COMUNICATO
Ordinanza n. 792, Reg. ord. 1998 4 luglio 1996 - 28/4/1998 (pervenuta alla Corte costituzionale l'8 ottobre 1998) dal TAR per l'Emilia-Romagna sui ricorsi riuniti proposti da Societa' Rimini e Rimini SpA ed altro contro la Regione Emilia-Romagna
Il Tribunale Amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, Sede di
Bologna, seconda Sezione, composto dai signori: dott. Vincenzo
Laurita, presidente; dott. Grazia Brini, consigliere; dott. Domenico
Lundini consigliere rel. est.; ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
Sui ricorsi n. 527, n. 1715, n. 543 e n. 1997, tutti del 1993,
proposti, i primi due, dalla Societa' Rimini e Rimini SpA in persona
del legale rapprentante pt., e gli altri due, dal Comune di Rimini in
persona del Sindaco pt., rappresentati e difesi, rispettivamente,
dall'avv. Francesco Paolucci (nonche' dall'avv. Rolando Roffi) e
dall'avv. Giancarlo Mengoli, presso lo studio dei quali sono
elettivamente domiciliati, in Bologna, nell'ordine, alla Via Farini
n. 10 e Via Carbonesi n. 5;
contro
la Regione Emilia Romagna, in persona del Presidente in carica,
rappresentato e difeso dagli avv.ti Alberto Predieri e Maria Anna
Alberti (ricorsi Rimini e Rimini) con elezione di domicilio in
Bologna, Piazza S. Francesco n. 2, e dall'avv. Claudio Cristoni
(ricorsi Comune di Rimini), con elezione di domicilio in Bologna, Via
Garibaldi n. 1;
(ricorsi n. 527/93 e 543/93) delle delibere della Giunta regionale
dell'Emilia-Romagna n. 6426 e n. 6425 del 23/12/1992,
rispettivamente, di sospensione di lavori in corso nel fabbricato
della ex Colonia Murri in Rimini e di contestazione di violazioni
urbanistiche relativamente alla concessione edilizia autorizzante
detti lavori;
e per l'annullamento altresi'
(ricorsi n. 1715 e 1997 del 1993) della delibera della Giunta
regionale dell'Emilia-Romagna n. 2491 dell'8/6/1993 di annullamento
della concessione edilizia n. 668/91 rilasciata dal Sindaco del
Comune di Rimini in data 21/6/1991;
nonche' per l'annullamento
(tutti i 4 ricorsi citati) del Piano paesistico regionale (adottato
con delibera del Consiglio regionale n. 2620 del 29/6/1989 ed
approvato con delibera del Consiglio regionale n. 1338 del
28/1/1993);
visti i ricorsi con i relativi allegati;
visti i motivi aggiunti di gravame;
visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Amministrazione
intimata;
viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
visti gli atti tutti delle cause;
uditi alla pubblica udienza del 4/7/1996, gli avv.ti Paolucci e
Mengoli per i ricorrenti rispettivamente patrocinati, e gli avv.ti
Alberti Predieri e Cristoni per la Regione Emilia-Romagna;
relatore il dott. Domenico Lundini;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO E DIRITTO
Con delibera del Consiglio comunale n. 634 in data 10/4/1989,
rettificata il 12/2/1990, il Comune di Rimini ha approvato, ex art.
1, Legge 1/78, il progetto del'opera di interesse pubblico di
recupero dell'edificio ex Colonia Murri presentato dalla Societa'
Valdadige SpA denominato Rimini e Rimini.
Il 29/6/1989 e' stato peraltro adottato dalla Regione Emilia-Romagna
il Piano territoriale paesistico regionale che ha definito di
interesse storico- testimoniale la Colonia Murri consentendo sulla
stessa, fino all'intervento di ulteriori specifiche prescrizioni
programmatiche regionali (e poi comunali), solo interventi di
manutenzione ordinaria e straordinaria.
Con decreto del Ministro del Turismo e dello Spettacolo in data
4/8/1989 il progetto in questione e' stato approvato ex artt. 1 e 2
DL 465/88 conv. in Legge 556/88.
Con delibera Consiglio comunale di Rimini in data 15/3/1990 e' stato
approvato lo schema di convenzione con la Societa' Rimini e Rimini
per la realizzazione e gestione dell'opera, convenzione poi stipulata
il 26/4/1991.
Il 21/6/1991 il Sindaco di Rimini ha rilasciato al Comune di Rimini
concessione edilizia per l'esecuzione dei lavori di "recupero e
ristrutturazione dell'ex Colonia Murri - variante al progetto
approvato con delibera di Consiglio comunale n. 634 del 10/4/1989".
