DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE 28 febbraio 2000, n. 1378
Direttiva regionale in materia di affidamento familiare (proposta della Giunta regionale in data 1 febbraio 2000, n. 118)
IL CONSIGLIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Vista la deliberazione della Giunta regionale progr. n. 118 dell'1
febbraio 2000, recante in oggetto "Direttiva regionale in materia di
affidamento familiare. Proposta al Consiglio regionale" e che qui di
seguito si trascrive integralmente:
"LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Premesso che:
- la Legge 23 dicembre 1975, n. 698 "Scioglimento e trasferimento
delle funzioni dell'Opera nazionale per la protezione della
maternita' e dell'infanzia" ha trasferito, tra l'altro, alle Regioni
i poteri di vigilanza e controllo su tutte le istituzioni pubbliche e
private per la protezione e l'assistenza della maternita' e
dell'infanzia, nonche' la disciplina dell'esercizio delle funzioni
trasferite;
- il DPR 24 luglio 1977, n. 616 "Attuazione della delega di cui
all'art. 1 della Legge 22 luglio 1975, n. 382" con particolare
riferimento agli artt. 23 e 25, ha trasferito ai Comuni, tra le
altre, le funzioni amministrative relative agli interventi in favore
dei minorenni soggetti a provvedimenti delle autorita' giudiziarie
minorili nell'ambito della competenza civile ed amministrativa e alle
Regioni il compito di determinare gli ambiti adeguati alla gestione
dei servizi sociali e sanitari;
- la Legge 4 maggio 1983, n. 184 "Disciplina dell'adozione e
dell'affidamento dei minori" afferma il diritto del minore ad essere
educato nell'ambito della propria famiglia o, qualora essa risulti
temporaneamente non idonea, in altro nucleo familiare, assegnando
alle Regioni il compito di "determinare le condizioni e le modalita'
di sostegno alle famiglie, persone e comunita' di tipo familiare che
hanno minori in affidamento affinche' tale affidamento si possa
fondare sulla disponibilita' e l'idoneita' all'accoglienza
indipendentemente dalle condizioni economiche" (art. 80, terzo
comma);
- la Legge 8 giugno 1990, n. 142 "Ordinamento delle Autonomie locali"
e successive modificazioni ed integrazioni, conferma la centralita'
di Comuni e Province nella elaborazione delle politiche sociali e
nella gestione dei servizi socio-assistenziali, responsabilizzando
fortemente enti e servizi ad assumere un ruolo nuovo di sviluppo e di
promozione delle risorse presenti a livello territoriale e di
positiva e costante interazione tra pubblica Amministrazione, realta'
sociale e cittadini;
- la Legge 27 maggio 1991, n. 176 "Ratifica ed esecuzione della
Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre
1989", enunciando i diritti fondamentali irrinunciabili dei bambini,
afferma come in tutte le decisioni relative ai fanciulli l'interesse
superiore del minore deve essere una considerazione preminente,
rappresenta un vero e proprio obbligo giuridico per gli Stati di
rendere tali diritti effettivi e concreti, e stabilisce, all'art. 20,
per ogni fanciullo temporaneamente o definitivamente privato del suo
ambiente familiare oppure che non puo' essere lasciato in tale
ambiente nel suo proprio interesse, il diritto ad una protezione,
anche sostitutiva, e ad aiuti speciali dello Stato;
- il DLgs 30 dicembre 1992, n. 502 modificato dal DLgs 7 dicembre
1993, n. 517 "Riordino della disciplina in materia sanitaria"
valorizza ulteriormente il ruolo dei servizi sociali nel contesto
sanitario e la capacita' dei vari soggetti pubblici di individuare
forme di coordinamento e di integrazione nella gestione degli
interventi;
- la Legge 28 agosto 1997, n. 285 "Disposizioni per la promozione di
diritti e di opportunita' per l'infanzia e l'adolescenza" e'
finalizzata alla realizzazione di interventi per favorire la
promozione dei diritti, la qualita' della vita, lo sviluppo, la
realizzazione individuale e la socializzazione dell'infanzia e
dell'adolescenza, con particolare riguardo ai "servizi di sostegno
alla relazione genitori-figli, di contrasto della poverta' e della
violenza, nonche' misure alternative al ricovero dei minori in
istituti educativo-assistenziali" (art. 4);
- la Legge 23 dicembre 1997, n. 451 "Istituzione della Commissione
parlamentare per l'infanzia e dell'Osservatorio nazionale per
l'infanzia" all'art. 4, comma 3, stabilisce che "le Regioni, in
raccordo con le Amministrazioni provinciali, prevedano idonee misure
di coordinamento degli interventi locali di raccolta e di
elaborazione di tutti i dati relativi alla condizione dell'infanzia e
dell'adolescenza" in ambito regionale, fornendo annualmente i dati
raccolti allo Stato;
- il DLgs 31 marzo 1998, n. 112 "Conferimento di funzioni e compiti
amministrativi dallo Stato alle Regioni ed agli Enti locali, in
attuazione della Legge 15 marzo 1997, n. 59", all'art. 132, prevede
che la legge regionale conferisca ai Comuni e agli altri Enti locali
le funzioni e i compiti amministrativi concernenti i servizi sociali
relativi ai minori;
- il DLgs 19 giugno 1999, n. 229 "Norme per la razionalizzazione del
Servizio sanitario nazionale, a norma dell'art. 1 della Legge 30
novembre 1998, n. 419" con particolare riferimento all'art. 3
quinquies, da' mandato alle Regioni di disciplinare l'organizzazione
dei distretti in modo da garantire la continuita' assistenziale,
l'erogazione di prestazioni sociali di rilevanza sanitaria se
delegate dai Comuni, nonche' le attivita' o i servizi consultoriali
per la tutela della salute dell'infanzia, della donna e della
famiglia;
- la L.R. 12 gennaio 1985, n. 2 "Riordino e programmazione delle
funzioni di assistenza sociale" e successive modificazioni ed
integrazioni, disciplina, fra l'altro, le finalita' degli interventi
di assistenza sociale alla famiglia, alla maternita', all'infanzia ed
eta' evolutiva (art. 33) stabilendo che gli stessi devono essere, in
particolare, volti ad assicurare le condizioni materiali, familiari,
affettive, cognitive, relazionali e sociali per un armonico sviluppo
psico-fisico del bambino e dell'adolescente, nonche' la vigilanza sul
funzionamento dei servizi, pubblici e privati, di assistenza sociale
(art. 36, lett. b) e prevede che la Regione emani indirizzi e
direttive per la sua attuazione (art. 10, punto 6);
- la L.R. 14 agosto 1989, n. 27 "Norme concernenti la realizzazione
di politiche di sostegno alle scelte di procreazione ed agli impegni
di cura verso i figli", riconoscendo l'altissima rilevanza personale
e sociale della paternita' e maternita', sostiene la
corresponsabilita' dei genitori negli impegni di cura e di educazione
dei figli e impegna la Regione ad orientare i propri strumenti di
programmazione al perseguimento delle finalita' della legge
potenziando le politiche di settore, adottando criteri tesi a
garantire il coordinamento, l'integrazione e l'unitarieta' delle
stesse, verificandone l'attuazione;
- la L.R. 21 aprile 1999, n. 3 "Riforma del sistema regionale e
locale", all'art. 183, impegna la Regione a promuovere ed incentivare
l'integrazione delle attivita' socio-assistenziali di competenza dei
Comuni con quelle delle Aziende sanitarie, attraverso la
sottoscrizione di accordi, basati su indirizzi definiti dalla Regione
in accordo con gli Enti locali, per individuare i modelli
organizzativi ed i relativi rapporti finanziari, fondati
sull'integrazione organizzativa e professionale delle rispettive
competenze, e, all'art. 187, stabilisce che fino all'entrata in
vigore della riforma organica dell'assistenza sociale, sia confermata
la titolarita' delle funzioni e dei compiti di cui alla L.R.
