle diverse aree di
pianificazione interessate dalle aree di danno.
In base alle definizioni date, la compatibilita' dello stabilimento
con il territorio circostante va valutata in relazione alla
sovrapposizione delle tipologie di insediamento, categorizzate in
termini di vulnerabilita' in tabella 1, con l'inviluppo delle aree di
danno, come evidenziato dalle successive tabelle 3a e 3b. Le aree di
danno corrispondenti alle categorie di effetti considerate
individuano quindi le distanze misurate dal centro di pericolo
interno allo stabilimento, entro le quali sono ammessi gli elementi
territoriali vulnerabili appartenenti alle categorie risultanti
dall'incrocio delle righe e delle colonne rispettivamente
considerate.
6.3.1. Compatibilita' territoriale
Tabella 3a - Categorie territoriali compatibili con gli stabilimenti
Classe di probabilita' Categorie di effetti degli eventi
Elevata Inizio Lesioni Lesioni letalita' letalita'
irreversibili reversibili
ABCDEF
10-4 - 10-6 EF DEF CDEF BCDEF
10-3 - 10-4 F EF DEF CDEF
>>10-3 F F EF DEF
Tabella 3b - Categorie territoriali compatibili con gli stabilimenti
(per il rilascio di concessioni e autorizzazioni edilizie in assenza
di variante urbanistica)
Classe di probabilita' Categorie di effetti degli eventi
Elevata Inizio Lesioni Lesioni letalita' letalita'
irreversibili reversibili
DEF
10-4 - 10-6 F EF DEF CDEF
10-3 - 10-4 F F EF DEF
>>10-3 F F F EF
Le lettere indicate nelle caselle delle tabelle 3a e 3b fanno
riferimento alle categorie territoriali descritte al punto 6.1.,
mentre le categorie di effetti sono quelle valutate in base a quanto
descritto al punto 6.2.
omissis".
Comma 2
2) Il testo dell'art. 21 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n.
334 concernente Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al
controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con
determinate sostanze pericolose e' citato alla nota 7 all'art. 12.
Comma 3
3) Il testo dell'art. 10, comma 5, della legge regionale 25 novembre
2002, n. 31 concernente Disciplina generale dell'edilizia e' il
seguente:
"Art. 10 - Disciplina della denuncia di inizio attivita'
omissis
5. Qualora l'immobile oggetto dell'intervento sia sottoposto ad un
vincolo la cui tutela non compete all'Amministrazione comunale ed il
parere o l'atto di assenso comunque denominato non sia allegato alla
denuncia, spetta allo Sportello unico per l'edilizia, entro dieci
giorni dalla presentazione, richiedere all'autorita' preposta il
rilascio del medesimo atto. Decorsi trenta giorni dalla richiesta, il
responsabile dello Sportello unico per l'edilizia convoca una
conferenza di servizi. In tali casi il termine di trenta giorni per
l'inizio lavori decorre dal ricevimento dell'atto richiesto ovvero
dall'esito della conferenza. La denuncia di inizio attivita' e' priva
di effetti se l'assenso e' negato ovvero se la conferenza ha esito
non favorevole.
omissis".