SUPPLEMENTO SPECIALE N.39 DEL 09.06.2015

Relazione

Con il presente progetto di legge si intendono perseguire principalmente due fondamentali obiettivi, di seguito esplicitati.

a) Dotare la Regione e gli Enti locali di strumenti idonei a recepire le indicazioni provenienti dall’Unione Europea che negli ultimi anni ha intensificato la sua azione di impulso affinché gli Stati membri pongano attenzione al tema dell’inclusione sociale ed economica di rom e sinti nel quadro di una generale promozione dei diritti umani.

La Comunicazione della Commissione n. 173 del 5/4/2011 “Quadro UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020”, approvata dal Consiglio UE nel giugno 2011, richiede agli Stati membri di adottare misure nell’ambito delle politiche più generali di inclusione sociale per il miglioramento delle condizioni di vita dei nomadi e individua 4 settori prioritari: istruzione, casa, lavoro, salute. Il documento sottolinea come l’adozione di una strategia nazionale e delle strategie regionali rappresenti elemento di condizionalità per l’accesso alla programmazione del FSE 2014-2020.

In attuazione delle indicazioni europee è stata quindi adottata il 24/2/2012 dal Consiglio dei Ministri la “Strategia nazionale d’inclusione dei rom, sinti e caminanti”, successivamente approvata dalla Commissione Europea il 22/5/2012.

Al fine di un allineamento a quanto stabilito dalla Comunicazione 173/2011 e dalla Strategia nazionale il 20 dicembre 2012 è stato approvato, in sede di Conferenza delle Regioni, un documento proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento Pari Opportunità per la costituzione di Tavoli regionali con un ruolo di programmazione e orientamento della progettazione locale, canalizzazione dell’informazione, monitoraggio e valutazione degli interventi.

Il 9 dicembre 2013 è stata adottata la raccomandazione della Commissione al Consiglio che rappresenta il primo strumento giuridico dell’Unione Europea per l’inclusione dei rom. Contiene orientamenti specifici per aiutare gli Stati membri a prendere misure mirate per colmare il divario fra i rom e il resto della popolazione.

Per realizzare le azioni previste su istruzione, occupazione, assistenza sanitaria e alloggio, la Commissione europea chiede agli Stati membri di stanziare a favore dell’inclusione dei rom non solo fondi dell’Unione ma anche fondi nazionali e del terzo settore.

b) Aggiornare e semplificare la disciplina contenuta nella legge regionale attualmente in vigore, n. 47/1988 “Norme per le minoranze nomadi in Emilia-Romagna” in quanto:

1) rispecchia un assetto delle competenze pubbliche molto cambiato in questi anni; la riforma del titolo V della Costituzione ha infatti rafforzato la competenza generale amministrativa dei Comuni per quanto riguarda la programmazione, realizzazione, erogazione di prestazioni/servizi locali mentre la LR 47/88 conserva un’impronta “prescrittiva” da parte della Regione;

2) fa riferimento a condizioni di nomadismo da parte della popolazione rom e sinta (non è un caso che porti nel titolo “minoranze nomadi”), che oggi rappresentano una caratteristica residuale, sebbene presente e da considerare. Nella maggior parte dei casi la popolazione rom e sinta dell’Emilia-Romagna è infatti costituita da persone stanziali, che hanno nella famiglia allargata un valore di riferimento fondamentale.

Una fotografia della popolazione rom e sinta in regione è fornita dalla rilevazione statistica regionale realizzata con cadenza triennale. A fine novembre 2012 risultavano presenti in Emilia-Romagna 2.745 persone, distribuite in 129 campi. La comunità più numerosa è quella sinta (90,6%) segue quella dei rom italiani (4,7%), dei rom stranieri (3,5%) e una piccola percentuale di persone di altra provenienza (1,2%). Solo il 4,1% è straniero, tutti gli altri hanno la cittadinanza italiana. Si tratta di una popolazione giovane, in cui i minorenni rappresentano il 37,4% (contro il 15,9% della popolazione emiliano romagnola), gli adulti fino a 64 anni il 59,5%, mentre gli anziani con 65 anni ed oltre sono solo il 3,1% (gli emiliano-romagnoli invece il 22,8%).