Con atto sindacale del 20/11/1991 la concessione suddetta e'
intestata (anche) alla Soc. Rimini e Rimini.
Peraltro la Regione Emilia-Romagna con delibere della Giunta
regionale del 23/12/1992 e dell'8 giugno 1993 ha dapprima contestato,
l'illegittimita' della concessione 21 giugno 1991, quindi sospeso i
relativi lavori ed infine annullato il menzionato atto di assenso
edilizio.
Contro tali determinazioni regionali si gravano dinanzi a questo TAR
la Societa' Rimini e Rimini ed il Comune di Rimini, i quali
contestano anche il PTPR adottato, con delibera di Consiglio
regionale 29/6/1989, dalla Regione Emilia-Romagna e lo stesso Piano
(ricorsi Comune di Rimini) dalla stessa successivamente approvato con
delibera del Consiglio regionale del 28/1/1993.
Tale PTPR e' infatti impugnato sia perche' in qualche modo
presupposto degli atti regionali cautelare e di annullamento (che
assumono la violazione in sede di concessione edilizia delle misure
di salvaguardia poste a presidio del Piano stesso) sia perche'
autonomamente lesivo per i vincoli all'edificabilita' nella specie
con esso posti.
Peraltro, come da separata sentenza decisa da questo Collegio sulla
stessa complessa controversia che ne occupa nella odierna Camera di
Consiglio, il ricorso n. 1715/93 e gli altri ricorsi in epigrafe
(questi ultimi solo limitatamente all'impugnativa, avente, come s'e'
detto, anche rilievo autonomo, del Piano territoriale paesistico
regionale), non possono essere decisi senza la previa soluzione della
questione di costituzionalita' sotto specificata; con la detta
sentenza il Tribunale ha quindi sospeso, in parte qua, i giudizi
introdotti con i ricorsi stessi ed ha disposto che con la presente
ordinanza gli atti vengano trasmessi alla Corte Costituzionale.
Tale questione di legittimita' costituzionale viene in rilievo in
relazione ad una censura, mossa contro il PTPR sia dal Comune di
Rimini che dalla Societa' Rimini e Rimini, ed esattamente a quella
con la quale il Piano stesso viene contestato perche' pone vincoli e
prescrizioni precettive ed immediatamente operative non solo per i
Comuni (ai fini della programmazione territoriale in sede di PRG) ma
anche per i cittadini e comunque per i privati (e pubblici)
proprietari.
Tale censura, avanzata come s'e' detto da entrambi i ricorrenti, si
sostanzierebbe tra l'altro nella violazione della normativa
urbanistica statale (Legge n. 1150 del 1942) e del principio di
autonomia dei Comuni ai quali spetterebbe la centralita' del potere
di pianificazione territoriale.
Rileva peraltro il Collegio che il Piano in esame, in base alla
normativa regionale sulla quale si supporta, produce non solo gli
effetti tipici di un piano di direttive, destinato a orientare
l'azione dei soggetti pubblici investiti di competenze urbanistiche
(secondo lo schema adottato per i piani territoriali di coordinamento
dagli artt. 5 e 6 della Legge urbanistica n. 1150 del 1942), ma anche
quelli connaturati ad un piano ai prescrizioni, immediatamente
vincolante per i soggetti privati (in termini Corte Costituzionale,
n. 327 del 26/6-13/7/1990).
Secondo l'art. 5, terzo comma, ed art. 6, secondo comma, infatti
della L.R. n. 47 del 1978, come sostituiti, rispettivamente,
dall'art. 2 e dall'art. 3 della L.R. n. 23 del 1980, le previsioni e
le prescrizioni contenute nei "piani territoriali stralcio"
(categoria - di cui all'art. 4 della L.R. suddetta - nella quale
rientra il Piano in questione adottato dalla Regione Emilia-Romagna),
che comportano vincoli di carattere generale o particolare, espressi,
come nella specie, attraverso una rappresentazione grafica atta ad
individuare le aree interessate da tali vincoli, "sono rese
immediatamente impositive nei confronti di chiunque e prevalgono
sulle diverse destinazioni d'uso contenute negli strumenti
urbanistici vigenti o adottati".
Derivando quindi la contestata immediata efficacia prescrittiva dei
vincoli di Piano dalla citata legge regionale, la censura all'esame
andrebbe respinta con conseguente reiezione anche della stessa
impugnativa del PTPR di cui trattasi.
