DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 22 luglio 2002, n. 1267
Piano sanitario regionale 1999/2001 - Approvazione di linee guida per l'organizzazione delle aree di attivita' di livello regionale secondo il modello Hub and Spoke
LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Visti:
- il DLgs 30/12/1992, n. 502, cosi' come successivamente modificato
ed integrato, con il quale e' stato attuato il riordino della
disciplina in materia sanitaria a norma dell'art. 1 della Legge
23/10/1992, n. 421;
- il decreto del Presidente della Repubblica 23/7/1998, con il quale
e' stato approvato il Piano sanitario nazionale per il triennio
1998/2000;
- la deliberazione del Consiglio regionale n. 1235 del 22/9/1999, con
la quale e' stato approvato il Piano sanitario regionale per il
triennio 1999/2001;
- la L.R. 21/4/1999, n. 3 di riforma del sistema regionale locale in
attuazione dei principi delle Leggi 15/3/1997, n. 59 e 15/5/1997, n.
127 e relativi decreti applicativi;
- le Leggi regionali 12/5/1994, n. 19 e 20/12/1994, n. 50, cosi' come
successivamente modificate ed integrate;
preso atto che:
- con determinazione del Direttore generale alla Sanita' n. 3419 del
4 maggio 1999 si e' provveduto alla costituzione di gruppi di lavoro
per l'implementazione del Piano sanitario regionale 1999/2001;
- la scelta di tale modalita' procedurale di attuazione del Piano
sanitario, che prevede un'ampia partecipazione dei professionisti che
operano nel sistema sanitario alla definizione dei suoi percorsi
attuativi, e' finalizzata ad attingere proficuamente al rilevante
patrimonio di elevate competenze tecniche di elevata qualita' di cui
i medesimi sono portatori, al fine di giungere alla individuazione
delle strategie migliori e maggiormente condivise;
- il punto a) del dispositivo della citata determinazione 3419/99, in
relazione all'area dell'assistenza ospedaliera, ha previsto la
costituzione, tra gli altri, del gruppo denominato "Hub & Spoke", con
l'incarico di sviluppare proposte di definizione degli assetti delle
funzioni necessitanti, per motivazioni di carattere epidemiologico e
tecnico, di una programmazione in un ambito piu' ampio rispetto al
territorio provinciale;
rilevato che il gruppo di lavoro "Hub & Spoke" ha concluso nei
termini previsti e secondo gli obiettivi assegnati l'incarico
affidato, con la produzione di un documento che ha delineato le
proposte di linee organizzative ed operative essenziali sulla base
delle quali definire gli assetti delle aree di attivita' di livello
regionale hub & spoke;
dato atto altresi' che tale documento e' confluito, unitamente a
quelli elaborati dagli altri gruppi di lavoro che si sono occupati
della definizione delle prime linee attuative del Piano sanitario
regionale 1999/2001 relativamente all'area dell'assistenza
ospedaliera, nell'elaborato piu' complessivo denominato "Il ruolo
della rete ospedaliera regionale - linee guida per l'attuazione del
Piano sanitario regionale 1999/2001", che e' stato approvato da
questa Giunta regionale con deliberazione n. 556 dell'1 marzo 2000;
richiamato il punto 2) del dispositivo della citata deliberazione
556/00 con il quale viene sottolineato il compito dell'Assessorato
alla Sanita' di provvedere, attraverso l'emanazione di apposite
ulteriori linee guida, a formulare le indicazioni necessarie relative
all'organizzazione delle singole funzioni specialistiche ospedaliere
di rilievo regionale;
rilevato che in sede di esame e approvazione del Piano Sanitario da
parte del Consiglio regionale e' emersa inoltre la necessita' di
procedere a sviluppare il modello Hub and Spoke in riferimento anche
ad ulteriori funzioni di interesse regionale, aggiuntive rispetto a
quelle che erano state individuate dalla Giunta;
dato atto che con determinazione n. 4244 del 15/5/2001 il Direttore
generale alla Sanita' e Politiche sociali ha provveduto alla
ricostituzione del gruppo di lavoro Hub and Spoke, avuto riguardo
alla necessita' di avviare le procedure per l'elaborazione delle
linee guida sopra richiamate, nonche' alla necessita' di approfondire
e meglio definire gli aspetti specifici del modello relativi alla
configurazione organizzativa e al sistema di governo e di relazioni,
principalmente in materia di commissioning e di protocolli operativi,
per quanto riguarda le seguenti specifiche aree di attivita':
1) Cardiologia intensiva e Cardiochirurgia
2) Centro Antiveleni
3) Diagnostica di laboratorio ad elevata complessita'
4) Emergenza territoriale
5) Genetica medica
6) Malattie rare
7) Neuroscienze
8) Oncologia
9) Procreazione medicalmente assistita
10) Riabilitazione
11) Sistema delle Centrali operative 118
12) Sistema trasfusionale
13) Terapia dei grandi traumi
14) Terapia delle grandi ustioni
15) Terapia del dolore
16) Terapia intensiva neonatale e pediatrica
17) Trapianto di organi e tessuti
18) Trattamenti sostitutivi artificiali dell'insufficienza renale.
Rilevato che la definizione delle linee guida per le aree di
attivita':
- Terapia dei grandi traumi
- Terapia delle grandi ustioni
- Riabilitazione
- Trapianto di organi e tessuti
- Terapia intensiva neonatale e pediatrica
- Neuroscienze
- Genetica medica
- Malattie cardiache
- Malattie rare - Emofilia e malattie emorragiche congenite,
e' stata completata, e ritenuto altresi' necessario ed opportuno
procedere all'approvazione di tali documenti, in attuazione del Piano
sanitario regionale 1999/2001;
dato atto, ai sensi dell'art. 37, comma 4, della L.R. 43/01 e della
deliberazione n. 2774 del 10 dicembre 2001, dei pareri favorevoli
sulla presente deliberazione espressi:
- dal Responsabile del Servizio Presidi ospedalieri, dott.ssa
Kyriakoula Petropulacos, in ordine alla regolarita' tecnica;
- dal Direttore generale alla Sanita' e Politiche sociali, dott.
Franco Rossi, in ordine alla legittimita';
dato atto altresi' del dibattito svoltosi sulle singole linee
attuative in sede di Commissione consiliare Sicurezza sociale, nelle
sedute del 20 settembre 2001 e 30 ottobre 2001;
su proposta dell'Assessore alla Sanita',
a voti unanimi e palesi, delibera:
1) di approvare i sottoelencati documenti, allegati quali parti
integranti e sostanziali del presente provvedimento, recanti linee
guida per la definizione della rete dei servizi per le seguenti aree
di attivita' di interesse regionale secondo il modello "Hub and
Spoke", in attuazione del Piano sanitario regionale 1999/2001:
a) Terapia delle grandi ustioni
b) Neuroscienze
c) Malattie rare - Emofilia e malattie emorragiche congenite;
2) di approvare i sottoelencati documenti, allegati quali parti
integranti e sostanziali del presente provvedimento, recanti linee
guida per la definizione della rete dei servizi per le seguenti aree
di attivita' di interesse regionale secondo il modello "Hub and
Spoke", in attuazione del Piano sanitario regionale 1999/2001 e
secondo le specificazioni per ognuno indicate:
a) Terapia dei Grandi traumi
I tre sistemi integrati di assistenza ai traumi (Siat) e le relative
sedi hub, in accordo con quanto proposto dal Gruppo di lavoro, sulla
base delle valutazioni in merito all'acquisito orientamento
traumatologico delle strutture, alle competenze professionali e alle
dotazioni strutturali e tecnologiche presenti, ferma restando la
scelta di definire in senso inclusivo e non esclusivo il modello di
riferimento, sono individuati come di seguito:
- Emilia Occidentale (province di Piacenza, Parma, Reggio Emilia):
Ospedale Maggiore di Parma
- Emilia Orientale (province di Modena, Bologna, Ferrara): Ospedale
Maggiore di Bologna
- Romagna (province di Ravenna, Forli'-Cesena, Rimini): Ospedale
Bufalini di Cesena.
b) Genetica medica
Si dispone la costituzione di un coordinamento regionale, scientifico
ed organizzativo, per le attivita' di genetica medica.
Il coordinamento avra' fra gli altri il compito di:
- produrre proposte in materia di centri a valenza sovraregionale,
- elaborare criteri relativi alla diagnostica di I livello nei
laboratori non specialistici.
c) Riabilitazione
Vengono individuate:
- l'Azienda Ospedaliera di Ferrara quale unica sede regionale per la
Unita' per la riabilitazione delle Gravi Cerebrolesioni
- l'Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia quale unica sede regionale
per la Unita' di riabilitazione delle Gravi Disabilita' dell'Eta'
evolutiva (UDGE)
- l'Azienda USL Citta' di Bologna - Ospedale Maggiore - quale futura
sede regionale per la Unita' Spinale Unipolare.
d) Trapianto di organi e tessuti
Relativamente alle banche dei tessuti, secondo quanto previsto dalla
Legge 91/99, vengono identificate le seguenti banche:
- cornee: presso Ospedale Maggiore di Bologna
- segmenti ossei: presso Istituti Ortopedici Rizzoli di Bologna
- cute: presso Ospedale Bufalini di Cesena
- epatociti: presso Arcispedale Sant'Anna di Ferrara
- donatore, segmenti vascolari, valvole cardiache, sangue cordonale:
presso Ospedale Sant'Orsola di Bologna.
e) Assistenza perinatale e pediatrica
Vengono individuate come di seguito indicato le strutture di III
livello o Centri Hub per la terapia intensiva neonatale e del primo
anno di vita:
- Parma, Ospedale Maggiore
- Reggio Emilia, Arcispedale Santa Maria Nuova
- Modena, Policlinico
- Bologna, Ospedale Sant'Orsola
- Ferrara, Arcispedale Sant'Anna
- Rimini, Ospedale Degli Infermi.
Viene inoltre mantenuta a Cesena la funzione di Terapia intensiva
neonatale nell'ambito della Terapia intensiva pediatrica, attribuita
a Cesena come sede del Trauma Center di livello regionale.
f) Malattie cardiache
Il Gruppo di lavoro dovra' sviluppare una proposta piu' puntuale
relativamente all'assetto della rete regionale dei centri di
cardiologia che erogano prestazioni di aritmologia e di
riabilitazione cardiologica.
Vista la attuale adeguatezza delle dotazioni strutturali e dei volumi
di attivita' relativamente a Cardiologia Interventiva e
Cardiochirurgia si confermano le strutture attualmente esistenti come
riferimenti per la Rete Cardiologica regionale;
3) di stabilire che l'Assessorato alla Sanita' valutera' la
necessita' di aggiornare i contenuti delle linee guida sopra elencate
decorsi tre anni dall'entrata in vigore della presente deliberazione;
4) di dare atto che l'Assessorato alla Sanita' provvedera', inoltre,
attraverso l'emanazione di ulteriori linee guida a formulare le
indicazioni necessarie per l'organizzazione delle funzioni
specialistiche ospedaliere di rilievo regionale in premessa indicate
e non ricomprese nell'elenco di cui ai precedenti punti 1) e 2);
5) di dare atto che per le discipline di cui al precedenti punti 1) e
2), oltre alle specifiche gia' esplicitate, il Gruppo di Lavoro di
cui alla determinazione del Direttore generale Sanita' e Politiche
sociali n. 4244 del 15/5/2001) dovra' sviluppare proposte di
definizione degli aspetti specifici relativi alla configurazione
organizzativa e al sistema di governo e di relazioni, principalmente
in materia di commissioning e di protocolli operativi;
6) di pubblicare il presente provvedimento, comprensivo degli
allegati, nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna.
ALLEGATI ALLA DELIBERAZIONE
PIANO SANITARIO REGIONALE 1999/2001
APPROVAZIONE DI LINEE GUIDA PER L'ORGANIZZAZIONE DELLE AREE DI
ATTIVITA'
DI LIVELLO REGIONALE SECONDO IL MODELLO HUB AND SPOKE
Punto 1) del dispositivo:
1.a) Terapia delle grandi ustioni
1.b) Neuroscienze
1.c) Malattie rare - emofilia e malattie emorragiche congenite
Punto 2) del dispositivo
2.a) Terapia dei grandi traumi
2.b) Genetica medica
2.c) Riabilitazione
2.d) Trapianto di organi e tessuti
2.e) Assistenza perinatale e pediatrica
2.f) Malattie cardiache
TERAPIA DELLE GRANDI USTIONI
Premessa
L'organizzazione in rete, secondo il modello "hub spoke", delle
strutture a cui affidare la responsabilita' primaria di assistenza ai
pazienti con Grandi Ustioni richiede una valutazione preliminare
delle peculiarita' che obbligano a proporre in modo adeguato i
criteri generali e specifici di distribuzione in livelli e su base
geografica di tali funzioni.
In particolare, conviene soffermarsi brevemente sui seguenti punti:
1) caratteristiche della casistica trattata,
2) specificita' della situazione organizzativa dell'Emilia-Romagna
3) relazioni tra la funzione "Grandi Ustioni" e il Trauma Center.
Caratteristiche della casistica trattata
La situazione osservata negli ultimi 2 anni nelle Aziende Sanitarie
territoriali e Ospedaliere relativamente alla casistica trattata,
definita in base alla attribuzione dei pazienti ai DRG distribuiti in
base alla provenienza (434 residenti e 164 provenienti da fuori
regione) evidenzia che i pazienti trattati dall'Ospedale di Cesena
(165) e dall'Ospedale di Parma (90) rappresentano il 42% del totale,
ma la quasi totalita' dei casi afferenti ai DRG che impegnano la
maggior quantita' di risorse.
Cesena tratta tutti i casi di ustione che richiedono intervento
chirurgico, tranne 1, mentre non trasferisce nessun caso (fatto che
avviene in tutte le altre Aziende, compresa l'Azienda Ospedaliera di
Parma). A Parma e a Cesena la percentuale dei pazienti ustionati
provenienti da altre regioni costituisce una quota estremamente
consistente della casistica (per Cesena oltre il 60%, per Parma il
30%). In tutte le altre Aziende il fenomeno e' pressoche' assente.
Tutte le Aziende dell'Emilia-Romagna trattano prevalentemente ustioni
non estese che non richiedono, ne' intervento chirurgico, ne'
trapianto cutaneo con alcune eccezioni osservate nelle Aziende
Ospedaliere di Bologna e di Modena dove esistono funzioni di
Chirurgia Plastica.
Specificita' della situazione organizzativa dell'Emilia-Romagna
La distribuzione della casistica rispecchia una situazione di fatto
rappresentata dall'esistenza di 2 Centri Grandi Ustionati presenti
nell'Ospedale di Cesena e nell'Ospedale di Parma. Le 2 strutture
attualmente si differenziano sostanzialmente per il tipo di
organizzazione e per il processo assistenziale che sono in grado di
sviluppare.
Cesena dispone di un Reparto di degenza di recentissima realizzazione
e di struttura estremamente avanzata con annessa sala operatoria.
Tale Reparto, dotato di 8 posti letto e gestito dall'Unita' Operativa
di Dermatologia, e' in grado di effettuare qualsiasi tipo di
intervento, non solo chirurgico, ma anche medico. In particolare, e'
in grado di assistere i pazienti in condizioni di compromissione
delle funzioni vitali tale da richiedere l'utilizzazione di pratiche
di ventilazione (tracheostomia) e di rianimazione cardio-respiratoria
tipicamente effettuati nelle aree di terapia intensiva.
Parma dispone di una funzione di degenza annessa all'Unita' Operativa
di Chirurgia plastica e non specifica per Grandi Ustionati
(costituita indicativamente da 8 posti letto). I pazienti con
compromissione delle funzioni vitali vengono assistiti attualmente
nell'Unita' di Terapia Intensiva. Entro la durata di attuazione del
piano il Centro di Parma dovra' adeguare le proprie strutture ed i
propri standard a quelli dell'Ospedale di Cesena.
Considerando una disponibilita' complessiva di 16 posti letto,
ipotizzando che una quota dei pazienti piu' gravi, qualora
stabilizzati clinicamente, possa essere trasferito in letti a minor
intensita' assistenziale, sulla base delle giornate di degenza
teoricamente utilizzabili, si puo' concludere che tale dotazione e'
capace di coprire abbondantemente tutta la domanda di ricovero
relativa ai pazienti che necessitano di consistenti risorse
assistenziali.
Relazioni tra la funzione "Grandi Ustioni" e il Trauma Center
indicata la collocazione della funzione "Grandi Ustioni" in una
struttura ospedaliera che costituisca nodo principale del Sistema
Integrato di Assistenza ai Traumi. Si puo' sostenere che gli Ospedali
in cui sono attivi i 2 punti di assistenza ai pazienti grandi
ustionati sono presenti in misura consistente funzioni e assetti
operativi e organizzativi adatti ad assistere pazienti con
politraumatismi.
Organizzazione dei livelli di assistenza
In considerazione di quanto in precedenza esposto, si ritiene di
suggerire che il sistema di gestione clinica e organizzativa dei casi
di pazienti grandi ustionati sia previsto sulla base di 2 livelli,
ovvero:
- III livello (hub): struttura in grado di affrontare qualsiasi
problema clinico sulla base di un approccio integrato ed esaustivo
sul piano operativo che si esaurisce nel contesto di della medesima
funzione assistenziale o di funzioni in rete.
- II livello (spoke): struttura in grado di affrontare problemi
clinici di non elevata complessita' sulla base di un approccio
esaustivo sul piano operativo che, per compiersi, deve portare alla
integrazione di diverse funzioni assistenziali.
Il sistema di gestione clinica e organizzativa dei casi di pazienti
grandi ustionati prevede l'individuazione di strutture di III livello
che:
- operino ogni attivita' di coordinamento clinico e organizzativo
utile per fare funzionare il sistema complessivo di assistenza ai
pazienti grandi ustionati secondo la logica delle reti integrate;
- ricevano e trattino tutti i pazienti con ustioni estese che
necessitano di intervento chirurgico o per i quali siano da prevedere
consistenti attivita' di tipo intensivo che impongono un approccio
esaustivo non distribuibile su piu' funzioni operative;
- effettuino le opportune attivita' di auditing per la valutazione
del grado di qualita' conseguito nel contesto della rete e in
ciascuno dei nodi di II o III livello a fronte di linee guide
appositamente predisposte in collaborazione con le strutture spoke
(II livello).
Per le strutture hub vengono definiti standard di attivita',
casistica, trattamento e risultato attivati e verificati da un
commissioning regionale. Entrambe le strutture di III livello
cooperino alle attivita' di coordinamento della rete sulla base di
una delega relativa all'area geografica di riferimento (e' opportuno
prevedere una distribuzione del territorio regionale sulla base di 2
raggruppamenti corrispondenti alla meta' circa della popolazione;
tale distribuzione deve avere significato anche come criterio di
smistamento dei pazienti con quadri piu' complessi).
Il sistema di gestione clinica e organizzativa dei casi di pazienti
grandi ustionati preveda che in ogni altra Provincia sia identificata
la rete di unita' operative:
- tratti i pazienti con ustioni non estese che non necessitano di
intervento chirurgico o trapianto di cute e di manovre cliniche di
tipo intensivo sulla base delle linee guida predisposte in
collaborazione con le strutture di III livello, fatte salve eventuali
deroghe concordate con queste ultime;
- avvii alle strutture di III livello i pazienti non rientranti nelle
categorie suddette e giunti all'osservazione senza intervento del
sistema 118;
- partecipi alla elaborazione delle linee guida e alla realizzazione
delle attivita' di auditing avviate dalle strutture di III livello.
NEUROSCIENZE (neurochirurgia, neuroradiologia, neurologia)
NEUROCHIRURGIA
Premessa
Le Unita' Operative di Neurochirurgia sono strutture assistenziali
finalizzate al trattamento delle patologie chirurgiche del Sistema
Nervoso Centrale e Periferico, caratterizzate da bassa incidenza,
elevata complessita' e necessita' di supporti ad alto contenuto
tecnologico e di costo elevato.
Per consentire il mantenimento delle prestazioni neurochirurgiche ad
alti standard di qualita' e' pertanto necessario evitare una
eccessiva frammentazione dei Reparti ed una diluizione delle
esperienze. La concentrazione di tecnologie ed esperienze umane e' lo
strumento essenziale in campo neurochirurgico per garantire il
migliore uso delle risorse, il mantenimento delle necessarie
competenze e quindi le migliori prestazioni assistenziali.
Organizzazione generale
Per garantire una risposta assistenziale equa ed adeguata alle
prestazioni d'urgenza i Centri Neurochirurgici debbono essere
distribuiti in maniera strategica sul territorio regionale e devono
essere collocati all'interno di strutture ospedaliere con elevato
numero di servizi e specialita'. Si ritiene che il rapporto ottimale
fra Centri Neurochirurgici e bacino di popolazione di riferimento sia
di 1 Centro ogni 800.000/1.000.000 di abitanti.
I Centri Neurochirurgici sono per definizione strutture leader nel
loro campo (hub). Non sono pertanto preventivabili strutture
neurochirurgiche di livello "inferiore" (spoke), anche se per
particolari esigenze territoriali puo' essere accettata l'ipotesi che
il team neurochirurgico si muova dal Centro leader ad operare in
altre strutture ospedaliere del territorio di riferimento
limitatamente a casi di emergenza traumatica, se tali Centri sono
opportunamente attrezzati allo scopo.
Il rapporto fra Centro leader e Centro di riferimento per l'emergenza
puo' essere concepito sia come trasferimento del team chirurgico
all'occasione, sia come permanenza nel Centro di riferimento del team
neurochirurgico (con rotazione dei Sanitari che ne fanno parte
secondo una programmazione definita nel Centro leader), in caso di
incidenza particolarmente elevata di eventi di emergenza.
Le caratteristiche funzionali, strutturali e organizzative dei Centri
Neurochirurgici sono definite nei Requisiti per l'Accreditamento
della Neurochirurgia recentemente definiti.
Criteri di riferimento e relazioni
L'Unita' Operativa di Neurochirurgia (hub) avra' come Centri di
riferimento (spoke) nell'area da essa servita, i Reparti di
Neurologia, dove essi esistono e i Reparti di Medicina con consulenza
neurologica, la' dove non esistono degenze neurologiche. Con questi
Centri di riferimento e' opportuno prevedere un rapporto di
consulenza continuativo, ritmato sulle esigenze del Centro stesso (in
relazione alle dimensioni dell'Ospedale, alla incidenza delle
patologie chirurgiche, ecc.) che definisca anche in maniera precisa i
criteri di invio e rinvio dei pazienti dal Centro leader a quello di
riferimento.
Il rapporto fra il Centro leader e i Centri di riferimento verranno
mantenuti non solo sotto forma di consultazione ma anche con
organizzazione di Meetings periodici nel Centro leader o nel Centro
di riferimento che consenta a tutti gli Operatori dell'area di
mantenere aggiornate le conoscenze in ambito neurochirurgico e
perfezionare di volta in volta i percorsi assistenziali piu' idonei
relativi alle specifiche patologie neurochirurgiche.
In base a quanto stabilito in sede di pianificazione regionale le
sovraspecialita' neurochirurgiche:
- Neurochirurgia pediatrica
- Neurochirurgia funzionale e stereotassica
- Chirurgia dell'epilessia
- Neurochirurgia del sistema nervoso periferico
- Neuroendoscopia
- Radiochirurgia delle patologie del SNC
saranno ripartite tra i vari Centri a seconda delle competenze e dei
mezzi a disposizione.
In base alla pianificazione regionale verranno evitate ridondanze e
sara' garantita una distribuzione delle sovraspecialita' confacente
alle reali esigenze del territorio (ad esempio non si puo' prevedere
che per un territorio regionale esistano piu' Centri di Chirurgia
della Epilessia o di Radiochirurgia, ecc.).
anche auspicabile che fra i vari Centri leader neurochirurgici esista
una sorta di consultazione periodica e quindi di informazione
reciproca sulle attivita' e sui progetti in essere per rendere piu'
efficiente il sistema e non disperdere ancora una volta competenze e
risorse.
Nell'ambito di questi incontri fra i vari Centri della regione
potrebbero realizzarsi, oltre a questi scambi di informazione sullo
sviluppo scientifico ed assistenziale dei singoli Centri, anche
discussioni cliniche su casistiche particolari da cui fare scaturire
progetti per sviluppi successivi.
Sara' inoltre definito un gruppo di commissioning a livello regionale
con competenze nell'ambito di indirizzi generali, di problem solving
con supporto di consulenza per i singoli Centri in termini
professionali, di ripartizione delle risorse, di verifica delle
attivita' attraverso indicatori e parametri preventivamente
concordati, di problemi di carattere medico legale. I singoli Centri
leader dovranno infine mantenere stretti rapporti per garantire un
supporto reciproco in caso di inagibilita' transitoria delle
strutture dei Centri stessi.
La realizzazione di una rete informatica dedicata allo scambio di
informazioni, alla raccolta omogenea dei dati, viene considerata una
necessita' reale per avviare l'analisi della qualita' della terapia e
consentire l'adozione di standard terapeutici.
NEURORADIOLOGIA
Premessa
Le Unita' Operative di Neuroradiologia sono finalizzate allo studio
ed al trattamento con terapia endovascolare delle patologie del
Sistema Nervoso Centrale e Periferico. La Neuroradiologia richiede
considerazioni analoghe a quelle fatte per la Neurochirurgia: la
Neuroradiologia tratta patologie rare ad alta complessita' e
caratterizzate da sofisticazione e costo del sistema tecnico elevati.
Per questo motivo le Neuroradiologie sono per definizione anch'esse
Centri hub e devono corrispondere in numero cosi' come in
collocazione ai Centri Neurochirurgici con cui si integrano
funzionalmente.
Caratteristiche
Va considerato che alcune dotazioni tecniche tipiche delle strutture
neuroradiologiche possono essere collocate anche nel territorio
afferente al Centro leader Neurochirurgico/Neuroradiologico; ad
esempio TC e RM possono essere di fatto collocate anche in Ospedali
che non contengono al loro interno un Servizio di Neuroradiologia.
Il rapporto fra il Centro leader e i Centri di riferimento dell'area
servita, dotati di strumentazioni TC e RM dedicate anche alla
patologia del sistema nervoso, viene mantenuto attraverso un sistema
di consultazioni dal Centro leader al Centro di riferimento che
avranno cadenza variabile a seconda della incidenza della patologia
neurochirurgica e neurologica del Centro di riferimento.
Durante queste attivita' di consulenza possono essere concentrate le
discussioni dei casi piu' complessi che consentano di mantenere un
livello elevato di informazione del Centro di riferimento ed un
adeguato trasferimento di competenze dal Centro leader al Centro di
riferimento.
opportuno tuttavia che oltre a questo servizio di consulenza si possa
stabilire fra i due Centri un rapporto di teleconsultazione che
consenta di trasferire in tempi rapidi le immagini necessarie a
formulare una diagnosi precisa e a definire l'esatto percorso
assistenziale del paziente in esame.
Per quanto concerne invece gli accertamenti Angiografici (angiografie
cerebrali e midollari) si ritiene che questi debbano essere
effettuati nel Centro leader. Il rapporto con il Centro di
riferimento puo' essere tale da consentire che il paziente che
necessita di tali indagini venga inviato al Centro leader in regime
di day-hospital, o venga trasferito, se necessaria una degenza per le
condizioni cliniche particolari, presso l'area di degenza
neurochirurgica o neurologica del Centro leader secondo protocolli di
invio e rinvio definiti dal Consulente Neuroradiologo con il Centro
di riferimento.