All’interno di queste comunità negli ultimi anni si sono registrati diversi cambiamenti circa abitudini e bisogni, sia in relazione ai luoghi dell’abitare, sia rispetto al più ampio tema dell’accesso alla vita sociale. Si tratta di segnali da cogliere nella direzione di un percorso graduale di uscita da logiche assistenziali, che richiedono la promozione di politiche e interventi che sostengano - in un quadro di parità con gli altri cittadini - tali spinte al cambiamento, soprattutto con una attenzione alle nuove generazioni e alle donne.

Ad oggi qualunque politica e progettazione verso rom e sinti deve tenere conto dell’assenza di una norma nazionale che riconosca queste popolazioni come minoranze etnico-linguistiche, portatrici di una specifica identità culturale. Le ragioni sono legate alle peculiarità di una minoranza che non ha un territorio di riferimento, una collocazione geografica unica, e al tempo stesso presenta una grande varietà interna di gruppi linguistici e culturali e di condizioni giuridiche.

Per tutti i motivi sopra esposti, il progetto di legge regionale, si ispira ai seguenti principi:

1) superamento delle condizioni che possono determinare esclusione sociale e stigmatizzazione di gruppi e singole persone garantendo una maggiore coesione sociale e il benessere dell'intera comunità;

2) promozione delle pari opportunità per le comunità sinte e rom nel quadro dei diritti, dei doveri e delle responsabilità nei confronti della società e delle Istituzioni;

3) riconoscimento delle identità culturali e sociali di rom e sinti;

4) sostegno ai processi di autonomia e responsabilizzazione anche con azioni specifiche che siano di supporto alla volontà di cambiamento di singoli, in particolare donne e giovani, famiglie o gruppi;

5) adozione di approcci non “etnicizzanti”;

6) realizzazione di progetti e interventi con una prospettiva di medio-lungo periodo tenendo conto delle connessioni tra scuola, formazione, accesso al lavoro, condizioni abitative, salute e qualità di vita;

7) sostegno alla crescita della rappresentanza delle comunità e del dialogo con le istituzioni.

Gli interventi a favore di rom e sinti, pur essendo caratterizzati dai indubbi tratti di specificità, devono collocarsi nell’ambito del sistema più generale degli interventi attivati dai Comuni e dalle loro Unioni, in raccordo con gli altri soggetti, a contrasto dell’esclusione sociale, della vulnerabilità e della povertà nonché a sostegno e tutela dei minori e della famiglia.

La proposta di legge prevede pertanto un intervento normativo “leggero”, che ribadisce i principi dell’inclusione e della non discriminazione per tutti, facendo riferimento alle norme e alle disposizioni regionali già esistenti nei settori chiave dell'educazione, dell’istruzione, della formazione, del lavoro, dell’abitare e della salute e che rimanda la definizione degli interventi al nuovo strumento di programmazione (la Strategia regionale per l’inclusione di rom e sinti).

L’intento della proposta è riconoscere le identità culturali e sociali di rom e sinti e la loro specificità, promuoverne le pari opportunità, l’uguaglianza e la dignità, in coerenza con i principi indicati agli articoli 2 e 3 della Costituzione, all'art. 2 della Convenzione ONU per i diritti del fanciullo e all'articolo 6 del Trattato sull'Unione. L’ottica è dunque favorire l’accesso ai diritti in condizioni di equità nei limiti dettati dalla diverse condizioni giuridiche, attraverso la rimozione di eventuali ostacoli e discriminazioni e mettendo in campo azioni volte a compensare gli svantaggi connessi con l’appartenenza a tale minoranza.

Si sottintende quindi un patto basato sull’equità e sui diritti, ma anche sul rispetto dei doveri nei confronti della società e delle istituzioni. L’obiettivo è garantire a rom e sinti le stesse condizioni di partenza, non attraverso politiche specifiche, bensì attraverso il sostegno a processi volti all’emancipazione, all’autonomia e alla responsabilizzazione.