12/1/1985, n. 2;
- la deliberazione del Consiglio regionale 10 dicembre 1997, n. 777
"Indirizzi per la definizione delle tipologie di intervento sociale a
favore dei minori in relazione alle funzioni di carattere
socio-assistenziale" delinea l'affidamento familiare come un
intervento di alta complessita' educativa e psico-sociale che
richiede elevate competenze professionali, una forte collaborazione
interdisciplinare, attraverso il coinvolgimento di diversi servizi,
con particolare riferimento a quelli educativi, sociali e sanitari,
in ragione della necessita' di garantire interventi adeguati sia ai
bisogni del bambino che della sua famiglia d'origine, sia al sostegno
della famiglia affidataria, sia al riconoscimento economico
dell'importante opera di cura effettuata tramite l'affidamento;
- la propria deliberazione 30 dicembre 1998, n. 2863 "Programma per
la costruzione di un sistema informativo regionale sulla condizione
dell'infanzia e dell'adolescenza in Emilia-Romagna";
- la deliberazione del Consiglio regionale 22 settembre 1999, n. 1235
"Piano sanitario regionale 1999/2001", al Cap. 8, afferma il ruolo
strategico dell'integrazione socio-sanitaria nella programmazione,
organizzazione e gestione dei servizi, prevedendo tra i progetti
speciali quello relativo al sostegno alle famiglie, all'infanzia ed
eta' evolutiva;
considerato che e' obiettivo della Regione Emilia-Romagna valorizzare
l'affidamento familiare come intervento particolarmente significativo
nella rete di opportunita' volte a salvaguardare il diritto del
minore alla sua famiglia, allo sviluppo in un contesto familiare
adeguato, per dare una risposta efficace ai bisogni dei bambini e
degli adolescenti ed un serio aiuto alle difficolta' familiari e
genitoriali, valorizzando le risorse di accoglienza e di "normale
solidarieta'" tra famiglie che la comunita' esprime;
valutato che in questo contesto la Regione Emilia-Romagna ha condotto
e finanziato, negli anni 1996, 1997, 1998, attraverso i fondi della
L.R. 27/89, artt. 11 e 12, un progetto di verifica, valutazione e
rilancio promozionale dell'affidamento familiare su tutto il
territorio regionale, accompagnato da un percorso formativo degli
operatori dei servizi, che ha consentito di mettere in evidenza i
nodi problematici nell'attuazione dell'intervento e quindi di
elaborare proposte strategiche per uno sviluppo omogeneo su tutto il
territorio regionale della qualita' dell'intervento stesso;
considerato che per raggiungere tale scopo siano sempre piu'
necessari operatori con adeguata competenza e preparazione
professionale e servizi integrati, e che pertanto risulta
imprescindibile attivare quelle strategie operative che possano
garantire, su tutto il territorio, modalita' omogenee e concertate di
gestione degli interventi di affidamento familiare e di aiuto alla
famiglia, anche migliorando la collaborazione "di rete";
ritenuto inoltre che la corretta progettazione, organizzazione e
gestione dell'affidamento familiare, sia come intervento complesso di
politica sociale, che come intervento specifico sulla singola
situazione, riguardi non solo gli enti, i servizi e gli operatori
pubblici cui le norme attribuiscono direttamente compiti e funzioni
in materia di tutela, protezione, intervento in favore dell'infanzia
e dell'adolescenza, ma riguardi altresi' tutti quei servizi che,
operando in favore di adulti, entrino in contatto o vengano a
conoscenza di situazioni di disagio e di sofferenza di bambini e
adolescenti, che vanno segnalate ai servizi competenti, nella
considerazione del preminente interesse del minore;
valutato pertanto di assumere le seguenti direttive quale strumento
utile per individuare orientamenti e metodologie di lavoro comuni a
livello territoriale;
considerato che la proposta di documento e' stata sottoposta
all'attenzione dei Coordinatori sociali delle Aziende sanitarie, dei
Responsabili dei Servizi per l'infanzia e l'eta' evolutiva dei Comuni
e delle Amministrazioni provinciali, nonche' delle associazioni
familiari della regione, che hanno espresso le loro osservazioni ed
il loro parere favorevole;
ritenuto che la direttiva allegata costituisca sia un dovuto atto
conclusivo di un percorso di ricerca, studio e formazione che ha
coinvolto operatori delle varie Amministrazioni pubbliche interessate
e delle organizzazioni private, ma anche e soprattutto un atto di
stimolo e di supporto per la costruzione di un lavoro di rete sempre
piu' competente, con adeguati livelli organizzativi e di gestione,
omogeneo su tutto il territorio regionale, in un quadro di chiarezza
e di garanzie reciproche;dato atto del parere favorevole espresso dal
Direttore generale alle Politiche sociali dott. Francesco Cossentino
e dalla Responsabile del Servizio Politiche familiari, per l'infanzia
e l'adolescenza dott.ssa Patrizia Orsola Ghedini in merito
rispettivamente alla legittimita' e alla regolarita' tecnica del
presente atto, ai sensi dell'art. 4, comma 6, della L.R. 41/92 e
della propria deliberazione 2541/95;
su proposta dell'Assessore competente per materia,
a voti unanimi e palesi, delibera:
a) di proporre al Consiglio regionale, per i motivi indicati in
premessa, di approvare l'allegato documento "Direttiva regionale in
materia di affidamento familiare", che fa parte sostanziale ed
integrante della presente deliberazione;
b) di pubblicare l'atto consiliare nel Bollettino Ufficiale della
Regione Emilia-Romagna, assicurandone la piu' ampia diffusione.