I trattamenti endovascolari verranno effettuati esclusivamente nel
Centro leader poiche' prevedono tecniche sofisticate, con particolare
esperienza e necessita' di avere a fianco Reparti di Neurochirurgia e
di Neurorianimazione. Si puo' definire, per mantenere alto il livello
della competenza, che sul territorio regionale possano esistere 1-2
Centri selezionati allo scopo e che per la terapia endovascolare in
urgenza negli altri Servizi di Neuroradiologia si muova il team
neuroradiologico dai Centri selezionati.
Anche per altre procedure neuroradiologiche invasive come biopsie
TC-guidate e discografia deve essere prevista l'esecuzione nel Centro
leader.
opportuno infine che anche fra i Centri Neuroradiologici cosi' come
fra quelli Neurochirurgici venga istituito un commissioning di
carattere regionale per definire i settori di sviluppo preferenziale
dei singoli Centri nei vari campi della Neuroradiologia diagnostica
ed interventistica; avviare attivita' di ricerca e sviluppo e per
razionalizzare il sistema evitando la creazione di strutture o
sovraspecialita' ridondanti.
NEUROLOGIA
Premessa
Il Piano sanitario nazionale 1998/2000 identifica una serie di
interventi che riguardano in piu' aspetti l'assistenza alle patologie
neurologiche. Tra gli obiettivi primari vi sono infatti le malattie
del sistema nervoso centrale, sia acute che cronico-degenerative, per
le quali si sollecitano interventi sia preventivi e riabilitativi che
di integrazione socio-sanitaria, e le malattie cardio e
cerebrovascolari per le quali il PSN si prefigge una riduzione della
mortalita' ed un miglioramento della qualita' della vita del
paziente.
Un altro obiettivo generale del PSN che coinvolge la Neurologia e' il
piano di adeguamento della Sanita' italiana agli standard europei
("portare la Sanita' in Europa"). In questo ambito almeno tre punti
toccano strettamente l'assistenza neurologica: la riabilitazione,
l'innovazione tecnologica, la sorveglianza delle patologie rare.
Per la riabilitazione il PSN chiede di garantire l'integrazione in un
adeguato percorso di prevenzione-cura-riabilitazione, assicurando sia
l'efficacia delle prestazioni rese che la corretta articolazione
della loro intensita' secondo la natura dei bisogni.
Per l'innovazione tecnologica appare fondamentale individuare le
priorita' di sviluppo delle nuove tecnologie, e le corrette procedure
di valutazione e di inserimento delle stesse nei processi
assistenziali.
Infine, per la sorveglianza delle patologie rare, il PSN si pone
l'obiettivo di una diagnosi appropriata e puntuale, di un pronto
riferimento a centri specialistici, della promozione delle attivita'
di prevenzione ed un sostegno concreto alla ricerca, in particolare
nel settore delle nuove terapie. Tra le patologie definite "rare"
sono state incluse numerose patologie del sistema nervoso centrale.
Organizzazione generale
La specificita' e la complessita' delle patologie rare comporta per
la neurologia uno stretto coordinamento delle iniziative, con il
massimo di razionalizzazione delle risorse disponibili. Appare in
questo senso cruciale l'identificazione di Centri di riferimento
(Hub) per la diagnosi e la terapie di singole (o gruppi di) patologie
in cui siano presenti competenze specifiche in settori quali, ad
esempio, la neuropatologia, la neurogenetica, la neurofarmacologia,
la neuroimmunologia, collegati ad una rete di presidi neurologici
ospedalieri e sul territorio (spoke) organizzati secondo modelli a
rete. Tali centri di norma sono localizzati presso i Dipartimenti di
Scienze Neurologiche, ma possono essere costituiti da Centri di
elevata specializzazione per singole patologie.
Per le patologie rare e' previsto l'avvio di un programma nazionale
di ricerca su prevenzione, diagnosi e nuovi approcci di terapia, e di
un programma di acquisizione dei farmaci specifici.
Considerando lo sviluppo recente della terapia in neurologia,
programmi e procedure di valutazione delle nuove terapie sembrano
necessarie anche per patologie neurologiche diffuse o comunque non
propriamente "rare", quali la demenza, la sclerosi multipla e la
sclerosi laterale amiotrofica, per le quali la comparsa di farmaci ad
alto costo, con benefici piu' o meno definiti, ma comunque
confrontati con una alternativa di non trattamento, suggerisce un
rapido aumento delle spese di acquisizione.
Organizzazione dell'attivita' neurologica in Emilia-Romagna
L'inserimento degli obiettivi del PSN nel Piano sanitario regionale
richiede una valutazione globale dell'organizzazione della assistenza
in Neurologia in Emilia-Romagna.
L'attuale assetto vede attive 20 unita' di erogazione dell'assistenza
neurologica che operano a diversi livelli di intervento, in alcuni
casi con servizi di consulenza decentrati che necessitano di analisi
critica e revisione. Una precisa ricognizione delle modalita' di
funzionamento delle unita' esistenti e' necessaria prima di mettere
luogo all'organizzazione. Il riferimento sara' il modello generale di
accreditamento, che individua diversi livelli di organizzazione
interna delle strutture. Saranno considerate nel dettaglio la
tipologia delle prestazioni erogate, la stima dei bacini d'utenza e
delle necessita' di relazione alla patologia, sulla base di
considerazioni a cui e' pervenuto il gruppo dell'autosufficienza.
La strutturazione della neurologia sara' configurata secondo un
modello a rete secondo le modalita' "hub and spoke", con una
distribuzione razionale dei Centri leader (hub) e dei Centri di
riferimento (spoke), le cui attivita' e le cui relazioni avvengono
regolate da modalita' prefissate e condivise. E' evidente che questo
tipo di organizzazione non puo' prescindere dalla elaborazione di
percorsi diagnostico assistenziali condivisi per le diverse patologie
e con livelli di intervento differenziati secondo la complessita'
delle stesse. Una struttura a rete di collaborazione fra le diverse
neurologie e' gia' avviata in termini informali ed e' documentata da
attivita' scientifica. Risulta tuttavia necessaria una ulteriore
formalizzazione dei rapporti in rete e di integrazione delle risorse,
con particolare riferimento all'ambito provinciale.
Ad esempio per le attivita' assistenziali quali la neurooncologia, la
chirurgia delle epilessie, la chirurgia delle malattie
extrapiramidali, sara' previsto un modello organizzativo "hub and
spoke", dove l'hub e' il Dipartimento di Neuroscienze e gli spoke
sono le unita' di Neurologia della rete. Un secondo criterio
riguardera' la complessita' della casistica trattata in termini di
DRG.
Per la precisa definizione di questa riorganizzazione specialistica a
rete riteniamo opportuno in questa fase indicare soprattutto una
metodologia da seguire al fine di proporre un progetto organico
dell'assistenza alle discipline neurologiche.
Metodologia
1) Acquisizione delle informazioni
A) Identificazione delle tipologie assistenziali, delle attitudini
per patologie, della presenza di percorsi diagnostico assistenziali
per patologie, del numero di prestazioni (regione e fuori regione),
della necessita' assistenziali-organizzative non soddisfatte in
maniera adeguata in relazione a percorsi ottimali. Cio' verra'
ottenuto tramite questionario inviato alle unita' operative seguito
da contatti telefonici per garantire una adeguata risposta.
B) Identificazione dei bacini d'utenza e della potenziale
importazione di pazienti da altre regioni in relazione allo sviluppo
di poli di eccellenza per patologie particolari e rare.
C) Valutazione della necessita' di assistenza neurologica in
relazione alla prevalenza ed alla incidenza delle malattie
neurologiche.
D) Classificazione in diversi livelli di intensita' di assistenza (in
termini diagnostici o terapeutici).
2) Predisposizione dei modelli generali di organizzazione
dell'assistenza alle patologie neurologiche
A) Piani di assistenza ospedaliera
B) Piani di assistenza territoriale.
C) Identificazione dei percorsi integrati diagnostico terapeutici per
patologie
A) Malattie neurologiche acute e subacute
B) Malattie neurologiche croniche
C) Malattie neurologiche rare
La scansione temporale del lavoro puo' essere previsto come di
seguito: raccolta dati (3 mesi>>), predisposizione dei modelli
generali e definizione di percorsi diagnostico terapeutici per
patologie (3-4 mesi), la stesura finale del progetto (1 mese).
Per il complesso delle attivita' di neuroscienze (neurochirurgia,
neuroradiologia e neurologia), e' indispensabile prevedere la
realizzazione di un organismo integrato di livello regionale
comprendente i rispettivi esperti ed un rappresentante
dell'Assessorato, dedicato al commissioning del complesso delle
attivita'.
MALATTIE RARE - Emofilia e malattie emorragiche congenite
Strutturazione della rete dei servizi e dei centri di riferimento
regionali per la cura dei difetti ereditari della coagulazione in
Emilia-Romagna
Premessa
L'emofilia e' una malattia emorragica congenita ereditaria trasmessa
attraverso il cromosoma X e caratterizzata dalla carenza di uno
specifico fattore della coagulazione: fattore VIII nell'emofilia di
tipo A, fattore IX nell'emofilia di tipo B.
L'incidenza nella popolazione e' di 1:10000, l'emofilia A e' 4-5
volte piu' frequente dell'emofilia B.
Il difetto della coagulazione puo' essere piu' o meno grave e portare
ad episodi emorragici di intensita', pericolosita' e frequenza
variabile, scatenati da traumi anche minimi.
L'emofilia e' una malattia rara, che richiede competenze
specialistiche molto precise per la diagnosi e la terapia mirata,
pena l'insuccesso terapeutico con rischio di gravi complicanze per i
pazienti in corso di emergenze emorragiche.
In base ai dati forniti dal Registro nazionale delle Coagulopatie
Congenite (ultimo aggiornamento 1998/1999), grazie alla
collaborazione dei Centri Emofilia Italiani con l'Istituto Superiore
di Sanita', i pazienti con malattie emorragiche congenite in
Emilia-Romagna sono 767, cosi' suddivisi:
250 Emofilia A,
55 Emofilia B,
357 Malattia di von Willebrand,
105 deficit rari.
Si ritiene tuttavia che i dati siano sottostimati e che pertanto sia
necessaria l'attivazione di un Registro regionale per valutare
l'esatta incidenza delle malattie emorragiche congenite nella regione
Emilia-Romagna.
Introduzione
Il DLgs 24 aprile 1998, n. 124 e la bozza di legge sulle malattie
rare includono tra queste patologie i difetti ereditari della
coagulazione, che comprendono sia l'emofilia e le malattie
emorragiche congenite sia le trombofilie ereditarie. Entrambi gli
ambiti di patologie richiedono competenze altamente specifiche per la
diagnosi e la terapia mirata, e per fornire indirizzi per strategie
di politica sanitaria atte a fornire ai pazienti un'assistenza
globale mediante un razionale utilizzo delle risorse disponibili.
A tale scopo la Regione Emilia-Romagna evidenzia la necessita' di
strutturare l'attivita' assistenziale ai pazienti affetti da
coagulopatie ereditarie secondo il modello "hub and spoke", nel quale
l'attivita' dei servizi coinvolti venga inserita in una rete
coordinata da due Centri Regionali di Riferimento, rispettivamente
per le malattie emorragiche e per quelle trombotiche.
Strutturazione della rete ed identificazione del Centro regionale di
Riferimento (CRR) per la cura dell'Emofilia e delle Malattie
Emorragiche Congenite
Facendo seguito al preesistente documento del 12/4/2000, prot.
15831/BAS, sulla assistenza alla popolazione emofilica, la Regione
Emilia-Romagna, in accordo con i Referenti dei Centri e con le
Associazioni dei pazienti, ha deciso di implementare prioritariamente
un piano di organizzazione dell'assistenza ai pazienti affetti da
malattie emorragiche congenite attraverso la definizione di una rete
di strutture in possesso di standard omogenei di competenza e di
organizzazione sul tema specifico, definiti "Centri Emofilia". Il
dimensionamento del bacino di utenza per il funzionamento ottimale di
un Centro Emofilia si identifica, di norma, su scala provinciale.
L'attivita' di tali Centri, cosi' come quella delle strutture
autorizzate per la prescrizione della terapia sostitutiva (Bollettino
Ufficiale regionale n. 129 del 29/10/1999), viene coordinata da un
Centro regionale di Riferimento (CRR), identificato nel Centro
Emofilia dell'Azienda Ospedaliera di Parma, aggregato al Centro per
le Malattie dell'Emostasi ed alla 4/5 Divisione Medica.
Funzioni dei Centri Emofilia
- Assistenza ai pazienti in tutte le fasi della malattia (diagnosi,
cura, check-up periodici, riabilitazione) utilizzando competenze
interne ed esterne al Centro (es: ortopedico, fisiatra, odontoiatra,
infettivologo, pediatra, assistente sociale) mediante rapporti di
collaborazione strutturati e continuativi, con il coordinamento del
CRR.
- Gestione di idonei percorsi al fine di garantire l'assistenza al
paziente in ambito locale, anche attraverso lo spostamento, tramite
gli istituti contrattuali vigenti, dello specialista presso
l'ospedale di riferimento del paziente.
- Disponibilita' 24 ore su 24 di specifiche competenze mediche per la
gestione delle emergenze.
- Identificazione e gestione di percorsi dedicati per il ricovero in
ambiente medico e per interventi chirurgici minori e maggiori in
degenza ordinaria, in day-hospital ed in regime ambulatoriale, dei
pazienti affetti da malattie emorragiche congenite.
- Diagnostica di laboratorio, mediante laboratorio di coagulazione di
II livello, per l'esecuzione degli esami necessari per la diagnosi
iniziale delle malattie emorragiche congenite, ed il monitoraggio
della terapia sostitutiva e di eventuali inibitori.
- Counselling prenatale di primo livello ai pazienti ed alle
famiglie.
- Organizzazione di periodici corsi di autoinfusione domiciliare in
sede locale e/o in collaborazione con altri Centri Emofilia.
- Promozione e coordinamento, in collaborazione con le Aziende
sanitarie e le Associazioni dei pazienti, di programmi di
prevenzione, informazione e formazione rivolti a pazienti, operatori
sanitari ed associazioni di volontariato sul tema specifico delle
malattie emorragiche congenite.
Funzioni del Centro di Riferimento regionale (CRR) per la cura
dell'Emofilia e delle Malattie Emorragiche Congenite
Al CRR oltre ai compiti assistenziali di base di pertinenza anche dei
Centri Emofilia spetta il compito peculiare di indirizzare le
attivita' delle Aziende sanitarie della regione sul tema specifico
dell'assistenza ai pazienti con malattie emorragiche ereditarie.
Esso deve coordinare le funzioni dei Centri Emofilia, garantendo
omogeneita' dei trattamenti e gli standard qualitativi delle
prestazioni erogate.
Il CRR deve, altresi', coordinare attivita' multispecialistiche su
una scala regionale; la cura di questi pazienti infatti si
contraddistingue per la necessita' di soddisfare, ad alto livello
qualitativo, varie esigenze diagnostiche e terapeutiche non solo di
tipo ematologico.
Il CRR si pone inoltre quale interlocutore diretto dell'Assessorato
alla Sanita' per l'applicazione, a livello delle singole Aziende
Sanitarie, delle linee di indirizzo derivanti dalla programmazione
regionale in materia.
Vengono di seguito riportate le principali funzioni di pertinenza del
CRR.
- Coordinamento delle attivita' della rete dei Centri e dei Presidi
ospedalieri collaboranti con il Centro di Riferimento Regionale, al
fine di garantire la tempestiva diagnosi e l'appropriata terapia
mediante l'adozione di specifici protocolli concordati.
- Identificazione, in ambito locale e/o regionale, delle competenze
specialistiche di eccellenza necessarie per la cura globale del
paziente emofilico (ortopedico, fisiatra, odontoiatra, chirurgo,
infettivologo, pediatra, psicologo, assistente sociale) e loro
coordinamento attraverso la creazione di percorsi diagnostici e
terapeutici condivisi e rivolti al paziente, anche tramite visite in
loco dello specialista.
- Servizio di pronta disponibilita' telefonica 24 ore su 24 da parte
di uno staff medico esperto in problemi delle malattie emorragiche
per la consulenza alla rete ospedaliera regionale.
- Attivita' diagnostica di eccellenza, tra cui in particolare la
diagnostica molecolare prenatale e l'identificazione delle portatrici
di emofilia con counselling genetico di II livello. Ruolo di
coordinamento delle attivita' di Controllo di Qualita' dei singoli
Centri, per garantire l'omogeneita' diagnostica in ambito regionale.
- Istituzione e gestione del Registro regionale dell'emofilia e delle
malattie emorragiche congenite, coordinata con il Registro nazionale.
- Ruolo propulsivo e di coordinamento dell'attivita' dei Centri
Emofilia per l'identificazione e la gestione di percorsi dedicati per
il ricovero in degenza ordinaria ed in day-hospital dei pazienti
affetti da emofilia e malattie emorragiche congenite, nonche' di
garanzia di omogeneita' di trattamento in ambito regionale.
- Produzione di indicazioni per l'implementazione in ambito regionale
di programmi di profilassi primaria e secondaria, di
immunotolleranza, nonche' di nuove strategie terapeutiche che
dovessero rendersi disponibili.
- Coordinamento dei corsi di autoinfusione domiciliare promossi dai
Centri Emofilia.
- Definizione, in collaborazione con il Centro regionale di
Coordinamento e Compensazione, delle modalita' di approvvigionamento
e di distribuzione degli emoderivati e dei concentrati ricombinanti,
attraverso la costituzione di una rete regionale di interscambio dei
prodotti fra le Aziende sanitarie. Le modalita' operative di
costituzione di tale attivita' saranno sviluppate ed articolate da un
apposito gruppo di lavoro.
- Identificazione e coordinamento dei flussi informativi da
implementare per il governo del sistema, sia in collaborazione con la
rete dei Presidi ospedalieri della regione sia, a livello
interregionale, con gli altri Centri regionali e con gli organismi
internazionali.
Il Gruppo tecnico di lavoro ritiene di proporre, sulla base delle
proprie conoscenze della realta' assistenziale dei Centri attualmente
in funzione, e dei criteri ritenuti essenziali per tale attivita',
l'individuazione, in sede di prima applicazione, di 8 Centri
Emofilia, dislocati nelle seguenti sedi:
- Azienda USL di Piacenza - Servizio Trasfusionale
- Azienda Ospedaliera di Parma - V Divisione Medica Centro Emostasi
- Azienda Ospedaliera di Reggio-Emilia - Medicina Interna I
- Azienda Ospedaliera di Modena - Ematologia
- Azienda Ospedaliera di Bologna - Angiologia
- Azienda Ospedaliera di Ferrara - Istituto di Ematologia e
Fisiopatologia della Coagulazione
- Azienda USL di Cesena - Servizio Trasfusionale
- Azienda USL di Ravenna - Servizio Trasfusionale di Ravenna/Centro
Trasfusionale di Faenza.
Modalita' applicative
In questa prima fase i Direttori sanitari delle Aziende dovranno,
entro un mese dal ricevimento del presente documento, confermare o
meno le Unita' Operative proposte come sede del Centro Emofilia,
nonche', in caso positivo, indicare, d'intesa con i Responsabili
delle stesse, il nominativo del medico referente del Centro.
Entro tre mesi i Direttori sanitari dovranno garantire che venga
condotta, insieme ai Referenti dei Centri, una specifica analisi
della situazione degli stessi, al fine di esaminare le maggiori
criticita'; nello stesso tempo deve essere presentato un programma
dove devono essere esplicitate le azioni necessarie per il
superamento delle situazioni critiche evidenziate e per il
raggiungimento degli obiettivi previsti dal presente progetto.
Al termine di questa prima fase applicativa seguira', sotto la guida
dell'Assessorato regionale alla Sanita', un'analisi e una verifica
delle proposte presentate dalle singole Aziende sanitarie, da parte
del gruppo tecnico formato dai referenti dei Centri Emofilia e dei
Centri autorizzati alla prescrizione della terapia sostitutiva,
nonche' dai rappresentanti delle Associazioni dei pazienti.
Si precisa inoltre che, verranno analizzate, da parte
dell'Assessorato alla Sanita', le funzioni di rilievo regionale e
quelle finalizzate alla costituzione della rete, al fine di valutare
le modalita' di finanziamento piu' adeguate.
TERAPIA DEI GRANDI TRAUMI
Premessa
La programmazione e la realizzazione di un sistema integrato di
assistenza ai pazienti con trauma grave, basato sul principio "Hub e
Spoke" e coerente con la logica della gestione di reti cliniche,
rappresenta per il sistema sanitario un obiettivo di grande
interesse, utilizzato dai piu' evoluti sistemi sanitari.
Nonostante sia opinione consolidata tra i maggiori esperti del
settore che la centralizzazione dei pazienti comporta vantaggi sia
sul piano clinico-assistenziale, che sul piano economico, non
esistono a tutt'oggi dati scientifici che confermino con certezza
tale ipotesi; da queste considerazioni deriva
l'indicazione/l'opportunita' che gli standard di attivita' (ad
esempio, trattamento di non meno di 500/casi anno in ciascun centro
accreditato per il trattamento del paziente traumatizzato grave)
vengano calati nel contesto locale e, in particolare, che nella fase
di sviluppo del sistema vengano utilizzati come "requisiti
desiderabili", e non come "requisiti essenziali".
Le organizzazioni sanitarie che hanno sperimentato questo tipo di
sistema giungono alle stesse conclusioni:
- il modello di un Paese non puo' essere applicato ad un altro
tout-court (la diversa epidemiologia, le diverse condizioni
geografiche, la diversa struttura e configurazione dell'offerta di
servizi sanitari influiscono in modo sostanziale sull'accessibilita',
sulla qualita' e sui costi, ossia sulle dimensioni di cui si deve
tener conto in sede di programmazione);
- rispetto ai requisiti "strutturali" del sistema (pur importanti),
ancor piu' rilevanti sono le modalita' di funzionamento, i meccanismi
di integrazione/cooperazione, la revisione di qualita' dei processi e
degli esiti.
Dati epidemiologici
Si stima che su tutto il territorio della regione Emilia-Romagna ogni
anno si verifichino 2000-2500 traumi gravi, pari al 5% circa della
totalita' dei traumatismi che determinano un ricovero ospedaliero.
Fra i vari organi coinvolti, il traumatismo cranico presenta
l'incidenza piu' elevata (interessando piu' del 50% dei traumi
gravi), seguito dalle lesioni addominali maggiori, dal trauma
toracico e dalle lesioni mieliche del rachide.
Non disponendo di un Registro Traumi, da cui derivare dati
epidemiologici utilizzabili per la programmazione della rete dei SIAT
e per la previsione delle modificazioni organizzative gia' introdotte
con la realizzazione del SIAT, e' comunque utile tenere conto: (a)
dei tipi di trauma che hanno determinato il ricovero (anno 1997)
presso le strutture pubbliche e private della regione (pur avendo
presente che la codifica ICD IX non descrive la severita' delle
lesioni), (b) del numero di deceduti per trauma tra i pazienti
ricoverati in tali strutture.
Criteri organizzativi
In base alle caratteristiche epidemiologiche e del decorso clinico
dei traumi (distribuzione territoriale disomogenea legata piu' al
traffico, agli insediamenti produttivi, alla presenza di zone
turistiche, che alla densita' della popolazione; occorrenza di eventi
critici in momenti specifici, in larga parte prevedibili), oltre che
dei requisiti di qualita' (efficacia ed efficienza) che devono essere
posseduti dai servizi per fornire risposte assistenziali adeguate, il
Piano sanitario regionale 1999-2001 fa una scelta precisa (in linea
con altri Paesi occidentali) e prefigura l'organizzazione di 3
Sistemi Integrati di Assistenza ai pazienti Traumatizzati (SIAT) per
tutta la regione, uno per l'area della Romagna, uno per l'Emilia
Orientale ed uno per l'Emilia Occidentale.
La programmazione regionale privilegia un modello di assistenza
inclusivo, caratterizzato dalla attivazione di un sistema di risposta
che vede la partecipazione di tutte le strutture che gia' operano su
un determinato territorio e sono in possesso dei requisiti necessari
per assicurare interventi tempestivi continui e appropriati nelle
diverse fasi assistenziali (emergenza-urgenza, acuzie, post-acuzie,
riabilitazione intensiva ed, eventualmente, estensiva). La
disponibilita' attorno al paziente di tutte le competenze mediche e
chirurgiche necessarie rappresenta la condizione per attuare il
modello. Tali competenze provengono da tutti i centri ospedalieri
dell'area di riferimento.
In alternativa il modello esclusivo prevederebbe la disponita' delle
stesse equipe esclusivamente all'interno degli Ospedali piu'
specializzati.
Per ciascun SIAT si prevede un centro-guida (centri per traumi o HUB)
in rete con altri presidi ospedalieri collegati funzionalmente e
integrati nel Sistema stesso (SPOKE).
I centri di riferimento (Hub) idonei ed accreditati per erogare
un'assistenza al trauma grave che in gran parte afferira' agli
stessi, dovranno trattare un volume di casi adeguato, indicativamente
non inferiore ai 400-500 casi/anno.
In base a queste premesse, la Commissione si e' mossa nell'intento
pratico di stabilire i requisiti dei nodi (Hub e Spoke) e della rete
(relazioni tra i nodi) del SIAT.
Requisiti strutturali ed operativi
I pazienti ricoverati in ospedale a causa di trauma hanno come prima
causa di morte il dissanguamento, ovvero l'emorragia interna od
esterna che sia, a cui non si riesce a mettere rimedio, o per la
gravita' delle lesioni o per l'incapacita' del sistema a rimediarvi;
la seconda causa di morte e' la lesione cerebrale ovvero conseguente
direttamente al traumatismo primario od iniziale e/o alle lesioni
secondarie a questi, sia inevitabili che non dominate da una terapia
adeguatamente aggressiva.
La struttura che riceve deve poter quindi fornire, per ottenere
risultati adeguati:
- una squadra di operatori sanitari, governati da un "leader"
adeguatamente addestrato ed organizzato, che provvedano ad un
trattamento resuscitativo ed ad un inquadramento diagnostico
aggressivo, rapido, organizzato con sequenze prestabilite e livelli
di priorita', che miri all'accertamento e stabilizzazione definitiva
di tutte le lesioni ad alta mortalita' e morbilita'.
Gli interventi degli specialisti, delle varie lesioni da trattare,
devono essere sequenziali secondo rigide priorita' e solo in casi
limitati contemporanei e comunque previsti da algoritmi decisionali
protocollati;
- la presenza degli specialisti 24 ore in ospedale quando le lesioni
da inquadrare e da trattare non permettano un'attesa di almeno un'ora
dall'evidenza del problema, altrimenti in pronta disponibilita' (va
definito il tempo necessario al reperimento fuori-ospedale su
chiamata degli specialisti) per gli aspetti che lo permettano;
- una logistica, dove avviene la gestione del paziente, il piu'
possibile imperniata sul paziente stesso, limitando al massimo quindi
gli spostamenti per diagnostiche e chirurgia e comunque fornendo
anche in itinere lo stesso e continuo livello di trattamento e
monitoraggio delle funzioni vitali.
