n.357 del 23.12.2014 (Parte Seconda)
Circolari del Servizio Commercio, Turismo e Qualità Aree turistiche in materia di Commercio in sede fissa, Commercio su aree pubbliche e Distribuzione di carburanti per autotrazione
INDICAZIONI OPERATIVE IN MATERIA DI AREE PUBBLICHE
Comunicazioni per la partecipazione alla spunta (rif. Nota PG/2013/154742 del 26/6/2013 e nota PG/2014/282216 del 31/7/2014)
La deliberazione di Giunta regionale 485/2013, pubblicata nel BURERT n. 136 del 22 maggio 2013, modifica l’allegato alla deliberazione di Giunta regionale n. 1368 del 26 luglio 1999.
La d.g.r. 485/2013, oltre a introdurre le disposizioni conseguenti all’Intesa del 5 luglio 2012 della Conferenza unificata e al Documento unitario del 24 gennaio 2013 della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, prevede nuove modalità per la partecipazione alla spunta nei mercati e nelle fiere (paragrafo 2, lettera d).
Si reputa opportuno fornire alcune indicazioni operative, per l’uniforme applicazione nel territorio regionale dell’istituto della comunicazione di partecipazione alla spunta:
1) ambito di applicazione. Sono escluse le “imprese comunitarie”, intese come le imprese aventi sede legale in altro Stato dell’Unione europea (in questo senso, ad esempio, gli articoli 26 e 347 del Codice delle assicurazioni private e la nota del Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali del 6 febbraio 2009, prot. 25/I/0001713);
2) ambito di applicazione. L’obbligo di comunicazione annuale non concerne chi partecipa alle fiere presentando istanza almeno sessanta giorni prima della data di inizio della manifestazione, ai sensi della lettera a) del paragrafo 4 dell’allegato alla d.g.r. 1368/1999, per i seguenti due motivi: non si tratta di partecipazioni alla spunta, come chiarito dal punto 3 dell’Intesa del 5 luglio 2012 della Conferenza unificata; i Comuni, ricevendo l’istanza di partecipazione almeno sessanta giorni prima, possono procedere alle verifiche relative alla legittimità a partecipare alla fiera, che rappresentano la ragione dell’introduzione dell’obbligo di comunicazione periodica. L’obbligo di comunicazione si applica invece agli operatori che presentano domanda fuori dal suddetto termine di sessanta giorni, essendo costoro assimilati agli spuntisti dalla lettera b) del citato paragrafo 4;
3) subingressi. Il subentrante acquisisce la posizione in graduatoria del dante causa, fino al primo aggiornamento della graduatoria stessa. Qualora il dante causa non abbia presentato la comunicazione per partecipare alla spunta al Comune per l’anno in cui è avvenuto il subingresso, il subentrante può presentare comunicazione entro il termine del 31 luglio di quell’anno;
4) aggiornamento delle graduatorie. Le graduatorie redatte entro il 31 marzo ed entro il 30 settembre di ogni anno sono aggiornate da ciascun Comune secondo la propria frequenza di conteggio delle spunte. In altre parole, i Comuni che calcolano il numero di presenze alla spunta con cadenza settimanale, mensile o altra ancora potranno aggiornare le graduatorie con tali periodicità;
5) presenze da calcolare ai fini della redazione delle graduatorie. Considerato che fra la data di presentazione delle comunicazione e la data di approvazione delle graduatorie degli spuntisti decorrono circa due mesi, i Comuni possono redigere le graduatorie tenendo conto anche delle presenze maturate in questo lasso di tempo;
6) non è soggetta alla comunicazione annuale la partecipazione ai mercati e alle fiere istituiti dopo la scadenza del 31 gennaio di ciascun anno, trattandosi di manifestazioni non a conoscenza dei commercianti in tempo utile per valutare l’opportunità di presentare la comunicazione di partecipazione alla spunta nel Comune organizzatore;
7) si ricorda, infine, che la comunicazione preventiva della partecipazione alle spunte consente sia la verifica della regolarità contributiva e assicurativa, sia la sussistenza dei requisiti morali e professionali;
8) si ritiene ancora possibile prevedere nei regolamenti comunali che agli spuntisti che rifiutano il posteggio proposto non venga conteggiata la presenza.
