DELIBERAZIONE DELLA GIUNTA REGIONALE 7 settembre 1998, n. 1480
Linee di indirizzo regionali sulla prevenzione della mortalita' per overdose nei tossicodipendenti
LA GIUNTA DELLA REGIONE EMILIA-ROMAGNA
Vista la deliberazione di Giunta regionale n. 722 del 7 marzo 1995,
esecutiva ai sensi di legge, "Progetto regionale tossicodipendenze.
Indirizzi programmatici e direttive sull'organizzazione dei servizi
per le tossicodipendenze (DPR 309/90 e L.R. 19/94)";
vista la successiva deliberazione di Giunta regionale n.3830 del 31
ottobre 1995, esecutiva ai sensi di legge, "Linee di indirizzo
regionali sulla riduzione del danno da uso di droga", ed in
particolare il punto 12 dell'allegato, che indicava come obiettivo lo
sviluppo di una attivita' di prevenzione delle cause di morte;
ritenuto di dover ulteriormente approfondire i contenuti di tale
obiettivo e di dover fornire al Sistema dei Servizi pubblici e
privati per le tossicodipendenze presenti in Regione, alcune linee di
indirizzo sulla prevenzione della mortalita' per overdose in
attuazione della citata delibera 3830/95;
visto l'art. 113 del DPR 309/90 "Testo unico delle leggi in materia
di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione,
cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza";
vista la deliberazione della Giunta regionale n. 2541 del 4 luglio
1995, esecutiva ai sensi di legge;
vista la determinazione n. 007934 del 12 agosto 1998 cosi' come
modificata dalla determinazione n. 008060 del 14 agosto 1998 relativa
alla sostituzione del Responsabile del Servizio da parte del
Direttore generale "Sanita' e Servizi sociali", dr. Francesco Taroni;
dato atto pertanto del parere favorevole espresso dal Direttore
generale "Sanita' e Servizi sociali", dr. Francesco Taroni in merito
alla legittimita' e regolarita' tecnica della presente deliberazione,
ai sensi dell'art. 4, sesto comma, della L.R. 19 novembre 1992, n. 41
nonche' della deliberazione della Giunta regionale 2541/95;
su proposta dell'Assessore alle Politiche sociali educative e
familiari - Qualita' urbana - Immigrazione - Aiuti internazionali;
a voti unanimi e palesi, delibera:
1) di approvare il documento allegato, facente parte integrante e
sostanziale della presente deliberazione, contenente "Linee di
indirizzo regionali sulla prevenzione della mortalita' per overdose",
in attuazione della delibera della Giunta regionale 3830/95;
2) di pubblicare integralmente la presente deliberazione nel
Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna.
Linee di indirizzo regionali sulla prevenzione della mortalita' per
overdose
Studi condotti su popolazioni di tossicodipendenti in vari paesi
concordano nell'indicare tassi di mortalita' da 10 a 28 volte
superiori a quelli della popolazione generale. Tale fenomeno appare
ancor piu' rilevante se si prendono in considerazione le aree
metropolitane. Le cause di morte piu' frequenti sono: AIDS ed altre
patologie correlate, incidenti stradali ed infortuni, suicidi e, per
una quota non irrilevante, overdoses.
Le overdoses da oppiacei e/o da uso contemporaneo di sostanze in
grado di deprimere i centri del respiro (oppiacei, alcol, sedativi)
rappresentano quindi a tutt'oggi una delle principali cause di morte
nei tossicodipendenti; negli ultimi anni, a livello nazionale, se ne
e' registrato un lento ma costante aumento.
La Regione Emilia-Romagna si e' da tempo posta l'obiettivo della
tutela della persona tossicodipendente, in una ottica di aiuto reale
tendente ad evitare prese di posizione in termini di giudizio e di
stigmatizzazione dei comportamenti. Su queste premesse si basano sia
il Progetto regionale tossicodipendenza - Indirizzi programmatici e
direttive sull'organizzazione dei servizi per le tossicodipendenze
(delibera Giunta regionale n.722 del 7 marzo 1995), sia le
successive Linee di indirizzo regionali sulla riduzione del danno da
uso di droga (deliberazione Giunta regionale n. 3830 del 31 ottobre
1995). In entrambi i documenti viene fortemente sottolineata la
necessita' di mettere a punto programmi per prevenire la mortalita'
da overdose nei dipendenti da sostanze.
Gia' di per se' tutti gli interventi tesi ad incentivare il contatto
con il sistema curante e ad aumentare la ritenzione in trattamento
(obiettivi specifici dei documenti sopraricordati) possono essere
considerati in qualche modo preventivi rispetto alla mortalita'.
