SENTENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE 20 aprile 1998, n. 133
Giudizio di legittimita' costituzionale del comma 5 dell'art. 24 della L.R. 12/84 in materia di edilizia residenziale pubblica (nel testo modificato dall'art. 22 della L.R. 16 marzo 1995, n. 13)
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: dott. Renato Granata, Presidente - prof.
Francesco Guizzi - prof. Cesare Mirabelli - prof. Fernando
Santosuosso - avv. Massimo Vari - dott. Cesare Ruperto - dott.
Riccardo Chieppa - prof. Gustavo Zagrebelsky - prof. Valerio Onida -
prof. Carlo Mezzanotte - avv. Fernanda Contri - prof. Guido Neppi
Modona - prof. Piero Alberto Capotosti - prof. Annibale Marini,
giudici
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 5,
della legge della Regione Emilia-Romagna 16 marzo 1995, n. 13
(Modifiche e integrazioni alla L.R. 14 marzo 1984, n. 12, in materia
di assegnazione, gestione, decadenza e disciplina dei canoni degli
alloggi di edilizia pubblica, come modificata dalla L.R. 2 dicembre
1988, n. 50, e ulteriori modificazioni), promosso con ordinanza
emessa il 29 gennaio 1997 dal Pretore di Rimini, nel procedimento
civile vertente tra Luigi Makuc e il Comune di Rimini, iscritta al n.
205 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell'anno 1997.
Udito nella Camera di Consiglio del 28 gennaio 1998 il Giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Pretore di Rimini, nel procedimento di opposizione avverso il
provvedimento del sindaco di detta citta', che aveva dichiarato
decaduto dall'assegnazione di un alloggio di edilizia residenziale
pubblica il beneficiario della medesima, in quanto non lo avrebbe
abitato stabilmente, con ordinanza del 28 gennaio 1997, solleva
questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 5, della
Legge della Regione Emilia-Romagna 16 marzo 1995, n. 13 (Modifiche e
integrazioni alla L.R. 14 marzo 1984, n. 12, in materia di
assegnazione, gestione, decadenza e disciplina dei canoni degli
alloggi di edilizia pubblica, come modificata dalla L.R. 2 dicembre
1988, n. 50, e ulteriori modificazioni), nella parte in cui
stabilisce che "contro il provvedimento del sindaco si applica la
procedura prevista dagli ultimi tre commi dell'art. 11 del DPR 30
dicembre 1972, n. 1035", in riferimento agli artt. 108 e 117 della
Costituzione.
2. Nel giudizio pretorile, la parte ricorrente, pregiudizialmente, ha
sostenuto la giurisdizione del giudice adito, sul rilievo che il
provvedimento impugnato inciderebbe su un proprio diritto soggettivo.
Il Comune di Rimini, in persona del sindaco protempore, ha, invece,
eccepito il difetto di giurisdizione, deducendo che, a seguito della
dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 23 della Legge della
Regione Emilia-Romagna 14 marzo 1984, n. 12 (sentenza n. 727 del
1988), mancherebbe la norma attributiva della potestas judicandi al
Pretore. In contrario, a suo avviso, neppure potrebbe essere invocato
l'art. 11, tredicesimo comma, del DPR 30 dicembre 1972, n. 1035 dato
che la disposizione disciplina una fattispecie diversa da quella
oggetto del giudizio ed e' inapplicabile per analogia, in quanto ha
natura di norma eccezionale.
3. Il Pretore di Rimini, nell'ordinanza di rimessione, premette che
proprio la norma denunziata radica la sua giurisdizione sulla
controversia ed esplicita le argomentazioni che inducono a ritenerne
l'applicabilita', nonostante la legge regionale che la reca sia stata
emanata successivamente al deposito del ricorso, e quindi fanno
ritenere rilevante la questione di legittimita' costituzionale.
In ordine alla non manifesta infondatezza, il giudice rimettente
osserva che l'art. 11, tredicesimo comma, del DPR n. 1035 del 1972,
stabilisce che l'opposizione avverso il provvedimento di decadenza
dall'assegnazione dell'alloggio di edilizia residenziale pubblica
adottato dal presidente dell'Istituto autonomo case popolari deve
essere proposta innanzi al Pretore del circondario in cui e' ubicato
l'immobile.