Senonche' il Collegio ritiene di soprassedere da una pronuncia in tal
senso, ravvisando non manifestamente infondato un dubbio di
incostituzionalita' riguardante appunto l'art. 5, terzo comma, e 6,
secondo comma, della L.R. Emilia-Romagna n. 47 del 7/12/1978, nel
testo introdotto dagli artt. 2 e 3 della L.R. n.23 del 29/3/1980,
nonche' l'art. 15 della L.R. n. 36 del 5/9/1988, che fa salvi i
predetti effetti del Piano in esame, e l'art. 55 della L.R. citata
47/78, nella parte in cui giustifica misure di salvaguardia a tutela
delle menzionate disposizioni e vincoli immediatamente prescrittivi
del Piano stesso.
Per tali disposizioni invero appare ipotizzabile il contrasto con gli
artt. 117 e 128 della Costituzione.
Per il primo dei detti articoli il sospetto di vulnus puo' essere
formulato sulla base dei seguenti rilievi:
Il Piano territoriale paesistico regionale dell'Emilia-Romagna
s'inquadra nella categoria dei Piani territoriali di coordinamento,
sebbene specificamente orientati alla considerazione di valori
paesistici ed ambientali ai sensi dell'art. 1 bis della Legge
8/8/1985, n. 431.
Ed invero la L.R. 47/78 negli artt. 4, 5 e 6 disciplina Piani
territoriali regionali che debbono farsi rientrare appunto nel genus
dei Piani territoriali di cordinamento.
Ma la funzione legislativa regionale, nelle materie (tra le quali
quella "urbanistica", nel cui ambito rientra la disciplina dei Piani
territoriali regionali) di cui all'art. 117 della Costituzione, deve
svolgersi nel rispetto e nei limiti dei principi fondamentali quali
risultano da leggi che espressamente li stabiliscono per le singole
materie o quali si desumono dalle leggi vigenti.
E nella perdurante vigenza della Legge 17/8/1942, n. 1150 (Legge
urbanistica statale), tra l'altro espressamente sancita dall'art. 21
della Legge 28/10/1977, n. 10, ritiene il Collegio che le relative
norme, per quanto qui interessa, di cui agli artt. 5 e 6, in tema di
Piani territoriali di coordinamento, costituiscano, nella specifica
materia, principi fondamentali nel cui rispetto debba svolgersi
l'emanazione di norme, da parte delle Regioni disciplinanti i Piani
territoriali regionali.
Peraltro, secondo le menzionate disposizioni della legge urbanistica
del 1942, il Piano territoriale di coordinamento e' un piano di
"direttive", ovvero uno strumento d'indirizzo e controllo con effetti
nei confronti dei Comuni interessati, che sono tenuti ad uniformare
ad esso i rispettivi Piani regolatori generali e quindi con questi a
tradurre criteri di mero indirizzo ed orientamento generale in
prescrizioni direttamente incidenti sulle situazioni giuridiche
facenti capo agli amministrati.
Sembra quindi da escludersi, secondo i principi della legge dello
Stato, l'effetto operativo e normativo diretto dei detti Piani
territoriali di coordinamento nei confronti dei privati (e comunque
degli amministrati, anche se Enti pubblici e delle loro proprieta',
postulando a tal fine i piani stessi come s'e' detto,
l'intermediazione dei Piani regolatori generali.
Viceversa la L.R. Emilia-Romagna 47/78, disciplina, negli articoli
indicati, piani (anche) di prescrizioni e quindi immediatamente
incidenti sulle posizioni soggettive degli amministrati con vincoli
subito e direttamente operativi.
Tali prescrizioni vincolistiche, secondo la denunciata normativa
regionale, prevalgono infatti sulle diverse destinazioni d'uso
contenute negli strumenti urbanistici vigenti o adottati.Pare quindi
al Collegio che possa ipotizzarsi alla stregua di quanto sopra
riferito, una violazione, non solo dell'art. 117, ma anche dell'art.
128 della Costituzione, atteso, con riferimento a quest'ultimo, che
la sottrazione ai Comuni di una posizione di "centralita'" in sede di
pianificazione territoriale concretizza un vulnus al principio
dell'autonomia dei Comuni stessi nell'ambito dei principi fissati
dalle leggi statali (nella specie, appunto, artt. 5 e 6 legge
urbanistica del 1942).