L’obiettivo della prevenzione e della rimozione di ogni forma di esclusione è d’altronde stato assunto da tempo dalla Regione Emilia-Romagna. Si fa riferimento, in particolare, all’articolo 9, comma 2, della legge regionale n. 24 marzo 2004, n. 5 (Norme per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri, immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21 febbraio 1990, n. 14 e 12 marzo 2003, n. 2), che prevede l’istituzione di un Centro regionale contro le discriminazioni, e all’articolo 48 (Parità di accesso ai servizi) della legge regionale 22 dicembre 2009, n. 24 (legge finanziaria 2010), il quale prevede la promozione di azioni positive per il superamento di eventuali condizioni di svantaggio derivanti da pratiche discriminatorie.

La proposta di legge non contiene quindi specifiche norme dedicate, ma sostiene l’ applicazione delle disposizioni e delle misure già esistenti per tutte le persone portatrici di forme di fragilità socio-economica. Punto centrale è la rimozione di tutti quegli elementi che possono aggravare forme di pregiudizio ed esclusione, a partire dai campi sosta di grandi dimensioni, che per le loro caratteristiche sono fonte di disagio e di tensione sociale per la cittadinanza, di stigmatizzazione per chi vi risiede. Il testo riconosce l’esistenza di una diversa concezione “culturale” dell’abitare da parte di alcuni componenti di queste comunità (in particolare i sinti) e prospetta una pluralità di soluzioni che rispettino tali esigenze, pur prevedendo e sollecitando un doveroso cambiamento.

Il documento attuativo della legge sarà la Strategia regionale, documento di indirizzo e programmazione degli interventi per l’inclusione di rom e sinti, articolato secondo gli assi indicati dagli organismi europei: abitare, scuola, formazione e lavoro, salute. La Strategia regionale sarà inoltre lo strumento per accedere ai fondi comunitari della programmazione 2014-2020.

Venendo ad un puntuale esame dell’articolato, il presente progetto di legge si compone 7 articoli.

L’art. 1 fissa i principi e le finalità a cui il progetto si riferisce.

In particolare il comma 1 richiama agli articoli 2 e 3 della Costituzione, all'art. 2 della Convenzione Onu sui diritti del fanciullo, e l'articolo 6 del Trattato sull'Unione definendo quindi diritti e doveri, uguaglianza e partecipazione alla vita politica, sociale ed economica, tutela dei diritti e delle libertà fondamentali.

Il comma 2 fa riferimento all’azione già intrapresa dalla Regione Emilia-Romagna per garantire la parità di accesso ai servizi e la non discriminazione attraverso precedenti interventi normativi - legge regionale 22 dicembre 2009 n. 24 (Legge finanziaria regionale adottata a norma dell’art. 40 della Legge regionale 15 novembre 2001, n. 40 in coincidenza con l’approvazione del bilancio di previsione della Regione Emilia-Romagna per l’esercizio finanziario 2010 e del bilancio pluriennale 2010-2012) e legge regionale n. 24 marzo 2004, n. 5 (Norme per l’integrazione sociale dei cittadini stranieri, immigrati. Modifiche alle leggi regionali 21 febbraio 1990, n. 14 e 12 marzo 2003, n. 2). In particolare quest’ultima legge, recependo disposizioni nazionali ed europee, ha già dotato la Regione di uno strumento per la prevenzione, la rimozione e il monitoraggio delle discriminazioni nei confronti di tutti i cittadini e le cittadine (Centro regionale contro le discriminazioni).

Il comma 3 definisce invece i limiti di intervento consentiti alla Regione in funzione delle competenze contenute nell’art. 118 della Costituzione e indica la necessità di un raccordo con i soggetti istituzionali e non che svolgono o possono svolgere un ruolo importante nell’attuazione della proposta medesima. Tra questi le rappresentanze regionali delle comunità rom e sinte.

L’art. 2 stabilisce gli elementi essenziali della Strategia regionale per l’inclusione di rom e sinti.

Il comma 1 demanda l'approvazione della Strategia regionale alla Giunta regionale e definisce il percorso di concertazione che prevede in particolare l’acquisizione del parere del Consiglio delle Autonomie locali e della Commissione assembleare competente e il confronto con la Cabina di regia per le politiche sanitarie e sociali, eventualmente integrata da Istituti di Garanzia, enti e soggetti interessati.