DIRETTIVA REGIONALE
IN MATERIA DI AFFIDAMENTO FAMILIARE
1) Premessa
L'affidamento familiare si rivolge a quei bambini e a quelle bambine,
ragazze e ragazzi appartenenti a nuclei familiari nei quali "i
momenti di disagio e di particolare difficolta' non si concretizzano
in una forma esplicita di abbandono morale e materiale di figli/e, ma
in cui un'ulteriore permanenza nella famiglia d'origine potrebbe
incidere negativamente sul loro sviluppo. In tali casi l'inserimento
della/del bambina/o in una famiglia affidataria offre un ambiente
idoneo per una sua crescita armonica in attesa di un cambiamento del
suo nucleo d'origine" (cfr "Infanzia e adolescenza, diritti e
opportunita'", Centro nazionale di documentazione ed analisi
sull'infanzia e l'adolescenza, Firenze, 1998).
L'affidamento familiare trova fondamento nel costante, preminente
impegno che la legislazione italiana - dalla Costituzione alle leggi:
4 maggio 1983, n. 184 "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento
dei minori", 27 maggio 1991, n. 176 "Ratifica ed esecuzione della
Convenzione sui diritti del fanciullo fatta a New York il 20 novembre
1989" e 28 agosto 1997, n.285 "Disposizioni per la promozione di
diritti e di opportunita' per l'infanzia e l'adolescenza" - ha
assunto nell'ambito dei compiti di protezione e promozione
dell'infanzia, dell'adolescenza e della maternita', quali categorie
sociali cui accordare una particolare qualita' ed intensita' di
tutela.
Si tratta di un tipo di protezione che passa prioritariamente
attraverso la cura ed il sostegno dei legami familiari e delle
funzioni genitoriali, ma anche attraverso una dovuta protezione
sostitutiva, ove questi legami non garantiscano in modo adeguato i
diritti del bambino. In tal caso spetta alla societa' civile -
istituzioni e cittadini - la capacita' di costruire un sistema
solidale di reti formali ed informali, professionali ed
associazionistiche, che guarda ai bambini e agli adolescenti come a
un bene comune da salvaguardare e curare.
L'affidamento in se' e' una pratica sociale che nasce gia' molto
tempo prima della Legge 184/83, come intervento assistenziale con
finalita' protettive di minori abbandonati o con situazioni familiari
fortemente compromesse, e riparativo di danni derivanti da
istituzionalizzazioni prolungate.
Le trasformazioni avvenute nell'ultimo ventennio hanno tuttavia
profondamente modificato il quadro nel quale si colloca l'esperienza
dell'affidamento familiare. Si e' infatti affermata a livello
internazionale e nazionale una cultura piu' attenta ai bisogni
dell'infanzia e dell'eta' evolutiva, per cui le persone sono oggi
complessivamente piu' sensibili e consapevoli dei diritti e delle
esigenze di crescita e sviluppo dei bambini e degli adolescenti e
piu' competenti nell'affrontare i loro problemi.
Tale cambiamento culturale ha altresi' trovato espressione ed e'
stato acquisito in modo pregnante in numerosi atti legislativi,
quali, appunto, la Legge 176/91, che facendo propria l'enunciazione
dei diritti fondamentali irrinunciabili dei fanciulli fatta dall'ONU
ha assunto l'impegno di rendere tali diritti effettivi e concreti, e
la Legge 285/97 finalizzata alla realizzazione di interventi che
favoriscano la promozione dei diritti, la qualita' della vita, lo
sviluppo, la realizzazione individuale e la socializzazione
dell'infanzia e dell'adolescenza.
La stessa applicazione della Legge 184/83 ha progressivamente
prodotto importanti effetti tra i protagonisti dell'affidamento
familiare:
- le famiglie affidatarie hanno acquisito nel tempo una maturita'
nello svolgimento del proprio ruolo che le ha rese sempre piu'
competenti nell'esercitare la tutela dei bambini loro affidati e
capaci, se necessario, di sollecitare i servizi ad un piu' incisivo
ruolo di supporto;
- i servizi degli Enti locali e delle Aziende sanitarie offrono oggi
ai bambini, agli adolescenti e alle famiglie una rete maggiormente
articolata e strutturata di opportunita', di supporto alla
genitorialita', anche attraverso l'attivazione di forme di confronto
strutturato e di sostegno reciproco tra le famiglie affidatarie;
- le stesse famiglie d'origine appaiono essere interlocutori piu'
consapevoli sia all'interno dei progetti di recupero che le
riguardano sia nella fruizione delle opportunita' offerte ai loro
figli;
- in diverse realta' si sono stabilite forme di confronto e di
collaborazione tra i servizi e l'associazionismo, che hanno prodotto
importanti risultati sul piano della promozione dell'affidamento
familiare e della tutela dei minori.
Con l'affermarsi di una maggior consapevolezza dei danni derivanti
dall'istituzionalizzazione, e con il crescere di una maggiore
sensibilita' politica e capacita' progettuale, si e' registrato anche
sul piano quantitativo un andamento dell'affidamento familiare che,
pur con qualche difficolta' in alcuni periodi, rivela un'evoluzione
positiva, come si evince dai dati di seguito riportati.
Andamento degli affidamenti familiari
in Emilia-Romagna dal 1981 al 1997
1981 1984 1987 1989 1993 1995 1997
288 323 233 422 391 383 526
Allo stato attuale l'affidamento familiare si caratterizza
soprattutto come intervento particolarmente significativo di risposta
alle esigenze dei minori e di sostegno ai genitori in difficolta':
- all'interno di una rete di opportunita' di tipo educativo,
assistenziale, psicologico ed economico, tutte volte a salvaguardare
il diritto del bambino e dell'adolescente alla sua famiglia e,
comunque, allo sviluppo in un contesto familiare adeguato;
- mirato a garantire la vitalita' del soggetto in eta' evolutiva e
delle sue relazioni familiari, attraverso possibili sistemi di
"caring" che siano insieme personalizzati e di tipo comunitario;
- capace di esprimere una forte valenza riparativa e solidaristica,
tanto piu' efficace quanto piu' espressione di un sistema integrato
di cui fanno parte i servizi, ma anche le risorse di accoglienza, le
associazioni familiari, i gruppi informali che la comunita' puo'
offrire.
2) Oggetto della direttiva
Tra le ipotesi di affidamento previste dalla Legge 4 maggio 1983, n.
