DELIBERAZIONE DEL CONSIGLIO REGIONALE 10 dicembre 1997, n. 779
Direttiva sui requisiti funzionali e strutturali, sulle procedure per il rilascio, la sospensione, la revoca dell'autorizzazione al funzionamento e sui criteri di vigilanza per le comunita' socio-assistenziali residenziali e semiresidenziali per minori (proposta della Giunta regionale in data 14 ottobre 1997, n. 1843)
IL CONSIGLIO DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
richiamata la deliberazione progr. n. 1843, del 14 ottobre 1997, con
cui la Giunta regionale ha assunta l'iniziativa per "Direttiva sui
requisiti funzionali e strutturali, sulle procedure per il rilascio,
la sospensione, la revoca dell'autorizzazione al funzionamento e sui
criteri di vigilanza per le comunita' socio-assistenziali
residenziali e semiresidenziali per minori";
preso atto delle modifiche ed integrazioni apportate sulla predetta
proposta dalla Commissione consiliare "Sicurezza sociale", in sede
preparatoria e referente al Consiglio regionale, giusta nota prot. n.
481/II.6 in data 2 dicembre 1997;
vista la Legge 23 dicembre 1975, n. 698 "Scioglimento e trasferimento
delle funzioni dell'Opera nazionale per la protezione della
maternita' e dell'infanzia" che trasferisce alle Regioni le funzioni
amministrative, di programmazione ed indirizzo gia' esercitate
dall'ONMI, ed in particolare l'art. 2, comma II, che assegna alle
Regioni i poteri di vigilanza e controllo su tutte le istituzioni
pubbliche e private per la protezione e l'assistenza della maternita'
e dell'infanzia;
visto il DPR 24 luglio 1977, n. 616 "Attuazione della delega di cui
all'art. 1 della Legge 22 luglio 1975, n. 382", ed in particolare gli
artt. 23 e 25, che trasferiscono ai Comuni, tra le altre, le funzioni
amministrative relative agli interventi in favore di minorenni
soggetti a provvedimenti delle autorita' giudiziarie minorili
nell'ambito della competenza civile ed amministrativa;
vista la Legge 4 maggio 1983, n. 184 "Disciplina dell'adozione e
dell'affidamento dei minori" che sancisce il diritto del minore ad
essere educato nella propria famiglia e, solo qualora sia privo di un
ambiente familiare idoneo, stabilisce che il minore stesso possa
essere affidato ad altra famiglia, ad una persona singola, ad una
comunita' di tipo familiare e, solo residualmente, collocato in un
istituto di assistenza;
visto il DLgs 28 luglio 1989, n. 272 "Norme di attuazione, di
coordinamento e transitorie del DPR 22 settembre 1988, n.448 recante
disposizioni sul processo penale a carico di imputati minorenni" che
all'art. 10 prescrive che le comunita' che operano in campo
adolescenziale siano riconosciute o autorizzate a funzionare dalla
Regione competente;
vista la Legge 28 agosto 1997, n. 285 "Disposizioni per la promozione
di diritti e di opportunita' per l'infanzia e l'adolescenza", con
particolare riguardo all'art. 4: "Servizi di sostegno alla relazione
genitori-figli, di contrasto della poverta' e della violenza, nonche'
misure alternative al ricovero dei minori in istituti
educativo-assistenziali";
vista la propria deliberazione n. 1980 del 28 giugno 1977 "Direttiva
per l'esercizio delle funzioni amministrative di vigilanza e
controllo sulle istituzioni pubbliche e private per l'assistenza e la
protezione della maternita', dell'infanzia e dei minori" che da'
disposizioni per l'esercizio della vigilanza sugli interventi e sui
requisiti per il funzionamento delle strutture socio-assistenziali
per i minori;
vista la L.R. 12 gennaio 1985, n. 2 "Riordino e programmazione delle
funzioni di assistenza sociale" che agli artt. 9, 36 lett. b) e 37,
stabilisce che le strutture socio-assistenziali debbano essere in
possesso dei requisiti minimi per l'autorizzazione e il funzionamento
individuati dal Consiglio regionale e che sono delegate ai Comuni le
funzioni di vigilanza in merito;
vista la deliberazione della Giunta regionale n. 3024 del 20 giugno
1989 "Direttiva sui requisiti funzionali e strutturali, sulle
procedure per il rilascio, la sospensione, la revoca
dell'autorizzazione al funzionamento delle strutture
socio-assistenziali residenziali e semiresidenziali, nonche' sui
criteri di vigilanza ai sensi degli artt. 9, 36 e 37 della L.R. 12
gennaio 1985, n. 2" che, alla parte III, aggiorna le indicazioni
circa i requisiti generali, strutturali e di accessibilita' e
funzionali, delle strutture socio-assistenziali per minori;
vista la deliberazione del Consiglio regionale n. 560 dell'11 luglio
1991 "Direttiva sull'autorizzazione al funzionamento di strutture
socio-assistenziali per cittadini portatori di handicap e per anziani
ai sensi della L.R. 12 gennaio 1985, n. 2, artt. 9, 36 e 37" che, ai
punti 3 e 4 delle disposizioni generali, fornisce indicazioni sulle
procedure per il rilascio dell'autorizzazione al funzionamento e sui
criteri di vigilanza di strutture socio-assistenziali;rilevato come
la politica di deistituzionalizzazione dei minori, perseguita dalla
Regione Emilia-Romagna, abbia orientato le Amministrazioni ed i
servizi ad una costante ricerca di soluzioni alternative all'istituto
e di sostegno delle famiglie in difficolta' e alla realizzazione di
forme di servizio e di aiuto che consentano la permanenza di bambini
e ragazzi nell'ambito familiare, trasformando radicalmente le
dimensioni del fenomeno dei minori collocati fuori dalla loro
famiglia da 264 istituti e circa 10.000 ricoverati nel 1973 a 127
centri residenziali (di cui 64 comunita' di tipo familiare, 51
comunita' educative e 12 comunita' di pronta accoglienza) e 1550
ospiti nel 1994;
rilevato inoltre come l'evoluzione, l'impegno e la partecipazione
consapevole delle forze del privato sociale, dell'associazionismo,
del volontariato e della cooperazione sociale, abbiano contribuito in
modo determinante a costruire una rete di risorse di accoglienza con
le caratteristiche affettive, relazionali ed umane dell'ambiente
familiare, in cui offrire al/alla bambino/a e all'adolescente uno
spazio di crescita e di elaborazione di un proprio progetto di vita;
considerata l'inadeguatezza delle attuali disposizioni normative per
quanto attiene ai centri di accoglienza per i minori, anche a fronte
delle profonde innovazioni culturali, metodologiche ed organizzative
intervenute nel settore e quindi la necessita' di adottare una nuova
direttiva, allo scopo di garantire ai bambini e agli adolescenti
costretti a vivere fuori famiglia una tutela adeguata, una maggiore
qualita' degli interventi e delle opportunita' e nel contempo
assicurare un quadro di riferimento certo agli enti gestori;
dato atto che per addivenire alla formulazione di tale direttiva
l'Assessorato ha operato nel modo seguente, ovvero attraverso:
- la costituzione di un apposito gruppo di lavoro, composto da
rappresentanti degli Enti locali, delle IPAB, dell'associazionismo e
della cooperazione sociale con il compito di elaborare una proposta;
- un esame congiunto di tale proposta con i coordinatori sociali
delle Aziende Unita' sanitarie locali, nonche' con rappresentanti dei
Comuni e delle Province;
- la consultazione di rappresentanti del privato sociale operanti nel
settore, al fine di acquisire osservazioni e suggerimenti;
visto l'art. 10, punto 6) della L.R. 12 gennaio 1985, n. 2 che
prevede l'emanazione di "indirizzi e direttive per l'attuazione della
presente legge";
previa votazione palese, a maggioranza dei presenti,
delibera:
per i motivi indicati in premessa, di approvare e fare propria
l'allegata direttiva, che fa parte sostanziale ed integrante della
presente deliberazione, in materia di "requisiti funzionali e
strutturali, procedure per il rilascio, sospensione, revoca
dell'autorizzazione al funzionamento e criteri di vigilanza, per le
comunita' socio-assistenziali residenziali e semiresidenziali per
minori".
