DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 10 novembre 2003, n. 2203
Parere in merito al progetto di Piano stralcio di bacino per l'assetto idrogeologico, adottato dal Comitato istituzionale dell'Autorita' di Bacino del Fiume Tevere con delibera n. 101 dell'1 agosto 2002
LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
(omissis)
riscontrato che:
- il Progetto di Piano e' stato formato in ottemperanza all'art. 17
della Legge 183/89, secondo la fattispecie di cui al comma 6 ter
dello stesso articolo, ovvero come stralcio relativo al settore del
rischio idraulico e del rischio da frana;
- l'ambito territoriale di riferimento e' costituito dal bacino
idrografico del fiume Tevere, cosi' come definito dal DPR 1 giugno
1998;
- la Regione Emilia-Romagna e' interessata dal Progetto di Piano per
una porzione molto limitata, pari a circa 28 Kmq. relativa al tratto
iniziale del fiume Tevere, le cui sorgenti ricadono nel territorio
comunale di Verghereto in provincia di Forli'-Cesena;
- il Progetto di Piano persegue l'obiettivo di garantire un livello
di sicurezza adeguato rispetto ai fenomeni di dissesto idraulico e
idrogeologico, che sia compatibile con l'utilizzo e lo sviluppo del
territorio;
- il suddetto obiettivo e' perseguito attraverso azioni non
strutturali, rappresentate da disposizioni normative finalizzate alla
corretta gestione del territorio in chiave di difesa idrogeologica ed
ambientale, ed azioni strutturali, rappresentate da interventi mirati
a raggiungere un adeguato livello di sicurezza per le popolazioni e
le infrastrutture esposte al rischio di inondazione e di frana;
considerato di formulare il seguente parere regionale sul Progetto di
Piano, con le relative, conseguenti, proposte di modifica
all'Autorita' di Bacino del Fiume Tevere, si rileva quanto segue:
a) il Progetto di Piano si presenta come uno strumento complesso ed
articolato, composto da parti distinte - l'analisi della rete
idrografica e dei dissesti di versante, le norme d'uso del
territorio, gli indirizzi alla pianificazione urbanistica - ognuna
delle quali presenta caratteristiche specifiche per livello di
approfondimento, effetti sul sistema degli Enti locali e della
pianificazione. La valutazione sul Progetto di Piano non puo' quindi
che essere articolata e diversificata, pur all'interno di un quadro
complessivamente positivo, in quanto questo Piano e' una prima
risposta ad un'esigenza di sicurezza territoriale. Tale Progetto
definisce criteri e metodi di lavoro omogenei a scala di bacino per
il raggiungimento di un maggiore grado di sicurezza del territorio e
per meglio coordinare il processo di riqualificazione dello stesso.
Pone inoltre le basi per una gestione organica e sistemica del
territorio, che coinvolge una molteplicita' di enti, tale da
garantire che i singoli interventi a carattere locale non abbiano
effetti negativi sulla restante parte del bacino;
b) le metodologie utilizzate per l'analisi delle problematiche
geomorfologiche ed idrauliche sono in linea di massima condivisibili
anche se, in relazione alla porzione di territorio di competenza
regionale, si evidenziano difformita' con i risultati di studi di
dettaglio effettuati dagli uffici regionali competenti in materia di
difesa del suolo;
c) con l'adozione del Progetto di Piano non sono state introdotte
misure di salvaguardia (ex comma 6 bis, art. 17, Legge 183/89). Si
ritiene opportuno che il Comitato istituzionale dell'Autorita' di
Bacino provveda in merito, ancorche' tardivamente, onde evitare,
nella fase transitoria all'approvazione del Piano, che siano
realizzati interventi di trasformazione del territorio in contrasto
con gli indirizzi del Piano;
d) per quanto riguarda l'apparato normativo, si osserva quanto segue:
- con riferimento all'art. 4 delle norme, si ritiene necessaria la
cassazione del comma 2, che riprende il contenuto del comma 5
dell'art. 1 bis della Legge 365/00. Tale comma, alla luce di uno
specifico ricorso presentato dalle Regioni, e' stato annullato dalla
Corte Costituzionale (sentenza 9 dicembre 2002, n. 524) che lo ha
dichiarato "in netto contrasto con le competenze regionali in materia
di pianificazione urbanistica"; - con riferimento al comma 8
dell'art. 4, si ritiene opportuno esplicitare, al fine di evitare
interpretazioni errate, che in ogni caso devono essere fatte salve le
disposizioni piu' restrittive contenute nella legislazione vigente,
comprese quelle presenti negli strumenti di pianificazione
territoriale di livello regionale, provinciale e comunale o in altri
piani di tutela del territorio, quali ad esempio i Piani paesistici;
- si ritiene opportuno integrare il comma 1 dell'art. 9 prevedendo la
possibilita', in sede di verifica della compatibilita' delle
previsioni urbanistiche vigenti, di aggiornare la delimitazione delle
aree in dissesto sulla base di studi geomorfologici di maggior
dettaglio; - con riferimento all'art. 9, si rileva che le norme non
dettano disposizioni per le aree a rischio R1 e R2, eventualmente
risultanti dagli approfondimenti demandati ai Comuni all'art. 9 in
sede di verifica di compatibilita' della pianificazione urbanistica
vigente con le condizioni di dissesto. Si ritiene opportuno integrare
le norme introducendo uno specifico articolo che rinvii ai Comuni il
compito di regolamentare l'uso del territorio nelle aree a rischio R1
e R2 in sede di revisione dello strumento urbanistico per
l'adeguamento al PAI; - con riferimento al riordino del vincolo
idrogeologico, previsto dall'art. 10 delle norme, si ritiene che la
carta indice di franosita' totale (scala 1:250.000) sia ad una scala
di non sufficiente dettaglio per poter essere utilizzata quale
elaborato di riferimento; - con riferimento all'art. 12 relativo alle
aree classificate a rischio da frana R3, si rileva la difformita' con
quanto disposto nell'Atto di indirizzo e coordinamento di cui alla
Legge 267/98, che limita la possibilita' di ampliamento alle sole
esigenze connesse ad adeguamenti normativi. Si ritiene pertanto
opportuna una revisione dell'art. 12 al fine di renderlo conforme al
suddetto Atto; - con riferimento all'art. 25 relativo alla fascia A,
si rileva che la normativa applicata non e' conforme con quanto
disposto nell'Atto di indirizzo e coordinamento di cui alla Legge
267/98; si ritiene pertanto necessaria una revisione dell'articolato
che impedisca la realizzazione di manufatti, ancorche' modesti, che
possano interferire con il libero deflusso della piena di
riferimento;
e) il Progetto di Piano individua un'area a rischio da frana R3 nella
loc. Balze di Verghereto (cod. EM001), gia' oggetto di specifica
perimetrazione approvata ai sensi dell'art. 29 del Piano territoriale
paesistico regionale (PTPR) della Regione Emilia-Romagna con delibera
di Giunta regionale 1015/99 "Legge 9 luglio 1908 e art. 29 del PTPR -
Perimetrazione e zonizzazione delle aree in dissesto dell'abitato di
Balze in comune di Verghereto". Si osserva che le due perimetrazioni
risultano difformi sia per quanto riguarda la perimetrazione e la
zonizzazione sia per quanto riguarda la normativa ad esse applicata.