Tuttavia, e' evidente che anche un solo deceduto per overdose e'
troppo ed e' da considerarsi come un grave insuccesso. Per questo
vanno messi in campo tutti gli interventi atti a prevenire
attivamente l'evento, in una ottica di contrasto del fenomeno droga.
Il sottolineare la dignita' della persona tossicodipendente, spesso
contro il desiderio di annullamento del tossicodipendente stesso,
impone una pluralita' di approcci con la messa a punto di strumenti
in grado di incidere efficacemente sulla mortalita' per overdose.
Se da una parte i SERT e gli Enti ausiliari hanno sicuramente gia'
messo in atto una serie di interventi preventivi rispetto alla
mortalita' prodotta dalle patologie correlate alla tossicodipendenza,
d'altra parte si assiste ad una certa difficolta' nel programmare (a
volte anche nel pensare) interventi finalizzati alla prevenzione dei
decessi per overdose. Questa difficolta' probabilmente e' da mettere
in relazione a un atteggiamento di cura che privilegia l'astinenza e
fatica a porsi nell'ottica di aiuto concreto alla persona
prescindendo da preconcetti ideologici.
Come azione preliminare all'emanazione delle presenti linee di
indirizzo, per conoscere l'entita' del fenomeno e per individuare
eventuali gruppi maggiormente a rischio sui quali concentrare gli
interventi preventivi, e' stata portata a termine, da parte della
Regione Emilia-Romagna, una indagine conoscitiva sulla mortalita'
dei soggetti tossicodipendenti afferenti al sistema dei servizi della
Regione negli anni 1993, 1994, 1995, 1996. Tale indagine ha visto la
collaborazione dei SERT, delle Prefetture, delle Questure e dei
Servizi di Igiene pubblica. Dall'elenco in questo modo costituito,
emergono tutti i decessi per overdose avvenuti sul territorio
regionale o che abbiano per vittima un utente residente nella regione
Emilia-Romagna.
Dalla ricerca, pubblicata dalla Regione Emilia-Romagna, ed alla quale
si rimanda per un'analisi piu' approfondita, si possono rilevare
alcuni spunti di analisi: i tossicodipendenti deceduti nel periodo di
riferimento della ricerca (547 soggetti), hanno per la maggior parte
piu' di 30 anni d'eta', risultano generalmente di sesso maschile, da
lungo tempo sono inseriti nel circuito del sistema dei servizi per le
tossicodipendenze. La mortalita' si presenta come un dato fisiologico
determinato dall'invecchiamento progressivo dell'utenza in carico, da
ben definite patologie (AIDS) e da una condizione oggettiva di
"svantaggio". L'eta' media dei deceduti per overdose in carico ai
SERT della Regione Emilia-Romagna e' piu' elevata di quella dei
deceduti per la stessa causa in Italia (31,2 contro 30,6 anni - dati
Ministero Interni).
I deceduti per AIDS sono in trend ascendente e sono la meta' sul
totale; il 53,5% e' deceduto mentre era in carico al SERT, che si
caratterizza in questo modo anche per l'assistenza che presta a
malati terminali.
I suicidi riguardano soggetti con piu' di 30 anni, di cui pochi si
sono costituiti una famiglia propria od una vita relazionabile
accettabile, con una lunga esperienza di rapporti interrotti col
sistema dei Servizi per le tossicodipendenze, con esperienze di
comunita' terapeutica e carcere. Il "fallimento" nei rapporti coi
soggetti familiari ed istituzionali, la mancata integrazione in
contesti spesso di piccoli paesi di provincia, possono costituire
ipotizzabili cause di suicidio.I deceduti per overdose sconosciuti ai
SERT sono piu' giovani e sono la meta' sul totale specifico, se si
compara questo dato con quello simile relativo al totale dei decessi
per la stessa causa in Italia, si puo' dedurre come nella nostra
regione, stante il complesso apparato costituito dal sistema dei
servizi pubblico e privato ed il numero elevato di tossicodipendenti
che vi si rivolgono, il rischio di overdose sia piu' basso della
media nazionale.
Il 44,6% dei decessi e' rappresentato da soggetti che sono stati
almeno una volta in comunita' terapeutica e sono in aumento i
deceduti per overdose che hanno avuto come ultimo programma
l'inserimento in comunita'; per quelli che abbandonano l'inserimento
e per i programmi comunitari di durata inferiore ai sei mesi vi e' un
alto rischio.
Si puo' ipotizzare come periodo critico un lasso di tempo sino ad un
anno dalla carcerazione: il 21,4% dei deceduti e' stato in carcere, e
di questi il 41% e' deceduto entro un anno dalla data di
scarcerazione.