Direttiva sui requisiti funzionali e strutturali, sulle procedure per
il rilascio, la sospensione, la revoca dell'autorizzazione al
funzionamento e sui criteri di vigilanza per le Comunita'
socio-assistenziali residenziali e semiresidenziali per minori
1) Finalita' e contenuti della direttiva
Il diritto di ogni minore ad essere educato nell'ambito della propria
famiglia, sancito e tutelato dalle leggi dello Stato (Legge 698/75,
DPR 616/77, Legge 64/94) e in particolare dalla Legge 4 maggio 1983,
n. 184 "Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori",
impegna tutti gli enti, le istituzioni, le forze sociali, pubbliche e
private, che operano per la tutela dell'infanzia e dell'eta'
evolutiva ad attuare prioritariamente ogni forma di aiuto alla
famiglia in difficolta', mediante gli interventi di sostegno e i
servizi piu' appropriati per promuovere, rafforzandole, le competenze
e le responsabilita' genitoriali, indipendentemente dalle condizioni
sociali, sanitarie, culturali ed economiche del nucleo familiare, e
dal tipo di crisi evidenziata.Qualora l'azione della famiglia
presenti carenze e difficolta' sul piano educativo, relazionale e
dell'integrazione sociale, pur permanendo legami affettivi ed emotivi
validi, il servizio semi-residenziale si configura come la soluzione
piu' adeguata ad integrare l'azione della famiglia stessa,
sostenendone le competenze ed evitando l'allontanamento del bambino/a
o del ragazzo/a dal suo contesto, favorendo nel contempo
l'inserimento, la conoscenza e la partecipazione del minore alle
iniziative e alle opportunita' presenti sul territorio.
Solo se vi e' temporanea "inidoneita'" della famiglia a rispondere ai
bisogni complessi dei figli, o se vi e' l'esigenza di proteggere il
minore, di arginare conflitti e comportamenti familiari distruttivi,
e' praticabile la collocazione extrafamiliare, cosi' come
disciplinata dagli artt. 1 - 2 - 3 - 4 - 5 della medesima Legge
184/83.
Essa indica sia un ordine di priorita' nella scelta della
collocazione stessa (affidamento ad un'altra famiglia, a una persona
singola, a una comunita' di tipo familiare e, solo residualmente, il
ricovero in un istituto di assistenza pubblico o privato), sia gli
obblighi e gli adempimenti per i genitori, per gli affidatari, per
gli istituti, per i servizi locali, per gli organi giudiziari.
I servizi residenziali hanno quindi una funzione molto specifica
nella rete dei servizi per i minori: intervenire per integrare o
sostituire temporaneamente le funzioni genitoriali compromesse da
gravi difficolta', mediante azioni di recupero di stati di crisi e di
abbandono temporaneo, fornendo contemporaneamente ai minori un
ambiente familiare, una "casa" in cui apprendere una pratica
quotidiana di vita e di gestione di se' stessi.
Il ricorso ad un intervento di ospitalita' residenziale deve avvenire
in funzione di una progettualita' che veda nella comunita' di
accoglienza la risposta adeguata ad una specifica situazione e deve
sempre tenere conto dei bisogni, delle caratteristiche psico-fisiche,
culturali e sociali del/la ragazzo/a.
Diversamente da quello familiare che prevede l'affido ad un nucleo
familiare o ad una persona, il collocamento in comunita' prevede
l'affidamento dei minori all'organizzazione che gestisce la comunita'
stessa, ove le responsabilita' civili e penali fanno capo all'Ente
gestore ed al suo rappresentante legale.
Le Comunita' residenziali e semiresidenziali sono quindi strutture di
ospitalita' che integrano o sostituiscono temporaneamente la casa e
la famiglia, offrendo al bambino e all'adolescente uno spazio di vita
in cui elaborare o riprendere ad elaborare un progetto per il futuro,
con il supporto di figure adulte capaci di sviluppare relazioni
significative sul piano affettivo ed educativo e di cooperare con le
persone dell'ambiente di vita del minore e con gli altri servizi del
territorio.
La presente direttiva intende regolamentare i requisiti per
l'autorizzazione al funzionamento delle comunita' che offrono un
servizio di ospitalita' residenziale o semiresidenziale.
Esse si articolano in:
1) comunita' di pronta accoglienza;
2) comunita' di tipo familiare;
3) comunita' educativa;
4) comunita' semiresidenziale o centro diurno.
2) Strutture soggette all'obbligo di autorizzazione al funzionamento
L'obbligo di autorizzazione al funzionamento, previsto dall'art. 9
della L.R. 2/85, concerne:
- le strutture di nuova istituzione;
- le strutture gia' funzionanti, per le quali sussiste l'obbligo di
adeguarsi ai requisiti richiesti nella presente direttiva.
L'obbligo di autorizzazione sussiste qualunque sia la qualificazione
giuridica del soggetto gestore (pubblico o privato) e lo scopo
dell'esercizio delle funzioni (di lucro o meno).
2.1 Ambito di applicazione
La presente direttiva si applica esclusivamente alle Comunita'
residenziali e semiresidenziali con sede nel territorio regionale che
ospitano:
- minori temporaneamente privi di un ambiente familiare idoneo, per i
quali non e' proponibile o praticabile un affido familiare;
- minori la cui collocazione extra-familiare sia prescritta con
provvedimento dell'autorita' giudiziaria minorile in sede di
competenza civile, amministrativa e penale;
- minori provenienti da famiglie che, pur mantenendo rapporti
affettivi significativi, non siano in grado, per problemi di diversa
natura, di garantire convenienti ed adeguate risposte alle esigenze
relazionali, educative, psicologiche e di protezione dei minori
stessi.