Al fine di evitare il sussistere di perimetrazioni e norme differenti
relative alla stessa area, si chiede che nel Piano sia fatta salva la
vigente perimetrazione, con le relative norme, che rappresenta il
risultato di studi ed indagini dettagliate condotte dal Servizio
Tecnico Bacino Fiumi Romagnoli ed e', inoltre, gia' recepita dallo
strumento urbanistico comunale e dal Piano territoriale di
coordinamento provinciale (PTCP) della Provincia di Forli'-Cesena;
f) con riferimento alla cartografia geomorfologica prodotta in sede
di redazione del Progetto di PAI, si fa presente che la Regione
Emilia-Romagna e' dotata di elaborati di cartografia geologica (carta
geologica dell'Appennino emiliano-romagnolo 1:10.000 della regione
Emilia-Romagna) e del dissesto (carta dell'inventario del dissesto
della regione Emilia-Romagna in scala 1:25.000) derivanti da rilievi
di terreno e soggetti a periodici aggiornamenti e revisioni. Per tale
motivo, si ritiene opportuno che la carta "Inventario dei fenomeni
franosi" elaborata dall'Autorita' di Bacino sia rivista, per quanto
concerne il territorio di competenza regionale, sulla base dei dati
aggiornati contenuti nella cartografia del dissesto della regione;
tenuto conto che non sono pervenute osservazioni sul Progetto di
Piano sulle quali la Regione, ai sensi del comma 9 dell'art. 18 della
Legge 183/89, avrebbe dovuto esprimersi;
richiamate:
- la L.R. n. 43 del 26 novembre 2001 avente ad oggetto "Testo Unico
in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nella Regione
Emilia-Romagna";
- la propria deliberazione n. 2832 del 12 dicembre 2001 che
istituisce le strutture regionali tra cui quelle afferenti alla
Direzione generale Ambiente, Difesa del suolo e della costa;
- la propria deliberazione n. 447 del 24 marzo 2003 avente ad oggetto
"Indirizzi in ordine alle relazioni organizzative e funzionali tra le
strutture e sull'esercizio delle funzioni dirigenziali";
dato atto del parere di regolarita' amministrativa della presente
deliberazione espresso dal Direttore generale Ambiente, Difesa del
suolo e della costa, ai sensi dell'art. 37, comma 4 della L.R. 43/01
e della propria deliberazione 447/03;
su proposta dell'Assessore alla Difesa del suolo e della costa.
Protezione civile, Marioluigi Bruschini;
a voti unanimi e palesi, delibera:
1) di formulare parere positivo, per le motivazioni e con le riserve
espresse in narrativa, sul Progetto di Piano stralcio per l'assetto
idrogeologico adottato dal Comitato istituzionale dell'Autorita' di
Bacino del Fiume Tevere con deliberazione n. 101 dell'1 agosto 2002,
in quanto strumento atto a definire le azioni di governo necessarie a
ridurre il rischio idraulico e idrogeologico nel territorio
interessato dal Progetto di Piano;
2) di fare proprio il "Parere in merito al Progetto di Piano stralcio
di assetto idrogeologico" (Allegato A) espresso dalla Conferenza
programmatica e corredato dal verbale della Conferenza stessa
(Allegato A1);
3) di esprimere su alcuni aspetti specifici del Progetto di Piano
stesso il parere formulato nel "considerato";
4) di precisare che i citati Allegati A e A1 sono parte integrante e
sostanziale della presente deliberazione;
5) di inviare copia del presente atto deliberativo all'Autorita' di
Bacino del Fiume Tevere, ai sensi del comma 9 dell'art. 18 della
Legge 18 maggio 1989, n. 183;
6) di pubblicare la presente deliberazione nel Bollettino Ufficiale
della Regione Emilia-Romagna.
ALLEGATO A
Conferenza programmatica
(art. 1 bis, DL 279/00, convertito con Legge 365/00)
Parere in merito al Progetto di Piano stralcio di assetto
idrogeologico, adottato con deliberazione n. 101 dell'1 agosto 2002
del Comitato istituzionale dell'Autorita' di Bacino del Fiume Tevere
Premessa
Il Progetto di Piano stralcio di assetto idrogeologico, d'ora in
avanti denominato Progetto di Piano, e' stato adottato dal Comitato
istituzionale dell'Autorita' di Bacino del Fiume Tevere nella seduta
dell'1 agosto 2002.
Il Progetto di Piano e' costituito da:
- una relazione generale in cui sono descritti gli obiettivi del PAI,
la struttura del Piano ed i relativi elaborati tecnici, le
metodologie ed i criteri relativi all'assetto geomorfologico e
idraulico del bacino, il quadro della pianificazione territoriale
esistente, il quadro degli interventi e del fabbisogno finanziario;
- un apparato normativo che regolamenta l'utilizzo del territorio
sulle aree individuate cartograficamente e fornisce indirizzi alla
pianificazione urbanistica e territoriale;
- relazioni tecniche, in allegato alle norme, che illustrano nel
dettaglio le metodologie utilizzate per l'analisi del rischio da
frana e del rischio idraulico al fine di individuare aree da
sottoporre a perimetrazione;
- linee-guida, in allegato alle norme, che dettano criteri per la
realizzazione di interventi in aree a rischio di frana e per il
mantenimento dell'officiosita' idraulica;
- elaborati cartografici che individuano, a diversi livelli di
definizione, i fenomeni franosi e le aree soggette a rischio di
frana, le fasce fluviali e le aree soggette a rischio idraulico,
nonche' elaborati funzionali al riordino del vincolo idrogeologico;
- il quadro generale degli interventi.
La finalita' generale del Progetto di Piano, indicata al comma 1
dell'art. 1 delle norme, e' quella di perseguire "la migliore
compatibilita' tra le aspettative di utilizzo e di sviluppo del
territorio e la natura dinamica ed idrogeomorfologica del bacino, nel
rispetto della tutela ambientale e della sicurezza delle popolazioni,
degli insediamenti e delle infrastrutture".
La struttura del PAI si articola in azioni di "Assetto
geomorfologico", relative alle fenomenologie che si sviluppano nel
territorio collinare e montano, e in azioni di "Assetto idraulico",
relative ai processi dei corsi d'acqua in aree di asta intravalliva,
nelle piane alluvionali e deltizia.