Le professionalita' cliniche che dovranno essere presenti
nell'Ospedale, sede di "Trauma Center" (HUB) sono:
- Medicina di urgenza e PS
- Anestesia e Rianimazione
- Chirurgia generale
- Neurochirurgia
- Radiologia.
La presenza di tali professionalita' dovra' essere assicurata non
necessariamente attraverso la presenza di unita' operative, ma
attraverso la presenza di professionisti con adeguata expertise che
garantiscano una capacita' di intervento per 24 ore al giorno tutto
l'anno.
Tali professionalita' dovranno essere supportate dalla presenza 24
ore di un Laboratorio per gli esami ematochimici di urgenza e dalla
presenza di un servizio di immunoematologia che possa garantire la
disponibilita' di sangue in emergenza ed in quantita' necessaria al
supporto dei gravi emorragici (il cui trattamento puo' richiedere
anche 15-20 unita' di emazie concentrate nella prima ora dall'arrivo
in Pronto Soccorso per paziente).
Altre professionalita' reperibili come servizio di Pronta
disponibilita' (arrivo in Ospedale in circa un'ora) sono:
- seconde squadre di Anestesia e Rianimazione, Chirurgia generale e
Neurochirurgia per interventi chirurgici contemporanei su piu'
pazienti traumatici (dovranno essere garantiti anche i trasporti
assistiti tra Ospedali con assistenza rianimatoria);
- Chirurgia Ortopedica traumatologica; in particolare per la
chirurgia traumatica vertebrale e' necessaria una reperibilita' h24
in pronta disponibilita': i traumatizzati vertebrali mielici, che
giungono precocemente all'Hub, necessitano di intervento chirurgico
urgente non differibile. Tale attivita' chirurgica sarebbe
auspicabile venisse svolta assieme da ortopedici e neurochirurghi;
qualora questo non fosse possibile, il Servizio va svolto comunque
negli Hub eventualmente in modo indipendente dalle due
professionalita';
- Radiologia interventistica, che ha una funzione salvavita per quei
pazienti (quali, ad esempio, i traumi pelvici complessi) che, se non
trattati, muoiono dissanguati in 24-48 ore. La popolazione di questi
pazienti e' limitata; per la disponibilita' di questa
professionalita' ci si puo' avvalere anche di consorzi di
professionisti tra vari ospedali;
- Chirurgia toracica e chirurgia vascolare, presenti come competenza
anche se le casistiche chirurgiche di tali interventi sono ridotte
(nei case mix europei);
- Chirurgia maxillo-facciale, che svolge un ruolo fondamentale nei
traumatismi complessi cranio-facciali e negli Hub deve connotarsi
sempre piu' come una chirurgia da eseguirsi precocemente;
- Chirurgia ORL ed Oculistica sono necessarie e sono peraltro gia'
diffusamente presenti come unita' operative nelle strutture
ospedaliere;
- la competenza di Chirurgia Urologica e' necessaria in quanto svolge
un ruolo fondamentale, specie nei trattamenti chirurgici e
conservativi dei traumi renali ed urogenitali in genere.
Chirurgie e competenze specialistiche riferite a casistiche
traumatiche limitate possono trovare una soluzione su base regionale,
destinando tale risorsa anche ad un solo Hub.
Tali competenze sono:
- Chirurgia pediatrica
- Terapia intensiva pediatrica
- Chirurgia dei reimpianti di arto e/o parti di arto
- Centro Grandi Ustionati
- Cardiochirurgia.
Il trauma center di riferimento (hub), nell'ambito del Dipartimento
di Emergenze-Urgenza (DEU), deve disporre di
- guardia attiva delle Unita' Operative di Medicina di Urgenza e
Pronto Soccorso, Anestesia e Rianimazione, Chirurgia generale,
Neurochirurgia, Radiologia;
- disponibilita' di un servizio di Immunoematologia e Trasfusionale e
di Patologia Clinica;
- competenze in rete di secondo team di Anestesia e Rianimazione,
Chirurgia generale e Neurochirurgia;
- competenze, attraverso pronte disponibilita' situate all'interno
del DEU o in rete con esso, di Chirurgia Ortopedica, Chirurgia
Vertebrale, Radiologia Interventistica, Chirurgia Toracica, Chirurgia
Vascolare, Chirurgia Maxillo facciale, Chirurgia Plastica, Chirurgia
Pediatrica, Chirurgia Urologica, Chirurgia Oculistica, Chirurgia ORL,
Cardiochirurgia, Chirurgia della mano e reimpianti, Centro Ustioni.
Il presidio periferico (spoke), nell'ambito del Dipartimento di
Emergenze-Urgenza (DEU), dispone di:
- Unita' Operative di Medicina di Urgenza e Pronto Soccorso,
Anestesia e Rianimazione, Chirurgia Generale, Radiologia;
- presenza di un tecnico di laboratorio ed una reperibilita' medica
nel Servizio di Patologia Clinica;
- possibilita' di attivazione rapida di un servizio di
Immunoematologia e Trasfusionale;
- competenze in rete;
- competenze, attraverso pronte disponibilita' situate all'interno
del DEU o in rete con esso, di secondo team di Anestesia e
Rianimazione e di Chirurgia Ortopedica.
Relazioni e criteri di riferimento
Quanto sopraindicato delinea i principali requisiti strutturali ed
organizzativi richiesti per definire sia gli Hub (Ospedali guida del
SIAT) sia gli spoke. Nell'ambito della regione Emilia-Romagna nessun
trauma maggiore sara' trattato al di fuori di questo sistema.
Per quanto concerne i traumi minori, ogni Spoke potra' servirsi, per
la propria area di competenza, di altre strutture ospedaliere di
riferimento. In questo caso lo Spoke delle patologie traumatiche
maggiori diventa un Hub nella sua area per i traumi minori.
Per alcuni Centri Spoke dotati di risorse specialistiche specifiche
(vedi Neurochirurgia), con consolidata attivita' su alcune tipologie
di traumi maggiori rappresentati in grande numero (v. traumi cranici
maggiori), si ritiene che l'attivita' suddetta debba continuare ad
essere svolta presso gli stessi, facendo capo all'Ospedale-guida
(Hub) del SIAT nel caso di pazienti particolarmente complessi e
peculiari, secondo le indicazioni esplicitate nei criteri di
trasferimento.
Come gia' indicato dal Piano sanitario regionale per il triennio
1999/2001, affinche' il sistema funzioni in modo appropriato e'
indispensabile che ogni paziente venga indirizzato in base alla
gravita' ed alla tipologia del trauma presso l'Ospedale piu' indicato
a trattarlo. Ne consegue in maniera imprescindibile che le risorse di
terapia intensiva del Centro Traumi (Hub) vengano continuamente rese
disponibili attraverso varie modalita', tra cui anche il rientro di
pazienti stabilizzati ai Centri di riferimento o prima afferenza
(Spoke), secondo le indicazioni esplicitate in allegato E. Per tale
motivo, la creazione di protocolli, la supervisione ed il controllo
del funzionamento del SIAT, di cui fa parte anche la fase
preospedaliera, devono essere sotto la responsabilita' del
Coordinatore del Centro Traumi che si avvale delle strutture e dei
meccanismi di coordinamento di cui al punto 4.
fondamentale stabilire i criteri di trasferimento per le patologie
chirurgiche piu' frequenti. Tali criteri tendono a favorire uno
sviluppo graduale del sistema, propendendo per la centralizzazione
del traumatizzato grave presso un'unica sede solo nel caso di
fenomeni che richiedono una "expertise" (oltre che un assetto
strutturale-organizzativo) molto specialistica.
Per la patologia, al momento prevalente, che necessita di
centralizzazione dei pazienti traumatizzati (trauma cranico e
spinale) si ritiene necessario che vengano resi obbligatori
protocolli integrativi di area, ovvero che vi siano una chiara
definizione ed un accordo a priori di quale iter deve essere seguito,
per quale patologia e verso quale ospedale.
Fasi di attuazione del sistema
Da un punto di vista operativo, l'attuazione del Sistema ipotizzato
nel modello sul quale si e' convenuto comporta lo sviluppo delle
seguenti fasi:
1) La Regione identifica sulla base dei criteri indicati in questo
documento all'interno dei SIAT i Centri Hub. L'identificazione dei
Centri Spoke puo' essere attuata in una seconda fase dagli Hub
dell'area.
2) Sulla base dei criteri individuati, si ritiene, visto l'attuale
orientamento traumatologico degli Ospedali della nostra regione e
viste le dotazioni strutturali presenti, che gli Ospedali candidati
alla funzione di Hub siano l'Ospedale Maggiore di Parma per l'Emilia
Nord Occidentale, l'Ospedale Maggiore di Bologna per l'Emilia
centro-orientale e l'Ospedale Bufalini di Cesena per la Romagna. La
Commissione ritiene inoltre che la provincia di Modena, per motivi
strutturali ed organizzativi, debba fare parte del SIAT
centro-orientale anziche' di quello nord-occidentale. Tale centro
dovra' comunque assicurare il Servizio 24 ore. Si ritiene anche che
la identificazione di un Presidio Ospedaliero come Hub del SIAT
influenzi decisamente la vocazione dei servizi specialistici di
questa struttura, in particolare delle chirurgie che dovranno
adeguare risorse e capacita' alle richieste del Sistema. Inoltre,
specialmente nelle realta' urbane ad alta concentrazione di strutture
Ospedaliere, il centro traumi diventa il soggetto che pianifica la
risposta alle emergenze di area.
3) Entro un anno dall'identificazione dei "nodi" del SIAT, cosi' come
descritto nel punto precedente, ogni Centro adegua il proprio assetto
strutturale-organizzativo e funzionale secondo quanto stabilito.
Si specifica inoltre quanto segue:
- i collegamenti informatici dei nodi del SIAT (Hub vs Spoke, Spoke e
Spoke vs Hub, Hub tra loro) potranno essere del tipo "Intranet" (vedi
collegamenti Centro regionale Trapianti d'Organo), con possibilita'
di invio e ricezione di immagini (specialmente radiologiche), oltre
che di raccolta dati su tutti i pazienti traumatici trattati. L'invio
di immagini (almeno TAC) dallo Spoke verso l'Hub e' "conditio sine
qua non" per il funzionamento del sistema.
E' obbligatoria l'istituzione di un Registro Traumi su base regionale
entro l'anno 2002.
- Per quanto concerne le professionalita' cliniche che devono essere
presenti nei Centri Hub e Spoke ai quali si riferiscono i requisiti
sopraindicati, si chiarisce che la loro presenza non corrisponde
automaticamente all'esistenza di una Unita' Operativa, bensi' si
riferisce alla presenza di sanitari esperti e capaci (con expertise
adeguato) di svolgere una funzione: in caso di bisogno e nello
spirito della condivisione e dello spostamento delle risorse nella
rete si prevede la possibilita' di utilizzare e comporre e'quipe
formate da professionisti di diverse Aziende, se le risposte
operative e di "timing" sull'approccio al paziente lo permetteranno
(v. tempi di intervento, capacita' di/addestramento al lavoro in
squadra e in ambienti diversi da quelli abituali);
- lo spostamento dei professionisti, all'interno del sistema di
assistenza al paziente con trauma grave, vale sia dagli spoke verso
l'Hub che viceversa;
- accreditamento dei Centri dopo il completamento delle fasi
precedenti;
- gestione e controllo sistematico dell'attivita' e del funzionamento
del sistema;
- costituzione di un organismo tecnico regionale permanente che
comprenda diverse figure professionali, di particolare competenza nel
settore, coinvolte nell'organizzazione e controllo del sistema dei 3
SIAT;
- creazione di accordi interaziendali che costituiscono la base della
rete di area;
- costituzione di Commissioni interaziendali (con capacita'
operative) tra le Aziende Sanitarie della rete, coordinate dall'Hub
per la gestione ed il controllo dell'operativita' (protocolli, ecc.),
dei rapporti tra i nodi della rete interprovinciale e dei risultati;
- costituzione negli Hub di un "Trauma Service intraospedaliero" con
funzioni di organizzazione, gestione, controllo del sistema traumi
all'interno della struttura ospedaliera e con responsabilita' diretta
sull'operativita' del sistema stesso;
- costituzione di un iter di formazione ed aggiornamento, a valenza
regionale e locale, per gli operatori del sistema traumi. Negli spoke
di maggiori dimensioni il trauma service e' un requisito
desiderabile;
- accreditamento periodico dei professionisti coinvolti nel
funzionamento della rete;
- istituzione di un sistema di revisione obbligatoria della qualita'
dell'assistenza, da adottare in tutti gli Hub e gli Spoke del SIAT.
Criteri per i trasferimenti in uscita dalle Terapie Intensive degli
"HUB"
L'efficienza di un "centro traumi" non puo' prescindere dalla
possibilita' di accettare sempre i pazienti traumatizzati maggiori
del proprio bacino di utenza, al fine di giungere rapidamente alla
stabilizzazione definitiva delle lesioni a rischio di vita e/o
potenzialmente invalidanti.
L'ammissione di tutti i pazienti proponibili passa attraverso due
potenziali "colli di bottiglia":
1) la possibilita' di diagnosi e terapia immediata per piu' pazienti
contemporaneamente in termini di risorse umane, strumentali e
strutturali (sale operatorie, sale diagnostiche, ecc.);
2) la possibilita' di ricovero in reparti di Terapia Intensiva od in
reparti specialistici del "Centro Traumi" dei pazienti, per un
periodo sufficiente a trattare le lesioni conseguenti al danno
primario e/o secondario a questi, sino al conseguimento di un livello
di stabilita' adeguato al trasferimento in un'altra Terapia
Intensiva, in reparti Subintensivi a valenza piu' o meno
riabilitativa, oppure in reparti di degenza normale dello stesso
Presidio Ospedaliero o di altri Presidi della rete.
Il primo punto risulta conseguibile, con relativa facilita',
adeguando le strutture come ai requisiti indicati in questo documento
Il secondo punto presenta invece le difficolta' maggiori nella sua
applicabilita' h24 per ogni giorno dell'anno.
Esaminiamo i seguenti punti:
- non e' ragionevole sottrarre il paziente alla diretta osservazione
dell'equipe chirurgiche che hanno trattato il paziente; questo per un
congruo periodo di tempo successivo all'ammissione sino a quando non
si abbia una discreta sicurezza di essere al riparo da insorgenza di
possibili complicanze trattabili solo presso il Centro Traumi;
- non e' altrettanto ragionevole sottrarre precocemente il paziente
alle cure intensive dell'"Hub" quando vi siano esigenze di
trattamenti e monitoraggi avanzati (tipo monitoraggio PIC).
Le Terapie Intensive degli "Hub" sono polivalenti e non hanno allo
stato attuale posti letto dedicati esclusivamente ai traumi, ma
ricoverano sistematicamente anche pazienti con altre patologie della
loro area di utenza cittadina;
- si ritiene che attualmente non sia economicamente proponibile
aumentare a dismisura il numero di posti-letto intensivi nell'"Hub".
Ne consegue che il punto importante e piu' facilmente affrontabile,
allo stato attuale, sia quello dei trasferimenti dall'"Hub" dei
pazienti stabilizzati o che non necessitino di Terapia Intensiva
specialistica.
Alcuni degli aspetti su cui lavorare possono essere i seguenti:
per i pazienti provenienti da fuori area dell'"Hub" in caso di
carenza di posti letto in terapia intensiva (ricordando che l'"Hub"
oltreche' Centro di riferimento per Traumi allo stato attuale e'
anche Presidio Ospedaliero della propria area di utenza sanitaria e
deve anche ad essa dare risposta)
- ritrasferimento immediato, quando necessario, all'Ospedale di
provenienza in Terapia Intensiva o in Reparto di Degenza (secondo
necessita'), senza possibilita' di rifiuto da parte dello "Spoke",
del paziente stabilizzato come se questi fosse ammesso attraverso il
Pronto Soccorso. Sara' cura dello "Spoke" trovare il modo di
ricoverare il paziente (collaborazione degli Ospedali della rete);
- in caso di emergenza, ed in assenza di alternative e se soprattutto
possibile, l'Ospedale proponente il paziente acuto dovra' essere
disponibile a ricoverare un altro paziente stabilizzato dell'"Hub"
per il periodo necessario al trattamento del paziente piu' acuto
(scambio di pazienti).
(Questa procedura richiedera' l'applicazione di un protocollo
comunicazionale, ratificato anche dalle Dirigenze della Regione e
Aziendali, verso i parenti e pazienti ricoverati negli "Hub" in
merito alla possibilita' di trasferimento repentino di Ospedale per
esigenze di ricovero di un paziente in condizioni di gravita' che
richiedono cure non differibili);
- quando possibile e in conformita' con i criteri chirurgici di
trasferimento (vedi Allegati A, B, C, D) si attueranno procedure di
bypass verso altri "Hub" della regione.
Per i pazienti provenienti dall'area dell'"Hub":
- creazione di posti letto dedicati di terapia subintensiva ad alta
valenza riabilitativa come tappa intermedia necessaria per poter
dimettere anticipatamente i pazienti dalla terapia intensiva quando
si verifichino le seguenti condizioni:
- cessata ventilazione artificiale
- stabilita' emodinamica
- assenza di febbre con compromissione emodinamica
- assenza di necessita' di monitoraggio PIC.
Non controindicano il trasferimento la presenza di:
- O2 terapia =on invasivo discontinuo
- cannula tracheostomica in sede
- presenza di infezione in atto senza compromissione dello stato
generale
- alimentazione artificiale;
- creazione di reparti per subacuti che possano accettare, a loro
volta, i pazienti dalle aree intensive e subintensive senza
effettuare fenomeni di blocco di trasferimento con ripercussioni
"paradosse" sulle capacita' di accettazione della Terapia Intensiva.
GENETICA MEDICA
Premessa
In ambito regionale diverse strutture e servizi svolgono attivita'
assistenziale nel settore della Genetica Medica sia a livello clinico
che di laboratorio; grazie allo sviluppo di nuove tecnologie, negli
anni piu' recenti le attivita' di queste strutture si sono
notevolmente ampliate anche sulla base di una crescente richiesta
dalle varie specialita' mediche. Nel contempo sono maturate
esperienze e professionalita' nel campo delle malattie genetiche,
senza che venissero stabilite priorita' e predeterminati criteri di
relazione; conseguentemente, la situazione attuale presenta un
contesto scientifico-culturale ed assistenziale variegato di cui e'
difficile definire contorni e linee di sviluppo. D'altra parte la
concentrazione delle casistiche presso strutture ed operatori che
garantiscano un adeguato volume di attivita' associato ad un costante
aggiornamento delle conoscenze e delle tecnologie rappresenta una
condizione necessaria per la garanzia della qualita' dell'assistenza
e per la riduzione dei costi unitari di produzione.
Organizzazione dei Servizi di Genetica in Emilia-Romagna
L'adozione di una rete integrata per la programmazione dei Servizi di
Genetica Medica ha rilevanti implicazioni di politica sanitaria in
quanto sostituisce al concetto di competizione fra singole unita'
produttive quello di cooperazione all'interno della rete secondo i
diversi livelli di complessita' dell'intervento attribuito.
La struttura organizzativa delle funzioni di Genetica medica prevede
l'adozione del modello Hub e spoke. L'attivita' dei Centri di
Genetica organizzati in base a questo modello e' riportata nelle
Tabelle 1 e 2.
Coordinamento regionale scientifico ed organizzativo
La realizzazione di un Coordinamento scientifico e organizzativo
delle competenze di Genetica medica a livello regionale appare
indispensabile per rendere ottimali ed uniformi diagnosi, prevenzione
e cura (intesa anche come riabilitazione) dei soggetti affetti da
malattie genetiche e delle loro famiglie. Un nucleo regionale di
coordinamento per le attivita' di Genetica Medica puo' consentire
l'individuazione di criteri per la definizione di piani preventivi di
attivita' al fine di una piu' razionale utilizzazione delle risorse e
di una migliore offerta assistenziale.
Le principali funzioni del nucleo di coordinamento sono:
- il supporto alla definizione dei livelli essenziali di assistenza
in ambito genetico in accordo con il Piano sanitario nazionale e
regionale;
- il supporto alla definizione delle attivita' di genetica che, pur
non sufficientemente validate per l'inserimento in tali livelli,
presentano una validazione clinica avanzata con importanti ricadute
assistenziali;
- la identificazione delle competenze specifiche esistenti sul
territorio regionale sulla base del loro know-how ed esperienza
storica clinico-assistenziale e di ricerca, con offerta di percorsi
diagnostico-assistenziali ottimali rendendo lineare ogni singolo
percorso e/o processo organizzativo;
- la utilizzazione coordinata delle risorse presenti in Regione con
riduzione dei costi gestionali evitando duplicazioni;
- la individuazione di eventuali carenze e il conseguente sviluppo
delle competenze mancanti;
- il coordinamento da un punto di vista tecnico-scientifico e la
verifica dei risultati rispetto agli obiettivi indicati dalla
programmazione regionale;
- la garanzia della rispondenza dei percorsi clinico/diagnostici ai
requisiti identificati anche a livello nazionale e internazionale per
specifiche patologie genetica (diagnosi presintomatica, diagnosi ai
minori);
- il collegamento con i flussi informativi regionali, nazionali e
internazionali esistenti;
- il supporto alla gestione delle relazioni con le altre Regioni e
con il livello nazionale per i contenuti tecnico-scientifici;
- la programmazione nelle linee generali dell'aggiornamento
tecnico-scientifico in campo genetico.
Viene inoltre previsto a livello periferico (Centro territoriale
sovraziendale) un Comitato di Coordinamento scientifico-organizzativo
con il compito di
- coordinare le funzioni operative sulla base delle indicazioni del
livello regionale
- gestire il sistema informativo specifico
- mantenere le relazioni tecnico-scientifiche con il livello
regionale
- provvedere al piano provinciale di formazione degli operatori e di
informazione-educazione sanitaria ai cittadini.
Tipologia dei Servizi operanti nel settore della genetica
I Servizi operanti nel settore della genetica possono essere
suddivisi in Servizi Clinici di Genetica Medica (SGM) e Laboratori di
Genetica Medica (LGM). Si identificano ulteriormente i Servizi ed i
Laboratori dedicati alla Genetica Oncologica. La opportunita' di
individuare in modo autonomo le strutture dedicate alla genetica
oncologica deriva dalla identificazione di numerosi geni che
conferiscono suscettibilita' alla patologia tumorale (il 5-10% delle
forme piu' comuni di tumori riconosce una trasmissione di tipo
mendeliano con elevati rischi per i consanguinei degli affetti), le
conoscenze, sia teoriche che tecnologiche, in tale campo sono in
rapido sviluppo e grande e' il numero di soggetti potenzialmente
interessati.
L'autonomia dei Servizi Clinici di Genetica Medica (SCGM) e' ormai
imprescindibile, per l'alta specialita' raggiunta e per la
complessita' della materia; il personale che opera nel loro interno
deve essere adeguatamente formato (specializzato) e dedicato.
I laboratori di Genetica Medica (LGM) erogano prestazioni
specialistiche di III livello (circolare RER n. 4 22/7/1997). In base
al modello organizzativo proposto il loro numero e la loro ubicazione
andranno stabiliti tenendo conto delle caratteristiche della
popolazione interessata (bacino di utenza). Date le caratteristiche
di rete del modello prescelto, la realizzazione di un network
informatico di comunicazione tra laboratori e servizi di genetica
medica appare necessaria ed imprescindibile.Per quanto riguarda i
laboratori di immunogenetica si rimanda al piano sanitario per le
attivita' di trapianto.
Attivita' di Genetica medica
Le attivita' di Genetica medica comprendono i Servizi Clinici di
Genetica medica (SCGM), i Laboratori di Genetica medica (LGM) e la
Genetica epidemiologica.
I Servizi Clinici di Genetica medica (SCGM) si rivolgono ad individui
o a famiglie che sono affetti, o a rischio di essere affetti, da
malattie potenzialmente ereditarie assicurando una diagnosi genetica
accurata e una consulenza genetica per appropriate (informate) scelte
riproduttive e/o di vita. Svolgono pertanto un ruolo rilevante nella
sorveglianza e nella prevenzione delle malattie ereditarie nella
popolazione. Il bacino di utenza degli SCGM non dovrebbe essere
significativamente inferiore a un milione di abitanti.
La loro attivita' puo' essere suddivisa in attivita' orientata ai
singoli comprendente:
- diagnosi, consulenza genetica, management e follow up degli affetti
da malattie genetiche;
- diagnosi, consulenza genetica, management e follow up delle
famiglie/persone a rischio di essere affette da malattie genetiche.
La attivazione del Servizio di consulenza e' regolata a seconda del
tipo di patologia in base a protocolli stabiliti a livello regionale;
a tali protocolli e' demandata anche la necessita' per i Servizi
Assistenziali di attivare specifiche consulenze o di seguire linee
guida predeterminate, dando solamente informazione al Servizio di
Genetica Medica competente nell'area.
L'attivita' orientata alla popolazione include:
- screening di popolazioni selezionate per specifiche patologie
(esempio talassemia)
- elaborazione di linee guida/protocolli per specifiche patologie e
l'uso appropriato dei servizi
- aggiornamento di medici/specialisti in altre discipline ai fini
della appropriata richiesta delle prestazioni di genetica
- sviluppo di programmi di educazione sanitaria alla popolazione su
tematiche di interesse genetico
- supporto alla programmazione sanitaria.
I Laboratori di Genetica medica
I Laboratori di Genetica medica (LGM) sono laboratori specializzati
riconosciuti a livello legislativo (DPCM del 10/2/1984 e DPR
14/1/1997) competenti a svolgere indagini specifiche ad elevato
contenuto tecnologico e professionale per l'identificazione delle
malattie su base genetica. Per la complessita' tecnologica, l'alta
professionalita' richiesta e le ricadute sul piano psicologico,
sociale ed etico i test genetici sono riconosciuti come prestazioni
specialistiche di III livello.
Le complesse problematiche psicologiche e sociali correlate ai test
genetici sollecitano particolare cautela e adeguate procedure sia
nella loro offerta che nella comunicazione dei risultati. Pertanto la
consulenza genetica rappresenta una parte integrante del percorso
diagnostico dei test genetici sia in epoca prenatale che postnatale e
l'introduzione degli esami/screening genetici deve essere subordinata
alla dimostrazione della loro validita' e utilita' clinica.
La attivazione per ogni tipo di patologia della consulenza genetica e
della relativa diagnostica di laboratorio e' regolata in base a
protocolli stabiliti a livello regionale; a tali protocolli e'
demandata anche la necessita' per le strutture assistenziali della
regione di attivare nel singolo caso specifiche consulenze genetiche
I Laboratori di Genetica medica si configurano come Unita'
funzionali, specificamente riconosciute dalla Regione Emilia Romagna,
coordinate tra loro e funzionalmente correlate ai SCGM nell'ambito di
una rete integrata regionale.