La dgr 1199/2014 del 21/7/2014 è relativa alla comunicazione obbligatoria per le spunte, ed è così sintetizzabile:
- fino al 31 dicembre 2015 le comunicazioni per la partecipazione alla spunta possono essere presentate in qualsiasi momento;
- comunicazioni presentate entro il 31/1/2014: valgono fino al 31/3/2016 (specificamente, fino alla prima graduatoria successiva alle comunicazioni del 31/1/2016);
- comunicazioni presentate entro il 31/7/2014: continua ad applicarsi la dgr 826/2014 e valgono fino al 31/3/2016 (come sopra);
- comunicazioni presentate dal 1/8/2014 al 31/12/2015: non si applica più la dgr 826/2014, ma le comunicazioni sono efficaci decorsi trenta gg dalla presentazione e valgono fino al 31/3/2016 (come sopra).
Di fatto, chi ha presentato una comunicazione nel 2014 non ha adempimenti per due anni, salvo che decida di fare la spunta in ulteriori comuni. Ancora, con la dgr 1199/2014 si evita che un operatore resti inattivo per oltre un mese a causa di semplici questioni burocratiche
Orari di vendita (rif. Nota PG/2013/154742 del 26/6/2013)
Le disposizioni in materia di orari di vendita contenute nel paragrafo 3 dell’allegato alla d.g.r. 1368/1999 si applicano al commercio su aree pubbliche in forma non itinerante, vale a dire al commercio in spazi pubblici, o in disponibilità pubblica, assegnati dal Comune per un periodo determinato (posteggi nei mercati e nelle fiere, posteggi isolati, deroghe all’itinerantato). Le disposizioni del paragrafo 3 in materia di orari non si applicano invece al commercio su aree pubbliche in forma itinerante, trattandosi di attività oggetto della liberalizzazione introdotta dalla lettera d-bis) dell’art. 3 del d.l. 223/2006, come modificato dal d.l. 201/2011 (in questo senso: TAR Lombardia, sentenza 141/2014; risoluzione MiSE n. 219871 del 24/10/2012). Pertanto, alla luce delle recenti norme in materia di orari delle attività commerciali, la definizione “orari di vendita” prevista nel paragrafo 3 della citata d.g.r. 1368/1999 va riferita agli orari in cui gli operatori possono occupare, e successivamente devono sgomberare, il suolo pubblico.
Modalità di presentazione del DURC (rif. Nota PG/2012/305025)
Nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna n. 289 del 21 dicembre 2012 è stata pubblicata la legge regionale 21 dicembre 2012, n. 19 (Legge finanziaria regionale per il 2013). L’articolo 40 contiene modifiche alla legge regionale n. 1 del 2011. In particolare prevede che dal primo gennaio 2013 (data di entrata in vigore della l.r. 19/2012) le imprese del commercio su aree pubbliche assolvano gli adempimenti connessi alle verifiche di regolarità contributiva INPS e INAIL attraverso la presentazione di una dichiarazione sostitutiva di certificazione. I Comuni verificheranno le dichiarazioni ricevute, ai sensi dell’art. 71 del DPR 445/2000 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa).
Modalità di calcolo delle presenze alla spunta in caso di pluralità di subingressi per cessione pro tempore dell’azienda (rif. Nota PG/2014/212141)
Va premesso che il punto 3 dell’Intesa del 5 luglio 2012 della Conferenza Unificata riconosce che il criterio di priorità dell’esperienza conseguita nell’esercizio dell’attività è connesso al numero di presenze accumulate da ciascun commerciante. E’ possibile beneficiare anche delle presenze dell’immediato dante causa. Pertanto le presenze maturate dal commerciante, sia esercitando egli stesso l'attività, sia per trasferimento da tutti i cedenti fino alla prima cessione (questa compresa) successiva al 05 luglio 2012 (per la regola introdotta dalla d.g.r. 485/2013), configurano il concetto di “esperienza” salvaguardato dal citato punto 3 dell’Intesa. Ne consegue che, trattandosi di una prerogativa connessa allo specifico commerciante che le ha ottenute nelle maniere anzidette, le presenze devono essergli riconosciute in ogni momento come proprie.
Diverso è il calcolo riferito ai cessionari/affittuari. Questi beneficiano solo delle presenze in capo al cedente/proprietario e delle presenze da loro stessi accumulate. In caso di pluralità di cessionari/affittuari dopo il 5 luglio 2012, ciascuno si avvarrà delle presenze in capo al proprietario/affittante, oltre che delle proprie, ma non di quelle collezionate dai precedenti affittuari entrati in possesso della medesima azienda dopo il 5 luglio 2012, mancando tra costoro l’unico tipo di legame che l’Intesa e il Documento Unitario della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome del 24 gennaio 2013 riconoscono come idoneo al trasferimento delle presenze, ossia la cessione diretta. In altre parole, al proprietario/affittante sono riconosciute anche le presenze maturate dall’ultimo affittuario entrato in possesso dell’azienda dopo il 5 luglio 2012, ma queste sono fruibili solo se l’autorizzazione viene utilizzata direttamente dal proprietario/affittante, non essendo configurabile la relazione “dante causa - avente causa” tra due affittuari.