Per quanto concerne l'assetto geomorfologico, il PAI persegue, nello
specifico, il contenimento dell'attivita' erosiva dei corsi d'acqua,
la stabilita' dei versanti e la compatibilita' degli insediamenti e
delle infrastrutture con i dissesti attraverso azioni di prevenzione
rispetto a nuove situazioni di rischio ed azioni volte a raggiungere
un adeguato livello di sicurezza nelle situazioni gia' conclamate.
Per quanto riguarda l'assetto idraulico, il PAI persegue la
protezione ed il recupero della naturale dinamica fluviale, la tutela
della popolazione e la difesa dei centri abitati, delle
infrastrutture e dei beni di particolare pregio, la prevenzione dal
rischio idraulico.
Al fine di conseguire tali obiettivi, il Progetto di Piano prevede:
- azioni non strutturali rappresentate da disposizioni normative
finalizzate alla corretta gestione del territorio in chiave di difesa
idrogeologica ed ambientale, alla prevenzione dell'esposizione alla
pericolosita' idrogeologica e all'applicazione di prescrizioni
dirette in situazioni di rischio conclamato;
- azioni di assetto idrogeologico di vasta area agenti sui singoli
sottobacini;
- azioni strutturali a carattere puntuale mirate a raggiungere un
adeguato livello di sicurezza per le popolazioni e le infrastrutture
esposte al rischio di inondazione e di frana.
Il corpo normativo e' strutturato in 41 articoli riconducibili ai
seguenti quattro titoli:
Titolo I - Principi generali (artt. 1-4)
Titolo II - Assetto geomorfologico (artt. 5-19)
Titolo III - Assetto idraulico (artt. 20-37)
Titolo IV - Norme di carattere generale (artt. 38-41).
Una volta approvato il Piano, ai sensi dell'art. 17, comma 5 della
Legge 183/89, avranno carattere immediatamente vincolante alcune
principali prescrizioni, tra le quali quelle relative agli artt. 11,
12, 25, 26, 28 e 29, che dettano specifiche disposizioni per le
situazioni a rischio da frana e idraulico evidenziate nei relativi
elaborati cartografici.
Si sottolinea, invece, che con l'adozione del Progetto di Piano non
sono state introdotte misure di salvaguardia (ex comma 6 bis, art.
17, Legge 183/89).
Il Progetto di Piano definisce inoltre, sulla base del quadro
conoscitivo e delle analisi di rischio da frana e idraulico
effettuate, le priorita' di intervento e il relativo fabbisogno
finanziario. Tale fabbisogno e' stato stimato sulla base degli
interventi di assetto considerati necessari ai fini del
raggiungimento degli obiettivi del Piano e che si differenziano in
interventi a carattere estensivo o diffuso ed interventi a carattere
puntuale, relativi alle singole situazioni di rischio.
Le metodologie di analisi utilizzate per la redazione del Progetto di
Piano si basano sulla scomposizione del bacino in 181 sottobacini,
considerati come unita' territoriali di riferimento (UTR) ed
organizzati in un modello gerarchico. Cartograficamente tali
sottobacini sono individuati nei seguenti elaborati:
- carta dei sottobacini del fiume Tevere (scala 1:250.000);
- schema gerarchico dei sottobacini del fiume Tevere.
Assetto idraulico
Per quanto riguarda il reticolo principale, l'individuazione delle
aree di pericolosita' idraulica e delle zone di rischio deriva
dall'applicazione di una procedura che utilizza tecnologie innovative
per il rilievo della morfologia delle aree fluviali. In particolare,
l'intero corso del Tevere e dei suoi affluenti principali e' stato
oggetto di livellazioni di alta precisione delle sezioni d'alveo,
spaziate mediamente da 200 a 400 metri, per un totale di 1800 sezioni
su una lunghezza di reticolo di circa 700 km. Tutta l'area
prospiciente il reticolo principale per circa 1450 Kmq. e' stata
inoltre rilevata con un laser altimetrico aviotrasportato che ha
prodotto un DEM di elevata precisione. L'integrazione del DEM e delle
livellazioni ha permesso una ricostruzione estremamente precisa della
morfologia dell'ambiente fluviale e della batimetria. L'intera area
indagata e' stata poi integrata da un'immagine multispettrale,
elaborata nella banda del visibile, utilizzata per la costruzione di
una carta aggiornata di uso del suolo. Su tale base sono stati
riportati i Piani regolatori comunali con le relative destinazioni e
previsioni urbanistiche.
Per l'individuazione della pericolosita' idraulica, sono stati
utilizzati due codici di calcolo per la simulazione della
propagazione delle piene secondo lo schema di moto stazionario
(codici HEC-RAS e FRESCURE) al fine di individuare i limiti delle
aree allagabili con tempi di ritorno 50, 200, 500 anni. La procedura
ha inoltre permesso di determinare le aree di allagamento diretto,
quelle per allagamento indiretto, nonche' le aree di allagamento per
crollo arginale dovute al sormonto e tracimazione degli argini. Le
aree allagabili sono state infine depurate delle aree marginali ove
il tirante idrico e il carico dinamico sono tali da non rappresentare
pericolo per la vita umana. Sulla base dell'uso del suolo e delle
previsioni urbanistiche e' stata infine valutata la vulnerabilita'
degli elementi esposti ai fini dell'individuazione delle zone di
rischio.
Per quanto riguarda il reticolo secondario e minore, l'incertezza dei
dati idrologici e dei rilievi topografici non ha consentito in questa
fase l'applicazione delle metodologie descritte per il reticolo
principale. In questo caso, le aree di rischio idraulico sono state
in gran parte delimitate sulla base di studi specifici in possesso
all'Autorita' di Bacino, di rilievi in campagna, di procedure
speditive, come previsto dall'Atto di indirizzo di cui al DPCM del 29
settembre 1998, nonche' sulla base di segnalazioni regionali e di
Enti locali. Sono in tal modo state individuate oltre 700 aree di
rischio idraulico.
Gli elaborati prodotti nell'ambito dell'assetto idraulico, sono i
seguenti:
- carta della zonazione del reticolo idrografico (scala 1:250.000);
- fasce fluviali e zone di rischio del reticolo principale (scala
1:10.000);
- atlante delle situazioni di rischio idraulico (reticolo secondario
e minore) (scala 1:10.000).
Assetto geomorfologico
La metodologia utilizzata per l'analisi delle aree di versante in
condizione di dissesto ha prodotto un quadro conoscitivo che ha
portato alla realizzazione dei seguenti elaborati:
- atlante dei sottobacini collinari e montani;
- Carta inventario dei fenomeni franosi (scala 1:10.000);
- atlante delle situazioni di rischio da frana (scala 1:10.000);
- carta indice di franosita' totale (scala 1:250.000);
- carta della funzione di difesa idrogeologica dei soprassuoli (scala
1:10.000).