La loro suddivisione, basata sulla tipologia delle metodiche
impiegate o sulla patologia esaminata, prevede: Laboratori di
Citogenetica, Laboratori di Genetica molecolare e Laboratori di
Immunogenetica aventi valenza infraregionale o regionale. Altri
Laboratori specialistici di Genetica medica, come quelli delle
Malattie congenite del metabolismo, degli Screening neonatali
(definiti dalla legge), delle Talassemie e delle Emoglobinopatie,
etc., prevedono un bacino di utenza sovraregionale e/o nazionale per
cui la loro programmazione deve essere coordinata con quella
nazionale.
I Laboratori di Citogenetica effettuano indagini diagnostiche volte
all'identificazione delle anomalie cromosomiche costituzionali
(citogenetica costituzionale), acquisite (citogenetica acquisita) e
allo studio delle anomalie cromosomiche indotte e delle sindromi da
instabilita' cromosomica (mutagenesi citogenetica).
La necessita' di eseguire un certo numero di esami per acquisire e
mantenere adeguata esperienza e competenza oltre a ragioni di
razionale utilizzo delle risorse, indicano che il bacino di utenza
dei Laboratori di Citogenetica deve essere compreso tra 500.000 e
1.000.000 di abitanti.
I Laboratori di Genetica molecolare svolgono indagini sul DNA per
confermare o stabilire la diagnosi nei pazienti, per individuare le
mutazioni geniche nei soggetti portatori o pre-sintomatici; sono
configurati come laboratori specializzati ad organizzazione autonoma
e a funzione multizonale con bacino di utenza per patologia non
inferiore a 3.000.000 di abitanti. Per alcune patologie il cui bacino
di utenza deve essere interregionale o nazionale e' auspicabile che
la programmazione regionale avvenga in coerenza con quella nazionale.
L'attivita' dei laboratori di immunogenetica e' descritta nel piano
delle attivita' di trapianto.
Le procedure di accreditamento sono requisito indispensabile per il
riconoscimento del laboratorio e per l'inserimento nella rete
regionale hub and spoke
Genetica Epidemiologica
L'epidemiologia delle malattie genetiche (rientranti nell'ambito
delle malattie rare), delle malformazioni congenite e dei tumori
ereditari e' strettamente legata alla genetica clinica e
all'attivita' dei laboratori specialistici. E' attuata con la
collaborazione di figure professionali competenti in genetica di
popolazione, in statistica e in informatica.
Questo settore e' collegato alla gestione di registri regionali e/o
nazionali delle malattie genetiche e delle malformazioni congenite, e
fornisce dati sulla prevalenza delle patologie nella popolazione di
riferimento, elementi utili alla pianificazione sanitaria e alla
valutazione dell'efficacia di programmi sanitari che usano test
genetici.
Localizzazione regionale delle strutture di riferimento per la rete
integrata dei servizi di genetica medica
Le strutture di riferimento per la rete integrata dei Servizi di
Genetica Medica vengono indicate in una prima fase organizzativa, in
base a:
1) ricognizione dell'esistente (Strutture gia' operanti nel settore
con Specialisti dedicati)
2) riconoscimento della necessita' di prevedere la concentrazione
delle casistiche presso un numero limitato di strutture ed operatori
per garantire un adeguato volume di attivita' associato ad un
costante aggiornamento delle conoscenze e delle tecnologie come
condizione necessaria per la garanzia della qualita' dell'assistenza
e per la riduzione dei costi unitari di produzione (bacino di
utenza).
La rete regionale dei Servizi di Genetica medica e' articolata in
Centri funzionali interaziendali, ciascuno dei quali deve prevedere
l'utilizzo integrato dell'insieme delle strutture disponibili in
campo genetico, sia clinico che di laboratorio, nel proprio bacino di
riferimento. La rete interaziendale dei Servizi dovra' assicurare,
nell'area interessata, l'intera offerta di prestazioni riconducibili
al percorso assistenziale della patologia genetica con l'obiettivo
del progressivo miglioramento della qualita', dell'efficacia e della
economicita' del risultato.
Di seguito si riporta una proposta di identificazione dei centri Hub
e Spoke. Il gruppo di lavoro promuovera' nei tempi di attuazione del
piano sanitario, in accordo l'Assessorato regionale, le iniziative
necessarie per la definizione dei protocolli che dovranno regolare i
rapporti all'interno della rete cosi' definita.
Servizi di Genetica medica
Servizi clinici di Genetica medica
Si fa qui riferimento ai Servizi clinici di Genetica medica con
competenze di tipo generale, escludendo pertanto i Servizi di
Genetica oncologica e gli eventuali Centri di riferimento per singola
malattia genetica ("Single disease Clinic").
I presupposti per l'individuazione dei Centri sono basati sulla
ricognizione dell'esistente e sull'opportunita' di identificare
bacini di utenza adeguati a garantire un numero elevato di
prestazioni onde ottimizzare il rapporto costo- efficacia e mantenere
la competenza clinica nell'ambito di patologie singolarmente rare.
Nella regione Emilia-Romagna e' quindi identificato un solo Centro di
riferimento regionale (HUB) ubicato nell'Azienda Ospedaliera di
Ferrara.
Sono inoltre previsti i seguenti cinque spoke, tre dei quali gia'
identificati come tali nell'allegato al Piano Sanitario Regionale
1999-2001 "Reti integrate dei servizi secondo il modello Hub &
Spoke":
- Azienda Ospedaliera di Modena (gia' esistente)
- Azienda Unita' Sanitaria locale di Imola (gia' esistente)
- Azienda Ospedaliera di Bologna (gia' avviato)
- Azienda Ospedaliera di Parma (da costituirsi)
- Azienda Unita' Sanitaria locale di Rimini (da costituirsi).
Nel rispetto dei presupposti su cui e' basata la individuazione dei
Servizi clinici di Genetica medica e' da prevedersi l'integrazione
operativo-funzionale tra i due centri individuati in provincia di
Bologna.
Tenendo conto dell'attivita' in comune con gli spoke svolta dal
Centro regionale di riferimento, il bacino di utenza medio degli
spoke e' di 800.000 abitanti (range da 450.000 a 1.100.000 a seconda
delle caratteristiche demografiche delle aree di riferimento).
Nel rispetto dei Centri individuati e' stato delineato il possibile
assetto organizzativo dei bacini di utenza, rappresentato nella
figura sottostante.
Laboratori di Citogenetica
I Laboratori di Citogenetica qui considerati sono quelli che
effettuano indagini diagnostiche volte alla identificazione delle
anomalie cromosomiche costituzionali, con esclusione della attivita'
di Citogenetica oncologica e di mutagenesi.
Sono stati identificati nelle sedi dell'Azienda Ospedaliera di Reggio
Emilia e dell'Azienda Unita' sanitaria locale di Imola i due
Laboratori di riferimento regionale (HUB) con bacino di utenza medio
per le funzioni specifiche attorno ai 2.000.000 di abitanti.
Sono inoltre previsti i seguenti cinque Spoke, di cui quello di
Ferrara era gia' identificato nell'allegato al Piano sanitario
regionale 1999/2001 "Reti integrate dei servizi secondo il modello
Hub & Spoke":
- Azienda Ospedaliera di Modena (gia' esistente)
- Azienda Ospedaliera di Ferrara (gia' esistente)
- Azienda Ospedaliera Sant'Orsola-Malpighi di Bologna (gia'
esistente)
- Area di Piacenza-Parma (da costituirsi)
- Area di Cesena-Forli'-Rimini (da definirsi tra i Laboratori
esistenti nel rispetto dei criteri dell'accreditamento).
Considerando anche l'attivita' in comune con gli spoke svolta dai
Centri regionali di riferimento, il bacino di utenza medio degli
spoke di citogenetica e' di 570.000 abitanti (range da 450.000 a
780.000 in base alle caratteristiche demografiche delle aree di
riferimento).
In considerazione dei Centri individuati e' stato delineato il
possibile assetto organizzativo dei bacini di utenza, presentato
nella figura sottostante.Le funzioni dei Laboratori di Citogenetica
secondo il modello "hub & spoke" sono presentate nella tabella in
allegato.
Laboratori di Genetica Molecolare Si fa qui riferimento ai Laboratori
di Genetica molecolare con competenze di tipo generale, con
l'esclusione dei Laboratori di Genetica molecolare oncologica.
Non sono previsti Centri territoriali sovra-aziendali (Spoke), bensi'
Attivita' di Genetica molecolare di primo livello localizzate nei
Laboratori centralizzati dei grandi Ospedali. Infatti l'introduzione
di metodi rapidi di screening per mutazioni puntiformi di diversi
geni fa si' che alcuni Laboratori centralizzati di rilevanti
dimensioni siano in grado di effettuare analisi di primo livello per
le mutazioni piu' frequenti di alcune patologie genetiche ad elevata
prevalenza (ad esempio emocromatosi, fibrosi cistica, talassemia).
Per analisi di Genetica molecolare di primo livello si intendono
quelle finalizzate alla ricerca di mutazioni geniche gia' note con
sistemi semplici (kit commerciali). Pertanto l'attivita' di primo
livello non comprende le indagini su mutazioni complesse ne' la
sequenza completa del gene in esame.
Per analisi di Genetica molecolare di secondo livello si intendono
quelle finalizzate all'analisi completa di un gene alla ricerca di
mutazioni causative e/o polimorfismi associati, all'analisi di
linkage e di co-segregazione.
Per le analisi di primo livello l'investimento economico in termini
di strumenti e di personale e' estremamente contenuto trattandosi di
metodiche semplici di facile apprendimento e realizzazione.
Viceversa, per le analisi di secondo livello gli investimenti in
strumenti e in personale specializzato e dedicato sono molto maggiori
se si vogliono realizzare Laboratori competitivi ad alta
produttivita'. Infatti la caratteristica fondamentale di questi
Laboratori e' l'elevato grado di automazione e robotizzazione che
permette un controllo su tutte le fasi della procedura di sequenza e,
al contempo, una notevole rapidita' e tempestivita' di risposta su un
numero elevato di campioni biologici.
L'attivazione e la validazione delle attivita' di Genetica molecolare
di primo livello dovrebbero essere coordinate dall'HUB di riferimento
specifico per le diverse patologie o, in mancanza, dal Coordinamento
degli HUB regionali. Ovviamente per tutto cio' che riguarda gli
approfondimenti diagnostico-molecolari l'attivita' di primo livello
deve fare riferimento ai Centri regionali con specifica competenza
nella patologia in questione.
Inoltre i dati ottenuti dalle attivita' di primo livello dovrebbero
confluire in un archivio specializzato per le valutazioni
epidemiologiche e di sanita' pubblica.
Nei Laboratori di riferimento regionale dovrebbe realizzarsi anche
l'attivita' di addestramento del personale tecnico e la validazione
di nuove procedure connesse all'introduzione di strumentazione
avanzata (ad esempio microchips).
Nella tabella in allegato sono elencati i settori di patologia gia'
di competenza dei tre HUB regionali di Genetica molecolare. In
relazione allo sviluppo delle conoscenze, l'elenco di patologie e le
attivita' pre-post-natale potranno subire modifiche ed aggiornamenti.
Servizi di Genetica Oncologica
Servizi clinici di Genetica oncologica
Analogamente ai Servizi clinici di Genetica medica con competenze di
tipo generale, i presupposti per l'identificazione dei centri di
riferimento per la Genetica oncologica sono basati sulla
valorizzazione dell'esistente e sulla necessita' di individuare
bacini di utenza sufficientemente ampi per garantire il mantenimento
della competenza clinica e un rapporto costo-efficacia positivo.
Nella regione Emilia-Romagna e' stato individuato un Centro di
riferimento regionale (HUB) per i Laboratori di Genetica molecolare
Oncologica, ubicato presso l'Azienda Ospedaliera di Modena.
Sono inoltre previsti i seguenti quattro Spoke, di cui quello di
Ferrara era gia' identificato nell'allegato al Piano Sanitario
Regionale 1999-2001 "Reti integrate dei servizi secondo il modello
Hub & Spoke":
- Azienda Ospedaliera di Parma (gia' esistente)
- Azienda Ospedaliera di Bologna (gia' avviato)
- Azienda Ospedaliera di Ferrara (gia' esistente)
- Area Unita' sanitaria locale di Forli' (gia' esistente).
Tenendo conto dell'attivita' in comune con gli spoke svolta dal
Centro regionale di riferimento, il bacino di utenza medio degli
spoke e' di 800.000 abitanti (range da 600.000 a 1.000.000 a seconda
delle caratteristiche demografiche delle aree di riferimento).
Nel rispetto dei Centri individuati e' stato delineato il possibile
assetto organizzativo dei bacini di utenza, presentato nella figura
sottostante.
Laboratori di Genetica Molecolare Oncologica
Nella regione Emilia-Romagna e' stato individuato un Centro di
riferimento regionale (HUB) per i Laboratori di Genetica molecolare
Oncologica, ubicato presso l'Azienda Ospedaliera di Modena.
Sono inoltre previsti i seguenti tre Spoke:
- Azienda Ospedaliera di Parma (gia' esistente)
- Azienda Ospedaliera di Bologna (gia' avviato)
- Area Unita' sanitaria locale di Forli' (gia' esistente).
Tenendo conto dell'attivita' in comune con gli spoke svolta dal
Centro regionale di riferimento, il bacino di utenza medio degli
spoke e' di circa 1.000.000 abitanti.
Attualmente questi centri si occupano della genetica molecolare dei
tumori della mammella e dei tumori del colon-retto. Altre patologie
neoplastiche geneticamente determinate potrebbero essere prese in
considerazione in rapporto allo sviluppo delle conoscenze e /o alla
presenza nella regione di competenze gia' esistenti o che si andranno
configurando nel breve periodo.
Coordinamento regionale
essenziale prevedere un coordinamento regionale dei Servizi di
Genetica medica che si impegni prioritariamente nei seguenti compiti:
- precisare un disegno dettagliato delle strutture di riferimento
regionale;
- progettare una rete informatica con la costituzione di registri
unici su base regionale;
- definire protocolli tecnici per le attivita' svolte e i percorsi
diagnostico-assistenziali per i pazienti.
RIABILITAZIONE
Premessa
Il Piano sanitario nazionale definisce la riabilitazione come ".. un
terreno elettivo per gli approcci multidimensionali,
plurispecialistici e per l'integrazione dei diversi interventi, da
realizzare valorizzando la continuita' terapeutica in modo da
iniziare la riabilitazione in fase precoce, facilitare il recupero di
competenze funzionali e lo sviluppo di competenze sostitutive, e da
porre in essere soluzioni efficaci per garantire l'autonomia
possibile, con particolare attenzione all'area dell'eta' evolutiva,
degli anziani e dei neurolesi post traumatici.".
Secondo quanto indicato nel PSN e coerentemente con i contenuti delle
"Linee guida del Ministro della sanita' per le attivita' di
riabilitazione" del 7 maggio 1998, obiettivi del Piano sanitario
regionale sono:
- garantire il soddisfacimento dei bisogni riabilitativi a maggior
rilievo sanitario sull'intero territorio regionale, in continuita'
assistenziale con il momento acuto delle malattie che determinano le
menomazioni e le disabilita';
- ottimizzare l'utilizzo delle risorse anche attraverso una
diversificazione dei livelli di assistenza rapportata alla tipologia
del bisogno;
- ricondurre ad omogeneita' organizzativa ed erogativa le varie
strutture che forniscono interventi sanitari di riabilitazione
nell'ambito del territorio regionale;
- fornire indirizzi per la organizzazione della rete dei servizi
socio-sanitari per la riabilitazione ed i criteri generali per gli
interventi di assistenza riabilitativa all'interno dei livelli
uniformi di assistenza previsti dal PSN, adottando come riferimento
guida un modello di percorso integrato socio-sanitario.
Tale percorso implica la stretta connessione fra programmi
d'intervento sanitario di riabilitazione, finalizzati a trasformare
tutte le risorse potenziali dell'individuo colpito da patologie
disabilitanti in abilita' funzionali, ed interventi di riabilitazione
sociale orientati a sviluppare e rendere disponibili risorse e
potenzialita' ambientali al progetto riabilitativo.
Dati epidemiologici
I dati epidemiologici relativi alla prevalenza della disabilita' in
tutti i paesi industrializzati riportano in modo omogeneo che una
quota variabile dal 12% al 14% dei cittadini non istituzionalizzati
presenta una limitazione nelle attivita' funzionali.
Nell'ambito regionale il bisogno piu' urgente e di maggior rilievo
qualitativo nell'ambito della Riabilitazione e' rappresentato dalle
menomazioni e disabilita' immediatamente derivanti dalla patologia
acuta, che trovano una prima adeguata risposta nelle strutture
sanitarie ospedaliere. In particolare per le lesioni midollari e'
stata ritenuta attendibile una previsione di 80-100 nuovi casi/anno
(pari a 20-25 per milione di abitanti/anno).
Relativamente alle gravi cerebrolesioni acquisite, riferite ai gravi
traumatismi cranio-encefalici, agli esiti di comi post-anossici e ad
altre gravi cerebrolesioni non traumatiche caratterizzate da periodi
di coma di regola superiori alle 6-8 ore, la stima dei nuovi casi
attesi in regione e' di 80-100 pazienti/anno.
Per quanto riguarda l'Unita' per le Gravi Disabilita' in Eta'
Evolutiva (UDGE), il fabbisogno di posti letto discende dalla
necessita' di Chirurgia funzionale per correzione delle deformita'
disabilitanti dell'apparato locomotore come la paralisi cerebrale
infantile (incidenza pari a 0,5 per mille nati vivi), la spina bifida
(incidenza pari a 0,4 per mille nati vivi), le malattie
neuromuscolari (incidenza pari a 0,3 per mille nati vivi).
Livelli di attivita'
Gli interventi sanitari di riabilitazione vanno distinti in tre
diversi livelli in relazione alla complessita' ed intensita' definite
dal progetto riabilitativo individuale:
- attivita' di riabilitazione estensiva, o di I livello,
caratterizzata da interventi di moderato ma protratto impegno
terapeutico a fronte di un maggiore intervento assistenziale, quali
quelle dirette alla prevenzione di aggravamenti possibili in disabili
stabilizzati, quelle dirette a soggetti con disabilita' a lento
recupero e/o che non possono utilmente giovarsi o sopportare un
trattamento intensivo o affetti da disabilita' croniche evolutive.
Gli interventi di riabilitazione estensiva sono rivolti anche al
trattamento di disabilita' motorie transitorie e/o minimali che
richiedono un semplice e breve programma terapeutico-riabilitativo
attuabile attraverso le prestazioni previste dal DM 22/7/1996
"Prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale erogabili
nell'ambito del Servizio sanitario nazionale e relative tariffe" e
successive modificazioni ed integrazioni.
Questo livello di assistenza non fa riferimento al modello hub and
spoke, ma rientra nelle attivita' sanitarie erogate a livello
distrettuale o nell'ambito dell'autosufficienza aziendale;
l'assistenza viene tuttavia erogata secondo linee guida unificate,
definite a livello regionale e coerenti con l'insieme delle attivita'
hub and spoke; qualora necessario viene utilizzato l'outreach dei
professionisti attivi all'interno del sistema hub and spoke;
- attivita' di riabilitazione intensiva di II livello, di tipo
"spoke" dirette al recupero di disabilita' importanti e modificabili,
che richiedono un elevato impegno terapeutico distribuito nell'arco
dell'intera giornata e riferibile ad almeno tre ore giornaliere di
terapia specifica da parte di personale tecnico sanitario della
riabilitazione per almeno cinque giorni alla settimana con un
trattamento individuale di almeno due ore giornaliere adeguatamente
distribuite nell'arco della giornata;
- attivita' di riabilitazione intensiva di III livello, o di Alta
Specialita', o di tipo "hub" che richiedono, oltre all'impegno
terapeutico proprio del II livello, particolare impegno di
qualificazione, mezzi, attrezzature e personale adeguatamente e/o
specificatamente formato nonche' quelle connesse con forme di
patologia rara per il cui trattamento si richiede l'acquisizione di
una adeguata esperienza, l'utilizzo di attrezzature particolarmente
complesse o di avanzata tecnologia e l'integrazione con altre branche
altamente specialistiche.
Necessita' di posti letto in ambito regionale
Gli 80-100 nuovi casi/anno di lesioni midollari attesi, considerando
una durata media del ricovero pari a 90-120 giorni, esprimono un
fabbisogno di 20 posti letto in Unita' Spinale, per garantire
l'immediata presa in carico dei pazienti.
Per le cerebrolesioni gravi, considerando una durata media di
ricovero riabilitativo pari a 90-100 giorni, il bisogno si attesta su
20 posti letto, a cui va aggiunto un fabbisogno di 5 posti letto per
la prosecuzione di interventi riabilitativi in pazienti con
disabilita' persistenti gravi e complesse che presentano indicazione
a trattamento riabilitativo intensivo in presidi di Alta Specialita'.
In sintesi, il fabbisogno complessivo per il trattamento delle gravi
cerebrolesioni acquisite e' individuabile in 25 posti letto.
Il fabbisogno di posti letto per l'Unita' per le Gravi Disabilita' in
Eta' Evolutiva (UDGE) nella regione Emilia-Romagna, discende dalle
necessita' della Chirurgia funzionale che tratta la correzione delle
deformita' disabilitanti dell'apparato locomotore per paralisi
cerebrale infantile, spina bifida e malattie neuromuscolari, e'
valutabile complessivamente in 10 posti letto in camere singole,
attrezzate per accogliere anche uno dei genitori.
Sulla base delle precedenti considerazione la necessita' di posti
letto in ambito regionale puo' essere cosi' stimata:
- posti letto di riabilitazione estensiva o di I livello:
indicativamente 0,13 posti letto per mille abitanti, da ricomprendere
nello 0,7-1 posti letto per mille abitanti destinato alla
lungodegenza post-acuzie e riabilitazione estensiva (codice 60) di
cui alla delibera di Giunta 1455/97;
- posti letto di riabilitazione intensiva di II livello (codice 56):
indicativamente 0,10 posti letto per mille abitanti, da ricomprendere
nel numero dei 4 posti letto per mille abitanti per acuti individuati
dalla delibera di Giunta 1455/97;
- posti letto di Alta Specialita': Unita' Spinale Unipolare (codice
28), 20 posti letto; Unita' Gravi Cerebrolesioni (codice 75), 25
posti letto; Unita' per le Gravi Disabilita' in Eta' Evolutiva, 10
posti letto.
Descrizione e localizzazione delle attivita' che si riferiscono al
modello hub and spoke
Attivita' spoke
Le Unita' Operative di Riabilitazione Intensiva di II livello (spoke)
sono situate presso presidi ospedalieri nei quali sia costituita una
specifica unita' operativa in grado di garantire la presa in carico
multicomprensiva di individui di tutte le eta' nel recupero
funzionale di menomazioni e disabilita' recuperabili, il cui
trattamento e' indifferibile al fine di rispettare i criteri di
garanzia di continuita' terapetica con il momento acuto della
patologia disabilitante, di alto rischio di sviluppo menomazioni e
disabilita' secondarie, nonche' di riduzione o di perdita del
potenziale di recupero.
Esse rappresentano centri di eccellenza nei quali viene concentrata
la produzione dell'assistenza di maggiore complessita' dirette al
recupero funzionale di:
- menomazioni e disabilita' recuperabili di natura e gravita' tali da
rendere necessaria una tutela medica ed interventi di nursing ad
elevata specificita' nonche' interventi valutativi e terapeutici
intensivi non erogabili in altra forma;
- menomazioni e disabilita' complesse che necessitano di una
competenza medica specialistica fisiatrica ed in grado di avvalersi
di programmi di riabilitazione intensiva e/o richiedano la
possibilita' di interazioni con altre discipline specialistiche;
- presenza di disabilita' tale da non poter essere trattata con
modalita' alternative al ricovero.
Le Unita' Riabilitative devono inoltre essere strettamente
raccordate, sulla base di precisi accordi inseriti in appositi
protocolli, con le Unita' Operative per acuti, al fine di garantire
l'intervento delle competenze riabilitative fin dalle prime ore
dall'insorgenza dell'evento patologico all'origine della disabilita',
nonche' una tempestiva presa in carico del paziente non appena
dimissibile dall'area funzionale della degenza presso l'Unita'
operativa per acuti.
Devono inoltre essere raccordate da un lato con i Presidi di Alta
Specialita' Riabilitativa e dall'altro con i servizi e le attivita'
di primo livello (rispetto ai quali sono gerarchicamente superiori)
garantendo la coerente continuita' del progetto, nonche' la
continuita' e l'omogeneita' dei programmi riabilitativi di
competenza.
Deve essere sottolineato come il fabbisogno di Unita' di
Riabilitazione Intensiva di II livello va definito sulla base delle
caratteristiche demografiche del territorio, evitando di realizzare
una rete di "microunita'" operative dotate di pochi posti letto e in
grado di accogliere un limitato numero di pazienti.
L'accesso a tali Unita' avviene attraverso la rete ospedaliera
regionale.
Attivita' hub
Le Alte Specialita' Riabilitative (hub) da individuare nell'ambito
regionale sono:
A) per il trattamento degli esiti delle gravi mielolesioni: l'Unita'
Spinale Unipolare (USU);
B) per il trattamento dei gravi traumatizzati cranio-encefalici e di
altre gravi cerebrolesioni acquisite: l' Unita' per le Gravi
Cerebrolesioni (UGC);
C) per il trattamento delle gravi disabilita' in eta' evolutiva:
l'Unita' per le Gravi Disabilita' in Eta' Evolutiva (UDGE).
Le Alte Specialita' costituiscono centri a valenza sovraziendale e/o
regionali e sono strettamente integrati funzionalmente con la rete
complessiva dei servizi sanitari di riabilitazione di II e I livello
con i quali dovranno raccordarsi per seguire il disabile nel proprio
territorio di vita garantendo il completamento del percorso
riabilitativo secondo programmi ben definiti e vincolanti.
Ogni singola struttura di alta specialita' riabilitativa, sotto
l'aspetto organizzativo, costituisce una Unita' Operativa di
riabilitazione con funzioni proprie, strutturalmente distinta e
spazialmente separata, con autonomia operativa per le specifiche
competenze clinico-assistenziali ed autonomia gestionale per le
risorse eventualmente assegnate, e che utilizza le risorse
professionali, strumentali ed edilizie presenti nella struttura nella
quale e' inserita attraverso un'organizzazione interdisciplinare che
soddisfi le differenti necessita' cliniche, terapeutico riabilitative
e psicologico-sociali espresse dalle persone disabili.
L'Unita' Spinale Unipolare garantisce l'unitarieta' dell'intervento
riabilitativo, inteso come concetto spaziale ("tutto fatto nel
medesimo posto") e temporale ("tutto fatto all'interno di un progetto
le cui valenze hanno carattere di contemporaneita' e di
progressione"), rispetto alle esigenze del soggetto disabile nella
globalita' fisica, psichica, affettiva, emozionale, relazionale e
sociale della sua persona; segue l'evoluzione del paziente attraverso
la predisposizione e la realizzazione di un adeguato progetto
riabilitativo individuale e diversi programmi terapeutici,
garantendone la continuita' nei diversi momenti nei quali si
realizzano le azioni previste, mantenendo tale responsabilita' anche
nella post-dimissione.