Il rapporto continuativo con i SERT, se superiore all'anno, e'
altresi' indice di protezione e riduce il rischio di overdose: tra
gli utenti in carico il 49,5% dei decessi e' relativo a programmi
durati meno di sei mesi, il 67% meno di un anno.
I decessi per overdose avvenuti entro un anno dalla fine della
comunita' terapeutica riguardano nel 70% dei casi soggetti con piu'
di 30 anni d'eta', che hanno avuto precedenti carcerazioni, episodi
di overdose, conosciuti da molti anni ai Servizi per la
tossicodipendenza, con piu' tentativi di inserimenti comunitari.
Appare chiaro dunque che esistono situazioni in cui la tolleranza
agli oppiacei viene a ridursi (periodi in comunita' o in carcere),
che costituiscono un fattore di rischio per overdose e meritano una
attenzione particolare. Questa semplice osservazione, confermata
dalla indagine ma gia' nota a chiunque operi nel campo o comunque a
qualsiasi medico (si tratta di una proprieta' degli oppiacei ben
conosciuta in medicina), merita tuttavia di essere sottolineata
affinche' possa essere tradotta in azioni atte a prevenirne
l'accadere.
evidente che un rapporto solido e continuativo con i Servizi
costituisce un fattore di prevenzione della mortalita' per overdose;
va quindi incentivato ogni sforzo teso alla presa in carico e alla
prosecuzione del programma terapeutico. Visto che, pero', molti dei
deceduti per overdose hanno avuto un piu' o meno recente rapporto con
i Servizi, andrebbe forse posta maggiore attenzione a chi decide di
interrompere il programma (evento che solitamente non avviene senza
che se ne possano percepire segnali premonitori). A volte in queste
situazioni puo' prevalere un atteggiamento moralistico di condanna
che porta a rimuovere la necessita' di fornire al tossicodipendente
le informazioni utili alla prevenzione della mortalita' per overdose.
Si elencano di seguito le azioni concrete che possono essere utili in
questo campo. Possiamo considerare almeno sei iniziative specifiche
di prevenzione che, condotte assieme, potrebbero dare un contributo
significativo in termini di prevenzione della mortalita'.
1) Accentuare l'attivita' di informazione tra i tossicodipendenti e
tra i giovani sulle overdoses. Questa attivita' puo' passare
attraverso la messa a punto di specifici opuscoli che contengano una
serie di buoni consigli. Pur rimarcando fortemente la condanna
dell'uso di sostanze, andranno fornite una serie di informazioni
finalizzate a ridurre il rischio di morte per chi, comunque, queste
sostanze decide di usare. A titolo di esempio si elencano alcune
informazioni che potrebbero essere fornite: a - evitare l'uso di
sostanze per via parenterale da solo o in luoghi appartati; b - avere
sempre con se' una fiala di naloxone (vedi successivo punto 4); c -
essere consapevoli della imprevedibilita' del rischio, che non
riguarda solo chi e' alle prime armi; d - iniettare sempre
lentamente; e - utilizzare quantita' ridotte nei seguenti casi, nei
quali la tolleranza agli oppiacei e' ridotta: - uso di eroina
irregolare o saltuario; - recente completamento o interruzione di un
programma comunitario; - recente scarcerazione; - recente
completamento o interruzione di terapia con antagonisti (naltrexone);
- malattie recenti, f - saper aiutare chi va in overdose: - mettere
il paziente in posizione di sicurezza; - usare il naloxone; -
chiamare i soccorsi (118 o altro). Questi messaggi andranno tradotti
in forma accessibile a tutti e presentati in maniera accattivante,
per non suscitare rifiuti o atteggiamenti del tipo "a me non serve
perche' so gia' come fare, a me non accadra' mai".
2) Sviluppare attivita' informative ed educative nei confronti dei
gruppi maggiormente a rischio. Come gia' visto, esistono situazioni
nelle quali la tolleranza agli oppiacei risulta diminuita, e
conseguentemente il rischio di overdose aumenta. Tali situazioni,
elencate in dettaglio al punto 1, richiedono particolare attenzione.