La norma regionale impugnata, stabilendo analogo principio per i
provvedimenti di decadenza adottati dal sindaco, violerebbe gli artt.
108 e 117 della Costituzione, dato che la Regione non ha potesta'
legislativa nella materia della giurisdizione, che e'
inderogabilmente riservata al legislatore statale. Inoltre, a suo
avviso, la violazione di entrambi i parametri costituzionali neppure
e' esclusa dalla circostanza che la disposizione censurata stabilisce
la giurisdizione del Pretore attraverso il richiamo della norma
statale.
4. Le parti del processo principale non si sono costituite; la
Regione Emilia-Romagna non ha spiegato intervento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La questione di legittimita' costituzionale sollevata
dall'ordinanza in epigrafe investe l'art. 22, comma 5, della Legge
della Regione Emilia-Romagna 16 marzo 1995, n. 13, nella parte in cui
prevede che contro il provvedimento del sindaco che dispone la
decadenza dall'alloggio di edilizia residenziale pubblica "si applica
la procedura prevista dagli ultimi tre commi dell'art. 11 del DPR 30
dicembre 1972, n. 1035", che, a sua volta, stabilisce che il suddetto
provvedimento e' impugnabile innanzi "al Pretore del luogo nel cui
mandamento" e' situato l'alloggio.
Secondo il giudice a quo, la norma regionale impugnata - che peraltro
riproduce l'art. 23 della Legge della Regione Emilia-Romagna 14 marzo
1984, n. 12, gia' dichiarato, con sentenza n. 727 del 1988,
costituzionalmente illegittimo - richiamando il dettato della
disposizione statale, intende "legiferare in materia di tutela
giurisdizionale di diritti ed interessi legittimi", violando cosi'
gli artt. 108 e 117 della Costituzione, in quanto non rientrerebbe
nelle competenze regionali la disciplina della materia
giurisdizionale, riservata alla legge dello Stato.
2. La questione e' fondata.
Secondo la costante e consolidata giurisprudenza di questa Corte,
concernente proprio disposizioni molto spesso identiche a quella in
esame, il legislatore regionale non puo' emanare norme che prevedano
rimedi giurisdizionali, ovvero dispongano in ordine a poteri o
facolta' dell'Autorita' giudiziaria, in quanto l'art. 108 della
Costituzione riserva la materia della giurisdizione e quella
processuale alla competenza del legislatore statale (tra le piu'
recenti, le sentenze n. 390 del 1996, nn. 76 e 459 del 1995, nn. 303
e 457 del 1994, n. 210 del 1993). La violazione di tale parametro,
d'altra parte, non puo' neppure essere esclusa, secondo quanto
affermato da questa Corte in fattispecie identica a quella ora in
esame, "sulla base del rilievo che la norma regionale impugnata si e'
limitata a fare rinvio alla normativa statale contenuta nell'art. 11,
comma 13, del DPR 30 dicembre 1972, n. 1035, perche' le Regioni in
nessun caso possono emanare leggi in materia soggette a riserva di
legge statale, comportando cio' un'indebita novazione della fonte con
la forza e le conseguenze che ne derivano" (sentenza n. 457 del 1994,
nonche' sentenze nn. 210 del 1993, nn. 203 e 615 del 1987).
Nel quadro di tali principi, pertanto, la norma censurata viola
l'art. 108 della Costituzione, disciplinando una materia, che e' al
di fuori delle competenze regionali fissate dall'art. 117 della
Costituzione.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 5, della
Legge della Regione Emilia-Romagna 16 marzo 1995, n. 13 (Modifiche e
integrazioni alla L.R. 14 marzo 1984, n. 12, in materia di
assegnazione, gestione, decadenza e disciplina dei canoni degli
alloggi di edilizia pubblica, come modificata dalla L.R. 2 dicembre
1988, n. 50, e ulteriori modificazioni).
Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo
della Consulta, il 20 aprile 1998.
PRESIDENTE REDATTORE
Renato Granata (firma illeggibile)
CANCELLIERE
Giuseppe Di Paola
Depositata in Cancelleria il 23 aprile 1998.
IL DIRETTORE DELLA CANCELLERIA
G. Di Paola