2.2 Strutture non soggette all'obbligo di autorizzazione
Dall'ambito di applicazione della presente direttiva sono pertanto
escluse:
- le strutture con funzioni di ospitalita', quali i collegi, i
convitti, gli studentati, prevalentemente finalizzate ad offrire
l'accesso a percorsi scolastici, formativi, lavorativi, di tempo
libero, e la loro praticabilita', nelle quali non si configura la
necessita' di integrare funzioni familiari compromesse;
- le strutture con finalita' prettamente abitative.
3) Utenza
Al fine di privilegiare la territorialita' degli interventi, possono
essere accolti nelle Comunita' di cui al punto 2. tutti i minori
presenti o transitanti nel territorio regionale o i minori
provenienti da altri territori, se sottoposti a provvedimento di
allontanamento dalla famiglia emesso dall'autorita' giudiziaria
minorile o provenienti da situazioni fortemente patogene che
giustificano l'allontanamento dal territorio di appartenenza.
3.1 Minori accolti in altre comunita' socio-assistenziali
In caso di minori ospitati in regime residenziale e semi-residenziale
continuativo in comunita' per adulti, ove le finalita' della
struttura siano diverse o piu' ampie rispetto agli interventi sui
minori (casa famiglia, comunita' per tossicodipendenti ...), occorre
sempre provvedere a che:
- il loro inserimento sia chiaramente motivato da un interesse
prioritario a mantenere continuita' di relazioni affettive
significative;
- sia loro garantito un progetto individuale finalizzato, ed un
sostegno educativo personalizzato;
- possano godere di uno spazio ed un ambiente di vita che ne tuteli i
diritti ed i bisogni primari relazionali, di crescita e di identita';
- sia loro garantito l'accesso e l'utilizzo dei servizi esterni.
4) Requisiti generali
Il compito fondamentale delle Comunita' socio-assistenziali per i
minori e' quello di assicurare al minore stesso protezione,
mantenimento, assistenza, partecipazione alla vita sociale nel
contesto in cui si trova e un ambiente in cui imparare a gestire la
quotidianita'.
Per adempiere a tale compito le Comunita' devono rispettare i
principi indicati nell'art. 4 "Principi informatori dell'intervento
assistenziale" della L.R. 12 gennaio 1985, n. 2, e precisamente:
- eguaglianza, a parita' di bisogni, dell'intervento di assistenza
sociale;
- rispetto della persona e della sua dignita';
- adeguatezza dell'intervento al bisogno ed alle esigenze affettive,
psicologiche, familiari, relazionali e sociali della persona,
superando anche i tradizionali interventi di istituzionalizzazione;
- rispetto delle opzioni individuali degli utenti in riferimento alle
risposte assistenziali esistenti;
- qualificazione delle prestazioni, prontezza e professionalita'
dell'intervento;
- riservatezza, con particolare riguardo allo stato ed al tipo di
bisogno ed alle prestazioni richieste e ricevute.
Le Comunita' devono inoltre conformarsi ai seguenti requisiti:
a) configurarsi come una risorsa a disposizione della comunita'
locale, privilegiando l'accoglienza dei minori residenti nel
distretto in cui e' ubicata la Comunita', quindi di quelli residenti
nei distretti limitrofi, salvo i casi in cui venga disposto
diversamente dall'autorita' giudiziaria o tutelare. Fanno eccezione
le Comunita' che per le finalita' costitutive e le tipologie di
intervento hanno come riferimento un bacino d'utenza piu' ampio o
sono state istituite in risposta a bisogni sociali presenti nel
territorio, ma non sono legate alla residenzialita' degli ospiti;
b) perseguire obiettivi e adottare metodi educativi fondati sul
rispetto dei diritti del minore, sull'ascolto e la partecipazione
dello stesso al progetto che lo riguarda, in modo da garantire
interventi il piu' adeguati possibile all'evolversi della sua
crescita, alla promozione del suo sviluppo e delle sue potenzialita'
sul piano cognitivo, affettivo e sociale e tali da prevedere un
rapporto educativo il piu' possibile individualizzato;
c) favorire relazioni significative tra i ragazzi e tra essi e i
genitori, e agevolare in modo particolare le relazioni tra i
fratelli;
d) favorire il reinserimento nella famiglia d'origine salvo
controindicazioni e diversa determinazione da parte dell'autorita'
giudiziaria, e il raggiungimento dell'autonomia;
e) favorire i rapporti degli ospiti con il contesto sociale
attraverso l'utilizzo dei servizi scolastici, del tempo libero,
socio-sanitari e di ogni altra risorsa presente all'interno del
territorio;
f) collaborare con i servizi sociali del territorio preposti alla
tutela e alla vigilanza dell'infanzia e dell'eta' evolutiva e con le
autorita' giudiziarie competenti.
Le modalita' per il raggiungimento di detti obiettivi saranno
contenute nel progetto educativo individualizzato redatto in
collaborazione tra l'e'quipe educativa della struttura e gli
operatori di riferimento dell'Ente pubblico affidante.
5) Requisiti tipologici e di accessibilita' delle strutture
Tutte le strutture devono essere:
a) in possesso dei requisiti tipologici e delle dotazioni minime di
attrezzature ed arredi previsti dalla L.R. 9 novembre 1984, n. 48
"Prima normativa tecnica regionale per la disciplina delle opere di
edilizia residenziale pubblica";
b) in possesso dei requisiti atti a garantire le condizioni di
sicurezza, igienico-sanitarie e ambientali previste dalla normativa
vigente;
c) adeguate alla normativa vigente in materia di barriere
architettoniche e di accessibilita';
d) ubicate in zone dotate di una rete di servizi generali, sociali,
sanitari ed educativi accessibili;
e) organizzate al proprio interno, per caratteristiche dimensionali e
articolazione degli ambienti e degli spazi, in modo tale da tenere
conto il piu' possibile delle esigenze di personalizzazione e privacy
del/la ragazzo/a oltre che delle attivita' educative, permettendo
agli ospiti l'utilizzo sia di spazi individuali che di spazi comuni.
a carico del richiedente l'autorizzazione al funzionamento dimostrare
il possesso delle relative concessioni e autorizzazioni previste da
leggi e regolamenti, sia al momento dell'attivazione della struttura
sia successivamente, se richieste in via continuativa.
Per quanto riguarda, in modo piu' specifico, le caratteristiche degli
spazi interni, tutte le strutture devono prevedere:
- camere da letto, fino a un massimo di 3 posti letto;
- una zona pranzo e soggiorno;
- servizi igienici con un minimo di 1 ogni 4 minori;
- un locale adibito a cucina e dispensa adeguati alle modalita'
organizzative del servizio offerto;
- camera da letto per l'educatore in servizio notturno.