In definitiva:
- il proprietario/affittante può cedere solo le proprie presenze e non anche quelle maturate dai cessionari/affittuari pro tempore di cessioni iniziate dopo il 5 luglio 2012;
- al termine delle gestioni pro tempore, al proprietario/affittante restano in capo solo le proprie presenze, sommate a quelle maturate dall’ultimo cessionario pro tempore. Queste, però, non potranno essere cedute ai successivi affittuari, come sopra spiegato.
Infine, si ricorda che nelle graduatorie degli spuntisti il cessionario acquisisce il posto del cedente, seppur limitatamente alla graduatoria valida nell’anno in cui interviene la cessione (lettera d) del punto 2 della dgr 1638/1999).
INDICAZIONI OPERATIVE IN MATERIA DI ESERCIZI AL DETTAGLIO IN SEDE FISSA
Requisiti professionali per l’esercizio attività commerciali (rif. Nota PG.2011.0103196 del 26/4/2011).
Con la citata nota il Servizio Formazione Professionale e il Servizio Programmazione della Distribuzione Commerciale hanno diramato precise indicazioni circa i certificati di qualifica professionale rilasciati al termine di percorsi formativi a specifico indirizzo professionale istituiti dalla Regione Emilia-Romagna che al pari dell’attestato di frequenza rilasciato all'esito positivo del corso per il commercio e la somministrazione di alimenti e bevande, possono ritenersi abilitanti al fine dell’esercizio dell’attività di vendita di generi alimentari e di somministrazione di alimenti e bevande.
Specificatamente nella lettera circolare si dà atto che oltre all’attestato di frequenza con verifica dell’apprendimento rilasciato al termine dello specifico corso di cui alla delibera di Giunta regionale n. 1527/2010, recante “Disposizioni per la realizzazione del corso professionale per il commercio e la somministrazione di alimenti e bevande; art. 71, d.lgs. 59/2010” - possono considerarsi validi, ai fini del requisito di cui alla succitata norma, anche i Certificati di Qualifica Professionale della Regione Emilia-Romagna elencati nell’allegato alla presente (dal Repertorio regionale delle Qualifiche Professionali).
Per altri tipi di certificazione valutabili positivamente ai fini del requisito professionale, quali:
- Certificati di Qualifica Professionale non più presenti nel Repertorio regionale;
- Certificati di Specializzazione Tecnica Superiore (percorsi di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore - IFTS);
ALLEGATO
Certificazioni valide ai fini del requisito professionale per l’esercizio di un’attività di commercio nel settore merceologico alimentare e di somministrazione di alimenti e bevande di cui all’art. 71, comma 6, lett. a), D.lgs. n. 59/2010.
- Attestato di frequenza con verifica dell’apprendimento rilasciato al termine del corso per Commercio e Somministrazione di alimenti e bevande di cui alla DGR n. 1527/2010.
- Certificati di Qualifica Professionale:
- Operatore del punto vendita
- Tecnico della gestione del punto vendita
- Operatore agricolo
- Operatore della produzione pasti
- Operatore della produzione di pasticceria
- Operatore della ristorazione
- Operatore del servizio di distribuzione pasti e bevande
- Operatore agro-alimentare
- Operatore delle lavorazioni carni
- Operatore delle lavorazioni lattiero-casearie
- Operatore di panificio e pastificio
- Progettista alimentare
- Tecnico nella qualità dei prodotti alimentari
Esercizio congiunto dell'attività di commercio all'ingrosso e al dettaglio (rif. Nota PG/2010/322017 del 28/12/2010).
Il generale divieto di esercizio congiunto nello stesso locale dell’attività di commercio all’ingrosso e al dettaglio, previsto dal d.lgs.114/98 e dalla lr 14/1999, non risulta più applicabile in quanto in contrasto con le disposizioni contenute nella direttiva 2006/123/CE, attuate dal d,lgs.59/2010, relative alle libertà di stabilimento e di prestazione di servizi.