184 si qualifica come affidamento familiare quell'intervento attuato
inserendo il minore presso una "famiglia" in senso proprio, cioe'
presso un "nucleo caratterizzato da una propria autonomia di vita
familiare secondo il costume comune e che, conformemente allo stato
di famiglia anagrafico, puo' anche essere unipersonale" (cfr. L.
Sacchetti, "L'affidamento familiare", Maggioli Editore, 1986).
Oggetto della presente direttiva e' l'intervento di affidamento
familiare delineato dalla legge di cui sopra, ovvero l'affidamento di
un minore, che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare
idoneo, ad un'altra famiglia - coppia, coppia con figli, persona
singola (art. 2). Essa lo accoglie e provvede al suo mantenimento ed
alla sua educazione ed istruzione, tenendo conto delle indicazioni
dei genitori ancora esercenti la potesta' o del tutore, ed osservando
le prescrizioni eventualmente stabilite dall'autoria' affidante
(artt. 4 e 5), sulla base di condizioni e modalita' determinate dalle
Regioni affinche' tale affidamento si possa fondare sulla
disponibilita' e l'idoneita' all'accoglienza, indipendentemente dalle
condizioni economiche (art. 80).
3) Destinatari
Alla luce della Legge 176/91, che sancisce come "in tutte le
decisioni relative ai fanciulli l'interesse superiore del minore deve
essere una considerazione preminente" e coerentemente con gli
obiettivi contenuti nella L.R. 21 aprile 1999, n. 3 "Riforma del
sistema regionale e locale" relativamente all'integrazione delle
attivita' socio-assistenziali di competenza dei Comuni con quelle
delle Aziende sanitarie locali, sono destinatari della presente
direttiva:
- gli enti, i servizi e gli operatori pubblici cui le norme statali e
regionali attribuiscono compiti e funzioni in materia di tutela,
protezione, intervento a favore dell'infanzia e dell'adolescenza;
- i servizi e gli operatori che, occupandosi di adulti, entrano in
contatto o vengono a conoscenza di situazioni di disagio e sofferenza
di bambini o adolescenti, o siano in possesso di competenze in grado
di contribuire alla realizzazione di interventi appropriati ed
efficaci sul piano diagnostico, prognostico e di sostegno
terapeutico;
- i soggetti pubblici e privati coinvolti nell'intervento, affinche'
possano trovare nel presente atto lo strumento per operare in un
sistema chiaro e definito di compiti, ruoli e garanzie.
4) Obiettivi della direttiva
Il progetto regionale di valutazione, formazione e orientamento
all'affido familiare, attuato negli anni 1997/1999, ha impegnato
servizi ed operatori, pubblici e privati, in una rilettura attenta ed
approfondita dell'esperienza e le riflessioni emerse hanno
contribuito a mettere a fuoco nodi problematici e proposte
strategiche per la qualificazione dell'intervento.
Gli obiettivi che la Regione Emilia-Romagna intende perseguire con la
presente direttiva sono:
- l'affermazione e la diffusione della cultura dell'affidamento
familiare;
- la qualificazione e lo sviluppo omogeneo dell'affidamento familiare
su tutto il territorio regionale;
- la realizzazione di una forte integrazione tra istituzioni, enti e
servizi, nonche' tra gli enti pubblici e le associazioni interessate
all'intervento;
- la realizzazione di un adeguato e continuo monitoraggio
dell'esperienza.
4.1 Una nuova cultura dell'affidamento familiare
Assumere l'affidamento in una logica di riprogettazione degli
interventi significa esplicitare anche le valenze molteplici che li
connotano sul piano sociale e culturale. Si tratta infatti di
diffondere e far evolvere una cultura capace di cogliere
contemporaneamente piu' elementi:
- la tutela del minore, come riconoscimento del suo diritto alla
famiglia, diritto a che la sua famiglia sia sostenuta nelle sue
competenze genitoriali, sia aiutata a recuperare situazioni di crisi
o difficolta' per poterlo riaccogliere, diritto a che sia un'altra
famiglia a prenderne temporaneamente il posto nell'assolvere quelle
funzioni che in quel momento la prima e' inabilitata ad assicurare;
- il mutuo aiuto familiare e l'accoglienza comunitaria partecipata,
come condizione, e insieme esito, di una progettualita' educativa non
meramente protettiva ed assistenzialistica, che richiede un efficace
lavoro di integrazione tra soggetti e professionalita' diverse;
- la capacita' di fornire aiuto, superando l'improvvisazione,
prevedendo interventi coordinati e finalizzati a produrre cambiamenti
positivi, in una logica di processo orientato non solo dai bisogni,
ma soprattutto dalle risorse, presenti anche nelle famiglie
affidanti;
- una concezione dell'aiuto come normalita', attenta al benessere e
alla salute di tutti i bambini, con piena consapevolezza delle
esigenze che presentano quelli piu' in difficolta', in termini di
cura e di interventi riparativi, tali da richiedere anche una forte
presenza di servizi sanitari e di competenze terapeutiche.
4.2 Qualificare e rendere omogeneo l'affidamento familiare sul
territorio regionale
La qualificazione dell'intervento di affidamento familiare e la sua
omogeneizzazione sul territorio regionale si sostanziano:
- nella definizione delle funzioni, dei compiti e delle
responsabilita' dei diversi soggetti coinvolti nell'affidamento
familiare;
- nell'individuazione dell'assetto organizzativo maggiormente
rispondente ad un'adeguata ed efficace attuazione degli interventi in
tutte le loro articolazioni;
- nella realizzazione di modalita' di integrazione operativa tra
servizi e tra le diverse figure professionali, anche attraverso la
definizione di protocolli operativi:
- nella definizione di condizioni di supporto alla gestione
quotidiana dell'affidamento di un minore.
4.3 L'integrazione dei soggetti e delle competenze
Sono diversi i soggetti, istituzionali e non, che con funzioni
diverse esercitano un ruolo importante nei processi di affidamento
familiare:
- il Comune, in quanto ente titolare delle funzioni
socio-assistenziali di protezione e tutela dei minori - e quindi
anche dell'affidamento familiare - ma anche con compiti di sviluppo e
gestione di servizi sociali ed educativi e, piu' in generale, di
promozione dei diritti dell'infanzia e dell'adolescenza e di
valorizzazione dell'insieme delle risorse presenti nel proprio
territorio;
- l'Azienda Unita' sanitaria locale, in quanto soggetto che dispone
delle risorse e dei servizi sanitari e socio-sanitari necessari al
raggiungimento di obiettivi terapeutico/riabilitativi finalizzati al
benessere e alla salute delle persone - minori e adulti - ed al
recupero di ogni capacita' residua. E' altresi' il soggetto cui i
Comuni possono delegare l'esercizio delle funzioni in materia
socio-assistenziale minorile, da attuarsi tramite il Servizio
sociale;
- l'Amministrazione provinciale, in quanto ente cui competono
funzioni di programmazione e coordinamento dei piani di sviluppo
locali e compiti in materia di raccolta, analisi ed elaborazione di
dati. Il ruolo ad esse attribuito dalle recenti leggi di riforma
della pubblica Amministrazione, sottolineato e ripreso anche dalla
delibera regionale di programma 915/98, attuativa della Legge 285/97,
ne fanno il soggetto privilegiato per la funzione di coordinamento e
di promozione di accordi sovraterritoriali;
- la Magistratura minorile, che costituisce il fulcro dell'attivita'
di protezione e di tutela giudiziaria dei diritti del minore.