In relazione alle diverse caratteristiche, ogni comunita' deve
garantire efficienti servizi generali (amministrativi, cucina,
lavanderia, guardaroba, pulizia, manutenzione, ecc. ...).
6) Requisiti funzionali
Tutte le Comunita' residenziali e semiresidenziali per minori devono:
a) disporre di un proprio progetto educativo generale che renda
espliciti gli obiettivi e le finalita', i bisogni ai quali si intende
dare risposta, le metodologie educative che si intendono adottare, il
tipo di utenza e la fascia d'eta' alla quale ci si rivolge;
b) dotarsi di un regolamento di gestione nel quale siano
espressamente indicate: - la capacita' ricettiva massima della
struttura; - le modalita' di ammissione e di dimissione degli ospiti;
- le modalita' organizzative del servizio; - le regola di vita
comunitaria; - le prestazioni ed i servizi forniti agli ospiti; - le
attivita' socio-educative regolarmente svolte; - le rette applicate
con l'indicazione delle prestazioni, dei servizi e delle attivita' ad
esse corrispondenti, nonche' le modalita' di pagamento delle rette
stesse;
c) elaborare e tenere aggiornata una cartella personale per ciascun
minore nella quale registrare o inserire tutti i dati, le notizie, la
documentazione che lo riguardano, il nominativo e i riferimenti
telefonici del referente dell'Ente locale che ha effettuato
l'inserimento, il nominativo e i riferimenti telefonici di un
referente del nucleo familiare;
d) garantire l'assistenza sanitaria agli ospiti, provvedendo alla
scelta di un medico (pediatra o generico) convenzionato con l'Azienda
Unita' sanitaria locale del territorio in cui ha sede la Comunita',
salvo mantenere il medico gia' scelto dalla famiglia, ogni volta che
cio' sia possibile;
e) trasmettere semestralmente al Giudice tutelare competente per il
luogo in cui sono ubicate, l'elenco dei minori ospitati in regime
residenziale "con l'indicazione specifica, per ciascuno di essi,
della localita' di residenza dei genitori, dei rapporti con la
famiglia e delle condizioni psico-fisiche del minore stesso" (art. 9,
comma 4, Legge 184/83);
f) provvedere alla copertura dei rischi da infortuni o danni subiti o
provocati da minori, dal personale, dai volontari, stipulando
apposite adeguate assicurazioni;
g) essere in possesso di un elenco aggiornato del personale con le
relative mansioni, responsabilita' e turni di lavoro;
h) registrare le presenze dei minori, annotando anche i movimenti
temporanei che comportino il pernottamento all'esterno della
Comunita';
i) curare la registrazione controfirmata dall'operatore e dai
genitori delle visite da questi effettuate e della loro durata;
l) curare la compilazione e la trasmissione delle schede informative
sulla Comunita' e sul movimento degli ospiti richieste dagli Enti
pubblici, finalizzate ad un corretto e qualificato esercizio della
funzione di vigilanza;
m) predisporre una relazione annuale al competente Ente pubblico del
territorio, in cui e' inserita la struttura, sull'andamento
dell'attivita'.
7) Ammissioni e dimissioni
Ogni ammissione e dimissione va adeguatamente preparata e deve essere
effettuata, salvo diversa esigenza, con il coinvolgimento del
Servizio sociale del territorio di provenienza del minore. Il
Servizio sociale formulera' richiesta scritta di inserimento,
accompagnata da una relazione di presentazione del minore stesso.
Tutte le ammissioni in Comunita' ubicate in ambito territoriale
diverso da quello di residenza del minore devono essere comunicate
tempestivamente al Servizio sociale dell'Azienda Unita' sanitaria
locale o del Comune in cui ha sede la Comunita' stessa, secondo le
modalita' della gestione delle funzioni in materia minorile stabilite
tra l'Ente locale e l'Azienda Unita' sanitaria locale.
Entro tre giorni dall'ammissione o dalla dimissione del minore, o
immediatamente e in forma scritta nei casi di ammissioni d'urgenza
non effettuate dai servizi pubblici competenti, il responsabile della
Comunita' dovra' darne comunicazione:
- al Sindaco del Comune di residenza del minore e alla stessa Azienda
Unita' sanitaria locale;
- all'Azienda Unita' sanitaria locale ed al Comune nel cui territorio
e' situata la struttura.
Al momento dell'ammissione in Comunita', o immediatamente dopo per le
ammissioni d'urgenza, e nella prospettiva del progetto individuale,
per ciascun minore deve venire formulato, in collaborazione con i
servizi socio-sanitari del territorio di provenienza del minore
stesso, un piano di lavoro scritto preliminare, che delinei le
esigenze fondamentali dell'intervento e ogni condizione significativa
per l'organizzazione della vita del ragazzo e la presumibile durata
dell'affidamento.
Entro i primi 90 giorni dall'accoglienza del minore, dovra' poi
essere formulato, in accordo con l'Ente pubblico referente, un
progetto educativo individuale scritto per ciascun ospite che, sulla
base dell'individuazione delle esigenze e caratteristiche personali,
delinei i percorsi e le metodologie educative, specificando inoltre i
reciproci impegni.
Le comunita' residenziali e semi-residenziali che accolgono minori
con retta a carico degli stessi sono tenuti agli adempimenti previsti
dalla legge, in particolare dall'art. 9 della Legge 184/83.
8) Il personale
Sono da considerarsi comprese sotto la voce "personale operante nelle
Comunita'" tutte le figure adulte che assumono verso i minori accolti
un ruolo genitoriale, assolvono nei loro confronti a funzioni
educative, svolgono attivita' di supporto all'intervento.
8.1 Le figure educative
La preparazione al lavoro educativo e di cura e' requisito
irrinunciabile per chi opera con minori che provengono da esperienze
personali e familiari molto complesse e problematiche, che
necessitano di un intervento fortemente qualificato sul piano delle
competenze relazionali e del sostegno personale.
La quantificazione del personale educativo necessario per ogni
Comunita' deve essere formulata in relazione al progetto generale ed
adeguata alla specificita' degli ospiti; non puo' comunque essere
inferiore al rapporto 1 educatore ogni 3 minori.
Le caratteristiche delle singole tipologie strutturali contribuiscono
a determinare i requisiti richiesti a queste figure.