Il comma 2 individua nella Strategia lo strumento di indirizzo e programmazione degli interventi per l’inclusione di rom e sinti, raccordato al Piano sociale e sanitario ai sensi dell’art 27 legge regionale 12 marzo 2003, n. 2 (Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) e agli ordinari strumenti di programmazione regionale previsti dalle normative di settore. La Strategia inoltre rispecchia nella sua articolazione in quattro assi prioritari, quanto indicato nei documenti europei e nazionali sopra richiamati.

Il comma 3 stabilisce finalità e contenuti della Strategia in cui dovranno essere individuati obiettivi, soggetti attuatori, strumenti e percorsi da attivare a livello locale. Fissa inoltre che le indicazioni dovranno trovare attuazione attraverso i Piani di Zona distrettuali per la salute e il benessere ai sensi della legge regionale 12 marzo 2003 n.2 (Norme per la promozione della cittadinanza sociale e per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi sociali) e dal Piano Sociale e sanitario stabilendo inoltre la necessità del coinvolgimento delle comunità locali direttamente interessate.

Il comma 4 richiama la necessità del coinvolgimento di figure per la mediazione linguistico-culturale, anche appartenenti alla comunità rom e sinta, quale indispensabile strumento di facilitazione delle relazioni al fine dell’attuazione dei contenuti della Strategia regionale.

Il comma 5 prevede l’istituzione di un Tavolo tecnico, senza oneri per l'amministrazione regionale, per il monitoraggio e l’aggiornamento della Strategia e ne delinea composizione e funzioni. Stabilisce che queste ultime, assieme alle modalità di funzionamento, vengano stabilite con apposito atto del Direttore Generale competente.

L’art. 3 entra nel merito del primo degli assi prioritari per l’inclusione delle comunità rom e sinte, quello dell’abitare.

Il comma 1 alla lettera a) stabilisce la necessità di un superamento dei campi sosta di grandi dimensioni che rappresentano una delle più importanti cause di stigmatizzazione, esclusione dalla vita sociale e conflittualità con la comunità maggioritaria. Alla lettera b) indica la promozione e la sperimentazione di soluzioni insediative innovative di interesse pubblico quali le microaree familiari, pubbliche e private. Ne rimanda la disciplina tecnica ad uno specifico atto della Giunta, da adottare d’intesa con gli enti locali in sede di Consiglio delle Autonomie locali, e fissa il rispetto dei requisiti inderogabili quali la salubrità, l’igiene, la sicurezza, l’accessibilità, l’integrazione nonché delle prescrizioni urbanistiche ed edilizie con riferimento anche ai successivi commi 2 e 3.

Il comma 1 prevede inoltre alla lettera c) il ricorso a forme abitative tradizionali, anche attraverso la mera attivazione degli strumenti di sostegno all’accesso già previsti per tutti i cittadini e alla lettera d) il sostegno a iniziative anche sperimentali di autocostruzione e auto recupero accompagnati.

Nel comma 2 sono raccolti i profili essenziali della disciplina urbanistica ed edilizia delle microaree familiari che dovranno essere articolati dall’atto regionale e dalla pianificazione comunale.

Il comma 3 consente inoltre, sempre sulla base delle indicazioni fornite dalla delibera di Giunta, di cui al comma 1, lettera b), di disciplinare il riuso delle microaree private, realizzate senza titolo prima della data di entrata in vigore della legge stessa e già acquisite al patrimonio comunale. L’atto regionale dovrà fissare i requisiti e le condizioni minimi richiesti e le procedure amministrative da seguire, richiamando l’impianto della disposizione fin qui descritta e i principi della disciplina regionale vigente in materia di edilizia residenziale sociale.

Il comma 4 stabilisce che, al fine della realizzazione degli interventi di cui al comma 1, la Regione può concedere contributi ai Comuni e alle loro Unioni.

L’art. 4 fissa principi e obiettivi della tutela della salute.

Il comma 1, nel richiamare la priorità assunta dalla Regione circa la promozione dell'educazione alla salute e all'adozione di stili di vita sani, ribadisce la garanzia di accesso alle prestazioni sanitarie previste per tutti i cittadini, in relazione alle condizioni giuridiche di ciascuno.