La carta inventario dei fenomeni franosi, in scala 1:10.000, e' il
documento di base per l'analisi della pericolosita' e del rischio da
frana. In essa sono state perimetrate le frane, distinte per
tipologia e stato di attivita', sulla base dell'interpretazione di
foto aeree o utilizzando documentazione varia come segnalazioni,
cataloghi, etc.
Sulla base dell'inventario dei fenomeni franosi si e' proceduto alla
individuazione delle aree a maggior rischio in corrispondenza dei
centri abitati; sono state perimetrate 328 aree (sono in corso le
indagini su altre 120 aree), riportate nell'atlante delle situazioni
di rischio da frana (scala 1:10.000). Su una parte di queste aree e'
stata sperimentata la metodologia proposta dal CNR-IRPI e recepita
nell'allegato alle norme del PAI "Procedura di individuazione,
delimitazione e valutazione delle situazioni di rischio da frana".
Infine la carta della funzione di difesa idrogeologica dei
soprassuoli (scala 1:10.000) rappresenta il prodotto dell'analisi
dello stato di efficienza dei versanti che e' consistita nella
valutazione, per ogni sottobacino, della propensione della
vegetazione esistente a contrastare il dissesto idrogeologico.
Vincolo idrogeologico
Il Progetto di Piano prevede, all'art. 10 delle norme, il riordino
del vincolo idrogeologico in capo alle Regioni e alle Province
tramite il recepimento della carta della funzione di difesa
idrogeologica dei soprassuoli (scala 1:10.000) e della carta indice
di franosita' totale (scala 1:250.000).
Procedure relative al parere regionale sul Progetto di Piano
L'esame del Progetto di Piano avviene sulla base dell'iter disposto
dall'art. 18 della Legge 183/89, cosi' come integrato e modificato
dall'art. 1 bis della Legge 365/00.
Dell'adozione del Progetto di Piano e' stata data notizia nel
Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna n. 153 del
30/10/2002.
Il Progetto di Piano, depositato presso il Servizio regionale
Pianificazione di bacino e della costa e presso la Provincia di
Forli', territorialmente interessata, e' stato quindi reso
disponibile alla consultazione e ad eventuali osservazioni.
Ai suddetti Enti depositari del Progetto di Piano non sono pervenute
richieste di consultazione e alla Regione Emilia-Romagna non e'
pervenuta alcuna osservazione.
Ai sensi del comma 3 dell'art. 1 bis della Legge 365/00, la Regione
Emilia-Romagna ha indetto l'odierna Conferenza programmatica per
esprimere un parere sul Progetto di Piano, che si inserisce
all'interno del processo di formazione del parere regionale.
Pertanto, sulla base dell'istruttoria effettuata dai Servizi
regionali competenti in materia, e' stato predisposto il presente
parere che sara' eventualmente modificato alla luce di quanto emerso
in sede di Conferenza.
La Giunta regionale si esprimera', attraverso una specifica
deliberazione, sul Progetto di Piano proponendone opportune
modifiche, tenendo conto altresi' del parere espresso dalla presente
Conferenza programmatica.
Valutazioni di carattere generale
Il Progetto di Piano si presenta come uno strumento complesso ed
articolato, composto da diverse parti distinte - l'analisi
dell'assetto geomorfologico, della rete idrografica, le norme d'uso
del territorio, gli indirizzi alla pianificazione urbanistica -
ognuna delle quali presenta caratteristiche peculiari per livello di
approfondimento.
Tale Progetto definisce criteri e metodi di lavoro omogenei a scala
di bacino per il raggiungimento di un maggiore grado di sicurezza del
territorio e per meglio coordinare il processo di riqualificazione
dello stesso. Pone inoltre le basi per una gestione organica e
sistemica del territorio, che coinvolge una molteplicita' di enti,
tale da garantire che i singoli interventi a carattere locale non
abbiano effetti negativi sulla restante parte del bacino.
Le metodologie utilizzate per l'analisi delle problematiche
geomorfologiche ed idrauliche sono in linea di massima condivisibili
anche se, in relazione alla porzione di territorio di competenza
regionale, si evidenziano difformita' con i risultati di studi di
dettaglio effettuati dagli uffici regionali competenti in materia di
difesa del suolo.
La Regione Emilia-Romagna e' infatti interessata dal Progetto di
Piano per una porzione molto limitata relativa al tratto iniziale del
fiume Tevere, le cui sorgenti ricadono nel territorio comunale di
Verghereto. L'analisi del rischio da frana ed idraulico condotta in
tale territorio ha portato all'individuazione e perimetrazione di
aree a rischio che, come meglio specificato nel paragrafo successivo,
non corrispondono appieno a quanto evidenziato negli strumenti
regionali di pianificazione.Per quanto riguarda l'apparato normativo,
la classificazione e la modulazione del sistema di prescrizioni e
vincoli previsti sembra soddisfare ampiamente la necessita' di
gestione territoriale connessa alle problematiche idrogeologiche del
bacino in rapporto agli effetti sul sistema della pianificazione
urbanistica e territoriale da esercitarsi da parte degli Enti
locali.
In ogni caso, dal confronto effettuato con i Piani di Bacino per
l'assetto idrogeologico adottati e/o approvati dalle restanti
Autorita' di bacino operanti sul territorio regionale, si rileva che
le prescrizioni relative alle aree a rischio per la tutela della
pubblica incolumita' e la salvaguardia dei beni esposti, contenute
nelle Norme del presente Progetto, risultano in linea di massima meno
cautelative delle equivalenti norme vigenti sulla restante parte di
territorio regionale.
Pur avendo presente le differenze metodologiche esistenti tra i
diversi piani relative all'individuazione delle aree a rischio, si
osserva che sulle aree classificate a rischio da frana R3 e'
applicata in prevalenza una norma piu' permissiva rispetto a quella
indicata nell'Atto di indirizzo e coordinamento di cui alla Legge
267/98. Sono, ad esempio, consentiti modesti aumenti di superficie e
volume e cambiamento di destinazione d'uso per miglioramenti
funzionali, abitativi e produttivi. Si suggerisce a questo proposito
di specificare con maggiore chiarezza la norma in oggetto attenendosi
a quanto disposto nel succitato Atto di indirizzo, che limita la
possibilita' di ampliamento alle sole esigenze connesse ad
adeguamenti normativi.