Considerato che la Legge 184/83 stabilisce che l'affido familiare non
esclude di per se' un eventuale stato di abbandono, si comprende il
senso che la legge attribuisce al ruolo dell'Autorita' giudiziaria di
garanzia dei diritti del minore rispetto a possibili situazioni di
affidi a tempo indeterminato, quasi adozioni mascherate, o a
comportamenti di dismissione dei genitori dal proprio ruolo. Deriva
da cio' l'importanza di mantenere con la Magistratura minorile un
rapporto di confronto e collaborazione, aperto alla possibilita' di
costruire e adeguare l'intervento alle esigenze reali, supportato e
garantito dalle decisioni giudiziarie.
La Legge 184/83 affida infatti:
- al Giudice tutelare il compito di rendere esecutivo il
provvedimento di affido familiare adottato dal Servizio territoriale
con il consenso dei genitori. Nel caso di un minore che si trovi
sotto tutela, competera' sempre al Giudice tutelare, ex art. 371
Codice civile, su proposta del tutore, di disporre l'affidamento
familiare;
- al Tribunale per i minorenni il compito di delineare con proprio
provvedimento - quale fonte legittimante l'intervento - un
affidamento proposto dal Servizio territoriale nell'interesse del
minore in assenza del consenso dei genitori;
- le famiglie disponibili all'affido e le Associazioni delle
famiglie.
Le famiglie disponibili all'affido, accogliendo un minore in
difficolta' per mantenerlo ed educarlo, gli forniscono quei rapporti
personalizzati indispensabili ad un adeguato sviluppo della
personalita'. Esse sono chiamate a collaborare, nel modo piu' diretto
e coinvolgente, con i Servizi, nel rendersi esse stesse "servizio"
per i bambini ed i ragazzi e a coltivare le capacita' educative e
relazionali necessarie a garantire un intervento competente.
Attraverso la condivisione della vita quotidiana esse possono meglio
cogliere i segnali evolutivi delle situazioni e dei rapporti e
collaborare all'adeguamento dell'intervento.
Le associazioni delle famiglie rivestono un ruolo importante, non
solo nella promozione dell'affidamento familiare e nella formazione e
sostegno alle famiglie affidatarie nelle varie fasi dell'intervento,
ma anche per sollecitare nella comunita' e nei servizi un'attenzione
piu' mirata ai diritti e alle esigenze dei minori, prospettano e
promuovono reti di mutuo-aiuto; contribuiscono alla lettura dei
bisogni e all'analisi delle esperienze; costituiscono un
interlocutore privilegiato dei servizi per la qualificazione ed il
monitoraggio dell'affidamento familiare;
- le organizzazioni di volontariato e le associazioni impegnate nel
settore con finalita' assistenziali, solidaristiche, culturali e
ricreative;
- la scuola, in quanto ambito quotidiano di vita, di educazione, di
socializzazione. Essa riveste un ruolo di grande rilevanza nel
sostenere la positivita' dell'esperienza di affidamento ed e'
coinvolta, in particolare, a due livelli:
- nelle attivita' di sensibilizzazione all'affidamento e nei percorsi
formativi dei propri operatori, nonche' su un piano culturale e
promozionale piu' diffuso;
- nelle singole situazioni, laddove la consapevolezza, la
preparazione e il coinvolgimento dell'insegnante diventano elemento
spesso cruciale nelle relazioni tra i diversi soggetti e nel processo
di accettazione sociale del minore;
- i Centri per le Famiglie. Presenti ormai pressoche' in tutti i
comuni con popolazione superiore ai 50.000 abitanti, essi
rappresentano una risorsa importante per le attivita' che gia'
svolgono e per le potenzialita' che li connotano, in particolare per
quanto riguarda:
- l'organizzazione di uno sportello informativo (almeno
quindicinale), per accogliere le prime forme di interessamento
personale e di domanda di ulteriore conoscenza del problema da parte
di famiglie. Se il numero di famiglie disponibili lo consente, si
introducono, accanto ad incontri di coppia, incontri di gruppo che
verranno riproposti nel corso dell'esperienza di affidamento;
- il necessario supporto che essi possano offrire (anche logistico e
organizzativo) alle attivita' di accompagnamento e sostegno ai gruppi
di famiglie affidatarie, di promozione di forme sperimentali di
aiuto, mutuo-aiuto, di accoglienza leggera e sostegno scolastico, con
particolare attenzione ai minori a rischio, ma non ancora segnalati
ai servizi territoriali;
- la promozione di occasioni di incontro di gruppo e di
sensibilizzazione, in collaborazione con le associazioni e i diversi
soggetti interessati.
4.4 L'assetto organizzativo
L'affidamento familiare e' un intervento di pertinenza del Servizio
sociale dell'ente che gestisce le funzioni socio-assistenziali per i
minori, il quale si rende garante dell'espletamento di tutte le
attivita' connesse sia alla gestione che alla progettazione e
promozione dell'intervento, nonche' della ricomposizione delle
competenze e degli interventi sulla singola persona.
Al Servizio sociale compete promuovere e stipulare accordi e
protocolli operativi e concordare le modalita' organizzative per la
gestione integrata dell'affidamento con gli altri servizi coinvolti
sia nella fase della lettura del bisogno che in quella attuativa
dell'intervento, ottemperando cosi' anche al dettato dell'art. 183
della L.R. 3/99.Infatti, ai sensi della L.R. 3/99, il comparto
sociale e il comparto sanitario, attraverso la sottoscrizione di
accordi, basati su indirizzi definiti dalla Regione in collaborazione
con gli Enti locali, sono tenuti a individuare i modelli
organizzativi ed i relativi rapporti finanziari, fondati
sull'integrazione organizzativa e professionale delle rispettive
competenze, per garantire la ricomposizione degli interventi sulla
persona.