L'Unita' Spinale Unipolare e' una Unita' Operativa di Riabilitazione
con funzioni proprie, strutturalmente distinta e spazialmente
separata, con autonomia operativa per le specifiche competenze
clinico-assistenziali ed autonomia gestionale per le risorse
eventualmente assegnate, e che utilizza le risorse professionali,
strumentali ed edilizie presenti nella struttura nella quale e'
inserita attraverso un'organizzazione interdisciplinare che soddisfi
le differenti necessita' cliniche, terapeutico-riabilitative e
psicologico-sociali delle persone affette da lesione midollare,
sospetta od accertata.
All'interno dell'Unita' Spinale Unipolare devono essere compresi
diversi livelli assistenziali (degenza ordinaria, day-hospital,
attivita' ambulatoriali, ecc.) con il compito di assicurare
l'integrazione anche con i servizi territoriali, coordinando
interventi di competenza sanitaria ospedaliera ed extraospedaliera,
che, organizzati secondo i principi della multiprofessionalita', dal
momento dell'insorgenza della lesione, attraverso un percorso
assistenziale personalizzato ed interventi di diagnosi, cura,
riabilitazione intensiva ed estensiva e di reinserimento sociale,
perseguono l'ottimizzazione delle potenzialita' residue del
mieloleso.
L'Unita' Spinale Unipolare e' collocata nel contesto di un SIAT
(Sistema Integrato di Assistenza per i pazienti Traumatizzati) di III
livello presso un'Azienda Sanitaria sede di hub presso cui viene
accolto e ricoverato il paziente nel minor tempo possibile dalla
lesione midollare o sospetta tale, di qualsiasi natura ed origine.
L'Unita' Spinale Unipolare deve avvalersi in forma organizzata delle
competenze presenti nei dipartimenti di emergenza urgenza integrate
da urologia e urodinamica, chirurgia plastica, psicologia clinica,
ginecologia, andrologia, nutrizione clinica, neurofisiopatologia,
pneumologia e diagnostica per immagini incluse TAC ed RMN; in
particolare l'attivita' medica dovra' essere obbligatoriamente
integrata dall'accesso programmato delle seguenti specialita':
ortopedia, neurotraumatologia e/o neurochirurgia,
neurofisiopatologia, chirurgia plastica.
Sono inoltre presenti sul territorio regionale 2 Centri
Monospecialistici (Villanova d'Arda dell'Azienda USL di Piacenza e
Montecatone dell'Azienda USL di Imola) che gia' trattano
prevalentemente mielolesioni e garantiscono il rispetto del principio
di integrazione clinico-assistenziale dell'intervento riabilitativo
attraverso l'integrazione di competenze, professionalita' e risorse
disponibili in diverse Aziende Sanitarie e Ospedaliere regionali
tramite l'adozione di percorsi e protocolli del modello organizzativo
"a rete". A tali Centri va attualmente riconosciuta per la casistica
trattata e per il modello organizzativo adottato pari dignita' delle
Alte Specialita' neuroriabilitative; nel corso di attuazione del
piano sara' valutato se tali strutture dovranno essere trasferite
all'interno di presidi ospedalieri plurispecialistici o accorpate ad
essi. Per soddisfare le necessita' regionali vengono attualmente
computati 15 posti letto per la struttura di Montecatone e 10 posti
per Villanova d'Arda.
L'Unita' per la riabilitazione delle Gravi Cerebrolesioni (UGC) e'
deputata alla presa in carico dei pazienti affetti da gravi
traumatismi cranioencefalici ed altre gravi cerebrolesioni acquisite
come i comi post-anossici, gravi emorragie secondarie a malformazioni
vascolari, caratterizzati nella loro evoluzione clinica da un periodo
di coma piu' o meno protratto e dal coesistere di gravi menomazioni
fisiche, cognitive e comportamentali, che determinano disabilita'
multiple e complesse. Sono pertanto esclusi gli esiti di stroke
ischemici e di cerebropatie degenerative.
Essa e' collocata in seno ad Aziende Sanitarie con con competenze di
neurochirurgia, medicina riabilitativa, neurologia,
otorinolaringoiatria, oculistica, chirurgia generale, medicina
generale, endocrinologia, chirurgia maxillofacciale, psicologia
clinica, ortopedia e traumatologia.
Componente essenziale dell'UGC e' l'area subintensiva ad alta valenza
riabilitativa in grado di garantire, accanto ad un'assistenza
internistica intensiva, un piu' strutturato ed assiduo trattamento
riabilitativo, nonche' un contatto quotidiano del paziente con i suoi
familiari.
L'UGC rappresenta una struttura unipolare e garantisce l'unitarieta'
di intervento rispetto a tutte le esigenze del paziente nella sua
globalita' fisica, psichica e sociale.
L'UGC e' strettamente raccordata con i centri di traumatologia al
fine di fornire le proprie competenze immediatamente dopo il trauma e
durante le prime fasi di ricovero, collabora all'educazione e
formazione del relativo personale, concorre alla stesura di
protocolli terapeutici condivisi e garantisce un tempestivo
accoglimento del soggetto cerebroleso.
In considerazione della dotazione strutturale , delle alte
professionalita' presenti e della esperienza specifica acquisita si
ritiene che tale funzione "hub" debba essere collocata presso
l'Azienda Ospedaliera di Ferrara.
L'Unita' per la riabilitazione delle gravi disabilita' in eta'
evolutiva (UDGE) e' espressamente destinata ad affrontare i complessi
e gravi problemi diagnostici, valutativi e rieducativi degli esiti di
patologie motorie e cognitive congenite, connatali od acquisite
dell'eta' evolutiva.
L'UDGE deve essere attivata all'interno di un presidio ospedaliero
dove siano garantite competenze specialistiche di rianimazione e
terapia intensiva, patologia neonatale, ortopedia con modulo
specificamente orientato agli interventi correttivi nelle disabilita'
infantili, neurochirurgia, pediatria, chirurgia plastica, neurologia,
otorinolaringoiatria, oculistica, chirurgia generale, medicina
generale, medicina fisica e riabilitativa, chirurgia infantile con
funzione di urologia pediatrica, neuropsichiatria infantile.
L'UDGE deve garantire adeguata informazione ed addestramento per i
familiari e/o al personale che effettuera' l'assistenza domiciliare
relativamente alle seguenti problematiche: gestione dell'abilita'
motoria, assistenza respiratoria, problematiche cognitive, turbe del
comportamento, disturbi psicologici, assistenza ortesica e
superamento di barriere architettoniche.
In considerazione della dotazione strutturale , delle alte
professionalita' presenti e della esperienza specifica acquisita si
ritiene che tale funzione "hub" debba essere collocata presso
l'Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia.
TRAPIANTO DI ORGANI E TESSUTI
Premessa
Il Piano sanitario nazionale considera lo sviluppo delle attivita' di
trapianto di organi e tessuti come uno tra i principali obiettivi da
raggiungere per allineare, nel settore delle gravi insufficienze
terminali d'organi e tessuti, l'offerta del Servizio sanitario
nazionale a quella dei principali sistemi dell'area europea.
Strumenti essenziali per ottenere questo risultato sono: -
l'incremento delle donazioni e dei prelievi da donatore cadavere che,
unitamente ai progetti di donazione da vivente (rene, fegato) sono le
risorse attualmente utilizzabili per incrementare la carente
disponibilita' di organi e tessuti rispetto alle necessita' dei
pazienti in lista di attesa, e - l'attuazione di procedure di
accreditamento nelle singole attivita' trapiantologiche.
Dati di attivita'
La Regione Emilia-Romagna gia' dal 1995 aveva emanato una legge
regionale (53/95) per potenziare le donazioni, i prelievi ed i
trapianti, razionalizzare le procedure e coordinare l'insieme delle
attivita'.
La applicazione della legge ha determinato un aumento delle donazioni
da cadavere superiore all'85% nel 2000 rispetto al 1995 (115 donatori
utilizzati rispetto a 62); nello stesso periodo l'incremento delle
attivita' di trapianto di rene e' stato pari al 35% (160 trapianti
rispetto a 116), di cuore pari al 30% (25 trapianti contro 19) e di
fegato pari al 76% (95 contro 54).
La tabella successiva riporta i dati relativi alle liste di attesa,
comparando l'attivita' del 1999 con quella del 2000 e con le stime
delle necessita' di trapianto nell'ambito regionale. Va tuttavia
sottolineato come la maggioranza dei pazienti in lista di attesa sia
di provenienza extraregionale.
Trapianto Pazienti Pazienti Trapianti Trapianti Necessita'/anno
residenti in lista extraregione in lista effettuati effettuati
regionale al 31/12/01 al 31/12/01 nel 2000 nel 2001
rene 428 831 160 171 160
cuore 22 17 25 35 40
fegato 80 133 95 125 60
Caratteristiche generali dell'attivita' di trapianto di organi e
tessuti
L'attivita' di trapianto si configura essenzialmente caratterizzata
da 4 linee di produzione:
- il reperimento di organi e tessuti da donatore cadavere
(procurement);
- la conservazione dei tessuti (banking);
- il trapianto di organi e tessuti da donatore cadavere;
- le attivita' inerenti la selezione dei pazienti candidati al
trapianto, la gestione clinica dei pazienti iscritti in lista di
attesa e la gestione clinica dei trapiantati, assieme all'intervento
di trapianto, costituiscono un unico processo che vede al centro il
paziente: le Aziende sanitarie sede di Centro trapianti ne assicurano
l'attuazione.
Ad esse si affianca un'ulteriore linea dedicata a:
- il trapianto da donatore vivente di midollo osseo, attivita'
caratterizzata da proprie e specifiche modalita' di procurement di
donatori volontari e di intervento terapeutico.
Il complesso di queste attivita' richiede l'attivazione di servizi
generali comprendenti: il coordinamento operativo, l'immunogenetica,
la comunicazione, l'informatica e la formazione.
L'approvazione della Legge 91/99 "Disposizioni in materia di prelievi
e trapianti di organi e tessuti" pone inoltre 3 ulteriori esigenze da
recepire in sede di pianificazione regionale:
- la nuova organizzazione del procurement di organi e tessuti basata
sulla figura del coordinatore locale ai prelievi;
- il ruolo regionale del Coordinatore del Centro di Riferimento;
- la riorganizzazione del Centro di Riferimento e del Comitato
regionale Trapianti;
- la raccolta e la informatizzazione della manifestazione di volonta'
dei cittadini in merito alla donazione.
Priorita'
Le priorita' individuate sono:
1) la utilizzazione ottimale degli organi disponibili;
2) la definizione per ciascun Presidio Ospedaliero con Servizio di
Rianimazione della figura del coordinatore locale per il quale
vengono precisamente definite funzioni, riferimenti e retribuzione;
3) il riconoscimento dell'unicita' dei processi di trapianto
(procurement di organi e tessuti, banking, trapianto di organi da
donatore cadavere, trapianto di midollo osseo) e la loro
identificazione come programmi aziendali (articolo 4, progetto di
legge regionale di modifica della Legge 19/94 ai sensi del DLgs
229/99). Nota: "il programma e' una struttura organizzativa o
operativa complessa che assicura l'unitarieta' della programmazione,
della organizzazione e della valutazione di processi organizzativi o
di percorsi assistenziali in ordine ad aree problematiche di
interesse particolare che richiedono competenze specifiche
appartenenti ad unita' operative diverse" articolo 4, comma d, punto
4 del citato progetto;
4) l'individuazione per ciascun programma di un
responsabile/coordinatore, inserito nella articolazione organizzativa
aziendale;
5) la definizione per ciascun processo di professionalita',
attivita', spazi e collaborazioni necessari; la definizione di
strategie ed obiettivi per ciascun tipo di trapianto di organi e
tessuti;
6) la definizione di un piano di attivita' per ciascun programma nel
quale, in base ai volumi di attivita' concordati, vengano indicate
specifiche azioni di sviluppo;
7) una funzione di commissioning, attuata per ciascuna attivita' da
uno specifico board, comprendente l'identificazione e la
collaborazione alla soluzione dei problemi, la verifica del
raggiungimento degli obiettivi e la contrattazione annuale con le
Aziende interessate delle risorse necessarie per ciascun processo;
8) la definizione e la concreta applicazione per ciascun trapianto di
organo dei criteri e dei requisiti per l'accreditamento delle
strutture e delle attivita';
9) la necessita' di organizzare il trapianto di tessuti attraverso la
realizzazione di Banche regionali che garantiscano sicurezza e
disponibilita' di tessuti ai pazienti in lista di attesa.
Reperimento di organi e tessuti da donatore cadavere (procurement)
Bacino di riferimento
Tutti i Presidi Ospedalieri dotati di Centro di Rianimazione dove
vengono identificati i potenziali donatori di organi nei soggetti
sottoposti ad accertamento di morte encefalica; tutte le strutture
ospedaliere dove vengono identificati i potenziali donatori di
tessuti nei soggetti sottoposti ad accertamento di morte per arresto
cardiaco.
Processo donazione di organi
Identificazione donatore - accertamento morte encefalica -
mantenimento donatore - rapporto con i familiari - rapporto con
Centro di Riferimento (CRT) - prelievo.
Punti critici
Organizzazione della Rianimazione - definizione procedure
intraospedaliere - capacita' organizzativa del Coordinatore -
capacita' comunicazionale del coordinatore - organizzazione
complessiva del sistema - sistema trasporti - relazioni tra e'quipe
di prelievo e sala operatoria sede del prelievo.
Processo donazione di tessuti
Identificazione donatore - accertamento morte cardiaca - rapporto con
i familiari - rapporto con Centro di Riferimento (CRT) - prelievo.
Punti criticiOrganizzazione dell'Ospedale - definizione procedure
intraospedaliere - capacita' organizzativa del Coordinatore -
capacita' comunicazionale del coordinatore - organizzazione
complessiva del sistema - sistema trasporti - e'quipe di prelievo -
disponibilita' sala operatoria sede del prelievo.
Relazioni e criteri di riferimento
- Il Coordinatore e' responsabile del processo relativo alla
donazione ed al procurement di organi e tessuti nell'ambito del
territorio di riferimento di ciascun Presidio ospedaliero.
- Nell'ambito delle funzioni previste dalla Legge 91/99 e dalle
normative regionali il Coordinatore e' autonomo rispetto al
Responsabile della Rianimazione e dipende direttamente dalla
Direzione Ospedaliera dell'Azienda sanitaria.
- Il Coordinatore e' nominato dal Direttore generale sentito il
Coordinatore del Centro di Riferimento, svolge il proprio servizio
nella Rianimazione usufruendo di un piano di lavoro che gli consenta
di svolgere le funzioni di Coordinamento, percepisce una retribuzione
di posizione contrattata a livello aziendale.
- Al Coordinatore e' affidata la supervisione e la responsabilita'
del procurement di tessuti se effettuato da altre figure
professionali III coordinatore, anatomopatologo, medico di Direzione
sanitaria, caposala..) che percepiscono una retribuzione di
risultato definita a livello aziendale, prevista anche per altri
rianimatori che supportino il coordinatore nelle sue funzioni
specifiche e per figure amministrative che collaborino con il
coordinatore stesso.
- Il Coordinatore locale si rapporta direttamente con il Coordinatore
del Centro di Riferimento nello svolgimento dell'attivita' operativa.
- Il Coordinatore locale e gli altri membri dell'e'quipe locale di
coordinamento vengono specificamente formati.
- Per ciascun coordinatore e' prevista l'assegnazione di progetti ed
obiettivi sottoposti a verifica semestrale e/o annuale dal
Coordinatore del Centro di Riferimento e dal Comitato Trapianti.
- Il Coordinatore locale attua iniziative di informazione,
comunicazione e formazione per il personale sanitario; collabora con
il Comitato locale o provinciale per la promozione delle donazioni.
- Al Coordinatore locale vengono affidati in prima istanza i rapporti
con i mezzi di comunicazione per quanto concerne le attivita' di
prelievo effettuate localmente, in accordo con la Direzione generale
dell'Azienda, l'Ufficio Pubbliche relazioni ed il Coordinatore
regionale, al quale viene affidata la supervisione delle
comunicazioni a livello regionale.
- Le risorse destinate alle Aziende per il complesso delle attivita'
di coordinamento sono annualmente contrattate con l'Assessorato alla
Sanita' anche utilizzando i fondi per le attivita' di trapianto, come
previsto dal DM Ministero della Sanita' 18/6/1999, articolo 8 sexies,
comma 3.
Conservazione (Banking) di tessuti
La conservazione dei tessuti, attuata per rendere disponibili ai
pazienti in attesa il maggior numero possibile di tessuti con
garanzie di sicurezza, viene realizzata attraverso strutture
specificamente deputate:
- la Banca delle Cornee situata presso l'Azienda USL Citta' di
Bologna (supportata anche dalla sede periferica dell'Azienda USL di
Imola);
- la Banca del Donatore e la Banca degli Innesti Cardiovascolari e
del Sangue Cordonale con sedi situata presso l'Azienda Ospedaliera di
Bologna;
- la Banca dell'Osso con sede presso gli Istituti Ortopedici Rizzoli
di Bologna;
- la Banca della Cute con sede presso l'Azienda USL di Cesena;
- la Banca degli Epatociti con sede presso l'Azienda Ospedaliera di
Ferrara.
Per ciascuna Banca e' definito uno statuto che codifica i criteri di
riferimento per l'attivita' della Banca e le relazioni con le
strutture fornitrici ed utilizzatrici; gli aspetti di competenza
amministrativa sono regolati da disposizioni regionali.
Il Referente di ciascuna Banca riferisce sull'attivita' ad una
specifica Commissione regionale coordinata dal Coordinatore regionale
e formata dai Responsabili delle Unita' Operative che collaborano con
la Banca. Per ciascuna Banca viene approvato uno specifico
regolamento.
Processo di trapianto di organo
Attuali sedi di attivita' del trapianto di organi
Rene: Aziende Ospedaliere di Bologna, Parma e Modena.
Rene e pancreas: Azienda Ospedaliera di Parma.
Cuore: Azienda Ospedaliera di Bologna.
Fegato: Aziende Ospedaliere di Bologna e Modena.
Polmone: Azienda Ospedaliera di Bologna.
Intestino e multiviscerale: Azienda Ospedaliera di Modena.
Processo
Lista di attesa - intervento di trapianto - degenza - follow-up.
Punti critici
Criteri immissione in lista di attesa - criteri scelta ricevente -
prelievo - criteri idoneita' organo da trapiantare - gestione
clinica post-trapianto - gestione follow-up ambulatoriale.
Relazioni e Criteri di riferimento
1) L'attivita' di trapianto di organi viene organizzata a livello
regionale secondo un modello che identifica come essenziali i
processi di trapianto con i relativi punti critici.
2) Ciascun processo di trapianto viene identificato come programma
aziendale (articolo 4, progetto di legge regionale di modifica della
Legge 19/94 ai sensi del DLgs 229/99).
3) Nota: "il programma e' una struttura organizzativa o operativa
complessa che assicura l'unitarieta' della programmazione, della
organizzazione e della valutazione di processi organizzativi o di
percorsi assistenziali in ordine ad aree problematiche di interesse
particolare che richiedono competenze specifiche appartenenti ad
unita' operative diverse" articolo 4, comma d, punto 4 del citato
provvedimento.
4) L'attivita' di trapianto ha pertanto luogo come programma
Aziendale in modo unitario rispetto alle affini attivita' di
carattere internistico o chirurgico.
5) Per ciascun processo l'Azienda identifica un
responsabile/coordinatore al quale viene affidata la responsabilita'
della gestione del programma.
6) L'Azienda Sanitaria, sulla base delle indicazioni del
Responsabile, definisce il personale, gli spazi e le collaborazioni
necessarie allo svolgimento dell'intero processo. Il personale potra'
afferire al Programma integralmente o parzialmente, secondo quanto
stabilito. Altrettanto gli spazi necessari alle attivita' (sale
operatorie, degenze, ambulatori) potranno essere utilizzati dal
programma sia integralmente che parzialmente.
7) Per ogni trapianto di organo viene cosi' individuata una e'quipe
internistico-chirurgica di riferimento responsabile del complesso
delle attivita' mediche inerenti a tutto il programma.
8) Nel corso del periodo di attuazione del Piano sanitario regionale,
per ciascun trapianto di organo vengono definiti ed applicati i
criteri ed i requisiti per l'accreditamento delle strutture e delle
attivita'.
9) L'Assessorato regionale contratta annualmente le risorse
necessarie al complesso delle attivita', in base ai risultati
ottenuti e in base ad indici preventivamente concordati con le
Aziende Sanitarie e con i Responsabili di Programma.
10) Il coordinamento operativo delle donazioni, dei prelievi e delle
allocazioni di organi viene effettuato dal Centro Regionale di
Riferimento che ha sede pro tempore nell'Azienda Ospedaliera di
Bologna ed il cui personale medico, amministrativo ed infermieristico
e' dedicato al 100 % a tale attivita'.
11) Conseguentemente all'attivazione, presso l'Azienda Ospedaliera di
Bologna, della lista unica regionale per il trapianto di rene
(1/6/2001), l'attivita' di immunogenetica relativa alla conservazione
dei sieri dei pazienti in lista di attesa, alla determinazione delle
reattivita' anticorpali ed ai cross-match donatore-ricevente verra'
centralizzata in un unico Servizio. Le attivita' corrispondenti per i
trapianti di cuore, fegato, polmone ed intestino sono concentrate in
unico Servizio (Medicina Trasfusionale dell'Azienda Ospedaliera di
Bologna). La tipizzazione degli antigeni di istocompatibilita' potra'
essere effettuata in tutti i Centri che conservano i sieri per le
liste di attesa. Entro il 2002 i Centri che effettuano tali attivita'
dovranno essere accreditati.
12) E' necessario verificare le necessita' di attivita' di trapianto
renale pediatrico a livello regionale ed individuare la sede
(regionale o extraregionale) idonea a rispondere a tale domanda.
13) Per ogni tipo di trapianto e' istituita una Commissione Tecnica
che coadiuva l'Assessorato ed il Coordinatore regionale nel
commissioning delle attivita'.
Processo di trapianto di midollo osseo
Sedi dell'attivita'
Trapianto allogenico adulto: presso l'Azienda Ospedaliera di Bologna.
Nel corso di attuazione del piano verranno rese pienamente operative
altre sedi regionali che hanno gia' intrapreso l'attivita' di
trapianto allogenico, individuate in base ai criteri di
accreditamento previsti dal GITMO (gruppo italiano trapianto di
midollo), presso le Aziende Ospedaliere di Modena, Parma e Reggio
Emilia; anche l'Azienda USL di Ravenna verra' in seguito a far parte
dei centri Hub di trapianto allogenico regionali.
Trapianto allogenico pediatrico: presso l'Azienda Ospedaliera di
Bologna.
Autotrapianto: Presso i Centri Ematologici ed Oncologici accreditati
dal GITMO.
Processi
Allotrapianto:
Lista di attesa - ricerca donatore - intervento di trapianto -
degenza - follow-up.
Il processo di allotrapianto puo' riguardare un consanguineo del
donatore o un non consanguineo. Per identificare quest'ultimo
possibile donatore e' necessario effettuare una ricerca
informatizzata attraverso il registro nazionale dei donatori (IBDMR).
E' operativo il Registro regionale Donatori Midollo Osseo, con sede
presso l'Azienda Ospedaliera di Bologna.
Autotrapianto:
Lista di attesa - prelievo - intervento di trapianto - degenza -
follow-up.
Punti critici
Criteri di immissione in lista di attesa - criteri ricerca donatore -
tempo di attesa - prelievo - gestione clinica post-trapianto -
gestione follow-up ambulatoriale.
Relazioni e criteri di riferimento
1) L'attivita' di trapianto di midollo viene organizzata a livello
regionale secondo un modello che identifica come essenziali i
processi di trapianto con i relativi punti critici. E' previsto un
coordinamento organizzativo.
2) L'attivita' di allotrapianto viene effettuata in centri
selezionati (hub). Oltre al Centro di Bologna verranno individuati,
nell'ambito regionale, ulteriori strutture di riferimento per le
attivita' di allotrapianto per adulti (da donatore familiare e da
donatore da registro).
3) I processi di autotrapianto afferiscono alle strutture
ematologiche ed oncologiche esistenti, considerando l'autotrapianto
una possibile terapia di elezione per patologie neoplastiche ed
ematologiche. L'attivita' di autotrapianto viene praticata in Centri
specializzati diffusi su tutto il territorio regionale (spoke).
4) Le strutture che effettuano gli allo e gli autotrapianti devono
essere accreditate dal GITMO.
5) Per il processo di allotrapianto da donatore familiare possono
essere individuate nell'ambito regionale piu' sedi.
6) La Azienda Sanitaria, sulla base delle indicazioni del
responsabile di modulo, definisce il personale, gli spazi e le
collaborazioni necessarie allo svolgimento dell'intero processo. Il
personale potra' afferire al modulo, integralmente o parzialmente,
secondo gli accordi stabiliti. Altrettanto gli spazi necessari alle
attivita' (sale operatorie, degenze, ambulatori) potranno essere
utilizzati dal modulo sia integralmente che parzialmente.
7) Il coordinamento organizzativo delle attivita' di trapianto viene
effettuato da un Board regionale. Questo comitato svolge un'azione di
commissioning sul complesso delle attivita'.
8) L'attivita' di immunogenetica relativa al Registro dei donatori di
midollo ed all'allotrapianto viene effettuata presso il Centro di
Riferimento Regionale situato presso il Servizio di Medicina
Trasfusionale dell'Azienda Ospedaliera di Bologna (accreditato EFI).
E' coordinato da una Commissione Tecnica composta dal Coordinatore
regionale e dai responsabili delle attivita' di allo ed
autotrapianto. La tipizzazione di primo livello puo' essere
effettuata anche presso altre sedi regionali che trasmetteranno al
Servizio di Medicina Trasfusionale dell'Azienda Ospedaliera di
Bologna i relativi dati.
9) Il finanziamento del sistema viene contrattato annualmente.
Commissioning
La funzione di commissioning per ciascun tipo di attivita' viene
effettuata da un Board comprendente l'Assessore alla Sanita', il
Coordinatore regionale, il Rappresentante della Commissione tecnica
relativa ed i Direttori Sanitari delle Aziende sede di trapianto.
All'attivita' di commissioning collaborano i componenti della
Commissione tecnica.
Registro regionale per la raccolta delle manifestazioni di volonta'
Per adempiere a quanto previsto dall'articolo 4 della Legge 91/99 e'
attuata la realizzazione del registro informatico per la raccolta
della manifestazione della volonta' dei cittadini in ordine alla
donazione degli organi e tessuti. La trascrizione delle risposte
viene effettuata attraverso il Sistema informatico nazionale. E'
disponibile presso il CRT un registro informatizzato della
espressione di volonta' dei cittadini residenti in Emilia-Romagna,
utilizzabile 24 ore su 24, in tempo reale, dal medico coordinatore in
servizio presso il Centro di Riferimento che, dopo conferma
attraverso il Centro Interregionale di Riferimento di competenza,
fornira' la documentazione dovuta al Coordinatore locale della
Rianimazione donativa.
ASSISTENZA INTENSIVA PERINATALE E PEDIATRICA
Premessa
Il PSN fissa l'obiettivo della riduzione della mortalita' perinatale
ed infantile al di sotto dell'8/1.000 in tutto il Paese entro il
termine del periodo di attuazione. La Regione Emilia-Romagna, pur
posizionandosi sotto questa soglia, rimane sopra la media delle
regioni settentrionali, tra le quali, secondo i dati riferiti al
1994, figura al penultimo posto.