Analogamente, per le aree a rischio idraulico, la normativa applicata
risulta abbastanza permissiva se si considera che in fascia A e'
consentita, ad esempio, la realizzazione di manufatti di modeste
dimensioni al servizio di edifici, infrastrutture, attrezzature ed
attivita' esistenti. Cio' risulta in contrasto con il significato
della fascia A che, come definito nel Progetto di Piano, rappresenta
la fascia di massima pericolosita' idraulica, in quanto destinata a
garantire il libero deflusso della piena di riferimento con tempo di
ritorno 50 anni, e di massima importanza ambientale, e per la
presenza di habitat faunistici e vegetazionali tipici dell'ecosistema
fluviale.
Per quanto riguarda la mancata introduzione di norme di salvaguardia
si ritiene opportuno che il Comitato istituzionale dell'Autorita' di
Bacino provveda in merito, ancorche' tardivamente, onde evitare,
nella fase transitoria all'approvazione del Piano, che vengano
realizzati interventi di trasformazione del territorio in contrasto
con gli indirizzi del Piano.
In riferimento all'art. 4 delle norme, si ritiene necessaria la
cassazione del comma 2, che riprende il contenuto del comma 5
dell'art. 1 bis della Legge 365/00. Tale comma, alla luce di uno
specifico ricorso presentato dalle Regioni, e' stato annullato dalla
Corte Costituzionale (sentenza 9 dicembre 2002, n. 524) che lo ha
dichiarato "in netto contrasto con le competenze regionali in materia
di pianificazione urbanistica".
Per quanto riguarda il comma 8 dell'art. 4, si ritiene opportuno
esplicitare che in ogni caso devono essere fatte salve le
disposizioni piu' restrittive contenute nella legislazione vigente,
comprese quelle presenti negli strumenti di pianificazione
territoriale di livello regionale, provinciale e comunale o in altri
piani di tutela del territorio, quali ad esempio i Piani paesistici.
Si ritiene opportuno integrare il comma 1 dell'art. 9 prevedendo la
possibilita', in sede di verifica della compatibilita' delle
previsioni urbanistiche vigenti, di aggiornare la delimitazione delle
aree in dissesto sulla base di studi geomorfologici di maggior
dettaglio. Le eventuali modifiche conseguenti a tali studi sono
trasmesse all'Autorita' di Bacino dalla Regione, previa validazione.
Si rileva, altresi', che le norme non dettano disposizioni per le
aree a rischio R1 e R2, eventualmente risultanti dagli
approfondimenti demandati ai Comuni all'art. 9 in sede di verifica di
compatibilita' della pianificazione urbanistica vigente con le
condizioni di dissesto. Si suggerisce di integrare le norme
introducendo uno specifico articolo che regolamenti la gestione del
territorio nelle aree a rischio R1 e R2.
In riferimento al riordino del vincolo idrogeologico, previsto
dall'art. 10 delle norme, si ritiene che la carta indice di
franosita' totale (scala 1:250.000) sia ad una scala di non
sufficiente dettaglio per poter essere utilizzata quale elaborato di
riferimento. Si fa inoltre presente che la Regione Emilia-Romagna ha
previsto un'altra impostazione in merito, assumendosi il compito di
dettare criteri omogenei per tutto il territorio regionale e
demandando alle autorita' di bacino il riordino delle zonizzazioni
delle aree sottoposte a vincolo idrogeologico; pur tuttavia non vi e'
alcun ostacolo da parte della Regione e della Provincia a effettuare
tale riordino per il territorio di competenza.
Valutazioni di carattere specifico
Per quanto riguarda nello specifico il territorio regionale, il
Progetto individua un'area a rischio da frana R3 nella loc. Balze di
Verghereto (cod. EM001), gia' oggetto di specifica perimetrazione
approvata ai sensi dell'art. 29 del Piano territoriale paesistico
regionale (PTPR) della Regione Emilia-Romagna con delibera di Giunta
regionale 1015/99 "Legge 9 luglio 1908 e art. 29 del PTPR -
Perimetrazione e zonizzazione delle aree in dissesto dell'abitato di
Balze in Comune di Verghereto".
Si osserva che le due perimetrazioni risultano difformi sia per
quanto riguarda la perimetrazione e la zonizzazione sia per quanto
riguarda la normativa ad esse applicata.
In linea di massima, l'art. 12 delle norme del Progetto di PAI
risulta meno restrittivo delle norme applicate alla perimetrazione di
cui all'art. 29 del PTPR.
Nello specifico:
- comma 1 - punto b): nelle norme relative alla perimetrazione ai
sensi dell'art. 29 del PTPR i "modesti" aumenti di superficie e
volume sono quantificati al 20%, mentre il "cambiamento di
destinazione d'uso" non e' contemplato;
- comma 1 - punto c): "l'installazione di manufatti leggeri
prefabbricati di modeste dimensioni" non e' prevista dalla norma
relativa alle zone A e B della perimetrazione ai sensi dell'art. 29
del PTPR.
Al fine di evitare il sussistere di perimetrazioni e norme differenti
relative alla stessa area, si chiede che nel Piano sia fatta salva la
vigente perimetrazione e relative norme, ex art. 29 del PTPR, che
rappresenta il risultato di studi ed indagini dettagliate condotte
dal Servizio Tecnico dei Bacini Fiumi Romagnoli ed e', inoltre, gia'
recepita dallo strumento urbanistico comunale e dal Piano
territoriale di coordinamento provinciale (PTCP) della Provincia di
Forli'-Cesena.
Nel territorio comunale di Verghereto, in loc. Ocri, e' inoltre
individuata un'area a rischio idraulico R4, gia' oggetto di specifica
perimetrazione approvata ai sensi della Legge 267/98. Il rischio
idraulico, in quest'area, e' connesso alla presenza di un edificio
costruito proprio sull'alveo con tombinatura di circa 13 m. di
lunghezza e di sezione 3,40 x 1,70 m. Tale edificio risulta
regolarmente autorizzato dal punto di vista idraulico e concessionato
dal 1984 per il demanio idrico. Benche' in passato la Regione abbia
espresso perplessita' sul rischio idraulico a cui e' sottoposta
l'area, tenuto conto delle caratteristiche di uso pubblico, di
collocazione e costruttive (appoggio diretto dell'edificio alla quota
e sulle sponde del corso d'acqua) e dell'importanza ambientale del
luogo, prossimo alle sorgenti del fiume Tevere, si condivide la
scelta di perimetrazione fatta dall'Autorita' di Bacino.
Con riferimento alla cartografia geomorfologica prodotta in sede di
redazione del presente Progetto, si fa presente che la Regione
Emilia-Romagna e' dotata di elaborati di cartografia geologica (carta
geologica dell'Appennino emiliano-romagnolo 1:10.000 della regione
Emilia-Romagna) e del dissesto (carta dell'Inventario del dissesto
della regione Emilia-Romagna in scala 1:25.000) derivanti da rilievi
di terreno e soggetti a periodici aggiornamenti e revisioni.