Con la lettera circolare 322017 del 28/12/2010 si è stabilito che:
- il generale divieto di esercizio congiunto nello stesso punto di vendita dell'attività di commercio all'ingrosso e al dettaglio, previsto dal D.Lgs n. 114/98 e dalla L.R. n. 14/99, deve essere disapplicato in quanto in contrasto con le disposizioni contenute nella direttiva 2006/123/CE, attuate dal D.Lgs n. 59/2010, relative alle libertà di stabilimento e di prestazione di servizi;
- le particolari modalità di computo della superficie di vendita introdotte dalla deliberazione dell'Assemblea legislativa n. 155/2008, stante l'espressa previsione contenuta nella medesima, continuano ad applicarsi esclusivamente alla vendita di quei particolari prodotti per i quali l'art. 19bis della L.R. n. 14/99 aveva già previsto la possibilità di vendita congiunta all'ingrosso e al dettaglio (macchine, attrezzature e articoli tecnici per l'agricoltura, l'industria, il commercio e l'artigianato, materiale elettrico, colori e vernici, carte da parati, ferramenta ed utensileria, articoli per impianti idraulici, a gas ed igienici, articoli per riscaldamento, strumenti scientifici e di misura, macchine per ufficio, auto, moto, cicli e relativi accessori e parti di ricambio, combustibili, materiali per l'edilizia, legnami);
- nelle ipotesi diverse da quelle di vendita congiunta all'ingrosso e al dettaglio dei sopra indicati prodotti, la superficie di riferimento per la classificazione del punto di vendita come esercizio di vicinato, media struttura di vendita o grande struttura di vendita - e pertanto anche per la presentazione della S.C.I.A. o per il rilascio dell'autorizzazione comunale - è quella complessiva determinata dalla somma delle superfici destinate alle attività di vendita al dettaglio e di vendita all'ingrosso;
- conseguentemente non risulta più applicabile la sanzione amministrativa prevista dal terzo comma del citato art. 19bis della L.R. n. 14/99, non essendo appunto più vietato l'esercizio congiunto nello stesso punto di vendita dell'attività di commercio all'ingrosso e al dettaglio. In caso di mancanza del titolo abilitativo, o di sussistenza di un titolo abilitativo non corrispondente alla superficie totale del punto vendita come calcolata ai sensi dell'alinea precedente, si applicano le sanzioni previste dal primo e secondo comma dell'art. 22 del D.Lgs n. 114/98.
Adeguamento alle disposizioni contenute nel d.lgs.59/2010 che ha dato attuazione alla direttiva 2006/123/CE (rif. Nota PG.2010.0165274 del 25/6/2010)
Al fine di facilitare gli enti locali all’immediata applicazione delle disposizioni recate dal decreto nazionale la nota regionale fornisce alcune importanti indicazioni operative.
Nello specifico dopo aver chiarito che le disposizioni contenute nel decreto legislativo trovano immediata applicazione e prevalgono sulla vigente normativa regionale in contrasto, pur rientrando la materia del commercio interno nella competenza esclusiva/residuale regionale precisa la nota che si tratta di una applicazione solo transitoria fino all’adozione da parete della regione della completa attuazione della direttiva comunitaria (art.84 d. lgs.59).
Delle specifiche disposizioni normative applicabili nella regione Emilia-Romagna a far data dall’entrata in vigore del d.lgs. n.59 in tema di:
- Pubblici esercizi di somministrazione alimenti e bevande;
- Esercizi di vicinato;
- Spacci interni;
- Apparecchi automatici;
- Vendita per corrispondenza o altri sistemi di comunicazione;
- Vendite presso il domicilio del consumatore;
- Requisiti di accesso e di esercizio delle attività commerciali
si rinvia integralmente alle indicazioni di sintesi formulate dal Servizio nella nota in argomento.
Segnalazione certificata di inizio attività (rif. Nota PG/2010/260175 e PG/260343 del 22/10/2010)
Si precisa preliminarmente che le due lettere circolari hanno il medesimo contenuto seppure rechino due distinti protocolli.
In particolare con la lettera circolare si è recepito integralmente quanto disposto dall’art. 19 della legge 241/90, come novellato dall’art 49 del dl 78/2010 convertito con modificazioni dalla legge 122/2010, quindi ha dato attuazione alla sostituzione della SCIA al posto della denuncia di inizio attività (DIA) nei limiti e4 presupposti previsti dalla disciplina statale
La lettera circolare sottolinea poi che l’introduzione, ad opera dell’art.49, comma 4ter del dl n.78 del 2010, del meccanismo della sostituzione automatica dell’istituto della Scia a quello della Dia ha comportato che a far data dall’entrata in vigore della legge n.122 tutte le attività che in precedenza i privati attivavano presentando all’ amministrazione una Dia con effetto immediato oppure differito sono ora soggette a Scia.