8.1.1 Requisiti del personale educativo delle comunita' di tipo
familiare
Per chi opera in qualita' di figura adulta di riferimento nella
Comunita' di tipo familiare - che si caratterizza per la convivenza
stabile e affettivamente significativa di due o piu' adulti che
offrono a minori in difficolta' un rapporto di tipo genitoriale
riconducibile ad una scelta di vita piu' che ad una scelta
professionale - la preparazione al compito educativo si ritiene
soddisfatta quanto:
- tali figure siano in possesso dei requisiti professionali previsti
al successivo paragrafo 8.1.2;
oppure:
- siano in possesso del diploma di scuola secondaria superiore;
- abbiano condotto un iter di avvicinamento e di preparazione al
compito educativo durante i tre anni precedenti l'intervento
mediante:
a) un iter istruttorio di preparazione, assimilabile per metodi e
contenuti a quello svolto dalle famiglie candidate all'affido
familiare, condotto positivamente con i servizi territoriali;
b) un periodo di tirocinio presso comunita' residenziali pubbliche o
private di almeno tre mesi complessivi;
c) la partecipazione ad iniziative non occasionali di formazione al
compito educativo, per un numero minimo complessivo di 150 ore,
realizzate da Enti pubblici o soggetti privati operanti nel settore.
Il personale gia' operante alla data di entrata in vigore della
presente direttiva, privo dei titoli suddetti, deve essere in
possesso di un curriculum personale, comprensivo di un'esperienza di
lavoro in comunita' di non meno di 5 anni, nonche' della
partecipazione ad attivita' formative e di aggiornamento, tale da
garantire la realizzazione delle finalita' indicate nel progetto
educativo generale. Sull'adeguatezza al compito educativo fa fede il
rapporto con i servizi territoriali cui spetta la funzione di
controllo in itinere della qualita' del servizio reso.
8.1.2 Il personale educativo professionale
Il personale che esercita funzioni educative nelle Comunita' in
qualita' di dipendente dell'Ente gestore o in forma di convenzione
dovra' essere in possesso del titolo di qualificazione professionale
a compiti educativi.
In particolare dovra' essere:
- in possesso del diploma di scuola media superiore;
- qualificato come educatore professionale in base agli ordinamenti
vigenti prima dell'entrata in vigore del DLgs 517/93;
- in possesso dei requisiti previsti per la partecipazione ai corsi
di educatore professionale ai sensi della Direttiva CEE 51/92.
Il personale gia' in servizio e privo dei suddetti titoli deve essere
in possesso di un curriculum professionale, comprensivo della
partecipazione ad attivita' formative e di aggiornamento, tale da
garantire la realizzazione del progetto educativo generale, e
un'esperienza di lavoro in comunita' educative di non meno di 3 anni.
8.1.3 Altro personale
Le Comunita' si possono avvalere di operatori con preparazione
specifica (istruttori, artigiani, animatori, ecc. ...) per attivita'
non attribuibili al personale educativo.
In tutte le Comunita' si possono impiegare dei volontari e degli
obiettori di coscienza, previa un'adeguata formazione, con garanzia
di una presenza operativa stabile, anche se a tempo parziale,
all'interno di un progetto concordato; non e' delegabile a loro la
specifica funzione educativa.
8.1.4 Modalita' di organizzazione del lavoro
L'organizzazione del lavoro educativo deve prevedere momenti
d'e'quipe e momenti di aggiornamento specifico e garantire la
supervisione per il gruppo degli educatori.
Per ogni Comunita' deve essere identificato un responsabile per:
a) tenere i rapporti con il gestore e con gli enti affidanti;
b) assicurare che siano tenuti aggiornati il registro delle presenze
e le cartelle di ogni ospite;
c) trasmettere semestralmente al Giudice tutelare ove ha sede la
Comunita' l'elenco di tutti i minori ospiti, ai sensi dell'art. 9
della Legge 184/83;
d) curare la compilazione delle schede informative ai fini del
sistema informativo regionale;
e) garantire l'osservanza delle misure per la protezione della salute
e per la sicurezza dei lavoratori ai sensi della Legge 626/94;
f) il rispetto delle norme contenute nella presente direttiva.
Il responsabile deve essere almeno in possesso dei requisiti
richiesti per il personale addetto alla funzione educativa.
9) Procedure per il rilascio dell'autorizzazione al funzionamento
Per quanto concerne il rilascio dell'autorizzazione al funzionamento
delle Comunita' residenziali e semi-residenziali per minori la
procedura da adottarsi e' la stessa prevista dal paragrafo 3, punti
3.1 "Domanda di autorizzazione", 3.2 "Modalita' organizzative
dell'attivita' istruttoria" e 3.3 "Autorizzazione al funzionamento",
della deliberazione della Giunta regionale n.560 dell'11 luglio 1991
"Direttiva sull'autorizzazione al funzionamento di strutture
socio-assistenziali per cittadini portatori di handicap e per anziani
ai sensi della L.R. 12 gennaio 1985, n. 2, artt. 9, 36 e 37".Al testo
del paragrafo 3 e dei successivi paragrafi della deliberazione
560/91, che vengono qui richiamati, viene apportata la seguente
precisazione:
- in conformita' con la Legge 142/90 e la L.R. 19/94, la dicitura
"Unita' sanitaria locale" deve considerarsi sostituita, ovunque essa
ricorra, con la dicitura "Comune o Azienda Unita' sanitaria locale in
cui e' ubicata la struttura, in relazione alle modalita' con cui
vengono gestite le funzioni in materia socio-assistenziale per i
minori;".
Al punto 3.2 della medesima deliberazione n. 560 dell'11 luglio 1991,
la voce "Il Gruppo tecnico e' composto da" viene integrata con la
dicitura "- un'assistente sociale con esperienza nel settore e un
altro operatore con competenze in campo pedagogico e relazionale per
le strutture per minori".
10) Criteri di vigilanza
I criteri per l'esercizio delle funzioni amministrative di vigilanza
sul funzionamento delle Comunita' socio-assistenziali che ospitano
minori e sulla sospensione e revoca dell'autorizzazione sono gli
stessi indicati ai punti 4 e 4.1 della gia' citata deliberazione
della Giunta regionale n. 560 dell'11 luglio 1991.
11) Coordinamento delle attivita' di autorizzazione e di vigilanza
Data la rilevanza e la peculiarita' dello specifico settore di
intervento, la Regione attua il coordinamento delle funzioni
amministrative concernenti l'autorizzazione al funzionamento delle
Comunita' socio-assistenziali per minori e la vigilanza sulle stesse
attraverso:
- l'istituzione di un apposito Gruppo tecnico regionale;
- la realizzazione di un apposito Sistema informativo;
- l'attivazione di specifici gruppi di lavoro e di forme di
coordinamento tra le Comunita';
- il sostegno e l'attuazione di attivita' di aggiornamento per gli
operatori interessati nell'applicazione della presente direttiva.
Per quanto previsto dagli ultimi due alinea di cui sopra la Giunta
regionale provvede con appositi successivi atti.
11.1 Gruppo tecnico regionale
Con apposito atto della Giunta regionale, da adottarsi annualmente,
sara' istituito un Gruppo tecnico regionale con funzioni di studio,
valutazione e proposta in ordine all'applicazione della presente
direttiva, al fine di garantire il coordinamento tecnico e
l'omogeneita' di applicazione sul territorio regionale della
direttiva stessa e di promuovere la partecipazione dei destinatari
della direttiva all'attivita' regionale di indirizzo e di
coordinamento.
