SUPPLEMENTO SPECIALE N.221 DEL 20.11.2013

Relazione

Il caregiver familiare è la persona cara, amica o parente che, in modo gratuito, volontario ed informale si prende cura del non autosufficiente aiutandolo nella quotidianità dell’esistenza.

Il caregiver è, in una società con bisogni assistenziali sempre maggiori e disponibilità economiche sempre più limitate, uno dei cardini su cui si regge il sistema di Welfare.

Le stime dicono che in Emilia-Romagna le persone che prestano la loro attività informale di cura a parenti ed amici non autosufficienti sono 289mila, in prevalenza donne (il 55%), alcune molto giovani (13mila fra i 15 ed i 24 anni) e spesso impegnate ad assistere più di una persona, per lo più nella combinazione bambini ed anziani (150mila).

Anche nei Paesi con un sistema sviluppato di servizi di assistenza formale, il numero dei caregiver informali rappresenta numericamente il doppio della forza lavoro formale.

A supportare questa stima è anche un recente studio dell’Unione Europea, che evidenzia come circa l’80% delle cure in tutti i Paesi UE siano fornite da coniugi, parenti, amici e che il valore economico di questa attività rappresenti fra il 50% ed il 90% del costo complessivo dei servizi di assistenza formale a lungo termine.

Per il solo Regno Unito si stimano 140mln€; purtroppo non disponiamo di analoghe stime per l’Italia né per la nostra Regione, ma è comunque chiaro che si tratta di un asse fondamentale delle politiche di domiciliarizzazione delle persone non autosufficienti.

Assistere una persona non autosufficiente, a volte per lunghissimi periodi di tempo, è tuttavia faticoso e totalizzante e spesso ha ripercussioni negative anche molto serie sulla vita di chi vi si trova impegnato.

I caregiver infatti sono soggetti a fortissime pressioni nel tentativo di conciliare lavoro e responsabilità familiari e, anche laddove la conciliazione è possibile, le entrate economiche comunque diminuiscono in maniera direttamente proporzionale alla riduzione dell’orario lavorativo a cui si è costretti. Inoltre, anche dopo l’attività di cura, il rientro nel mondo del lavoro non è sempre agevole e necessita di un supporto, quale ad esempio il riconoscimento delle competenze acquisite nell’esperienza di accudimento.

Va poi sottolineato che spesso caregiver si diventa per caso o per necessità, senza avere ricevuto alcuna formazione nella cura verso persone non autosufficienti, senza conoscere la malattia della persona cara e, spesso, senza avere neanche idea dei servizi e delle opportunità di aiuto che il territorio offre.

Riconoscere il ruolo sociale dei caregiver è dunque il primo passo per supportare queste persone nell’attività di cura. E riconoscerne la funzione significa renderle partecipi delle scelte assistenziali effettuate dai servizi socio-sanitari che hanno in carico il loro caro, dargli un’adeguata informazione e formazione, metterli al corrente dei servizi disponibili sul territorio, fornire concreto supporto nelle attività di assistenza e garantirgli tempo per sé e per la propria vita di relazione e lavorativa.

In questa breve premessa stanno i motivi ed i contenuti di questo progetto di legge, col quale la Regione Emilia-Romagna intende riconoscere e valorizzare la funzione sociale dei familiari curanti e le peculiarità di genere dell’attività di cura, definendo altresì servizi ed azioni specifici di supporto alle cure familiari finalizzati al sostegno emotivo, all’informazione, formazione ed orientamento, al sollievo, alla conciliazione, all’aggiornamento professionale ed al reinserimento lavorativo e sociale dopo la fase di assistenza.