Il PSR indica il sistema delle emergenze-urgenze e quello delle cure
intensive perinatali e neonatali fra le aree di attivita' di
competenza della programmazione regionale, prevedendo l'attivazione
di una programmazione funzionale in grado di indicare i criteri per
la definizione dei livelli delle forme di offerta e di produzione dei
servizi.
Devono pertanto essere definite:
- le caratteristiche dell'assistenza intensiva e di elevata
complessita' rivolta al periodo prenatale, neonatale e pediatrica;
- i livelli ed i requisiti organizzativi essenziali;
- le aree di riferimento ed i bacini di popolazione in cui tali
livelli possono essere collocati nell'ambito della programmazione
regionale.Essi dimostrano che la mortalita' piu' elevata si registra
nel primo mese di vita e che da 1 a 14 anni le cause di morte piu'
frequenti sono prima i traumi e poi i tumori.
Analisi di attivita'
Nel 1997 in Emilia-Romagna sono stati effettuati n. 29953 parti di
cui n. 1731 hanno riguardato cittadini residenti in altre regioni. Il
dato disponibile sulla mobilita' passiva al 1995 e' di 932 casi.
L'incidenza di parti cesarei nelle diverse province presenta una
variabilita' molto alta compresa fra il 19% e 39% (dati 1997), indice
di una eccessiva variabilita' clinica.
L'incidenza dei nati con peso inferiore ai 1500 grammi e' stata
dell'1%.
I dati dei ricoveri in eta' neonatale per ogni Azienda Sanitaria, con
la specificazione del livello di complessita' della patologia
trattata espressa in APR-DRG e del peso alla nascita, sono riportati
nella Tabella 3.
I dati dimostrano una estrema variabilita' del tasso di ricovero
neonatale o definito tale.
L'assistenza ospedaliera in eta' pediatrica avviene in una alta
percentuale dei casi in reparti per adulti (39% nel 1997) come
riportato nella Tabella 4.
I ricoveri per patologie traumatiche sono stati 2232 nel 1998,
equamente distribuiti nelle maggiori sedi ospedaliere (Tabella 5).
Obiettivi
L'allineamento della Regione Emilia-Romagna ai dati medi delle
Regioni del Nord rappresenta l'obiettivo atteso nel corso della
durata del PSR. In particolare e' attesa la diminuzione della
Mortalita' Neonatale Precoce, il cui tasso risulta nell'ambito
regionale particolarmente distante dalla media delle regioni del Nord
(-0.33/1.000); un recupero nell'ambito di questa grandezza
permetterebbe di avvicinarsi agli obiettivi sopra indicati per il
PSR.
Un rilevante impegno da parte della Regione Emilia-Romagna e' gia' in
atto nella assistenza ai pazienti oncoematalogici; un obiettivo sul
quale appare opportuno investire risorse e competenze va individuato
nell'assistenza ai bambini/ragazzi traumatizzati.
La riorganizzazione delle Unita' di Terapia Intensiva neonatale e
pediatrica rappresenta una condizione essenziale per il
raggiungimento degli obiettivi.
Definizione dell'Assistenza Intensiva Perinatale e Pediatrica
Per Terapia Intensiva Neonatale (TIN) e Pediatrica (TIP) si definisce
un servizio dedicato a neonati, bambini e ragazzi di eta' 0-14 anni a
basso volume di utenti, di alta complessita' e/o intensivita' e di
alto costo, che necessita di team multidisciplinari dedicati al
trattamento di malattie potenzialmente guaribili e che possono
beneficare, nell'ordine di intensita' di interventi, di: osservazione
e monitoraggio, nursing, procedure diagnostiche e terapeutiche
sofisticate e multidisciplinari. All'interno dei team sanitari che
operano in tali terapie intensive deve essere sottolineata la
rilevanza della competenza di rianimazione con particolare
riferimento all'assistenza di III livello.
La scelta dell'eta' 0-14 anni non dipende dalla convinzione che solo
in questo ambito sia racchiusa l'eta' pediatrica (che secondo le
indicazioni OMS deve essere allargata a tutto il periodo dell'eta'
evolutiva: 0-18), ma soltanto dall'obiettivo di raggiungere, in tempi
programmati, la disponibilita' di posti letto di terapia intensiva
per classi di eta', attualmente insufficienti per l'eta' evolutiva.
Fra tutti i livelli e per tutte le sedi identificate dal PSR come
sedi e livelli di Terapia Intensiva Neonatale e Pediatrica e'
necessario istituire e mantenere costantemente un sistema di
integrazione ed una rete di percorsi e di comunicazione, sia sul
piano culturale che organizzativo, in modo che in ogni livello e sede
ogni atto medico corrisponda a criteri di omogeneita', di
appropriatezza e di efficacia e che questi siano congiuntamente
decisi, approvati, condivisi attuati e revisionati da tutto il
personale operante nelle varie sedi.
Livelli di Assistenza Neonatale e pediatrica
Livello base
Negli ambiti di I livello operano unita' funzionali che assistono
pazienti di eta' 0-14 anni che necessitano di osservazione e
monitoraggio clinico; nelle stesse aree si effettuano interventi di
rianimazione, intubazione e stabilizzazione in attesa di
trasferimento ai livelli superiori.
Negli ambiti di primo livello si espletano parti di eta' gestazionale
>>34 settimane ed in assenza di patologie accertate.
Questo livello di assistenza non fa riferimento al modello hub and
spoke, ma rientra nelle attivita' sanitarie erogate a livello
distrettuale o nell'ambito dell'autosufficienza aziendale;
l'assistenza viene tuttavia erogata secondo linee guida unificate,
definite a livello regionale e coerenti con l'insieme delle attivita'
hub and spoke; qualora necessario viene utilizzata la mobilita' dei
professionisti attivi all'interno del sistema hub and spoke.
Ambiti Funzionali di questo livello si collocano in aree con
dimensioni pari ad almeno circa 6000 unita' di popolazione 0-14 anni
e di 500 neonati per anno.
II Livello
Negli ambiti di II livello operano unita' in grado di effettuare
assistenza subintensiva ed assistenza di base per la relativa area di
afferenza: assistono pazienti che necessitano di supervisione e di
monitoraggio e di nursing continuo e che, nelle realta' piu'
complesse, possono necessitare di assistenza intensiva funzionale per
insufficienza di organi/apparati e di assistenza respiratoria esclusa
la ventilazione meccanica. Nei Presidi Ospedalieri che comprendono
queste strutture si espletano parti a rischio in eta' gestazionale
>>31 settimane in situazioni che non richiedono interventi di
assistenza intensiva ventilatoria. Il livello di assistenza neonatale
si configura con la presenza di una neonatologia
Unita' Funzionali di questo livello servono aree con dimensioni
minime di almeno 12000 unita' di popolazione 0- 14 anni e di 800
neonati per anno.
III Livello
Negli ambiti di III livello (o di assistenza intensiva, subintensiva
e di base per le relative aree di afferenza) sono collocate Unita'
funzionali per l'assistenza di pazienti che necessitano di supporto
intensivo ventilatorio per insufficienza di organi/apparati nelle
realta' piu' complesse compresa la ventilazione meccanica, pazienti
con traumi multipli o che escono da interventi chirurgici complessi o
che comunque necessitano di interventi medici complessi o intensivi,
nei quali assume particolare rilievo la competenza di rianimazione.
Il livello di assistenza per l'eta' neonatale si configura con la
presenza di un'area neonatale in grado di fornire assistenza
intensiva comprendente anche il supporto ventilatorio meccanico
Nei Presidi Ospedalieri che comprendono queste unita' si espletano
parti a rischio elevato. I pazienti con lesioni traumatiche che
richiedono assistenza intensiva vengono trattati esclusivamente nelle
terapie intensive pediatriche.
Unita' funzionali di questo livello sono collocate nei seguenti
bacini di utenza a seconda delle caratteristiche della produzione di
servizi:
- per l'assistenza perinatale e neonatale: bacini di almeno 80.000
unita' di popolazione 0-14 anni e di almeno 5.000 neonati per anno
(inclusivi di nati in aree elementari che comprendono UF di I e II
livello). Sono pertanto prevedibili a livello regionale 6 terapie
intensive.
Esistono positive esperienze nella regione Emilia-Romagna, ed anche
suggerimenti sulla organizzazione del Presidio Ospedaliero
Materno-infantile, circa l'attuazione di aree di terapia intensiva
comuni a neonati e lattanti del primo anno di vita; la motivazione
biologica di questa associazione e' basata sul dato della somiglianza
delle procedure assistenziali fra neonati e lattanti; la motivazione
organizzativa e' basata sul fatto che questa associazione consente
interventi del medesimo personale di assistenza; ovviamente e'
necessario che vi siano in condizioni logistiche ed organizzative che
rendano compatibili tale associazione anche sul piano igienico
sanitario. Una sperimentazione-soluzione di questo genere, che
trasforma le Terapie intensive neonatali in terapie intensive del
primo anno di vita, e' in grado di rivelarsi utile per una piena
utilizzazione delle risorse e per una concreta diminuzione della
necessita' di PL di terapia intensiva pediatrica;
- per l'assistenza intensiva pediatrica dopo il primo anno di vita e
dedicata agli accessi esterni attraverso i Pronti Soccorsi: bacini di
utenza non inferiori a 150.000 unita' di popolazione 0-14 anni.
Dimensionamento delle terapie intensive neonatali
Necessita' di ricovero
Bacino di utenza almeno di 5000 nati per anno. Si dimostra la
necessita' di 6 Unita' operative di patologia e terapia intensiva
neonatale e del primo anno di vita dotate complessivamente di 30 PL
da collocare in diverse strutture regionali (hub).
60 posti letto di terapia sub-intensiva vengono collocati in
strutture di II e III livello.
Collocazione delle strutture
In base ai dati disponibili sulla distribuzione per peso della
casistica neonatologica e sulla distribuzione del numero dei parti, 6
assistenze intensive ventilatorie sono collocate nell'ambito dei
bacini Rimini-Cesena-Forli'*, Ravenna-Ferrara, Bologna, Modena,
Reggio e Parma-Piacenza. (*Nell'ambito della Romagna, in funzione
delle vocazioni prevalenti dell'Assistenza Ospedaliera, le Aziende di
Cesena e Rimini hanno ritenuto di configurare un percorso che
identifica Rimini come sede di Terapia Intensiva Neonatale, come
peraltro supportato dai dati della casistica 1999, e prevede che a
Cesena venga mantenuta la funzione di Terapia Intensiva Neonatale
nell'ambito della Terapia Intensiva Pediatrica, attribuita
all'Ospedale di Cesena come sede di Trauma Center di livello
regionale).
Per le funzioni di II livello, differenziate da quelle di III livello
solo per l'assistenza ventilatoria meccanica, 11 neonatologie sono
collocate presso le Aziende Ospedaliere e le Aziende USL di Ravenna,
Rimini, Cesena, Forli', Citta' di Bologna e Piacenza.
Relazioni funzionali intraospedaliere
Si sottolinea come la contemporanea presenza di una terapia intensiva
neonatale, di una attivita' di chirurgia pediatrica, di una terapia
subintensiva (o intensiva) pediatrica e/o di una terapia intensiva
postchirurgica rappresenti una condizione favorevole per la
realizzazione di un'area critica per l'assistenza a patologie
pediatriche complesse internistiche o post-chirurgiche.
Dimensionamento delle terapie intensive pediatriche
Necessita' di ricovero
In base ai dati epidemiologici riportati in letteratura, che
suggeriscono l'attesa di 1.3 ricoveri/1.000 bambini-ragazzi
residenti, e' ragionevole prevedere un'utenza attesa di 500-550
ricoveri per anno, che con una degenza media di 6 giorni ed un indice
di utilizzazione dell'80%, renderebbero necessari per la popolazione
regionale di eta' 0-14 anni 10-12 posti letto di terapia intensiva
nei centri hub. La dotazione dei letti di subintensiva nei centri
spoke dovrebbe essere almeno doppia (24 letti).
La attuale dotazione di posti letto e' di difficile determinazione a
causa dell'inesistenza di criteri comuni di classificazione; cosi'
come e' incerto e non e' risultato determinabile ne' il numero dei
bambini/ragazzi ricoverati nelle TI pediatriche e per adulti della
ER, ne' la occupazione dei PL da parte di questa utenza.
Il numero "probabile" di posti letto esistenti (18) sarebbe in teoria
sufficiente per le necessita' regionali; e' tuttavia assodato che la
disponibilita' di letti per l'emergenza e' allo stato attuale
gravemente insufficiente a causa di:
- forte e documentata immigrazione extraregionale;
- attivita' di chirurgia pediatrica generale e specialistica intensa
e di notevole complessita';
- insufficiente dotazione di letti di terapia subintensiva;
- sovrautilizzo dei letti di terapia intensiva per mancata
"restituzione" dei degenti dagli Hub ai PL subintensivi degli Spoke;
- impropri accessi di pazienti, dalla rete dell'urgenza per carenza
di PL di subintensiva.
Appare pertanto necessario strutturare 10-12 posti letto di terapia
intensiva (III livello) per l'intero ambito regionale da collocare in
centri hub e di 24 letti di terapia subintensiva da collocare in
centri spoke.
Collocazione delle strutture
Per la collocazione delle strutture viene proposta la seguente
soluzione.
In ognuno dei 3 bacini di utenza che il P.S.R. individua per i trauma
Center (Romagna, Bologna-Modena-Ferrara, Parma-Reggio-Piacenza), dove
e' ovviamente necessario che siano disponibili posti di Terapia
Intensiva, subintensiva e postchirurgica viene collocata una quota di
posti letto di terapia intensiva pediatrica in unita' funzionali
corrispondenti al predetto bacino di utenza di 150.000
bambini-ragazzi; vengono identificati i 24 PL subintensivi
(comprendenti i PL postchirurgici) collocati anche in strutture spoke
(II livello) corrispondenti alle Aziende Ospedaliere di Bologna,
Parma, Ferrara e Modena.
Terapie intensive specialistiche
La strutturazione di attivita' di III livello richiede altresi' la
organizzazione di aree specialistiche pediatriche di elevata
complessita' (alta specialita'), che hanno necessita' del sostegno di
aree intensive e/o postintensive per interventi medici e chirurgici
di elevata complessita'; si segnalano a tale fine: l'attivita' di
chirurgia complessa e l'ECMO (nelle quali le competenze di
rianimazione appaiono di rilevante importanza), i centri grandi
ustionati, l'assistenza a pazienti oncoematologici , la dialisi ed il
trapianto pediatrico. Le necessita' di posti letto per tali funzioni
vanno determinate sulla base di dati di attivita' che necessitano
indagini conoscitive specifiche.
In particolare si sottolinea come la dialisi pediatrica cronica non
sia effettuata nell'ambito regionale e come non siano state sinora
previste strutture per il trapianto pediatrico di rene, nonostante
esista a tale riguardo un programma nazionale di allocazione degli
organi che, data l'assenza di un centro pediatrico regionale,
determina il trasferimento in centri extraregionali dei reni di
bambini prelevati nell'ambito regionale. E' presumibile che siano da
attendere in ER, per ogni nuovo anno, 4-5 nuovi casi di
bambini/ragazzi in dialisi ed in attesa di trapianto.
Relazioni e criteri di riferimento
La concezione di rete, caratteristica del modello Hub & Spoke,
secondo la quale i legami fra servizi pediatrici con funzioni
analoghe, collocate in diversi ospedali della rete (nodi), sono
prioritari rispetto a quelli fra reparti di analoghe specialita'
dedicati all'adulto, collocati nello stesso ospedale e' stata fino ad
oggi del tutto trascurata in ER, dove ogni UO dedicata all'eta'
evolutiva e' stata concepita come "Monade" assolutamente
indipendente.
L'adozione operativa del modello di rete comporta:
- la costituzione ed il mantenimento tra le diverse unita' Operative
di criteri di riferimento e relazioni sinora non codificate;
- la identificazione del livello delle diverse Unita' Operative in
modo da costituire una rete con riferimenti gerarchici ed un insieme
integrato di punti assistenziali con percorsi definiti sia in senso
centripeto (dal I al III) che centrifugo (dal III al I) in modo che
si verifichino le seguenti condizioni;
- ogni Unita' dell'area assistenziale di base accoglie tutti i
pazienti della propria area con le necessita' assistenziali a cui e'
in grado di dare adeguata risposta ed invia ai livelli II e III tutta
la restante patologia;
- i pazienti con le necessita' assistenziali subintensive sono
accolti nelle Unita' Operative di II livello e successivamente
riavviati al I livello o - se del caso - al III livello;
- i pazienti con necessita' assistenziali intensive sono accolti
nelle Unita' Operative di III livello (e successivamente riavviati al
II o I livello;
- al momento della dimissione dalle Unita' Operative di terapia
intensiva o subintensiva o di base i pazienti ivi curati sono
affidati alla sorveglianza dei servizi territoriali di pediatria di
base e di comunita' per la istituzione ed il proseguimento dei follow
up a livello distrettuale mediante linee guida concordate.
Viene prevista la realizzazione di un commissioning regionale a cui
partecipano un referente dell'Assessorato, un referente del sistema
delle Centrali operative ed un referente della commissione traumi con
il compito di verificare l'attivita', le relazioni e i riferimenti
all'interno della rete. Il gruppo ha funzione di audit sul
funzionamento complessivo del sistema.
prevista la partecipazione di un referente per il trauma center
pediatrico alla commissione traumi e di un referente dell'attivita'
di Trasporto Neonatale e Pediatrico al gruppo di controllo delle
Centrali Operative.
Trasporti
Il sistema di trasporto fra i vari livelli, le indicazioni e le
modalita' per il trasporto Materno/fetale neonatale e pediatrico sono
un punto fondamentale nella organizzazione della rete dei Servizi.
Sia pure in assenza di dati certi sull'Indice di trasferimento
neonatale si puo' stimare che questo sia del 2%; cio' suggerisce di
rinunciare all'attivazione di un Servizio di Trasporto e di Emergenza
Neonatale (STEN) "dedicato" per scegliere il modello organizzativo
"attivabile su richiesta". Questa scelta comporta un forte impegno
nel Trasporto Materno/fetale nei tre livelli descritti dal presente
Piano che, secondo dati di letteratura applicati alla regione ER
potrebbe interessare circa 550 madri/anno presumibilmente riducibili
alla meta' per spontanea concentrazione dei parti a rischio in sedi
appropriate. Anche su questo dato, per prendere decisioni definitive,
e' comunque necessaria una indagine "ad hoc".
Nel processo di triage delle Centrali Operative 118 si deve tenere
conto delle funzioni assegnate ai vari livelli.
A tale proposito occorre tenere conto che la gerarchizzazione delle
sedi di accesso fondata sulle caratteristiche cliniche dei
bambini/ragazzi a cura delle CO del 118 implica che nella commissione
regionale dei coordinatori e dei medici responsabili delle CO 118
sono compresi esperti di emergenza/urgenza nell'eta' evolutiva, in
particolare un coordinatore di trauma center pediatrico qualora sia
istituito (vedi avanti).
I coordinatori di centrale concordano, con i responsabili di Pronto
Soccorso Pediatrico, ove esistono, o Unita' Operative di pediatria
ospedaliera o territoriale, programmi di formazione e di
aggiornamento al fine di acquisire competenze professionali e
adeguato grado di esperienze che garantiscano l'appropriatezza dei
primi interventi e la corretta scelta delle Unita' funzionali
pediatriche
Il personale dei mezzi di soccorso ed il personale volontario -
soccorritore sviluppa conoscenze, competenza e capacita' di
utilizzare linee guida in tale ambito.
Strumenti di interconnessione fra i livelli
La implementazione ed il mantenimento di sistemi di comunicazione fra
i vari livelli sono basati sulla codificazione delle relazioni e dei
criteri di riferimento e sull'uso di coerenti strumenti di formazione
comuni a tutta la rete con precisi ed identificati centri di
responsabilita', sia a livello dei bacini di utenza che a livello
regionale per la formulazione, la diffusione, la valutazione di
efficacia di linee guida clinico-organizzative.
Relazioni tecniche ed allegati
Il sistema trasporto materno-fetale, le caratteristiche e requisiti
generali dei presidi per le cure al neonato, l'assistenza intensiva
pediatrica, l'oncoematologia pediatrica, la chirurgia pediatrica,
saranno oggetto di successivi documenti. L'organizzazione
cardiochirurgica ed il Pronto Soccorso pediatrico sono stati trattati
separatamente in associazione rispettivamente alle patologie
cardiovascolari dell'adulto ed al Dipartimento di Emergenza-Urgenza.
MALATTIE CARDIACHE
Obiettivi generali del PSN - 1998/2000
Il Piano sanitario nazionale 1998/2000 imposta la sua azione su due
direttrici:
1) l'accentramento della responsabilita' in ordine al rispetto
dell'equita' del Sistema per i cittadini presenti sull'intero
territorio nazionale;
2) il decentramento programmatorio, progettuale e operativo, in
risposta alla necessita' empirica di cambiamento del Sistema;
.. e afferma la vocazione universalistica del Sistema sanitario
nazionale rimarcando i principi di:
- universalita' di accesso;
- eguaglianza nella accessibilita' a un ampio spettro di servizi
uniformemente distribuiti;
- condivisione del rischio finanziario.
Il PSN 1998/2000 definisce gli obiettivi nazionali, affinche' le
garanzie unitarie di tutela della salute trovino terreno d'indirizzo
e di verifica, in un contesto socioculturale costantemente mutevole;
al contempo investe le Regioni e le Aziende rispettivamente delle
responsabilita' di programmazione e di produzione ed erogazione dei
"beni" sanitari, nella duplice consapevolezza della disomogeneita'
territoriale, e della ineludibilita' politico-gestionale del
decentramento sanitario. L'attivita' progettuale rappresenta un
ambito di cointervento (interferenza) degli attori di governo e di
gestione della Sanita', Regioni e Aziende. In altri termini emerge
una evoluzione del sistema sanitario nazionale in sistema sanitario
interregionale.
Obiettivi specifici per la malattia cardiovascolare
Per la prima area d'intervento, Malattie cardio e cerebrovascolari,
il PSN 1998/2000 declina i seguenti obiettivi specifici:
- la mortalita' derivante da malattie ischemiche del cuore dovra'
ridursi di almeno il 10%;
- la mortalita' derivante da malattie cerebrovascolari dovra' ridursi
di almeno il 10%;
- le diseguaglianze in termini di mortalita' fra aree geografiche e
fra gruppi sociali dovranno ridursi;
- la qualita' della vita del paziente affetto da patologie cardio e
cerebrovascolari dovra' migliorare.
Le azioni generali indicate dal Piano riguardano la prevenzione
primaria (Promuovere comportamenti e stili di vita per la salute) e
la prevenzione secondaria, direttamente calibrata sugli interventi
sanitari propri, compreso quelli erogati in regime ospedaliero, e
rivolta ai cittadini a rischio (..affetti da una patologia
cardiovascolare).
In merito alla malattia cardiovascolare, l'obiettivo specifico della
diminuzione delle diseguaglianze fra aree geografiche e fra gruppi
sociali investe direttamente la funzione di governo della Sanita' in
capo alle Regioni - riequilibrio all'interno del territorio
amministrato da ciascuna e riallineamento con le altre - nel senso
che sono proprie della funzione di governo la responsabilita' e la
garanzia della traduzione empirica dei principi di universalismo ed
eguaglianza che continuano a sostenere il Sistema sanitario
nazionale.
Gli obiettivi specifici indicizzati con percentuali di abbattimento
della mortalita' devono essere assunti dalle Aziende Sanitarie come
vincoli normativi cui corrispondere soluzioni
organizzative-gestionali adeguate per l'accesso e l'erogazione di
prestazioni e servizi e per l'appropriatezza e l'efficacia dei
medesimi.
Il PSN 1998/2000 fa un richiamo forte alle esigenze (e alle
opportunita') della intersettorialita', sia nella programmazione
degli interventi per la salute, sia nell'organizzazione dei servizi
sanitari. Per quanto concerne gli interventi sanitari propri (tra cui
gli interventi inerenti la malattia cardiovascolare),
l'intersettorialita' si traduce organizzativamente nel sistema di
reti integrate, che si attiva e mantiene attraverso la pratica della
collaborazione fra i servizi e fra le Aziende Sanitarie.
Obiettivi generali del Piano sanitario regionale Emilia-Romagna
1998/2001
Il Piano Sanitario della Regione Emilia-Romagna 1999/2001 evidenzia
due temi generali ai quali riferire le azioni di programmazione e
organizzazione:
1) la distribuzione territoriale dei servizi, da interpretare come
soluzione unica a esigenze apparentemente inconciliabili - la
tempestivita' d'accesso; la soddisfazione delle aspettative e delle
preferenze dei cittadini/utenti; la centralizzazione degli interventi
tecnicamente ad alta complessita', quale garanzia di qualita' e
sostenibilita' dei costi;
2) l'appropriatezza nella produzione e nella utilizzazione dei
servizi sanitari.
La soluzione unica citata al punto 1 rimanda a una direzione
strategica orientata alla realizzazione di un assetto organizzativo
per reti integrate di servizi, sostenute da una infrastruttura
regionale che sia:
- supporto tecnico attuativo;
- strumento di coesione e congruenza territoriale;
Il concetto di rete integrata ha una rilevante implicazione di
politica sanitaria, in quanto nega la competizione fra le singole
unita' produttive della rete e ne richiede la loro cooperazione,
secondo i diversi livelli di complessita' dell'intervento loro
attribuito.
Per quanto riguarda il punto 2, l'appropriatezza deve sostanziare il
suo significato sulla base di:
- la valutazione delle evidenze disponibili sulla efficacia clinica e
sull'efficienza operativa delle soluzioni gestionali-organizzative;
- la valutazione della situazione attuale, relativamente al
fabbisogno stimato d'intervento, rilevato sulla domanda, e non piu'
sull'induzione di domanda;
- le verifiche corredate da misure di risultato sulla base di
indicatori individuati.
Obiettivo del PSR 1999/2001 e' realizzare un SSR che sia regionale
nella definizione delle garanzie e nel modello di funzionamento,
locale nella scelta degli assetti organizzativi e della distribuzione
delle responsabilita'.
Obiettivi specifici del Piano sanitario regionale Emilia-Romagna per
le malattie cardiovascolari
In riferimento alla malattia cardiovascolare, il PSR 1999-2001
prevede:
- la ri-organizzazione secondo il modello di rete integrata dei
servizi, orientata per livelli di prestazioni e gruppi di
popolazione, secondo le responsabilita' individuate Distretto,
Azienda, Regione;
- la programmazione regionale dei servizi e delle prestazioni a
valenza sovra-aziendale, ad alta complessita'.
L'obiettivo della riprogrammazione funzionale del sistema dei servizi
regionali e' di operare la revisione dei modelli di distribuzione
territoriale e la realizzazione dell'integrazione funzionale dei
livelli di assistenza, al fine di:
- superare gestioni frammentarie dei servizi, che si qualificano
tendenzialmente come aggiuntivi e raramente come sostitutivi;
- garantire dimensioni e composizione ottimali delle unita'
operative, dal punto di vista della funzionalita' e della
economicita';
- attivare processi di sussidiarieta' fra i livelli d'intervento.