Tale Gruppo tecnico sara' composto da:
- 3 funzionari regionali di cui:
- uno del competente settore dell'Assessorato alle Politiche sociali,
con funzioni di coordinamento;
- uno del Servizio Igiene pubblica;
- uno del Servizio di Edilizia residenziale pubblica;
- 2 membri esperti del settore, designati dalla Confederazione
autonomie locali Emilia-Romagna, di cui:
- uno di Amministrazione comunale;
- uno di Amministrazione provinciale;
- 1 coordinatore sociale di Azienda Unita' sanitaria locale nominato
dalla Conferenza permanente dei coordinatori sociali;
- 1 rappresentante delle IPAB che gestiscono comunita' per minori,
nominato tramite apposita assemblea;
- 1 rappresentante delle associazioni e delle organizzazioni di
volontariato impegnate nel settore iscritte ai registri regionali,
nominato tramite apposita assemblea;
- 1 rappresentante delle cooperative sociali iscritte all'Albo
regionale, che operano nel settore, nominato da apposita assemblea;
- da 1 a 3 rappresentanti delle organizzazioni sindacali regionali
con competenza in materia di operatori di comunita', individuati
dalle organizzazioni medesime.Il Gruppo tecnico regionale ha il
compito di svolgere le seguenti attivita':
1) studio, analisi e valutazione complessiva sull'applicazione della
presente direttiva, anche in relazione ad una corretta ed omogenea
applicazione sul territorio regionale;
2) esprimere pareri, formulare indicazioni tecniche in ordine
all'applicazione della presente direttiva e su specifici argomenti in
materia di autorizzazione al funzionamento e di vigilanza sulle
comunita' residenziali e semi-residenziali per minori;
3) formulare indicazioni tecniche per definire standards di
operativita' e criteri per la valutazione delle attivita'
amministrative di autorizzazione e vigilanza;
4) promuovere forme di coordinamento tra comunita' e modalita' di
consultazione e di divulgazione delle esperienze;
5) predisporre una relazione annuale al Consiglio regionale
sull'applicazione della presente direttiva e sugli aspetti di maggior
rilievo relativi all'attivita' delle comunita' per minori.
Il Gruppo tecnico regionale si riunisce in relazione alle necessita'
e, comunque, almeno tre volte l'anno.
Ai membri esterni partecipanti al Gruppo sono corrisposti i compensi
e i rimborsi previsti dalla L.R. 18 marzo 1985, n. 8 e successive
modifiche.
11.2 Sistema informativo
Ai sensi del n. 8 del primo comma della L.R. 12 gennaio 1985, n. 2 e
della L.R. 26 luglio 1988, n. 30 concernente la costituzione del
Sistema informativo regionale, la Regione realizza, con la
collaborazione delle Amministrazioni provinciali e dei gestori delle
strutture socio-assistenziali, una banca dati, regolarmente
aggiornata, sulle Comunita' di ospitalita' per minori presenti nella
regione, nel rispetto del diritto alla riservatezza degli utenti e
dei gestori medesimi.
A tal fine i gestori, pubblici e privati, forniscono le informazioni
sulle strutture da loro gestite attraverso schede predisposte
dall'Assessorato alle Politiche sociali e familiari, Scuola e
Qualita' urbana, sentito il Gruppo tecnico regionale di cui al
precedente paragrafo 11.1.
Le Amministrazioni provinciali assicurano:
a) il coordinamento a livello locale delle attivita' informative
indicate nel presente paragrafo;
b) le prime elaborazioni delle schede e delle informazioni raccolte,
secondo modalita' concordate su base regionale;
c) l'aggiornamento annuale della banca dati delle Comunita';
d) la trasmissione alla Regione di copia delle schede relative alle
singole strutture, delle elaborazioni effettuate, dell'aggiornamento
della banca dati.
Le Aziende Unita' sanitarie locali e le Amministrazioni comunali
competenti, in relazione alle modalita' di gestione delle funzioni in
materia minorile, trasmettono copia degli atti di autorizzazione
provvisoria e definitiva, dei provvedimenti di sospensione e revoca
dell'autorizzazione e della relazione annuale sull'esercizio della
vigilanza alla Regione e alle Amministrazioni provinciali. Per la
trasmissione di tale documentazione i Comuni e le Aziende Unita'
sanitarie locali utilizzeranno un modello unico ed omogeneo
predisposto dall'Assessorato regionale.
La Regione rende periodicamente pubbliche le informazioni sulle
attivita' di autorizzazione e vigilanza nel rispetto della
riservatezza dei soggetti interessati; la Regione e le
Amministrazioni provinciali rendono periodicamente pubbliche le
informazioni elaborate tramite la banca dati sulle Comunita'.
Tali informazioni sono fornite sistematicamente alle Amministrazioni
comunali, alle Aziende Unita' sanitarie locali, ai gestori delle
Comunita' e alle loro organizzazioni, al Gruppo tecnico regionale di
cui al precedente paragrafo 11.1.
11.3 Poteri sostitutivi della Regione
Viene qui integralmente recepito il punto 5.3 della citata
deliberazione della Giunta regionale n. 560 dell'11 luglio 1991.
12) Le Comunita': caratteristiche, attivita' e requisiti specifici
12.1 La Comunita' di pronta accoglienza
Caratteristiche
Con la denominazione "Comunita' di pronta accoglienza" si intende una
struttura educativa residenziale destinata ad accogliere minori in
situazioni caratterizzate da un bisogno urgente e temporaneo di
ospitalita', mantenimento, protezione, accudimento, in attesa di una
collocazione stabile o di un rientro in famiglia.
Vi sono comprese sia le Comunita' di pura emergenza, con scopi di
accoglienza e accudimento per tempi estremamente ristretti di
permanenza, di solito per adolescenti fermati dalle autorita' di
pubblica sicurezza, in fuga o in transito, o comunque in condizioni
di forte disagio personale, sia le comunita' di pronta accoglienza,
dove i tempi di permanenza, pur brevi, sono determinati dalla
temporaneita' del bisogno del bambino e dalla prospettiva di
eventuale soluzione definitiva rapida e l'ospitalita' contiene anche
connotati di protezione e di progettualita' educativa finalizzata.
L'attivita' di pronto intervento puo' essere altresi' collocata
presso Comunita' con altre finalita', convenzionate per uno/due posti
per l'emergenza; in tal caso si avvale dell'autorizzazione al
funzionamento della struttura in cui si colloca.
Poiche' in situazione di bisogno urgente e temporaneo di ospitalita'
vengono a trovarsi minori in eta' e in situazioni molto diverse,
ciascuna delle quali con caratteristiche, bisogni ed esigenze
peculiari, determinanti per l'organizzazione della struttura, le
Comunita' di pronto intervento dovranno indicare nel progetto
educativo generale il tipo di utenza ed i bisogni ai quali si intende
dare risposta.