Per tale motivo, si ritiene che, in caso di difformita' tra gli
elaborati cartografici della Regione Emilia-Romagna e quelli
dell'Autorita' di Bacino, sia opportuno riferirsi alla cartografia
regionale, considerato anche quanto disposto dall'art. 9 delle
norme.
Si precisa inoltre che la carta dell'inventario del dissesto della
regione Emilia-Romagna e' stata recepita dal PTCP della Provincia di
Forli'-Cesena nella Tavola 4 - carta del dissesto e della
vulnerabilita' territoriale sulla quale sono vigenti gli art. 26 e 27
delle norme del PTCP.
ALLEGATO A1
Conferenza programmatica - Provincia di Forli'-Cesena
Verbale della Conferenza del 19 giugno 2003 - ore 10,30, svoltasi
presso la sala del Consiglio Provincia di Forli'-Cesena - Piazza
Morgagni n. 9, Forli' sono presenti:
- Remo Pelillo
Dirigente Ufficio Studi e Documentazione per le aree a rischio
idraulico e la qualita' delle acque - Autorita' di Bacino del Fiume
Tevere
- Franco Castellano
Autorita' di Bacino del Fiume Tevere
- Gianni Colatosti
Autorita' di Bacino del Fiume Tevere
- Vinicio Ruggeri
Responsabile Servizio Pianificazione di bacino e della costa -
regione Emilia-Romagna
- Giorgio A. Gullotta
Responsabile Servizio Tecnico dei Bacini Romagnoli - Regione
Emilia-Romagna
- Franco Ghiselli
Servizio Pianificazione di bacino e della costa - Regione
Emilia-Romagna
- Roberto Cimatti
Responsabile Ufficio Pianificazione difesa del suolo - Provincia di
Forli'-Cesena
- Fedele Camillini
Sindaco del Comune di Verghereto
- Christian Gabiccini
Assessore Servizi sociali, Cultura e Pari Opportunita' del Comune di
Verghereto
- Pierangela Zizzi
Comune di Verghereto
La riunione e' presieduta dall'ing. Ruggeri, Responsabile del
Servizio Pianificazione di bacino e della costa della Regione
Emilia-Romagna.
L'ing. Ruggeri apre i lavori, spiegando ai presenti che la Conferenza
e' stata convocata come adempimento formale a quanto richiesto dalla
Legge 11 dicembre 2000, n. 365, che ha introdotto modifiche all'iter
procedurale di approvazione dei Piani di bacino. In base a quanto
previsto dalla suddetta legge, la Regione convoca una Conferenza
programmatica, che si articola per sezioni provinciali, a cui
partecipano la Provincia ed i Comuni interessati e che esprime parere
sul Progetto di Piano stralcio di assetto idrogeologico (PAI)
adottato dall'Autorita' di Bacino (AdB).
La Conferenza programmatica non e' stata strutturata ne' dalla Legge
365/00 ne' da atti successivi, per cui le sue modalita' di
funzionamento sono state definite dalla Regione.
Nella seduta e' illustrato un parere elaborato in sede istruttoria
dagli uffici regionali, inviato preventivamente e distribuito ai
presenti. Tale parere, immodificato nella sua stesura, sara' in ogni
caso integrato con il verbale della seduta della Conferenza,
contenente le posizioni dei partecipanti, che ovviamente potranno
essere anche discordanti. Il parere, cosi' integrato, sara'
utilizzato per la formazione del parere regionale sul Progetto di PAI
ed allegato alla deliberazione di Giunta regionale che si esprimera'
su tale Progetto di Piano e sulle osservazioni presentate.
L'ing. Ruggeri lascia la parola all'ing. Pelillo per illustrare
sinteticamente i contenuti del Progetto di PAI nelle sue linee
generali ed obiettivi.
L'ing. Pelillo descrive il percorso che ha portato alla formazione
del PAI in esame. In questo percorso, avviato nel 1998 e conclusosi
nell'agosto del 2002, la Regione Emilia-Romagna non e' stata
rappresentata ne' in sede di Comitato tecnico ne' di Comitato
istituzionale. Per questo motivo le risultanze del PAI, compresi gli
elaborati cartografici, possono non essere del tutto chiare alla
Regione.
Nel PAI e' fondamentale l'apparato normativo la cui parte centrale
non e' rappresentata dalle prescrizioni di carattere urbanistico, ma
e' costituita dagli articoli 9 e 24 che si riferiscono alla
compatibilita' della pianificazione urbanistica e territoriale con le
aree interessate da dissesto dei versanti (art. 9) e da pericolosita'
idraulica (art. 24). I due aspetti, che in realta' non sono
propriamente separabili nella parte alta del bacino, sono stati
comunque distinti per mantenere l'impostazione del DPCM 1998, "Atto
di indirizzo e coordinamento...", al fine di non creare
disorientamento nelle autorita' locali deputate alla gestione del
territorio.
Questo vale soprattutto per la parte alta dei bacini in cui il
reticolo idrografico, definito gerarchicamente "minore", e' connesso
ai fenomeni geomorfologici.
Altro punto di partenza basilare del PAI e' la Legge 225/92 di
istituzione del servizio di Protezione civile, legge che si e'
inserita tra la Legge 183/89 e la Legge 267/98. Detta legge affida a
Regioni, Province e Comuni il compito di individuare e studiare le
aree a rischio. Successivamente, con il DL 180/98, e' stato disposto
l'obbligo di redigere i piani di assetto contenenti in particolare
l'individuazione e la perimetrazione delle aree a rischio,
attribuendo alle AdB la funzione strumentale di individuare il
miglior assetto idrogeologico. La Legge 225/92 individua le Regioni
come soggetto principale nella definizione di strategie di
mitigazione del rischio.
Gli allegati tecnici che fanno parte delle norme sono le linee-guida
con cui l'AdB ha voluto fornire a tutti gli enti una base comune
metodologica per l'individuazione, la perimetrazione e zonizzazione
delle aree a rischio idraulico o geomorfologico e quindi dare uno
standard di approccio alla valutazione di rischio che sia comune a
tutti gli Enti che operano all'interno dello stesso bacino.
Sono state individuate nel PAI solo le aree a rischio R4 e R3 in
accordo con l'Atto di indirizzo e coordinamento, di cui al DPCM 1998,
mentre non sono state individuate le aree a rischio R2 e R1 perche'
afferiscono alla normativa urbanistica e pertanto si ritiene che la
loro gestione rientri tra le competenze attribuite alle Regioni con
DPR 616/77.
Per quanto riguarda gli elaborati cartografici del PAI, il dettaglio
di rappresentazione e' arrivato fino alla scala 1:10.000, piuttosto
anomala per l'AdB che dovrebbe utilizzare una scala piu' piccola, ma
funzionale all'aggancio con gli strumenti di pianificazione locale.