Per chi manifesta l'intenzione di interrompere un programma
comunitario o per i tossicodipendenti alla scarcerazione va prevista
una attivita' di counseling e la consegna del materiale informativo
di cui al punto 1, assieme ad un elenco dei servizi presenti sul
territorio cui eventualmente rivolgersi per chiedere aiuto. In
particolare, per quanto riguarda la popolazione tossicodipendente
detenuta andrebbero previsti interventi ad hoc, come la possibilita'
di iniziare immediatamente prima della scarcerazione una terapia con
antagonisti o agonisti. Per i tossicodipendenti in trattamento con
antagonisti andrebbe prevista gia' nel corso della terapia una
attivita' di counseling sui rischi di una interruzione nella
assunzione del farmaco e di ripresa dell'uso di oppiacei ai dosaggi
precedentemente utilizzati. Questo messaggio va attentamente
calibrato, rivolgendosi a persone che in quel momento sono
decisamente orientati all'astinenza e possono non essere
psicologicamente disponibili ad affrontare la eventualita' di una
ricaduta. In tutti i casi sopraesposti puo' essere valutata la
possibilita' di consegnare direttamente una fiala di naloxone (vedi
punto 4).
3) incentivare comportamenti a basso rischio di morte come
l'assunzione per inalazione. In assenza di una volonta' di
interruzione dell'uso di oppiacei, andrebbe favorita una modalita' di
assunzione meno rischiosa che, tuttavia, appare poco diffusa nella
realta' italiana. Le cause di questa ridotta diffusione vanno
ricercate nella scarsa purezza delle sostanza presenti sul mercato,
ma anche in un atteggiamento culturale e in una ritualita' su cui,
con strumenti simili a quelli indicati per il punto 1 e attraverso
momenti didattici specifici (individuali e collettivi) appare
opportuno intervenire. Anche in questo caso il messaggio dove passare
attraverso vie che rendano possibile il suo recepimento. Un
importante contributo potrebbe venire dal riconoscere un ruolo
propositivo a gruppi di autoaiuto presenti sul territorio e di
stimolare la loro costituzione dove assenti, utilizzando i diversi
saperi dei tossicodipendenti attivi che possono essere, a loro volta,
portavoce di modalita' diverse (e a minor rischio) di assunzione di
sostanze. Allo stesso scopo appare opportuno anche stimolare la
produzione e la distribuzione di "giornali da strada" - al fine di
far circolare le diverse informazioni, stimolare confronti e
dibattiti, promuovere comunque una cultura della salute pur in
presenza di comportamenti potenzialmente autodistruttivi.
4) Dotare ciascun tossicodipendente di una fiala di naloxone, farmaco
salvavita, da utilizzare per se' o per altri in caso di overdose da
oppiacei. Tale fiala andrebbe fornita in un contenitore rigido, che
ne favorisca la conservazione e che incentivi il tossicodipendente a
portarla effettivamente sempre con se' (ad esempio sotto forma di
portachiavi). In ogni caso non appare opportuna la semplice
distribuzione del farmaco; essa andra' accompagnata ad una attivita'
di counseling e alla consegna del materiale informativo di cui al
punto 1, con una maggiore attenzione alle modalita' corrette di
utilizzo del naloxone: - porre chi necessita di soccorso in posizione
di sicurezza; - se possibile iniettare il naloxone in vena,
altrimenti in muscolo; - chiamare comunque soccorso, vista la breve
durata di azione del farmaco. Questa attivita' puo' essere espletata,
a seconda dei casi, all'interno dei Servizi e/o, dove presenti,
attraverso le "unita' mobili".
5) Fornire informazioni tempestive sui quantitativi di principi
attivi rintracciati nelle sostanze sequestrate e sulla composizione
delle sostanze da strada presenti sul mercato. Appare opportuno
trovare modalita' che facilitino l'arrivo ai laboratori delle
sostanze illegali. Spesso infatti ai Servizi giungono, provenienti
dagli utenti o dai loro familiari, richieste di analisi di sostanze;
il solo trattenere materialmente la sostanza da parte degli operatori
li mette in una condizione di illegalita'. Trovare invece una
modalita' per conoscere la composizione delle sostanze sequestrate
potrebbe consentire di ottenere e di far circolare informazioni sulla
purezza e sui tagli dell'eroina da strada al fine di fornire
indicazioni sulle variazioni continue del mercato e sulla sua
pericolosita'. Questa attivita' richiede una stretta collaborazione
con gli Istituti di Medicina legale, ma anche con i Laboratori
scientifici delle forze dell'ordine.
6) Incentivare le attivita' di monitoraggio epidemiologico sul
fenomeno, anche attraverso una stretta collaborazione con la
Prefettura, il Servizio di Igiene pubblica, i Servizi di Medicina
d'urgenza. L'obiettivo e' quello di conoscere l'entita' della
mortalita' e l'entita' e la sede degli interventi richiesti in pronto
soccorso per overdose, sia per procedere ad una mappatura urbana sia
per evidenziare e divulgare le variazioni quali/quantitative del
fenomeno.