In particolare per quanto riguarda i minori in eta' inferiore ai 6
anni per i quali si prospetti la necessita' di un'accoglienza
d'emergenza, la Comunita' deve garantire una ospitalita' transitoria
caratterizzata da particolari requisiti:
a) assistenza qualificata sul piano affettivo, educativo e
relazionale, per il tempo necessario ad individuare e realizzare gli
interventi piu' favorevoli per ciascun minore, da concordare con i
servizi territoriali ed eventualmente con l'autorita' giudiziaria
minorile;
b) ospitalita' per minori in stato di abbandono temporaneo o
definitivo in attesa di un sollecito rientro in famiglia o di altra
idonea collocazione stabile;
c) la vita di questa Comunita' di pronto intervento si deve
articolare per piccoli gruppi, ciascuno dei quali non puo' superare
il numero di 7 minori;
d) l'organico del personale e l'organizzazione del lavoro devono
essere commisurati al bisogno dei piccoli ospiti di rapporto costante
con le figure adulte di riferimento.
Finalita'
Le finalita' della Comunita' di pronta accoglienza vengono indicate
nel modo seguente:
- superare la fase del bisogno improvviso mediante l'accoglimento
d'urgenza;
- offrire ospitalita' e assistenza qualificate sul piano
educativo-relazionale e della cura della persona, in ambiente idoneo
alle caratteristiche degli ospiti;
- fornire un sostegno educativo per il tempo strettamente necessario
ad individuare e realizzare, a livello giuridico ed operativo,
l'intervento piu' favorevole e stabile per ciascun minore.
Utenza
Gli utenti sono i minori di 18 anni, in situazione di grave
pregiudizio temporaneo o definitivo che necessitano di una risposta
urgente di ospitalita', siano essi in stato di abbandono e/o
sottoposti a provvedimento delle Autorita' giudiziarie minorili, in
attesa di provvedimento, o improvvisamente privi di cure parentali
per cause diverse.
Capacita' ricettiva
In relazione alle caratteristiche dell'intervento, la capacita'
ricettiva varia da un numero massimo di 7 minori per le comunita' che
ospitano bambini molto piccoli, ad un massimo di 12 utenti per le
Comunita' che ospitano adolescenti in situazioni di emergenza.
Attivita' e requisiti funzionali
Le attivita' e i requisiti funzionali vengono indicati nel modo
seguente:
- una possibilita' di accoglienza 24 ore su 24, per una durata di un
massimo di 30 giorni; per casi particolarmente problematici
l'accoglienza e' prorogabile fino ad un massimo di due mesi;
- per le Comunita' che accolgono bambini molto piccoli allontanati
dalla famiglia o in attesa di provvedimento dell'Autorita'
giudiziaria, l'accoglienza puo' essere prolungata fino a sei mesi
esclusivamente in base ad un progetto a scansione temporale ben
definito e finalizzato alla individuazione di una soluzione che si
prospetti come definitiva;
- la pronta accoglienza di minori in situazioni di emergenza che si
verificano nel territorio dell'Azienda Unita' sanitaria locale in cui
e' ubicata la Comunita', indipendentemente dalla residenza del
minore.
Requisiti minimi di personale
La Comunita' deve prevedere personale educativo fisso o disponibile
al bisogno in misura sufficiente a garantire la presenza complessiva
sulle 24 ore, di almeno un operatore ogni tre minori.
12.2 Comunita' di tipo familiare
Caratteristiche
Per "Comunita' di tipo familiare" si intende una comunita' educativa
residenziale con dimensioni e caratteristiche affettive, funzionali
ed organizzative di tipo familiare. Essa si caratterizza per la
convivenza continuativa e stabile di due o piu' adulti che offrono a
minori in difficolta' un rapporto di tipo genitoriale, un ambiente
familiare sostitutivo e per i quali la struttura costituisce
residenza abituale.
Finalita'
Le finalita' peculiari sono quelle di garantire ai minori un contesto
di vita familiare in grado di sostenere il processo evolutivo
mediante un'organizzazione caratterizzata da relazioni stabili e
affettivamente significative, con modalita' di conduzione rispondenti
alle esigenze dell'eta' e del livello di maturazione di ciascun
soggetto, stimolando i minori a compiere esperienze di vita di
relazione nel contesto sociale circostante.
Ogni Comunita' di tipo familiare, nel progetto educativo generale,
potra' determinare eventuali bisogni o fasce d'eta' a cui intende
rivolgersi in modo privilegiato.
L'accoglienza di minori d'eta' molto diverse o portatori di patologie
di qualche tipo andra' attentamente valutata in base alla
compatibilita' dei bisogni educativi e relazionali di ciascuno e
della praticabilita' della convivenza.
Utenza
Gli utenti sono i minori - anche fratelli se in eta' diversa - fino
ai 18 anni, in tutti quei casi nei quali, prevedendosi una
collocazione extra-familiare anche prolungata e risultando
impraticabili l'affidamento familiare o l'adozione, diventi opportuno
garantire stabilita' di rapporti e di figure adulte di riferimento.
La permanenza nella Comunita', ove non siano realizzabili soluzioni
piu' favorevoli, puo' protrarsi fino alla maggior eta' o ad una
raggiunta autonomia dei soggetti.
Capacita' ricettiva
La capacita' ricettiva deve prevedere la presenza di un numero
massimo di 5 minori, aumentabili di una unita' solo per l'accoglienza
di fratelli.
Se la Comunita' fa fronte a situazioni patologiche o comunque molto
problematiche, il numero dei minori accolti andra' calibrato e
ridotto in relazione ad esigenze particolarmente complesse.
Attivita' e requisiti funzionali
Le attivita' ed i requisiti funzionali vengono indicati come segue:
- stabile convivenza dei minori con adulti significativi in grado di
permettere una maggiore personalizzazione degli interventi educativi,
con modalita' di relazioni interpersonali piu' dirette ed immediate e
supporti il piu' possibile individualizzati;
- organizzazione della vita quotidiana in base ad un modello di vita
familiare, rispettosa dei ritmi, abitudini ed esigenze dei minori.
Requisiti minimi di personale
Va garantita la presenza di almeno due adulti conviventi, motivati a
tale esperienza, con formazione in campo educativo e adeguatamente
preparati in ordine alle esigenze dell'infanzia e alle
responsabilita' giuridiche ad esse connesse.
Ad essi vanno affiancate altre persone con i requisiti prescritti in
campo educativo fino a garantire un rapporto minimo complessivo di 1
operatore ogni 3 ospiti.
Eventuale altro personale volontario va utilizzato per attivita' di
supporto, accompagnamento, cura, integrative rispetto all'intervento
educativo.
12.3 Comunita' educativa
Caratteristiche
Per "Comunita' educativa" si intende una struttura educativa
residenziale in cui l'azione educativa viene svolta da educatori
professionali pubblici o privati, dipendenti o in convenzione, laici
o religiosi, che esercitano in quel contesto la loro specifica
professione in forma di attivita' lavorativa.