La programmazione funzionale secondo reti integrate di servizi e' una
logica generale dell'organizzazione, che privilegia l'attenzione
sulle relazioni (le maglie) rispetto all'organizzazione interna delle
unita' operative (i nodi).
A qualsiasi livello di operativita', lo sviluppo di un'organizzazione
per reti integrate richiede almeno 5 condizioni essenziali:
1) la definizione quantitativa della popolazione necessaria per
sostenere una rete di servizi, individuando la centralita' degli
ambiti territoriali di autosufficienza, oltre i quali cessano di
circolare i professionisti e cominciano a muoversi i pazienti;
2) la declinazione dei servizi che compongono il processo di cura,
l'esplicitazione della loro reciprocita' funzionale, e della loro
collocazione in rete;
3) lo sviluppo delle conoscenze e degli skill necessari per
costituire e'quipe multiprofessionali orientate a specifici obiettivi
salute e al di fuori delle linee di autorita' convenzionali;
4) lo sviluppo del sistema delle comunicazioni, logistiche e
professionali, sia per l'archiviazione e la trasmissione a distanza
delle informazioni cliniche necessarie per la gestione
dell'assistenza, sia per la produzione e l'utilizzo condiviso di
linee guida e di percorsi assistenziali;
5) la definizione del sistema di relazione centrato sulle autonomie e
responsabilita', sia gestionali, sia tecnico-professionali.
Il PSR 1999/2001 riconferma il territorio provinciale come l'ambito
cui riferire di norma la condizione di autosufficienza: all'ambito
provinciale deve essere attribuita la responsabilita' di soddisfare
la domanda espressa dalla popolazione residente, con la rilevante
eccezione dei servizi di alta specialita'.
Per l'alta specialita', ragioni epidemiologiche ed economiche rendono
necessaria una visione programmatoria e un assetto operativo, i cui
confini si estendano oltre l'ambito provinciale, e che si componga su
scala regionale.
In tale contesto per l'indicatore mobilita' devono essere ridefiniti
gli attributi di attiva e passiva, sulla base dell'organizzazione per
rete integrata, e non piu' su rigide giurisdizioni istituzionali
(Aziende Sanitarie o ambiti provinciali): a titolo esemplificativo,
la mobilita' passiva riferita all'alta specialita' e' solo
extraregione.
L'indicazione del PSR 1999/2001, richiamandosi all'obiettivo II del
PSN 1998/2000, propone l'area della patologia cardiovascolare tra le
aree sulle quali sperimentare, in via prioritaria, un'organizzazione
a rete integrata.
Teoria di riferimento
Per le reti integrate che comprendono servizi di alta specialita', il
PSR 1999/2001 propone di sperimentare assetti organizzativi ispirati
al modello Hub & Spoke.
La teoria Hub & Spoke esprime un'idea dinamica (prima che
strutturale) dell'assistenza, collegata ai gradi di complessita':
quando una determinata soglia di complessita' viene superata, si
trasferisce la sede dell'assistenza da unita' produttive periferiche
a unita' centrali di riferimento.
Il modello disegna l'organizzazione dei Servizi afferenti alla
medesima linea di produzione, concentrando gli interventi ad alta
complessita' in centri di eccellenza (Hub) e distribuendo i terminali
di accesso in centri sottoordinati (Spoke), cui compete
principalmente la selezione e l'invio di pazienti.
Il riassetto organizzativo che si realizza destruttura in parte
l'organizzazione precedente, sovraordinando, nell'ambito del processo
produttivo specifico, i legami funzionali della rete a quelli interni
ai singoli presidi ospedalieri. La stessa possibilita' di
sovraordinamento investe le funzioni amministrative attivate nel
percorso di cura, e in particolare il Controllo di Gestione. Per
l'obiettivo sanitario individuato sara' proponibile una gestione e
una programmazione ad hoc per Budget predefiniti in cui la
correlazione e' tra costi ed efficacia e non tra costi ed efficienza.
Il modello Hub & Spoke:
- comporta l'integrazione verticale forte tra i nodi;
- puo' essere convenientemente adottato per servizi caratterizzati da
volumi di attivita' predeterminati e di elevata complessita'
tecnologica;
- concepisce la rete in termini dinamici, la cui architettura puo'
essere modificata sulla base dell'evoluzione, ovvero
dell'obsolescenza, delle tecnologie, delle conoscenze e competenze
professionali e gestionali.
La rete integrata di servizi, classificati secondo il grado di
complessita' in I, II e III livello assistenziale, seguendo la logica
Hub & Spoke schematicamente si traduce:
I livello assistenziale - Distretto (dipartimento cure primarie e
riabilitazione) - Spoke
II livello assistenziale - ospedale per acuti, servizio di 118 - HUB
del I livello; Spoke del III livello
III livello assistenziale - prestazioni "rare", o ad alta selezione -
HUB.
Il secondo livello assistenziale corrisponde all'ambito di
autosufficienza, che per la Regione Emilia-Romagna e' di norma
l'ambito provinciale e all'interno della rete rappresenta quello che
in termini informatici viene definito proxy, svolgendo nel processo
produttivo contestualmente azioni di accettazione e di selezione e
invio.
Analisi della epidemiologia e della organizzazione cardiologica in
Emilia Romagna
Il nuovo PSN 1998/2000 e PSR 1999/2001, in riferimento agli obiettivi
dichiarati, rende necessaria una proposta di aggiornamento e
consolidamento organizzativo e funzionale della rete cardiologica,
nei suoi vari livelli di servizio-produzione.
Nello specifico, la necessita' e' sostenuta dalle seguenti ragioni:
- l'obiettivo della diminuzione del 10% della mortalita' per malattie
cardiovascolari;
- i mutamenti demografici ed epidemiologici;
- il rapido progresso delle tecnologie cardiologiche;
- la limitazione delle risorse economiche;
- il vincolo di risposte appropriate ai reali bisogni del
cittadino-utente, con conseguenti opportunita' e necessita' di tenere
unita la cardiologia (che rischia di frammentarsi in svariate
sottospecialita'), al fine di mantenere un'adeguata competenza
cardiologica clinica;
- lo stato attuale dell'attivita' cardiologica e cardiochirurgica in
Emilia-Romagna.
La situazione attuale della cardiologia in Emilia-Romagna e' in gran
parte il risultato di uno sviluppo avvenuto spesso senza collegamento
funzionale e organizzativo tra le strutture: tuttavia la rete
cardiologica ospedaliera e' significativamente definita e
stabilizzata e fino ad oggi capace di dare una risposta alle esigenze
degli utenti.
Per quanto riguarda i dati quantitativi dell'attivita' 1999 si
registra:
Riabilitazione cardiovascolare in Emilia-Romagna
L'Emilia-Romagna non ha a tutt'oggi un piano organico di
riabilitazione cardiologica. Tuttavia alcune strutture cardiologiche
ospedaliere svolgono questa attivita' (alcune in regime di degenza)
non sono previsti Centri che svolgono attivita' esclusiva di questo
tipo come in altre Regioni. Recentemente nell'ambito della norme di
accreditamento per la Cardiologia sono state definite alcune norme e
fissati alcuni dati epidemiologici che permettono di identificare i
tipi di pazienti che devono essere sottoposti ad attivita'
riabilitative (cardioperati ed una certa quota di infartuati). Tutto
cio' anche in funzione di decongestionare i settori postoperatori
delle Cardiochirurgie.
Considerazioni sulla rete cardiologica in Emilia-Romagna
I dati sembrano dimostrare che non vi e' un problema di dotazione
strutturale e volumi di attivita', quanto di efficienza organizzativa
e soprattutto di integrazione operativa.
Posto l'obiettivo (riduzione della mortalita' del 10%), la
programmazione funzionale regionale deve optare per il coordinamento
e la cooperazione nell'attivita' cardiologica territoriale e
ospedaliera sia in riferimento ai servizi assistenziali, sia alle
funzioni scientifiche e di aggiornamento. In altri termini si ritiene
opportuno proporre una rete integrata Ospedaliera cardiologica che
nel rispetto di regole organizzative e qualitative garantite
dall'accreditamento tenda ad ottimizzare l'efficienza ma soprattutto
l'efficacia dei processi diagnostici e terapeutici nei prossimi anni,
fornendo indicazioni tecniche e strutturali alla definizione del
prossimo PSR e dei futuri PAL.
In questo contesto e' opportuno prevedere la raccolta dei dati, la
valutazione qualitativa e quantitativa degli stessi, nonche' la
definizione degli indicatori sanitari e l'organizzazione dell'audit
da parte delle Agenzie sanitarie regionali.
Obiettivi dell'azione progettuale
I) Ottimizzare l'assistenza al cardiopatico acuto, con riferimento
all'area dell'Emergenza-Urgenza, dove il risultato prioritario e'
rappresentato dalla riduzione del ritardo evitabile nel soccorso
all'attacco cardiaco/infarto miocardico acuto (attualmente solo il
10% dei pazienti giunge in UTIC entro le prime 2 ore, e un altro 30%
tra le 2-6 ore dall'inizio dell'evento acuto, secondo i dati dello
studio GISSI, "Ritardo evitabile"). In questo specifico contesto
vanno previste forte integrazioni tra le strutture cardiologiche di
vario livello onde garantire il percorso del paziente con IMA
complicato o angina instabile il piu' uniforme possibile all'interno
del territorio provinciale.
Comunque il cosiddetto "ritardo evitabile" coinvolge tutti: cittadino
(ritardo decisionale), sistema di risposta-118 (ritardo
organizzativo), PS e UTIC (ritardo ospedaliero). Entro 12 mesi (I
fase) i ricoveri entro le prime 2 ore devono aumentare dal 10 al 30%
e i ricoveri tra le 2 e le 6 ore devono aumentare dal 30 al 50%.
II) Assicurare il tempestivo accesso per le urgenze cardiochirurgiche
e di cardiologia interventistica (attualmente le urgenze
cardiochirurgiche rappresentano il 20-35% dell'intera attivita'
cardiochirurgica. La percentuale e' riferita ai dati di letteratura
piu' alti, e viene proposta in relazione al fatto che la
tempestivita' e' una variabile condivisa di efficienza e di
efficacia).
In riferimento a questi due primi obiettivi, e' necessario
pianificare un modello di servizio che definisca gli standard
assistenziali dell'attacco cardiaco per cui gli interventi prima
dell'arrivo in Ospedale e all'interno dell'Ospedale siano
precisamente definiti sia nei termini organizzativi che farmacologici
e tecnici.
III) Garantire, secondo i reali bisogni stimati, l'alta specialita'
cardiologica (III livello) intesa come:
a) Cardiochirurgia e Cardiologia Diagnostica e Interventistica
- il bisogno medio stimato di procedure cardiochirurgiche a cuore
aperto e' di circa 900 per milione di abitanti, per anno (1.000 e' la
raccomandazione dell'Institute for Cardiac Survey), con almeno 650
interventi di rivascolarizzazione coronarica per milione di abitanti,
per anno - 3.600 CEC per l'Emilia-Romagna;
- per l'angioplastica coronarica il bisogno medio stimato di
procedure e' di 900/1milione di abitanti per anno (Societa' Europea
di Cardiologia), la raccomandazione dell'Institute for Cardiac Survey
e' di: 1.000/milione. Per cui le necessita' per l'Emilia-Romagna sono
di 3.700-3.900 procedura all'anno;
- per quanto riguarda le procedure di cateterismo cardiaco e
coronarografia, il bisogno stimato e' di 2.700/3.000 per milione di
abitanti per anno (popolazione adulta maggiore di 30 anni). Per cui
sono prevedibili 11.000-12.000 indagini per l'Emilia-Romagna.
Il rapporto tra procedure di cateterizzazione cardiaca e procedure
interventistiche in Europa e' oggi di circa 2:1.
b) Cardiologia e Cardiochirurgia Pediatrica
- per quanto riguarda la Cardiochirurgia Pediatrica, in via ipotetica
si puo' pensare a bacini di riferimento interregionali, salvo per le
regioni ad alta intensita' demografica. Per il dettaglio d'intervento
si rimanda all'allegato specifico.
c) Aritmologia Interventistica
- ci si riferisce all'uso di pace-maker specializzati, defibrillatori
impiantabili e ablazione transcatetere con radiofrequenza. I
fabbisogni regionali per il 2000 in questo settore sono i seguenti:
Impianti di Pace Maker n. 2600, studi elettrofisiologici n. 1850,
impianti di defibrillatori n. 200, procedure di ablazioni n. 440.
d) Trapianto Cardiaco
- e' drammaticamente sottoutilizzato in Italia per la carenza di
organi, problema peraltro comune ad altri Paesi. Nei Paesi
dell'Europa centrosettentrionale vengono effettuati 10-20 trapianti
per milione di abitanti, per anno. La media europea, includendo i
paesi dell'Est, e' di 5 trapianti; in Italia e' 2.9; in
Emilia-Romagna e' 7;
- in riferimento al III obiettivo, sulla base delle esperienze
esistenti, risulta che l'efficienza quali/quantitativa (rendimento)
del III livello, in termini di decongestione, tempestivita' e
integrazione, e' determinante nell'ambito della prevenzione
secondaria della malattia cardiovascolare e, di conseguenza, per
raggiungere l'obiettivo dichiarato (ridurre del 10% la mortalita' in
un triennio). Secondo la lettura dei dati ottenuti da verifiche
empiriche, la prevenzione primaria riduce la morbilita' e la
mortalita' nel lungo periodo; la prevenzione secondaria riduce
l'invalidita' e la mortalita' nel breve-medio periodo (in tal senso i
dati statistici epidemiologici Regionali dovrebbero confermare una
riduzione degli IMA, delle recidive di IMA, degli attacchi
coronarici).
IV) Ottimizzare l'appropriatezza clinica (applicando linee guida
aggiornate prodotte delle societa' scientifiche)
- per quanto riguarda l'Alta Specialita' Cardiologica e
Cardiochirurgica (Hub) va precisato che vi sono sufficienti elementi
di evidenza e di condivisione per affermare che la corretta
indicazione terapeutica quali/quantitativa alla procedura meccanica
(BPAC, PTCA) definisce in via indiretta l'appropriatezza delle
indicazioni alla diagnostica;
- ovviamente i criteri di appropriatezza saranno rapportati anche
alle linee guida aggiornate delle Societa' Scientifiche di
specialita' accreditate.
Nella letteratura e' indicato uno standard quali/quantitativo
=>>50-60% di pazienti inviati alla chirurgia e alla PTCA dell'intera
attivita' diagnostica di III livello (n. di procedure meccaniche/n.
di studi diagnostici eseguiti).
V) Razionalizzare l'appropriatezza gestionale (efficienza della Rete
Integrata Hub & Spoke) dei pazienti selezionati alle procedure
diagnostico terapeutiche di III livello facendo riferimento a:
a) tempestivita' del management diagnostico-terapeutico: alla luce
dei fabbisogni di interventi in cec e di procedure di angioplastica
e' necessario definire nella Regione gli hinterland di intervento e
comunque la disponibilita' delle varie strutture onde ridurre il piu'
possibile i tempi di attesa in modo che in una prima fase (6-12 mesi)
i tempi per gli interventi elettivi in CEC siano inferiori a 30
giorni e i tempi per la PTCA elettiva siano inferiori a 15 giorni. Da
auspicare l'aumento delle angioplastiche che vengono eseguite on-line
(in continuita' con lo studio coronarografico). Per quanto riguarda i
tempi di attesa per coronarografia, elettiva obiettivo di una prima
fase (6-12 mesi) i tempi devono essere inferiori a 20 giorni;
b) affidabilita' dell'expertise professionale in termini di
mortalita' e morbilita' procedura dipendenti (rapportata ai dati
della letteratura);
c) percorso sanitario del paziente post procedura diagnostico
terapeutico (recidive di IMA, restenosi, re-ricoveri,
prepensionamenti continuita' dell'attivita' lavorativa etc);
d) percorso sanitario e sociale dei pazienti post procedura
diagnostico terapeutica;
e) risorse impiegate nel processo diagnostico-terapeutico della
cardiopatia ischemica.
VI) Impostare l'assistenza al cardiopatico cronico, attraverso la
creazione di strutture aperte e flessibili, con coordinazione dentro
e fuori ospedale, mediante riqualificazione dell'area ambulatoriale e
della continuita' di cura, l'uso del day hospital e l'avvio della
home care.
VII) Diffondere e divulgare in maniera adeguata le informazioni
cardiologiche di tipo preventivo onde:
a) identificare e modificare i fattori di rischio, nel tentativo di
ridurre la conseguente morbilita' e mortalita' della malattia
cardiovascolare;
b) imparare ad identificare i sintomi della malattia coronarica
specialmente i sintomi nuovi ed acuti;
c) addestrare la popolazione alla conoscenza delle procedure
organizzative da attuare in caso di attacco cardiaco acuto;
d) far conoscere ai cardiopatici noti dettagliate informazioni
sull'uso dei farmaci sui sintomi e sui percorsi organizzativi da
seguire;
e) migliorare la capacita' funzionale sia dei pazienti a rischio
cardiovascolare che dei cardiopatici noti pianificando e
individualizzando l'attivita' fisica ed eventualmente sportiva,
definendo con precisione i carichi di lavoro;
f) sostenere e razionalizzare la cardiologia preventiva sia primaria
che secondaria con interventi mirati attraverso i mass media,
conferenze divulgative ed opuscoli. Considerare questa funzione come
risorsa gestionale strategica per raggiungere gli obiettivi del Piano
sanitario nazionale e regionale.
VIII) Per la riabilitazione cardiovascolare si ipotizza in questa
sede la funzione di riabilitazione post cardiochirurgica e di
riabilitazione post infartuale in pazienti opportunamente selezionati
(si ritiene che di circa 8.000 IMA acuti in Emilia-Romagna il 20-30%
possa trarre sicuro beneficio da un ciclo riabilitativo con
ospedalizzazione):
- questa funzione-attivita' deve rappresentare un supporto alle
cardiochirurgie (piu' del 50% dei pazienti afferenti ai centri di
riabilitazione italiani provengono dalle Cardiochirurgie), con
accoglimento precoce di pazienti post operati e con conseguente
aumento della produttivita' delle cardiochirurgie stesse (aumento
dell'efficienza produttiva);
- questa attivita' deve rappresentare l'ambito di verifica di
qualita' della produzione cardiochirurgica. Al paziente cardioperato
va garantito il percorso immediato alla dimissione dalla struttura
cardiochirurgica che puo' essere di 3 tipi: invio alla struttura di
riabilitazione cardiologica, invio alla struttura cardiologica di
provenienza, invio a domicilio. In ogni caso la struttura
cardiologica che ha avviato l'iter diagnostico e terapeutico deve
garantire la presa in carico del paziente qualunque sia il percorso
che lo stesso ha seguito, e in questo ambito si determineranno le
verifiche di appropriatezza e di qualita' della produzione
cardiochirurgica. Il paziente post-cardiochirurgico complicato
qualora non possa rientrare nelle strutture cardiologiche di
provenienza va tuttavia affidato ai Cardiologi che hanno avviato
l'iter diagnostico e terapeutico che garantiranno l'iter ospedaliero
necessario (rianimazione, emodialisi, neurologia, ecc.);
- il dato importante da sottolineare e' la dimensione del problema
dello scompenso cardiaco cronico che potrebbe trarre giovamento
dall'attivita' riabilitativa. Per quanto riguarda questo tipo di
patologia cardiologica si sottolinea il progressivo incremento di
questa popolazione che andra' valutata dal punto di vista
epidemiologico stante che le recenti acquisizioni scientifiche stanno
considerando nuovi trattamenti terapeutici che comprendono anche
programmi di riabilitazione sia ospedaliera che ambulatoriale. Per
tanto tale problema va ripensato e ricollocato:
- in strutture e soluzioni territoriali (percorsi ambulatoriali,
assistenza domiciliare integrata, home care, day hospital), piu'
flessibili, di minor costo e altamente professionali (condizione di
produttivita');
- in rete con la rimanente offerta cardiologica sul territorio, in
modo che si attuino i processi di continuita' di cura e di
"riabilitazione permanente" della malattia cronica, che possono
prevenire gli episodi acuti e ridurre significativamente i ricoveri
per questo gruppo di pazienti;
- le professionalita' necessarie all'attivita' riabilitativa sono:
Cardiologo, Medico Fisiatra, Infermiere, Fisioterapista; devono
essere disponibili Assistente sociale, Dietologo, Psicologo (il
personale della riabilitazione opera secondo le indicazioni del
Medico Fisiatra, il personale utilizzato, deve possedere attestato di
BLS) devono esistere procedure di forte integrazione delle competenze
cardiologiche e fisiatriche;
- la struttura riabilitativa deve: definire il progetto riabilitativo
individuale previa definizione della Responsabile del progetto,
quantificazione della disabilita' globale, definizione dei risultati
desiderati con interventi rieducativi, riabilitativi rivolti al
paziente e ai suoi familiari, conferma delle potenzialita' residue,
reinserimento sociale;
- e' necessario che la struttura di riabilitazione cardiologica (sia
essa svolta in regime di ricovero che ambulatoriale) valuti il
risultato della propria attivita' in termini di: appropriatezza della
indicazione (utilizzando come indicatore almeno il ritorno in Reparto
per acuti, l'incidenza delle complicanze cardiologiche e
pneumologiche, di scompenso cardiaco). Sara' importante il follow up
a sei mesi per la valutazione dei decessi intercorsi nonche' la
somministrazione di un questionario validato di qualita' di vita.
In fase di realizzazione, le direttrici comuni a tutti gli obiettivi
esposti sono:
- la disponibilita' per ogni cittadino di prestazioni cardiologiche
adeguate per appropriatezza e tempestivita';
- la continuita' assistenziale, con coinvolgimento dei cardiologi e
dei medici di Medicina generale del Servizio sanitario regionale;
- la prioritaria ottimizzazione dell'esistente, mirando a non
replicare funzioni quando possibile;
- l'appropriatezza dei percorsi diagnostico-terapeutici, con
l'obiettivo di "semplificare" al necessario, senza perdere in
efficacia.
Modello organizzativo di dimensioni regionali secondo Hub & Spoke
Per realizzare gli obiettivi e' opportuno individuare un modello
organizzativo, di dimensione regionale, da tradurre in conformita'
all'analisi delle condizioni reali (concentrazione/dispersione della
popolazione, caratteristiche geografiche/orografiche, eventuali
flussi stagionali, realta' sanitaria locale).
Le considerazioni generali e propedeutiche indispensabili sono:
- il modello articolato per livelli assistenziali in rete integrata
Hub & Spoke deve tenere costantemente presente la necessaria
compatibilita' tra i bisogni/priorita' e le risorse disponibili, al
fine di evitare di progettare buone intenzioni, anziche' soluzioni a
problemi concreti;
- le proposte e i progetti che vanno privilegiati devono percorrere
la strada della riconversione, della riqualificazione, della
flessibilita' e della integrazione delle risorse gia' esistenti in
Regione e nelle Aziende;
- non puo' essere continuamente ampliata l'offerta di prestazioni di
diagnostica ad alto costo che assorbono risorse, soprattutto se si
riferiscono ad un territorio limitato, mentre possono essere
efficacemente espletate concentrandole in alcuni poli di eccellenza
con risparmio di costi e migliore qualita'.
Livelli di intervento e strutture
Riferendosi alla realta' esistente, i tre livelli di attivita' per la
malattia cardiovascolare sono:
Livello distrettuale Spoke
popolazione superiore a: 50.000 abitanti
strutture:
- Distretto (Dipartimento delle cure primarie);
- Ambulatori cardiologici territoriali integrati con la Medicina di
base e l'Ospedale;
- Ospedale per acuti con attivita' cardiologica nella UUOO e nei
Dipartimenti di Medicina per pazienti non complessi con definiti
percorsi verso le strutture di I livello cardiologico per la
diagnostica strumentale e per eventuale ricovero in ambiente
specializzato;
funzioni:
- fuori ospedale:
assistenza ambulatoriale, assistenza specialistica domiciliare,
diagnostica cardiologica non invasiva di contenuto tecnologico
semplice, follow-up dei cardiopatici noti a basso rischio, sistema
integrato per l'emergenza-urgenza territoriale.
- integrazione con l'ospedale:
emergenza-urgenza cardiologica, assistenza in degenza, diagnostica
cardiologica ambulatoriale e per degenti (ecocardiografia,
ergometria, holter, elettrofisiologia), riabilitazione post-acuta
(continuita' di cura), gestione a lungo termine del cardiopatico ad
alto rischio (prevenzione secondaria, valutazione clinico-strumentale
periodica), gestione della ospedalizzazione a domicilio (home care).
In questo contesto possono essere attivati sistemi di telemedicina e
di teleconsulto nei casi in cui i tempi di afferenza alla struttura
ospedaliera distrettuale o di livello specialistico lo giustifichino;
in particolare nelle urgenze e nelle emergenze cardiologiche l'UTIC
e' centrale all'interno del modello organizzativo del 118 e dei
Pronto Soccorso
Primo livello Hub del livello distrettuale, Spoke del II livello
popolazione 100.000-150.000 abitanti
strutture:
- UUOO di Cardiologia con UTIC senza Laboratorio di Emodinamica con
funzione integrata all'attivita' distrettuale;
funzioni:
- emergenza-urgenza-cardiologica, assistenza in degenza, diagnostica
cardiologica ambulatoriale e per degenti (ecocardiografia,
ergometria, holter, elettrofisiologia), gestione a lungo termine del
cardiopatico ad alto rischio (prevenzione secondaria, valutazione
clinico-strumentale periodica), gestione della ospedalizzazione a
domicilio (home care), eventuale riabilitazione post-acuta
(continuita' di cura). Le funzioni descritte hanno luogo all'interno
di una dinamica ospedale-territorio che prevede comuni linee guida ed
audit periodici.
Secondo livello Hub del I livello - Spoke del III livello
popolazione: ambito provinciale
strutture:
- UUOO di Cardiologia con UTIC con Laboratorio di Emodinamica;
- Laboratorio di Emodinamica diagnostica semplice;
- Laboratorio di Emodinamica avanzata Diagnostica ed invasiva;
funzioni:
- stesse funzioni del I livello;
- trattamento dei cardiopatici con impegno diagnostico/assistenziale
particolare (cardiopatici acuti complicati), diagnostica incruenta di
alto contenuto tecnologico e/o di alta specializzazione (cardiologia
nucleare, cardiologia pediatrica, etc), accertamenti emodinamici e
contrastografici (cateterismo cardiaco, coronarografia,
angioplastica). Vengono identificati due momenti tecnico
organizzativi:
A) Laboratorio di Emodinamica diagnostica semplice (LES): valuta
pazienti portatori di cardiopatia ischemica e/o di valvulopatia per
una definizione diagnostica di tipo morfologico e che si ritiene
necessitino di procedure terapeutiche invasive o cardiochirurgiche.
Risponde a tutte le esigenze di diagnostica invasiva cardiologica che
afferiscono all'Ospedale in cui e' dislocata la struttura e alle
esigenze di strutture di I livello (solo UTIC) della Provincia.