L'ing. Ruggeri illustra il parere sul Progetto di PAI proposto alla
Conferenza (Allegato A).
L'ing. Pelillo riprende la parola per rispondere alle osservazioni
contenute nel parere sopra illustrato.
Spiega che la costruzione del Progetto di PAI si e' articolata
attraverso tre fasi principali:
1) fase di informazione generale nel 1999, attraverso riunioni
pubbliche ristrette alle Amministrazioni locali nelle quali il
Comitato tecnico ha illustrato il quadro di riferimento e sono state
impostate alcune procedure di valutazione tecnica che hanno fornito i
primi risultati;
2) fase di riferimento all'Atto di indirizzo e coordinamento, di cui
al DPCM 1998, nel 2000;
3) fase, compresa tra l'aprile 2001 e l'agosto 2002, in cui si e'
verificato l'impatto del PAI sulla realta' territoriale tramite una
serie di pre-conferenze con la Regione Umbria e con Province e Comuni
della stessa, che e' servita come riferimento anche per le Regioni
Toscana e Lazio.
Quest'ultima fase ha permesso di testare il PAI per la terza volta e,
come gia' riscontrato nel Piano straordinario (PST), e' risultato che
il grado di compromissione territoriale, dal punto di vista
idro-geomorfologico dell'intero bacino, sia relativamente basso
rispetto ai parametri definiti dalla Legge 267/98. Questo e' il
motivo per cui non sono state imposte misure di salvaguardia e sono
state ritenute sufficienti, per la porzione di bacino a monte di
Corbara, le misure prescrittive definite dal Piano straordinario. Per
la parte di bacino a valle di Corbara e' invece vigente lo stralcio
funzionale PS1 relativo alle opere di difesa idraulica della citta'
di Roma.
Rispetto all'osservazione che le prescrizioni relative alle aree di
rischio R3 e alla fascia A siano meno restrittive di quanto previsto
dal DPCM 1998, l'ing. Pelillo sottolinea che l'AdB ha dato priorita'
alle informazioni provenienti dalle Regioni per la loro maggiore
conoscenza del territorio. Le Regioni del bacino del Tevere ritengono
che, nel proprio ambito, il grado di rischio delle aree R3 e R4 sia
minore rispetto a quello attribuito alle stesse aree dal DPCM 1998,
pertanto hanno ritenuto di adeguare al proprio specifico contesto le
prescrizioni derivanti dal suddetto DPCM, sulla base del primato
regionale in materia urbanistica.
In riferimento al riordino del vincolo idrogeologico, esso rientra
tra gli oggetti dell'art. 3 della Legge 183/89; il comma 4 dell'art.
1 della stessa legge individua i soggetti competenti tra cui non
rientra l'AdB; infatti l'AdB non e' un organo elettivo e pertanto
l'art. 3 sfugge alle sue competenze.
La "Carta indice di franosita' totale", in scala 1:250.000, e' una
carta di sintesi che deriva da carte in scala 1:10.000 e 1:25.000
dalle quali Regioni e Province possono attingere informazioni.
In riferimento al comma 8 dell'art. 4, e' stata una necessita' piu'
formale che reale aver scritto che se su una stessa zona vigono due
norme vale la piu' restrittiva, in quanto e' un'affermazione ovvia in
termini giuridici.
L'ing. Ruggeri, in riferimento a quest'ultimo argomento, afferma che,
se su una stessa area vigono due norme diverse che provengono da
differenti piani, l'interpretazione comune e' che valga la norma piu'
restrittiva. Ma chi e' portatore di interesse privato su un'area puo'
dar corso ad un contenzioso, se si trova limitato dalla norma piu'
restrittiva ma non da quella meno restrittiva. In mancanza di una
chiara precisazione al riguardo, non e' detto che il contenzioso si
risolva a favore della norma piu' cautelativa. E' quindi opportuno
affermare chiaramente la prevalenza della norma piu' restrittiva al
fine di evitare l'innescarsi di un contenzioso.
Prende la parola il Sindaco di Verghereto in relazione all'area a
rischio idraulico R4 in localita' Ocri.
In quest'area c'e' un'attivita' esistente da piu' di quarant'anni il
cui proprietario e' disponibile a cedere il fabbricato dietro
rimborso. Il Comune non ha le risorse, per cui chiede all'AdB di
farsene carico, se ritiene che il fabbricato sia da rimuovere.
L'ing. Pelillo prende di nuovo la parola per rispondere alle
osservazioni sulle due aree a rischio del comune di Verghereto.
Se non si utilizza una medesima metodologia le valutazioni di
pericolo fatte da tecnici di Enti diversi ottengono risultati non
sovrapponibili.
Dal momento che la Legge 225/92 attribuisce agli Enti territoriali e
locali la valutazione di pericolo, sono stati raccolti tutti gli
elementi da ciascun soggetto interessato ed e' stata concordata una
metodologia condivisa. Questo determina che le valutazioni di
pericolo e le conseguenti valutazioni di rischio fatte da Regioni,
Province e Comuni vengono rimesse in un circuito d'informazione che
si chiude all'interno del PAI.
Per l'AdB il vero problema e' l'assetto non tanto la valutazione del
rischio; un'AdB nazionale, in quanto insieme di piu' Regioni, pone
attenzione all'assetto affinche' le singole Regioni possano
scientificamente e responsabilmente adattare il rischio.
Un'ulteriore operazione che dovrebbe essere fatta, una volta fissata
la metodologia, e' quella di affidare ad ogni Ente il proprio ruolo
ovvero un Ente fa le valutazioni di pericolo, un altro analizza il
rischio e l'AdB definisce l'assetto generale del bacino. Questo
permetterebbe di affidare l'onere di valutazioni di pericolo in aree
come quelle del Comune di Verghereto agli uffici regionali
competenti, che hanno una maggiore conoscenza del territorio,
piuttosto che all'AdB.
Nello specifico dell'area a rischio idraulico nel comune di
Verghereto, l'AdB ritiene che la presenza di un fabbricato a
cavaliere delle "Vene del Tevere" contrasti anche con il forte valore
simbolico delle sorgenti; da qui il senso della lettera inviata alla
Regione nel 1998 dal Segretario generale dell'AdB che evidenziava una
situazione difficilmente sostenibile dal punto di vista tecnico. La
soluzione per sistemare questa situazione trova i suoi presupposti
nel PST che ha definito l'area a rischio idrogeologico molto elevato.
Per risolvere tale situazione vi sono strumenti efficaci,
indipendentemente dal PAI, quali delocalizzazione e/o misure di
compensazione. E' necessario trovare le risorse che potrebbero essere
reperite tra i fondi per la difesa del suolo.