Il Servizio sociale inoltre attuera' una stretta collaborazione con i
Centri per le Famiglie comunali o con altro servizio locale a valenza
socio-educativa e con le associazioni di volontariato familiare, per
le attivita' di accoglienza e orientamento delle famiglie disponibili
all'affido, la promozione di reti di mutuo-aiuto, il sostegno e la
formazione all'affido.
4.5 Il lavoro d'e'quipe: e'quipe centralizzata ed e'quipes
territoriali
L'attuazione dell'affidamento familiare, per l'alta complessita'
sociale che lo caratterizza, richiede l'apporto stabile e
continuativo di professionalita' diverse. Pertanto, l'ente
esercitante le funzioni in materia di affidamento familiare, si
dotera', in rapporto alla propria organizzazione territoriale, di due
o piu' e'quipes, come indicate di seguito, alle quali attribuire
compiti specifici:
1) un'e'quipe centralizzata, che garantisca le condizioni necessarie
perche' l'affidamento familiare si realizzi in modo competente, in
particolare per quanto riguarda: - la promozione e la
sensibilizzazione della comunita' all'affidamento familiare, nonche'
l'orientamento e la valutazione delle famiglie candidate all'affido;
- la formazione, l'aggiornamento e la supervisione degli operatori; -
la proposta e la stipula di protocolli operativi con gli altri
servizi socio-sanitari ed educativi; - l'individuazione di indicatori
di qualita' dell'intervento e di strumenti omogenei di monitoraggio
dell'esperienza e di valutazione del servizio reso; - la cura dei
rapporti istituzionali con i soggetti interessati e l'attivazione
delle consulenze finalizzate a garantire l'apporto delle competenze
specialistiche necessarie all'efficacia degli interventi; - la
realizzazione di reti familiari, la predisposizione di posti e
strutture di pronta accoglienza, onde evitare affidi, effettuati in
condizioni di emergenza; - la cura delle informazioni attraverso la
predisposizione di banche dati. L'esigenza di tempestivita' e
appropriatezza degli abbinamenti rendono necessaria la costituzione a
livello centrale di una banca dati delle risorse familiari, cosi'
come spetta al livello centralizzato garantire la raccolta, la
sintesi e l'invio alle Amministrazioni provinciali e regionale dei
dati aggregati derivanti dalle informazioni acquisite a livello
territoriale;
2) una o piu' e'quipes territoriali - di distretto, di zona, di
circoscrizione, in base all'organizzazione territoriale dei servizi
dell'ente gestore che esercita la funzione - con il compito di
attuare gli affidamenti, in particolare per quanto riguarda: -
l'attivita' di accoglienza delle richieste di informazioni generali e
l'invio all'e'quipe centralizzata delle famiglie disponibili; -
l'individuazione dei minori a rischio per i quali e' proponibile un
intervento di affido familiare; - l'elaborazione e la gestione del
progetto di intervento nei confronti del minore e della famiglia
d'origine; - la formulazione del contratto di affido, quale
elaborazione scritta di traduzione operativa del progetto all'interno
del quale sono definiti gli impegni che i servizi e le famiglie,
d'origine e affidataria, si assumono; - la verifica periodica
dell'evoluzione della situazione e di eventuali affidamenti da
mettere in atto in stretto rapporto con la Magistratura minorile; -
l'inserimento e l'aggiornamento delle informazioni sui singoli minori
nella banca dati gestionale del sistema informativo socio-
assistenziale minori.
Tali e'quipes, costituite presso il Servizio sociale, sono composte,
come minimo, da un'assistente sociale e da uno psicologo, assegnati a
questo compito dal proprio Servizio di appartenenza, e sono
organizzate in modo da prevedere sia ore di lavoro congiunto che di
lavoro individuale, per un monte ore determinato in accordo tra gli
Enti e i Servizi interessati. Tale monte ore deve tener conto di
tutto il complesso delle attivita' da assicurare a supporto
dell'affido.
Le e'quipes possono essere integrate da altre professionalita',
soprattutto in relazione alle attivita' di promozione, di accoglienza
e di orientamento delle disponibilita', di affiancamento e di
supporto all'azione educativa degli affidatari e al progetto di
recupero delle competenze educative degli affidanti.
Le e'quipes, secondo il loro diverso livello di competenza,
promuovono la collaborazione, anche continuativa, e attivano le
consulenze di altri Servizi - in particolare di quelli sanitari - e
delle competenze professionali necessarie al buon esito
dell'intervento.
I Servizi e gli operatori interpellati sono tenuti ad aderire alla
richiesta secondo le modalita' concordate tra Amministrazioni e/o tra
Servizi.
4.6 Il coordinamento provinciale
Con l'obiettivo di individuare, all'interno di una dimensione
territoriale piu' ampia, strategie condivise ed efficaci per
l'attuazione degli interventi (di sensibilizzazione del tessuto
sociale e dei mass-media, di formazione e valutazione, di raccolta e
di analisi dei dati e delle informazioni) e coerentemente con gli
indirizzi regionali di attuazione della Legge 285/97, risulta
particolarmente significativo l'attuazione di un coordinamento, da
realizzarsi su base provinciale, tra i diversi soggetti,
istituzionali e non, pubblici e privati e tra i servizi.
L'e'quipe centralizzata e/o il coordinamento provinciale redigeranno
annualmente una relazione valutativa, che illustri le attivita'
svolte e le decisioni prese in materia di affido nel proprio
territorio, sulla base di strumenti omogenei e di indicatori
concordati a livello regionale, tenendo conto dei diversi destinatari
- il proprio ente, la Regione, l'Autorita' giudiziaria, la
cittadinanza - nel rispetto dei diritti di riservatezza e con la
tutela dell'anonimato delle persone.
Alla redazione della relazione annuale partecipano in forma
paritetica rappresentanti delle associazioni che si occupano
dell'affido in ambito territoriale con la facolta' di redigere in
appendice le proprie osservazioni sull'attivita' svolta.
La relazione annuale sara' resa pubblica.
5) Le responsabilita' dei Servizi verso i protagonisti
dell'affidamento familiare
L'affidamento familiare va visto come un processo dinamico in
rapporto all'evoluzione della situazione della famiglia d'origine e
dei bisogni del minore, nonche' sulla base della verifica e della
valutazione dei risultati in divenire.
Esso implica la fiducia da parte degli operatori e della famiglia
affidataria nella possibilita' di mutare la situazione di disagio e
di promuovere i punti di forza e le risorse reciproche, ivi compresa
la capacita' della famiglia d'origine di esprimere e sviluppare forme
di autopromozione e tutela.