Finalita'
La finalita' peculiare e' quella di assolvere compiti temporaneamente
sostitutivi o integrativi della famiglia, con riguardo all'eta' e
alle esigenze del minore (mantenimento, educazione, istruzione,
avviamento al lavoro, ecc.) avendo come obiettivi specifici quelli
di:
- educare i ragazzi alla progettualita' e decisionalita'
responsabile, nella prospettiva dell'acquisizione di autonomia e di
indipendenza dalle figure adulte;
- reinserire i minori, ove sia possibile, nella famiglia d'origine o
agevolarne un inserimento sociale soddisfacente.
Utenza
Gli utenti sono i minori sottoposti o meno a provvedimenti
dell'Autorita' giudiziaria minorile, ai quali la famiglia non sia in
grado di assicurare temporaneamente le proprie cure o per i quali non
sia comunque possibile, per un periodo piu' o meno prolungato, la
permanenza nel nucleo familiare originario.
La Comunita' dovra' individuare, nel progetto generale, le fasce
d'eta' ed i bisogni a cui prevalentemente si rivolge.
I minori sotto i 6 anni d'eta', salvo le situazioni d'emergenza,
debbono trovare collocamento in contesti familiari.
Capacita' ricettiva
La capacita' ricettiva deve prevedere la presenza di un numero
massimo di 10 minori; possono essere previsti 2 ulteriori posti per
l'ospitalita' temporanea, da realizzare compatibilmente con
l'equilibrio delle dinamiche interne e le esigenze dei ragazzi
ospiti.
Attivita' e requisiti funzionali
L'organizzazione della vita della Comunita' educativa deve
articolarsi per fornire agli ospiti tempi e modi di fruibilita'
dell'ambiente elastici ed agevoli: una praticabilita' ed
un'accessibilita' calibrate sui tempi di vita quotidiana e non sulla
rigidita' di forme ed orari, pur nel rispetto delle regole della vita
comunitaria.
Gli educatori, preferibilmente di ambo i sessi, andranno organizzati
con turni elastici e con presenze tali da mantenere il piu' possibile
stabili le figure di riferimento per i minori.
Non saranno piu' autorizzati a funzionare o verranno sospese le
autorizzazioni alle strutture che non corrispondano a tali requisiti
o deroghino da essi, secondo quanto stabilito dalla presente
direttiva.
Possono coesistere nel medesimo edificio o complesso piu' unita'
d'offerta (non piu' di 3) solo se queste si articolano in unita'
autonome, ciascuna singolarmente in possesso dei requisiti fin qui
indicati.
Eventuali spazi comuni, per svolgere attivita' pratiche o iniziative
a scopo di socializzazione, debbono configurarsi come risorse aperte
al territorio, non ad uso chiuso ed esclusivo della Comunita', cosi'
come deve essere consuetudine l'inserimento e l'utilizzo da parte dei
ragazzi ospiti delle risorse e delle opportunita' che la comunita'
locale offre.
Requisiti minimi di personale
In ogni Comunita' educativa va garantita la presenza costante e
continuativa di personale educativo in possesso della specifica
qualifica professionale.
Nel complesso delle 24 ore, tenendo conto delle esigenze di
compresenza per alcuni periodi della giornata, il rapporto minimo tra
il numero degli educatori ed il numero degli ospiti deve essere di 1
a 3.
La presenza di personale di ausilio per la cura della casa e i
servizi generali (cucina, pulizie, lavanderia, ...) va vista come
funzionale all'organizzazione, come occasione educativa essa stessa e
non sostitutiva di servizi ed azioni che devono comunque entrare
nella vita quotidiana dei ragazzi.
Volontari ed obiettori, come gia' indicato, contribuiscono a
supportare le attivita' comunitarie, senza sostituirsi alle figure
educative.
12.4 Comunita' semi-residenziale o centro diurno
Caratteristiche
Con la denominazione "Comunita' semi-residenziale o centro diurno" si
intende una struttura di ospitalita' che accoglie minori in regime
semi-residenziale, con caratteristiche di costanza e di continuita'
nel tempo, che prevede il rientro quotidiano dei minori stessi in
famiglia, evitando cosi' il loro allontanamento del minore dal
proprio contesto.
Copre le ore della giornata non occupate da impegno scolastici e, nei
periodi delle vacenze scolastiche ed estive, offre disponibilita' a
coprire l'intero arco della giornata.
All'interno della Comunita' o Centro vengono svolte attivita'
educative, ricreative, di sostegno allo studio e alle relazioni
familiari; viene favorita la conoscenza del territorio e l'utilizzo
delle risorse in esso presenti.
Opera tramite figure educative stabili e qualificate, con un rapporto
educatore/minore fortemente personalizzato.
Finalita'
La Comunita' semi-residenziale si propone di integrare l'azione della
famiglia, qualora la stessa presenti carenze e difficolta' sul piano
educativo-assistenziale, ma tuttavia permanga un legame affettivo ed
emotivo positivo.
Ha come obiettivi specifici:
- il monitoraggio continuo delle situazioni familiari a rischio;
- la permanenza dei minori nel contesto socio-familiare di
appartenenza e la collaborazione con il nucleo d'orgine per una
positiva ricaduta dell'azione educativa nell'ambito familiare;
- la collaborazione con la scuola e con gli insegnanti finalizzata
all'integrazione di ciascun minore;
- l'organizzazione di attivita' educative e sportive adeguate ai
ragazzi e la partecipazione alle iniziative presenti sul territorio;
- la formulazione di un progetto individualizzato, periodicamente
verificato e sufficientemente duttile per conformarsi all'evolversi
della singola situazione e delle relazioni familiari.
Utenza
Gli utenti di tali strutture sono i minori che necessitino di
interventi temporanei di sostegno educativo, di supporto alle
relazioni familiari ed all'integrazione sociale.
Nel progetto educativo generale verranno indicate le fasce d'eta' ed
i bisogni ai quali si intende dare risposta.
Capacita' ricettiva
La capacita' ricettiva deve prevedere una presenza di norma fino a 20
ragazzi, organizzati in piccoli gruppi intercambiabili in base alle
diverse attivita' e ai diversi interessi.
Attivita' e requisiti funzionali
L'organizzazione della Comunita' semi-residenziale deve essere
articolata per fornire agli ospiti una fruibilita' elastica ed
agevole degli ambienti, una praticabilita' ed una accessibilita'
calibrate sui tempi di vita quotidiana, pur nel rispetto delle regole
della vita comunitaria.
Gli educatori andranno organizzati con turni flessibili e con
presenze tali da mantenere il piu' possibile stabili le figure di
riferimento; andra' inoltre garantita l'integrazione con le altre
figure professionali e con i servizi territoriali coinvolti
nell'intervento.