Non ignora peraltro il Collegio che l'art. 1 bis della Legge 431/85
ha posto sullo stesso piano, quanto a funzione ed effetti, Piani
paesistici e Piani urbanistici territoriali (ed i primi hanno
sicuramente effetti diretti nei confronti degli amministrati) e che
la Corte Costituzionale, con sentenze 327/90 e 379/94 ha,
ripettivamente, riconosciuto legittimo il PTPR dell'Emilia-Romagna e
riconosciuta la legittimita' di misure di salvaguardia poste da legge
regionale a presidio di vincoli rivenienti da Piano regionale. Ma il
principio di equivalenza dei Piani paesistici ed urbanistici
territoriali vale, secondo il menzionato art. 1 bis, non per tutto il
territorio regionale ma per i soli beni ed aree elencati nel quinto
comma dell'articolo 82 del DPR 24/7/1977, n. 616, come integrato
dall'art. 1 della Legge 431/85, e, per cio' che concerne le
menzionate sentenze della Corte Costituzionale, ne' la prima, ne' la
seconda pronuncia hanno esaminato il profilo, posto in questa sede,
della possibile lesione degli artt. 117 e 128 della Costituzione, da
parte della normativa regionale, sulla base di parametri normativi
statali individuabili per i Piani di coordinamento negli artt. 5 e 6
della Legge n. 1150 del 1942. D'altro canto dottrina e giurisprudenza
ritengono pacificamente che il Piano territoriale di coordinamento
sia un piano di direttive e di indirizzi e la Legge 142/90 sembra
averlo riconfermato (cfr. artt. 3 e 15).
Quanto agli artt. 15 della L.R. 36/88 e 55 della L.R. 47/78
l'illegittimita' costituzionale e' per essi ipotizzabile in via
conseguenziale, sempre in relazione alle dette norme costituzionali,
perche' si consentono (con la prima disposizione) e si sviluppano e
si concretizzano (con la seconda) gli effetti di cui alla citata
normativa ex artt. 5 e 6 della L.R. 47/78 come modificata dalla L.R.
23/80 contrastanti, come sopra ipotizzato, per i Piani territoriali
regionali, con le dette norme costituzionali.
Il dubbio di costituzionalita' delle norme regionali anzidette non
appare dunque manifestamente infondato e la relativa questione e'
certamente rilevante, dipendendo dalla definizione di essa la
decisione del ricorso 1715/93 nonche', limitatatamente alla
impugnativa del Piano territoriale paesistico regionale
dell'Emilia-Romagna adottato il 29/6/1989, quella degli altri ricorsi
specificati in epigrafe proposti dalla Rimini e Rimini e dal Comune
di Rimini.
Il Collegio, previa sospensione, nei limiti indicati, dei giudizi in
corso (introdotti coi ricorsi in epigrafe proposti dalla Societa'
Rimini e Rimini e dal Comune di Rimini), ritiene di dover rimettere
alla Corte Costituzionale ogni valutazione in ordine ai rilevati
profili d'illegittimita' costituzionale.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna - Sede di
Bologna, Sezione seconda, visti gli artt. 134 della Costituzione e 23
della Legge 11/3/1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente
infondata, nei termini esposti in motivazione, la questione di
legittimita' costituzionale degli artt. 5, terzo comma, e 6, secondo
comma, della L.R. Emilia-Romagna n. 47 del 7/12/1978, nel testo
introdotto dagli artt. 2 e 3 della L.R. n. 23 del 29/3/1980, nonche'
dell'art. 15 della L.R. n. 36 del 5/9/1988 e dell'art. 55 della L.R.
citata 47/78, per contrasto con gli artt. 117 e 128 della
Costituzione.
DISPONE
l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale, a cura
della Segreteria di questo Tribunale.
ORDINA
altresi' che, a cura della suddetta Segreteria, la presente ordinanza
sia notificata alle parti in causa ed al Presidente della Giunta
regionale dell'Emilia-Romagna e comunicata al Presidente del
Consiglio regionale della medesima Regione.
SOSPENDE
come anche da separata sentenza, il giudizio introdotto con il
ricorso 1715/93 e, nei limiti dell'impugnativa del PTPR adottato, gli
altri ricorsi proposti dalla Rimini e Rimini e dal Comune di Rimini.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorita'
amministrativa.
Cosi' deciso in Bologna nella Camera di Consiglio del 4/7/1996.
L'ordinanza e' sottoscritta ai sensi dell'art. 132 del c.p.c., a
causa della morte del Presidente V. Laurita, del 15/4/1998.
CONS. REL. EST.
D. Lundini
depositata in Segreteria in data 28 aprile 1998
Bologna, 28 aprile 1998 IL SEGRETARIO
(firma illeggibile)