5.1 Gli interventi a favore del minore
Una condizione preliminare per l'attuazione di un affidamento e'
quella di prefigurarne la portata, in termini di una doppia
appartenenza familiare, che esso propone ad un bambino, soprattutto
se le difficolta' familiari e le sue situazioni di sofferenza
richiedono una separazione di non breve durata.
La valutazione dell'attaccamento tra genitori e bambino e degli
elementi di qualita' che lo connotano, e' decisiva per un corretto
utilizzo dell'affidamento, affinche' esso davvero costituisca per il
bambino una nuova occasione di crescita e non una semplice
collocazione dettata da ragioni meramente assistenziali o, ancor
peggio, un ulteriore fattore di rischio.
Le e'quipes incaricate dovranno pertanto:
- svolgere un percorso valutativo approfondito, diagnostico e
prognostico, di tipo psico-sociale, che accerti come le condizioni,
le modalita' relazionali, le disfunzionalita', le difficolta' e le
risorse presenti nella famiglia considerata incidono sul vissuto del
bambino;
- individuare una figura autorevole che, in modo continuativo, curi
una relazione fiduciaria col bambino;
- attuare un progetto capace di far interagire gli ambienti e le
figure piu' significative nell'esperienza di vita del bambino, in una
logica di integrazione sul piano istituzionale e professionale.
All'e'quipe territoriale e' attribuita la regia del progetto, con la
prerogativa di richiedere il coinvolgimento degli altri operatori o
servizi necessari per condurre un intervento complessivamente
efficace. Considerata inoltre la complessita' che tale intervento
comporta, in particolare per l'intenso lavoro di rete che esso
richiede tra servizi e tra famiglie e' necessario inoltre individuare
chi ne tiene il filo conduttore, ovvero una figura di riferimento,
con compiti di coordinamento (degli incontri, degli impegni assunti,
ecc.). Tale figura professionale, stante la priorita' attribuita
all'interesse del minore, e' individuata nella figura dell'assistente
sociale dell'e'quipe incaricata, alla quale compete altresi'
coordinare il risultato degli interventi delle varie professionalita'
che lavorano su quel progetto di affido.
Tale figura opera con le reti formali ed informali, sanitarie ed
educative, collaborando con il Tribunale per i minorenni e il Giudice
tutelare, affinche' l'affidamento abbia l'esito progettato nei tempi
concordati, o venga rielaborato un progetto piu' adeguato ai problemi
che talvolta emergono nel corso stesso dell'affidamento e che non
possono essere rigidamente definiti a priori.
5.2 Gli interventi a favore della famiglia d'origine
Il progetto di affidamento e' anche un progetto di cura del legame
con i genitori.
I genitori in difficolta' sono adulti che faticano a sostenere un
bagaglio personale di sofferenza, ad uscire da eventi critici
familiari, quali lutti, perdite, trasferimenti, fallimenti o altre
vicende dolorose. Spesso si tratta di adulti soli e con l'aggravante
di un contesto socio-economico e culturale sfavorevole e che possono
tuttavia, se aiutati, migliorare la loro situazione e quella dei
figli.
Un affidamento adeguatamente progettato e monitorato costituisce
anche una strategia di intervento educativo, sia a carattere
preventivo che a carattere riparativo/terapeutico, attraverso la
trasformazione che le relazioni affidatarie possono determinare anche
nelle relazioni sviluppatesi all'interno del nucleo di appartenenza.
Per avere successo il progetto di affidamento va il piu' possibile
condiviso con i genitori, condizione favorevole per una migliore
accettazione dello stesso anche da parte del bambino.
Le e'quipes incaricate dovranno pertanto:
- effettuare una valutazione diagnostica e prognostica approfondita
delle capacita' genitoriali e degli interventi possibili utili alla
loro evoluzione, anche con il contributo dei servizi di cura
specialistica (SERT, Salute mentale), soprattutto se hanno gia' in
carico i genitori;
- attuare una presa in carico differenziata, e connessa con i
medesimi servizi di cura degli adulti, dei problemi dei genitori
attraverso interventi di facilitazione all'accesso e all'uso di
risorse e servizi di sostegno, di mediazione, terapeutici, a seconda
delle difficolta' riscontrate;
- monitorare il processo evolutivo della famiglia d'origine per
valutare e regolare i rapporti con il bambino e la famiglia
affidataria, programmando modi e tempi per il rientro del minore in
famiglia o per assumere tempestivamente altre decisioni che si
rendessero necessarie.
Il contesto valutativo della situazione familiare e' preliminare
all'intervento, sia che questo si possa costruire attraverso la
richiesta d'aiuto degli interessati sia che avvenga su disposizione
della Magistratura minorile.
Qualora la valutazione si sia conclusa costruttivamente, con una
prognosi favorevole alla ripresa dell'adeguatezza genitoriale,
nonche' con la disponibilita' della famiglia a farsi aiutare, si
potra' procedere contestualmente da un lato agli interventi in favore
dei genitori, dall'altro all'affidamento del minore, che fruira'
cosi' dei rapporti positivi presenti nella famiglia affidataria,
mentre i suoi genitori sono aiutati a cambiare e a prepararsi al suo
rientro.
5.3 Gli interventi a favore della famiglia affidataria
La famiglia affidataria e' un nucleo mono o pluriparentale che,
accogliendo il minore al proprio interno, gli offre un contesto
positivo sul piano relazionale ed educativo, con l'obiettivo di
restituirgli il senso della normalita', della crescita e del suo
percorso di vita. I genitori affidatari sono innanzitutto adulti che
hanno fiducia nei cambiamenti: in quelli propri e in quelli delle
famiglie dei bambini.
Sono genitori disposti a tollerare la crescita lenta ed incerta del
bambino affidato, ma soprattutto dei suoi genitori; sono veramente
interessati al rientro del bambino a casa sua, a collaborare con gli
operatori, con altre famiglie, col giudice, se necessario.
Sono i referenti privilegiati nella lettura dei segnali di disagio,
di evoluzione e di cambiamento del bambino affidato che possono
contribuire ad adeguare tempestivamente l'intervento al modificarsi
della situazione.
Le e'quipes incaricate dovranno pertanto:
- condurre l'indagine motivazionale sulle singole famiglie in senso
dinamico e processuale, non solo al momento della dichiarazione di
disponibilita', ma anche nel corso e al termine dell'esperienza;
- offrire un percorso orientativo e formativo delle famiglie
accoglienti, particolarmente intenso per gli affidamenti di tipo
riparativo/terapeutico;
- predisporre attivita' di sostegno alle singole famiglie durante e
al termine dell'esperienza di affidamento e attivita' di confronto e
motivazionali di gruppo con famiglie gia' affidatarie e con affidi in
atto;
- facilitare l'uso e l'accesso del nucleo affidatario, in quanto
nucleo di riferimento per quel bambino in quel dato periodo, ai
servizi di sostegno al bambino e alla genitorialita', di mediazione,
offerti dal territorio;
- effettuare il monitoraggio e la valutazione dell'esperienza;
- determinare l'importo del contributo economico mensile in relazione
alle condizioni del bambino e degli obiettivi da raggiungere, nonche'
fornire le informazioni relative agli adempimenti ed agli impegni
connessi all'accoglienza di un minore.