Prende la parola l'arch. Cimatti in rappresentanza della Provincia di
Forli'-Cesena. Esprime la condivisione dell'istruttoria effettuata
dalla Regione Emilia-Romagna, in quanto il metodo e' quello seguito
per i PAI delle altre AdB regionali, quindi gia' sperimentato e
condiviso.
Pur precisando che le attivita' estrattive nel comune di Verghereto
non interessano il territorio di competenza dell'AdB del fiume
Tevere, chiede un chiarimento sul comma 2 dell'art. 19, relativo alle
attivita' estrattive sui versanti. Non e' chiaro se questo comma si
riferisca solo ai versanti sui quali, ai sensi del comma 1, sono
state individuate situazioni di dissesto o riguardi tutti i
versanti.
L'ing. Pelillo chiarisce la ratio dell'art. 19 affermando che, nella
redazione di un PAE, l'attivita' estrattiva sia indirizzata su
versanti dove c'e' una situazione di frana, cosi' che alla fine del
ciclo produttivo il versante risultera' sistemato. Ovvero il comma 1
e' rivolto alle Regioni perche' indirizzino le attivita' estrattive
sui versanti in frana per non determinare instabilita' sui versanti
stabili. Il comma 2 impone la valutazione della pericolosita' da
frana a fine escavazione e il comma 3 subordina il rilascio delle
autorizzazioni all'esercizio dell'attivita' estrattiva alla riduzione
delle condizioni di pericolo.
Analogamente la ratio che sta dietro all'art. 31, che permette
l'estrazione di materiale in fascia A, e' quella di creare
un'alternativa piu' compatibile, sotto il profilo idraulico,
dell'estrazione in alveo.
Prende di nuovo la parola l'arch. Cimatti riferendo alcuni contenuti
del Piano infraregionale delle attivita' estrattive, recentemente
adottato dalla Provincia di Forli'-Cesena:
- in situazione di versante la cava tende a stabilizzare un movimento
franoso presente, in analogia con la filosofia dell'art.19 del PAI;
- sono state individuate alcune cave in prossimita' dei corsi d'acqua
con la prescrizione che, a lavori ultimati, l'area dovra' essere
destinata alla funzione di laminazione, di cassa di espansione e
comunque dovra' avere una utilita' rispetto alla messa in sicurezza
del corso d'acqua, considerando anche che la normativa regionale
esclude le aree demaniali dalle zone vocate all'estrazione.
Rispetto al Piano territoriale di coordinamento provinciale (PTCP)
della Provincia di Forli'-Cesena precisa che il PTCP, in particolare
gli artt. 26 e 27 delle norme, ha come riferimento la cartografia
dell'"Inventario del dissesto" della regione Emilia-Romagna, che,
come specificato nel Parere illustrato dall'ing. Ruggeri, e' piu'
evoluta della cartografia del PAI. Auspica, in tal senso, che si
utilizzino come riferimento le carte piu' aggiornate e condivise in
origine da Regione, Provincia e AdB. Ritiene comunque che la carta
del dissesto del PTCP non verra' modificata in alcun modo dal PAI,
come pure la cogenza dell'art. 26 delle norme del PTCP, che individua
le aree di dissesto e pone dei limiti su queste aree, in quanto il
PAI si riferisce al bene esposto e non a tutti i dissesti presenti
sul territorio. Conclude quindi che una prescrizione del PTCP in
materia di dissesto non sia modificabile dal PAI e resti comunque
cogente rispetto ad una frana non individuata dal PAI.
Questo e' valso anche per il PAI dell'AdB Regionali Romagnoli che
aveva individuato un minor numero di frane rispetto al PTCP.
L'ing. Pelillo, in relazione a quanto esposto dall'arch. Cimatti,
ritiene che l'osservazione sia pertinente, utile a chiarire i
rapporti tra i diversi Piani ed anzi serva a migliorare la scrittura
della normativa al riguardo.
Prende di nuovo la parola l'ing. Ruggeri affermando che i piani di
livello provinciale e comunale devono adeguarsi al PAI in quanto la
Legge 183/89 fa una chiara affermazione in questo senso. Nella
regione Emilia-Romagna c'e' un sistema di pianificazione maturo ed
evoluto, come dimostrato dal fatto che si e' giunti alla terza/quarta
generazione di strumenti urbanistici, alla seconda generazione di
piani provinciali e con un Piano paesistico tra i primi approvati in
Italia. In un tale contesto la posizione assunta dalla Regione e' che
tra il PAI e gli altri piani vi debba essere un rapporto di
interazione e non un rapporto gerarchico. Ne' si puo' sempre invocare
la regola che in ogni situazione vale la norma piu' restrittiva. La
Regione intende il PAI come un piano territoriale di settore ed e'
pertanto compito del PAI fare valutazioni sulla natura del territorio
e definirne i limiti alle trasformazioni urbanistiche; compete invece
ad altri piani, a partire dal PTCP che e' un piano territoriale
generale, assumere criteri ed esiti del PAI ed integrarli con criteri
e metodi provenienti da altri settori, come ad esempio il paesistico.
E' questa quindi un'operazione difficile e un adeguamento tra PTCP e
PAI, in genere, dovra' essere previsto, a meno che il PAI non
aggiunga alcunche' al sistema delle tutele del PTCP, caso
verificatosi ad esempio tra PAI dell'AdB del Fiume Po e PTCP di
alcune Province padane.
Il processo da mettere in atto e' la verifica tra PTCP e PAI da cui
consegua un progresso del PTCP, che a sua volta puo' assumere
eventuali criteri e metodi piu' evoluti del PAI stesso e costruire
quindi un sistema delle tutele ad esso conforme.
L'ing. Pelillo, in merito, sottolinea che, se la Provincia ha
utilizzato una metodologia tecnica piu' evoluta dell'AdB che ha
portato ad un risultato migliore, questo non puo' essere messo in
discussione sulla base del passaggio della Legge 183/89 che dice che
i piani di livello inferiore si devono comunque adeguare. All'entrata
in vigore del PAI si presuppone che tutte le Regioni interessate
abbiano trovato il giusto raccordo con il conseguente adeguamento del
piano, come indicato dalla Legge 183/89 e dalla Legge 365/00. Secondo
l'ing. Pelillo, nella Legge 183/89 e nella Legge 365/00 non e'
presente il concetto che il PAI e' un piano sovraordinato, ma
piuttosto che esso raccoglie piu' livelli di pianificazione e ne
realizza la migliore sintesi in termini di assetto idrogeologico;
successivamente si dovranno adeguare i piani che ne hanno
necessita'.
L'ing. Ruggeri chiude la Conferenza, dando atto del sostanziale
giudizio positivo sul Progetto di Piano espresso dai presenti che
approvano il parere presentato alla Conferenza con le dichiarazioni
messe a verbale di integrazione e modifica dello stesso.