Il comma 2 specifica il compito delle Aziende sanitarie di favorire l’accesso ai consultori e ai servizi vaccinali richiamando l’attenzione in particolare su procreazione responsabile, gravidanza, nascita, puerperio.

Il comma 3 individua nelle équipe multi professionali, nell’integrazione tra servizi sociali e sanitari e nelle reti territoriali dei servizi sanitari, gli strumenti idonei a garantire equità di accesso ai servizi e fruizione delle prestazioni.

L’art. 5 definisce principi e obiettivi dell’azione regionale in materia di educazione, istruzione, lavoro e formazione professionale.

Il comma 1 fissa, in coerenza con le disposizioni regionali vigenti [1], il principio generale della parità di accesso a tutti i livelli educativi, scolastici e della formazione nonché dei servizi e delle politiche attive per il lavoro. Conferma inoltre il sostegno regionale al conseguimento del successo scolastico e formativo e all’inserimento lavorativo.

Il comma 2 stabilisce che la programmazione regionale dell’offerta di istruzione e formazione rispetta i principi di integrazione, inclusione sociale e non discriminazione; prevede inoltre l’adozione di misure individualizzate.

Il comma 3 ribadisce l’impegno regionale a sostenere l’accesso al mercato del lavoro sia attraverso il potenziamento e/o riconoscimento delle competenze professionali, sia tramite percorsi di accesso al lavoro che utilizzino gli “strumenti” della cooperazione sociale e della progettazione di percorsi individualizzati.

Il comma 4 rimanda alla Strategia regionale l’individuazione di azioni specifiche sia per favorire l’esercizio delle attività tradizionali, nel rispetto delle norme vigenti e quindi facilitando la rimozione di eventuali irregolarità, per sostenere forme di lavoro autonomo, anche imprenditoriale, con una attenzione particolare al mondo femminile e giovanile.

Il comma 5 ricorda la competenza attribuita ai Comuni, ai sensi della legge 18 marzo 1968, n. 337 “Disposizioni sui circhi equestri e sullo spettacolo viaggiante”, circa la realizzazione di aree di sosta apposite, al fine di consentire l’esercizio di tali attività tradizionali, regolamentandone accesso, utilizzo e concorso alle spese.

L’art. 6 individua le modalità di copertura finanziaria della norma.

L’art. 7 contiene le abrogazioni e le disposizioni transitorie.

Il comma 1 dispone l’abrogazione della legge regionale n. 47 del 1988.

Il comma 2 stabilisce che, finché non saranno stati superati le aree sosta di grandi dimensioni esistenti continuano ad applicarsi, esclusivamente per il mantenimento delle stesse, le disposizioni previste dagli articoli 4, 6, 7 e 8 della legge regionale n. 47 del 1988.

Il comma 3 stabilisce che le procedure amministrative relative ai contributi previsti dall’articolo 15 della legge regionale n. 47 del 1988, ancora in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, continuano ad essere disciplinate, fino alla loro conclusione, dalla medesima disciplina.

[1] Leggi regionali 28 luglio 2008, n. 14 (Norme in materia di politiche per le giovani generazioni), 8 agosto 2001, n. 26 (Diritto allo studio ed all’apprendimento per tutta la vita. Abrogazione della Legge regionale 25 maggio 1999, 10), 30 giugno 2003, n. 12 (Norme per l’uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e per tutto l’arco della vita, attraverso il rafforzamento dell’istruzione e della formazione professionale, anche in integrazione tra loro) e ss.mm.; 30 giugno 2011, n. 5 (Disciplina del sistema regionale dell'istruzione e formazione professionale); 27 luglio 2007, n. 15 (Sistema regionale integrato di interventi e servizi per il diritto allo studio universitario e l’alta formazione); 1 agosto 2005, n. 17 (Norme per la promozione dell’occupazione, della qualità, sicurezza e regolarità del lavoro) e ss.mm..; 2013 n.7 (Disposizioni in materia di tirocini. modifiche alla legge regionale 1 agosto 2005, n. 17 (norme per la promozione dell'occupazione, della qualità, sicurezza e regolarità del lavoro)

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