6) Il sistema informativo
L'intervento di affido familiare in tutte le sue fasi e i suoi
aspetti promozionali e gestionali, richiede l'uso di strumenti
informativi in grado di cogliere gli elementi piu' significativi
relativi sia alle singole situazioni che di contesto.
La presenza di un sistema informativo assicura la disponibilita' dei
dati significativi per la lettura dello stato dei servizi e degli
interventi, nonche' per l'analisi dei bisogni e delle risorse
necessari alla programmazione e ad un corretto utilizzo delle stesse
risorse.
Nel rispetto di quanto previsto dalla Legge 31 dicembre 1996, n. 675,
si precisa che i soggetti operanti nel sistema di promozione e
protezione sociale sono tenuti a fornire i dati necessari al sistema
informativo alle Regioni e alle Province, e che tali istituzioni sono
autorizzate al trattamento, comunicazione e diffusione in forma
aggregata dei dati raccolti, con modalita' che non consentano
l'identificazione personale.
Allo scopo di consentire l'attivita' informativa necessaria alla
conoscenza e valutazione sistematica dell'affidamento familiare in
Emilia-Romagna si rendono necessari alcuni strumenti, quali:
- l'utilizzo del sistema informativo socio-assistenziale regionale
minori, predisposto dalla Regione con la deliberazione 30 dicembre
1998, n. 2863 ed in fase di realizzazione, come strumento gestionale
di organizzazione delle informazioni relative alle singole
situazioni, utile sia agli operatori che hanno in carico i casi, che
per la raccolta sistematica di dati di sintesi ad uso dei livelli di
programmazione degli enti;
- la predisposizione di una banca dati delle risorse familiari a
livello centralizzato e/o provinciale, finalizzata sia alla
conoscenza delle famiglie disponibili al momento in cui si rende
necessario effettuare un affido, sia allo scambio di informazioni tra
le varie realta' territoriali, anche laddove l'affidamento non sia
possibile nel territorio di appartenenza del bambino;
- l'utilizzo di sistemi informativi, di cui sono dotati o si
doteranno i servizi territoriali, se compatibili, o resi tali, con le
informazioni e le modalita' di, raccolta dei dati richieste dal
sopraddetto sistema informativo socio-assistenziale regionale minori.
Al fine di garantire la massima sicurezza dell'accesso ai dati,
verra' previsto un sistema informatico di custodia e controllo ai
dati personali, accessibile solo ai responsabili incaricati.
Tali strumenti fanno parte integrante dei flussi informativi e
conoscitivi sulla condizione dei minori in Italia che le Regioni e le
Province autonome sono tenute a fornire al Centro nazionale di
documentazione per l'infanzia e l'adolescenza ai sensi dell'art. 4
della Legge 451/97. Sono altresi' compresi tra gli elementi
costitutivi del progetto istitutivo dell'Osservatorio regionale
sull'infanzia e l'adolescenza.
7) Il contributo economico
Investire economicamente sull'affidamento non vuol dire solo
aumentare il contributo a favore delle famiglie affidatarie per
sollevarle dagli oneri derivanti dal mantenimento di un minore al
quale non sono tenute, ma significa riconoscere il grande rilievo del
ruolo sociale che esse rivestono in questa fase, nonche' l'importante
lavoro educativo e di cura che esse agiscono nei confronti del
bambino e del ragazzo che hanno accolto.
La Regione, con la deliberazione 10 dicembre 1997, n. 777, ha
individuato come soglia minima mensile di contributo per le famiglie
affidatarie una quota almeno pari al minimo vitale definito
annualmente dall'ISTAT.
Il rapporto 1998 "Famiglie e politiche sociali in Emilia-Romagna"
rileva peraltro come il costo medio di un figlio in una famiglia nel
nord si aggiri tra 940.000 e 2.600.000 lire mensili.
La quota precedentemente indicata dalla Regione come contributo
mensile a sostegno dell'affidamento familiare e' pertanto da
ritenersi non piu' adeguata, e viene conseguentemente ridefinita, ai
sensi dell'art. 80 della Legge 184/83, nel modo seguente:
- la soglia minima di contributo a sostegno dell'affidamento
familiare a tempo pieno e' quantificata in Lire 1.000.000 mensili a
partire dall'approvazione del presente atto, con adeguamenti annuali
progressivi pari all'incremento del costo della vita, calcolato in
base agli indici ISTAT;
- possibili variazioni vanno previste esclusivamente in aumento, in
relazione a bisogni o situazioni specifiche (presenza di bambini
disabili, situazioni di grave disagio, affidi plurimi, ecc.);
- a fronte di particolari situazioni e obiettivi andranno previste le
necessarie integrazioni.
8) Impegni della Regione Emilia-Romagna
La Regione Emilia-Romagna si impegna, dal canto suo, attraverso
l'adozione di propri provvedimenti a:
- delineare, di concerto con gli Assessorati competenti - in
particolare gli Assessorati alla Sanita' e alla Scuola - e di
concerto con gli Enti locali, possibili agevolazioni sul costo di
servizi (rette di iscrizione ai servizi educativi, refezioni
scolastiche, buoni libro, soggiorni di vacanza, ecc.) da applicare
alle famiglie che hanno in affido un minore, indipendentemente dal
loro reddito;
- attivare un tavolo di coordinamento regionale in materia di
affidamento familiare, con la presenza dei soggetti pubblici e
privati interessati, con il compito di verificare e monitorare
l'applicazione della presente direttiva e formulare proposte di
adeguamento, di sviluppo e di formazione;
- individuare le modalita' piu' opportune per sostenere, anche
economicamente, la qualificazione e lo sviluppo dell'affidamento
familiare nel territorio regionale ed il raggiungimento degli
obiettivi previsti dalla presente direttiva.".
Visto il favorevole parere espresso al riguardo dalla Commissione
referente "Sicurezza sociale" di questo Consiglio regionale, giusta
nota prot. n. 2069 del 18 febbraio 2000;
previa votazione palese, a maggioranza dei presenti,
delibera:
di approvare le proposte formulate dalla Giunta regionale con
deliberazione in data 1 febbraio 2000, progr. n. 118, riportate nel
presente atto deliberativo.