D’altro canto la programmazione amministrativa regionale ha già riconosciuto formalmente la figura del caregiver nell’ambito di una necessaria integrazione fra reti formali ed informali di assistenza sul territorio e fra le 7 azioni previste nel recente Programma attuativo del Piano socio-sanitario per il 2013 ve n’è una, dedicata agli interventi per anziani e famiglie, che prevede esplicitamente il coinvolgimento dei caregiver nella progettazione dei servizi di cura locali ed il sostegno agli stessi attraverso l’assegno di cura, l’accoglienza temporanea di sollievo, i ricoveri temporanei post-dimissione, la consulenza, affiancamento e tutoring domiciliare a cura operatori professionali dei servizi di assistenza domiciliare, il sostegno alle forme aggregative di auto mutuo aiuto e di contrasto all’isolamento e alla solitudine promosse dall’associazionismo volontario; i servizi di e-care come telesoccorso e teleassistenza, le consulenze ed i contributi per l’allestimento di ausili tecnologici e di soluzioni strutturali che rendano le abitazioni in cui vivono persone non autosufficienti idonee a garantirne la migliore qualità di vita possibile e creare le condizioni per il lavoro di cura, ecc..

Dunque si tratta di inserirsi nella programmazione regionale già esistente per elevare le azioni già previste al rango di diritti esigibili attraverso lo strumento della legge regionale.

Venendo all’esame dell’articolato, l‘art. 1 declina dunque le finalità della legge, che si sostanziano nel riconoscimento del valore sociale del caregiver familiare quale importante componente informale della rete di assistenza alla persona e protagonista delle politiche di domiciliarizzazione dei trattamenti socio-sanitari e nel conseguente riconoscimento dei bisogni dello stesso.

L’art. 2 definisce il caregiver come il familiare, il convivente o la persona amica che volontariamente e gratuitamente si prende cura in via principale della persona cara che necessita permanentemente di aiuto e del suo ambiente, aiutandola nella vita di tutti i giorni eventualmente avvalendosi dei servizi territoriali e di lavoro privato di cura.

Con l’art. 3 si esplicita il riconoscimento del ruolo del caregiver da parte dei servizi socio-sanitari territoriali. Ciò in concreto significa che il caregiver contribuisce alla definizione del Piano Assistenziale per l’assistito (PAI) e ne è componente fondamentale, si avvale del sostegno professionale e dell’affiancamento tecnico degli operatori, viene informato puntualmente dei problemi socio-sanitari e dei bisogni del suo assistito così da potere scegliere consapevolmente che tipo di supporto garantire e cosa invece non si sente di fare e dunque resta in capo alla rete di assistenza formale. L’articolo si sofferma inoltre sulla necessità che vi sia un’informazione puntuale al caregiver di tutte le opportunità ed i servizi di cui si può avvalere.

A garantire in collegamento fra il caregiver e la rete di assistenza formale sarà il responsabile del PAI, che dovrà essere esplicitamente individuato.

L’art. 5 tratta degli interventi di Comuni ed ASL a favore dei caregiver famigliari che, nei limiti delle risorse disponibili, spaziano dall’informazione al corretto addestramento, dal supporto psicologico al sollievo d’emergenza, fino all’eventuale domiciliarizzazione delle visite specialistiche. Dal canto suo la Regione si impegna a prevedere- nell’ambito della propria programmazione sociale e sanitaria- azioni a supporto del caregiver, ad incentivare il sostegno economico alle persone assistite domiciliarmente dai caregiver, a promuovere iniziative finalizzate alla copertura dei costi assicurativi contro gli infortuni e per la copertura della responsabilità civile dei caregiver familiari che operano nell’ambito dei PAI, promuove Intese ed Accordi con le associazioni datoriali sulla flessibilità oraria.

L’art. 6 definisce le modalità di riconoscimento di eventuali crediti formativi maturati nell’esperienza di caregiver che possano essere conteggiati in un eventuale percorso di formalizzazione delle competenze secondo quanto disposto dalla l.r.12/03 sul sistema formativo regionale. Si tratta di un’azione che permette di mettere a credito l’esperienza pratica maturata per favorire successivi sbocchi lavorativi sul mercato del lavoro formale.

Infine, le azioni di sensibilizzazione previste all’art.7 spaziano dalla giornata annuale del caregiver, fissata all’ultimo sabato del mese di maggio, alla raccolta di best practices, fino al sostegno alle associazioni dei caregiver, che saranno coinvolte anche nella fase di concertazione per la programmazione dei Piani di zona distrettuali per la salute e il benessere sociale. 

Valuta il sito

Non hai trovato quello che cerchi ?

Piè di pagina