E' da considerare che un laboratorio di Emodinamica anche per
mantenere una sufficiente clinical competence deve eseguire almeno
600 esami all'anno; non e' da escludere che operatori dei centri
spoke partecipino all'attivita' di emodinamica del centro hub;
B) Laboratorio di Emodinamica avanzata diagnostica interventistica
(LEA): risponde a tutte le esigenze di diagnostica invasiva del
territorio provinciale o sub provinciale, di terapia invasiva
(angioplastica) del territorio di riferimento (provinciale o
sovraprovinciale);
- si ritiene che un buon livello per un Laboratorio di diagnostica e
terapia invasiva sia rappresentato da almeno 300/400 procedure di
angioplastica. Questo Laboratorio e' Hub delle strutture di I livello
(Spoke) e delle strutture di II livello dotate di laboratori di
Emodinamica semplici (Spoke);
- non va esclusa l'ipotesi che gli Emodinamisti delle strutture
"Spoke" vadano ad eseguire angioplastiche ai loro pazienti nei Centri
"Hub". La responsabilita' della accettazione di operatori di
strutture spoke all'interno dei laboratori avanzati di Emodinamica e'
assegnata ai dirigenti e responsabili della struttura Hub stessa. La
valutazione si basera' sui dati del curriculum e sulla Clinical
competence (secondo le definizioni delle Societa' Scientifiche).
Considerazioni di ordine organizzativo
A fronte di un minimo di n. 1 Emodinamica per ogni provincia va
considerata la necessita' di limitare il numero delle strutture che
svolgono attivita' interventistica concentrando l'interventistica in
Centri di riferimento che hanno come supporto indispensabile lo stand
by cardiochirurgico o sistemi di back-up codificati. Cio' per
garantire un numero di angioplastiche (il fabbisogno per
l'Emilia-Romagna nel 2000 e' di 3.900) concentrato in pochi centri
onde migliorare la qualita' della procedura e soprattutto filtrare il
piu' uniformemente l'indicazione (pochi Centri e piu' uniformita'
decisionale e quindi migliore appropriatezza).
Funzioni di III livello regionale
popolazione di dimensione regionale o sovraregionale
strutture:
- UUOO di Cardiologia con UTIC e laboratorio di emodinamica ed
interventistica;
- UUOO di Cardiochirurgia in sede;
- UUOO di Cardiologia e Cardiochirurgia pediatrica;
- centro abilitato al trapianto cardiaco;
- eventuali centri che svolgono funzioni interregionali, secondo la
programmazione nazionale;
funzioni:
- far fronte a tutte le esigenze diagnostico-terapeutiche non
soddisfatte agli altri livelli: interventi cardiochirurgici d'urgenza
e di elezione, cardiologia interventistica (angioplastica coronarica,
valvuloplastica, ecc.), trapianto di cuore, cardiologia e
cardiochirurgia pediatrica.
Funzioni aritmologiche
L'attivita' di stimolazione elettrica permanente (Pace Maker) puo'
essere svolta in UUOO di Cardiologia a qualunque livello ospedaliero.
Centro Aritmologico di I livello
popolazione di dimensione provinciale;
strutture:
- puo' essere collocato in UUOO di Cardiologia di I o di II o di III
livello. E' dotato di Laboratorio specifico (vedi norme di
accreditamento). Svolge attivita' di impianto di Pace Maker, di studi
elettrofisiologici e di impianto di defibrillatore. E' Hub di tutte
le strutture cardiologiche che non svolgono le attivita' suddette.
Centro aritmologico di II livello
popolazione di dimensione sovraprovinciale
strutture:
- puo' essere collocato in UUOO di Cardiologia di I o di II o di III
livello. E' dotato di Laboratorio avanzato con requisiti strutturali,
strumentali previsti dalle note di accreditamento. Oltre alle
attivita' descritte al I livello (elettrostimolazione,
elettrofisiologia, impianto di PM defibrillatore) svolge attivita' di
ablazione. Stante i fabbisogni relativamente limitati (n. 440
ablazioni previste per il 2000 in Emilia-Romagna) a fronte di una
alta complessita' tecnologica richiesta agli operatori, vanno
definiti centri di riferimento onde garantire una buona qualita'
della procedura. Questo livello rappresenta l'Hub del I livello
aritmologico (Spoke).
Riabilitazione post cardiochirurgica e post IMA
- Hub di struttura cardiochirurgica e Hub (per l'infarto miocardico
acuto) di livelli ospedalieri dotati di UTIC;
- per quanto riguarda la riabilitazione con degenza
post-cardiochirurgica e post IMA, questa puo' essere individuata in
strutture di riferimento regionale; si escludono UO autonome;
- si puo' quantificare in n. circa 4.000 i pazienti cardio operati
che necessitano di un periodo di degenza riabilitativa a far tempo
dal VII-X giorno dopo l'intervento; si puo' anche quantificare che
circa il 20-30% dei soggetti colpiti da IMA (8.000 IMA/anno in
Emilia-Romagna) puo' trarre giovamento da attivita' riabilitativa
post acuta in regime di degenza;
- l'accentramento precoce dei pazienti post-operati, oltre a creare i
presupposti per aumentare la produttivita' (efficienza) delle
cardiochirurgie cosi' decongestionate, renderebbe possibile
standardizzare controlli di qualita' della produzione a 30 giorni.
Anche la produzione cardiologica (infarto miocardico acuto) puo'
essere verificata a livello riabilitativo;
- nel suo complesso l'attivita' riabilitativa post cardiochirurgica e
post infarto ottimizzerebbe l'efficienza della rete (economia di
scala). Va definito il protocollo per il trattamento riabilitativo
post infartuale in regime di degenza;
- rimane a tutti i livelli cardiologici ospedalieri la funzione di
attivita' ambulatoriale o in DH (seconda, terza fase della
riabilitazione).
Percorso del paziente cardioperato o post IMA:
- UO Cardiologica che ha avviato l'iter diagnostico terapeutico
(Spoke) - Centro Cardiochirurgico (Spoke) - Struttura di
Riabilitazione di riferimento (Hub) (o UO Cardiologica di partenza).
Comunque garantita la ripresa in cura con riaccettazione o ripresa in
cura anche senza ricovero;
- follow-up a 30 giorni (in regime ambulatoriale da parte della
cardiologia di provenienza);
- follow-up a 6 mesi e a 1 anno.
auspicabile che ogni settore sia riportato in una "scala giusta" alla
sua funzione (prevenzione/diagnosi/cura/ricerca e cura/
riabilitazione/ verifica/ ricerca) con l'integrazione e l'adozione di
strumenti operativi gestionali ed economici, affinche' le funzioni si
integrino in un sistema ad alto rendimento.
Nello specifico della malattia cardiovascolare, mentre nella fase di
INPUT e' opportuno dotare il sistema di competenze e professionalita'
specifiche che sappiano ricercare ed ispezionare il territorio
sconosciuto e pericoloso con maggiore professionalita' ed efficacia e
sappiano accompagnare i pazienti individuati lungo la loro storia di
malattia cardiovascolare con tempestivita', nella fase di OUTPUT
(uscita dal terzo livello) il sistema si deve dotare di opportuni
strumenti per aumentare la sua efficienza e darsi elementi di
verifica e di controllo dell'efficacia (OUTCOME).
Le strutture e le funzioni del I livello cardiologico sono
interamente pubbliche; le strutture del II e III livello sono
pubbliche o private, entrambe accreditate, e rispondenti tutte ad una
funzione di rete pubblica.
In particolare le strutture private accreditate concorrono alla
risposta dei fabbisogni delle procedure cardiochirurgiche e
cardiologiche invasive quando e' chiaramente documentata la
necessita' di integrare la rete pubblica; in particolare si
sottolinea la totale autosufficienza della strutture ospedaliere
dell'Emilia-Romagna nella risposta ai fabbisogni di procedure
aritmologiche (Pace maker, studi elettrofisiologici, defibrillatori,
ablazioni).
auspicabile che il filtro alle tecniche chirurgiche e cardiologiche
invasive sia garantito, non solo dai protocolli aggiornati, ma anche
da meeting istituzionalizzati con attiva partecipazione dei
cardiologi che hanno avviato l'iter diagnostico assieme agli
emodinamisti e cardiochirurghi di riferimento.
La funzione riabilitativa, intesa come strumento di efficienza della
rete e controllo di qualita' (III livello), e' pubblica e accreditata
in riferimento alla soluzione funzionale e strutturale, e fornisce,
da un punto di vista gestionale e di verifica, pari condizioni a
tutti i fornitori del III livello, a prescindere dal loro status
giuridico (pubblico o privato).
Rapporti funzionali e organizzativi
La proposta e' quella di un modello articolato su base sia
territoriale, sia funzionale, fondato sulla dimensione dei bisogni e
sui livelli assistenziali.
L'articolazione territoriale e':
- aree con strutture e funzioni di primo livello (Distretti);
- in posizione intermedia si collocano le strutture di primo e
secondo livello (rete degli ospedali provinciali);
- la convergenza per specifiche funzioni a domanda piu' limitata e a
tecnologie piu' complesse e' di II livello fornite di Laboratorio di
Emodinamica diagnostica interventistica avanzata (LEA);
- a livello regionale si colloca il centro dotato di Dipartimento
d'organo con completa attivazione di tutte le funzioni cardiologiche
e cardiochirurgiche.
Il secondo livello (con LES o LEA), e sede di afferenza di pazienti
che richiedono prestazioni assistenziali erogabili solo a questi
livelli; costituisce quindi il punto di riferimento per i pazienti
appropriati, provenienti dai vari bacini afferenti alle strutture
cardiologiche di livello inferiore e alle quali possono tornare una
volta erogata la prestazione richiesta.
La decongestione del secondo livello avanzato (LEA) (in particolare
nelle strutture pubbliche) diviene obiettivo indispensabile perche'
questi sia restituito al suo mandato di offerta di prestazioni: in
altri termini le strutture diagnostiche-interventistiche avanzate
devono rispondere nei tempi gia' descritti alle esigenza delle
strutture di livello inferiore.
Sotto il profilo organizzativo si propone quindi la costituzione di:
Coordinamento Cardiologico provinciale: coordina ed integra tutte le
strutture inserite nel primo e secondo livello, abitualmente comprese
in una unica Provincia;
Coordinamento Cardiovascolare inter-provinciale: coordina l'attivita'
delle strutture ospedaliere tra i livelli e in particolare le
attivita' di II livello avanzato (LEA) e del centro con Dipartimento
d'organo, ivi compresa la riabilitazione post-cardiochirurgica.
La Rete Integrata Cardiovascolare presuppone la realizzazione di un
modello organizzativo e operativo basato sulla centralita' delle
cardiologie con UTIC, collegate con gli ospedali periferici che non
hanno questa dotazione.
Nel contesto della rete integrata vanno definiti i percorsi dei
pazienti complessi (agina instabile, IMA complicato) per potere
mettere a disposizione le procedure diagnostiche e terapeutiche
invasive in maniera uniforme per tutti i pazienti della provincia.
Anche il percorso di rientro del paziente complesso alle strutture
cardiologiche periferiche deve essere ben definito sia dal punto di
vista temporale che organizzativo.
I protocolli diagnostico-terapeutici devono essere omogenei e
coordinati, in particolare per quanto riguarda la trombolisi e per la
PTCA primaria, e di salvataggio da privilegiare nei soggetti con
infarto miocardico acuto evolvente (il comitato di coordinamento
provinciale provvedera' a garantire la condivisione, l'aggiornamento
dei protocolli, nonche' a definire ed attuare i sistemi di audit).
Tutte le Cardiologie con UTIC della rete ospedaliera provinciale sono
funzionalmente collegate con i presidi sanitari distrettuali.
Il sistema delle Emodinamiche e delle Cardiochirurgie dovrebbe avere
un comune sistema informativo, a livello di digitalizzazione delle
informazioni, e comune sistema di archiviazione. (vedere capitolo
specifico).
Le e'quipe cardiologiche nel loro complesso dovrebbero avere una
definizione provinciale per cui l'organico dovrebbe essere rapportato
alla popolazione della provincia e distribuito nelle strutture dei
vari livelli; in particolare le e'quipe di emodinamica devono essere
correlate alla produzione provinciale o all'hinterland servito,
possono integrarsi con operatori provenienti da strutture
periferiche.
Per quanto riguarda la strutturazione, la produzione, dei laboratori
invasivi e la clinical competence degli operatori ci si deve
rapportare alle norme di accreditamento . In ogni caso il numero
delle sale di emodinamica, di aritmologia deve essere numericamente
rapportato ai fabbisogni previsti a livello regionale.
Anche la dotazione strettamente ambientale dei laboratori (sale di
emodinamica o sale di aritmologia) ,con tutte le infrastrutture del
caso devono essere rapportate alla produzione e alle norme di
accreditamento; comunque deve essere numericamente rapportata ai
fabbisogni previsti a livello regionale, stesso dicasi per sale
operatorie cardiochirurgiche delle strutture pubbliche.
La tempestivita' e l'efficienza operativa della rete integrata Hub &
Spoke, regolata dai comitati di coordinamento provinciale ed
interprovinciale, fa riferimento alla mobilita' della domanda
sanitaria (dinamica centripeta verso Hub), e alla mobilita' del
know-how e dell'expertise professionale (dinamica centrifuga verso
Spoke).
L'applicazione dei requisiti di accreditamento delle strutture
cardiologiche con posti letto dovra' prevedere che sia data evidenza
dei rapporti funzionali con le strutture di I e II ed eventualmente
III livello cardiologico ospedaliero presenti nella provincia.
Gestione della malattia cardiovascolare in ambito provinciale
La gestione della malattia cardiovascolare in ambito provinciale si
configura come rete ospedaliera che:
- minimizza la mobilita' passiva per le prestazioni del II livello
assistenziale;
- governa la congestione massima accettabile;
- minimizza i costi di transizione e realizza economie di scala;
- in quanto Osservatorio Epidemiologico Provinciale (funzione, non
sovrastruttura) svolge attivita' di verifica e valutazione, sulla
base d'indicatori di processo.
L'Osservatorio Epidemiologico Provinciale e' referente (spoke)
dell'Agenzia Sanitaria regionale (hub), la quale a sua volta:
- definisce e verifica gli indicatori di struttura (accreditamento) e
di esito;
- applica e diffonde il Technology Assessment;
- governa e modula la mobilita' regionale in relazione ai bisogni e
alla congestione;
- ricopre il ruolo di authority in materia.
Il sistema di relazioni tra l'Osservatorio Epidemiologico provinciale
e l'Agenzia Sanitaria regionale (authority) e' regolato dalla
dinamica integrata e coerente degli indicatori, attivata, in ultima
istanza, per verificare il raggiungimento del macroobiettivo
sanitario, la riduzione del 10% della mortalita' per malattia
cardiovascolare, in Regione.
Rete ospedaliera provinciale
Le azioni per rendere operativa la rete provinciale sono:
- perseguire un accordo formale tra i presidi ospedalieri della
provincia: Dipartimento cardiologico oppure Comitato cardiologico
interaziendale (documento di riferimento con dati epidemiologici,
percorsi dei pazienti complicati, accesso alle procedure
interventistiche, regolamento per le e'quipe itineranti,
informatizzazione). I componenti del Comitato cardiologico
interaziendale provinciale sono nominati dai Direttori Generali che
definiscono anche l'ambito di intervento nel contesto della
integrazione della rete e delle regole di accreditamento;
- individuare l'ospedale di riferimento come sede della dotazione di
un Laboratorio di Emodinamica semplice (LES) e soprattutto di un
Laboratorio di Emodinamica avanzata (LEA), e di un Laboratorio di
aritmologia avanzata (elettrofisiologia, ablazioni,) della rete
provinciale od extraprovinciale con rispetto dei parametri di
clinical competence gia' esposti;
- definire le modalita' di utilizzo di tale dotazione da parte di
competenze professionali proprie delle diversi Presidi Ospedalieri
della Provincia (Network tecnologico e di know-how provinciale);
- identificare il centro di II livello avanzato (LEA) provinciale od
extraprovinciale privilegiato (Hub);
- individuare la struttura di riabilitazione post-cardiochirurgica e
post-acuta privilegiata di riferimento nella provincia (o
extraprovincia);
- definire comunque il percorso riabilitativo extraospedaliero del
paziente cardio operato od infartuato al termine del periodo di
ospedalizzazione nel contesto della ripresa in carico del paziente da
parte delle strutture di riferimento.
In fase di avvio del progetto di riorganizzazione e' necessario che
il Responsabile del Dipartimento Cardiologico provinciale o del
Comitato interaziendale afferisca direttamente al coordinamento delle
Direzioni di Presidio e, se necessario, alle Direzioni generali.
Ai Responsabili dei Comitati di coordinamento o di dipartimento in
particolare competono:
- la supervisione dell'individuazione e dell'implementazione
tecnologica dell'ospedale di riferimento provinciale correlate con le
tecnologie degli ospedali ad esso afferenti;
- la responsabilita' operativa diretta e il ruolo tutoriale nella
fase di addestramento e per la successiva certificazione di acquisita
competenza degli operatori dei diversi ospedali, afferenti al
Laboratorio di Emodinamica e di Aritmologia invasiva presso
l'ospedale di riferimento;
- le funzioni di raccordo e integrazione tra le Unita' Operative e
tra le competenze professionali diverse, afferenti al percorso
cardiovascolare, della rete provinciale;
- la verifica periodica dello stato di avanzamento della
sperimentazione e dell'aggiornamento degli operatori coinvolti,
potendosi avvalere della collaborazione di esperti;
- definisce e organizza i progetti di audit clinico.
Vanno definiti accordi formali (composizione, obiettivi, verifiche,
risorse) fra i Distretti, dipartimenti e Comitati interaziendali
provinciali per la costituzione di Gruppi di Audit e Gruppi di Studio
Multidisciplinari, che in stretto collegamento con l'Agenzia
Sanitaria tendono a fornire apporti culturali e organizzativi
nell'approccio a problematiche specifiche, quali:
- identificazione e rilettura di Linee guida cliniche nazionali e
internazionali, in fatto di affezioni cardiovascolari,
epidemiologicamente rilevanti e ad elevato assorbimento di risorse
(infarto miocardico acuto, angina stabile e instabile, scompenso
cardiaco, fibrillazione atriale, ecc.);
- elaborazione di manuali operativi interni, intesi a definire
protocolli diagnostico-terapeutici, da adottare, integrare e
condividere da parte di tutti gli operatori coinvolti nella
sperimentazione, in situazioni cliniche specifiche e ricorrenti;
- analisi costo/efficacia delle procedure e dei trattamenti;
- valutazione critica dell'appropriatezza di impiego delle risorse
tecnologiche e dei trattamenti, mediante strumenti di verifica e di
identificazione di variabili clinico-epidemiologiche di sovrautilizzo
e sottoutilizzo (esempio diagnostica non invasiva a piu' alto costo,
cateterismo cardiaco, elettrofisiologia diagnostica,
elettrofisiologia interventistica, angioplastica coronarica,
rivascolarizzazione miocardica chirurgica, impiego di nuovi farmaci,
ecc.) avendo come referente l'Agenzia Sanitaria regionale (hub).
indispensabile prevedere collegamenti per la trasmissione di
informazioni diagnostiche e digitali, con banche dati comuni, e
l'effettuazione di audit clinici sistematici diretti e tramite
videoconferenze con il centro di II livello di riferimento. Risultati
ottimali e sicurezza delle procedure di cateterismo esigono la
possibilita' di consulti immediati con Cardiologi Interventisti e
Cardiochirurghi.
La fase operativa di realizzazione della Rete Hub & Spoke si basa su
due fondamentali presupposti:
1) politico-istituzionale: per la Regione Emilia-Romagna l'ambito
provinciale corrisponde, di norma, all'ambito di autosufficienza;
2) tecnico-organizzativo: all'interno della rete provinciale la
struttura di II livello semplice (LES) o di II livello avanzato (LEA)
e' il "nodo" che nel processo produttivo svolge contestualmente
azioni di accettazione (Hub del I livello), azioni di selezione e
invio (Spoke). Tutti i livelli ospedalieri svolgono azione di
riaccettazione (Spoke del livello Hub - Riabilitazione)
I presupposti suesposti considerano il II livello nella sua
globalita' (UTIC, degenza cardiologica, Laboratori invasivi) come
"nodo" del modello Hub and spoke per cui i Laboratori tecnologici
avanzati privati, entrano in rete (come la cardiochirurgie private)
nel sistema provinciale ed interprovinciale nella misura in cui i
fabbisogni dei cittadini lo richiedono.
I Laboratori privati di diagnostica e interventistica cardiologica
accreditati devono integrarsi con il nodo provinciale in maniera
verticale: in altri termini le UO Cardiologiche delle strutture
ospedaliere, sempre dotate di Pronto Soccorso, rendono queste ultime
titolari di funzioni alternativamente di spoke e di hub rimanendo le
strutture cardiologiche private titolari di sola funzione hub per la
specifica attivita' diagnostico-interventistica richiesta.
Cardiologia e Cardiochirurgia pediatrica
Rete di competenza
La Cardiologia Pediatrica opera nella prevenzione, diagnosi e cura
delle Malattie Cardiovascolari dell'eta' pediatrica e
dell'adolescenza.
Le attuali tecniche di diagnosi non invasiva consentono inoltre
l'identificazione di cardiopatie in epoca prenatale (dalla ventesima
settimana di gestazione).
Quantificazione del fenomeno delle cardiopatie congenite
Rispetto alle cardiopatie non malformative, di cui non sono a
disposizione dati epidemiologici completi, e' noto che le cardiopatie
congenite hanno una incidenza dello 0,8% nati vivi e rappresentano la
maggior causa cardiologica di ricovero ospedaliero.
In base alla natalita' si calcola che in Italia si verificano circa
4.500 nuovi casi ogni anno. Almeno il 35% di questi necessita di
diagnosi precoce e di trattamento cardiochirurgico (o
interventistico) nel primo anno di vita, e il 15% in epoca neonatale.
In tale fascia di eta' la mortalita' ospedaliera e' compresa fra il
10 e il 20%.
Nel complesso totale dei cardiopatici congeniti, il 70% e' destinato
a uno o piu' interventi cardiochirurgici (o procedure
interventistiche) nell'infanzia o nel corso successivo della vita.
Valutazione della pressione epidemiologica in Emilia-Romagna: domanda
di interventi di Cardiochirurgia pediatrica
In base a quanto sopra enunciato, stimando la natalita' in
Emilia-Romagna in 30.000 soggetti/anno (riferimento ISTAT 1997),
circa 240 di questi sono affetti da cardiopatie con differenti gradi
di severita' o complessita'. In particolare, 170 casi circa
richiedono cure o trattamento chirurgico: 60 nel primo anno di vita,
110 in epoca successiva. Considerando una percentuale di reinterventi
del 25% (vedi letteratura), 40-45 soggetti dovranno essere sottoposti
a 1 o piu' interventi successivi.
La domanda annuale di interventi di cardiochirurgia in eta'
pediatrica e dell'adolescenza (0-18 anni) in Emilia-Romagna e' da
valutarsi in 200-210 interventi anno. Tale dato corrisponde a un
tasso annuo di 390 interventi, per milione di bambini (0-14 anni), ed
e' confrontabile con i dati standard nordeuropei, pari a 340-380 per
milione di bambini.
Dal computo sono state escluse afferenze extra regione (20-25%) e gli
interventi nei soggetti adulti cardiopatici congeniti.
A questo livello, considerando l'elevato valore della tecnologia,
della specializzazione e delle competenze raggiunte nella diagnosi e
nel trattamento delle cardiopatie congenite, la popolazione dei
cardiopatici congeniti che raggiunge l'eta' adulta si accresce ogni
anno.
In Emilia Romagna si puo' stimare che 180-190 soggetti raggiungono
ogni anno i 18 anni di eta': 1800-1900 sarebbero dunque i soggetti
adulti sopravvissuti in questa regione solo nell'ultimo decennio.
Orientamenti strategici della pianificazione organizzativa
L'attivita' assistenziale di Cardiologia pediatrica puo' agevolmente
essere intesa come un modello di organizzazione verticale in ambito
regionale, realizzato mediante un sistema di reti integrate di
servizi nel quale si colloca perfettamente il concetto dinamico
dell'assistenza (Hub & Spoke), articolata secondo diversi gradi di
complessita' assistenziale.
Proposta di modello organizzativo di dimensioni regionali secondo 3
livelli assistenziali
Primo livello Spoke
Bacino di utenza minimo 200.000 abitanti - 22.000 0/14 anni - (ambito
provinciale)
strutture:
- Ospedale dotato di Unita' funzionale di Ostetricia di II livello, e
di Unita' funzionale di Pediatria di II livello, con UO di
Cardiologia (I o II livello operativo) dotata di modulo di
cardiologia pediatrica;
- modulo di Cardiologia pediatrica;
funzioni:
- diagnosi precoce delle Malattie Cardiovascolari in eta' neonatale
(eventualmente prenatale) e pediatrica;
- trattamento medico di emergenza e collegamento verticale con
strutture di livello superiore;
- consulenza cardiologica per Pediatria di base, Medicina scolastica,
Medicina sportiva;
- attivita' prevalentemente ambulatoriale.
Secondo livello Hub del I livello, Spoke del III livello
Bacino di utenza minimo 2.000.000 di abitanti - 210.000 0/14 anni
strutture:
- ospedale dotato di Unita' funzionale di Ostetricia, e di Pediatria,
Neonatologia di II livello; UO di Cardiologia di II livello (II o III
livello operativo) con modulo o servizio di cardiologia pediatrica;
- Servizio di Cardiologia pediatrica;
funzioni:
- come il I livello e inoltre,
- diagnostica incruenta di alto contenuto tecnologico
- diagnostica prenatale
- eventualmente accertamenti diagnostici invasivi
- ricovero in assistenza
- attivita' ambulatoriale.
Terzo livello (funzioni di livello regionale) Hub del I e II livello
Bacino di utenza minimo di 4.000.000-6.000.000 di abitanti - 430.000
0/14 anni - (dimensione interregionale)
strutture:
- Ospedale ad alta specialita' cardiologica e cardiochirurgica
pediatrica e neonatologica e con ampie competenze multidisciplinari;
- Unita' Operative integrate di Cardiologia e Cardiochirurgia
pediatrica (possono essere collocate in Ospedale esclusivamente
pediatrico oppure in ambito cardiologico e cardiochirurgico);
funzioni:
come il II livello e inoltre,
- diagnostica incruenta e cruenta ad alto contenuto tecnologico e di
alta specializzazione
- Cardiologia interventistica e aritmologia interventistica
- trattamento cardiochirurgico delle cardiopatie congenite e
trapianto cardiaco
- terapia intensiva, semi intensiva e di degenza ordinaria per il
cardiopatico congenito.
Follow up del cardiopatico congenito adulto Hub del III livello
necessario in ragione del crescente numero di pazienti operati (o non
operati) con attuale elevata sopravvivenza a medio-lungo termine, per
lo specifico grado di competenze richiesto agli operatori sanitari e
per le particolari problematiche cardiologiche (ed extra cardiache)
presentate da questa categoria di pazienti.
Bacino di utenza: regionale o inter regionale
strutture:
- Unita' Operative inserite o integrate in cardiologie di III livello
con cardiochirurgia con competenza nella patologia congenita;
funzioni:
- controllo clinico e diagnostico strumentale incruento e cruento ad
alto contenuto tecnologico e ad alta specializzazione
(ecocardiografia, emodinamica interventistica, elettrofisiologia,
cardiologia nucleare, ecc.).