Nella lettera circolare si specifica altresì che nelle strutture ricettive l’attività di ristoro prestata agli ospitati, ai loro invitati ed in generale a coloro che sono ospitati nella struttura ricettiva in occasione di manifestazioni e/o convegni non postula il possesso dei requisiti professionali. E ciò per effetto del disposto contenuto all’art.9 della legge 135/2001.
A questo proposito si evidenzia che il sopravvenuto Codice del Turismo (d.lgs.79/2011) all’art.3 abroga una serie di leggi o atti aventi forza di legge trai quali figura anche la legge 135/2001. Tuttavia nella nostra regione stante in disposto recato dall’art.19 della lr16/2004 permane la possibilità per le strutture ricettive di prestare l’attività di ristoro agli ospiti ai loro invitati ed a coloro che sono ospitati nella struttura stessa in occasione di manifestazioni e convegni senza il possesso dei requisiti professionali richiesti dalla vigente normativa.
Disposizioni statali in tema di liberalizzazione delle attività economiche (rif. Nota PG/2013/46607 del 20/2/2013)
La lettera circolare reca una ricognizione delle disposizioni regionali in tema di commercio interessate dai sopravvenuti decreti nazionali in particolare trattasi del D.L. 13/8/2011, n. 138 “Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo” convertito in legge n. 148 del 2011, D.L. 6/12/2011, n. 201 “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici” convertito in legge n.214 del 2011, D.L. 24/1/2012, n.1 “Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività” convertito in legge n. 27 del 2012, D.L. 9/1/2012 n. 5 “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione e di sviluppo” convertito in legge n. 35 del 2012) richiedono alle Regioni una serie di verifiche sulla rispondenza dei propri ordinamenti al principio di libertà di iniziativa economica.
La prima importante indicazione che è dato rilevare nella lettera circolare risiede nel fatto che per quanto riguarda le attività di commercio, la normativa della Regione Emilia-Romagna non prevede restrizioni da ritenersi ingiustificate e pertanto da modificare o eliminare entro il 30 settembre 2012.
Tale valutazione è già stata compiuta nella fase di emanazione della legge regionale n.4 del 2010 con la quale sono stati recepiti nell'ordinamento regionale i principi della direttiva Bolkestein.
Peraltroi regimi autorizzatori per le medie e le grandi strutture di vendita nonché la previsione di criteri per il rilascio delle autorizzazioni per le medie strutture di vendita sono stati confermati dal decreto legislativo 6 agosto 2012 n. 147, recante disposizioni integrative e correttive del D. Lgs. n.59 del 2010.
In buona sostanza precisa la nota che per quanto attiene le medie strutture di vendita l’impostazione complessiva delle disposizioni regionali in materia di grandi e medie strutture di vendita appare fondamentalmente coerente con i principi delle recenti normative statali nonché con gli orientamenti costanti sia della Corte di Giustizia europea che della giurisprudenza di livello nazionale.
Infatti, la normativa regionale affida agli strumenti di pianificazione di area vasta ( PTCP) e di livello comunale (PSC e POC o RUE) la individuazione delle aree idonee agli insediamenti di grandi e medie strutture di vendita, secondo il loro dimensionamento e la loro attrattività'.
I criteri per la individuazione di tali aree (cf. deliberazione consiliare n. 1253 del 1999 e s.m.i., delibera della giunta regionale n. 1705 del 2000 e s.m.i.) individuano prevalentemente valutazioni di carattere urbanistico e territoriale, riservando alla valutazione degli assetto socio economici un ruolo del tutto accessorio. Alla luce di questo quadro normativo si è ritenuto di escludere che si tratti di “ disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico”.
Ciò premesso si ritiene che a decorrere dal gennaio 2013 permanga appieno la validità delle scelte compiute dagli organi preposti nell'ambito degli strumenti di pianificazione vigenti di livello provinciale e comunale e nuovi insediamenti siano autorizzabili solo se conformi alle previsioni degli strumenti vigenti medesimi.
Risulta altresì evidente che rientra nella piena competenza dell'Ente titolare dello strumento di pianificazione la valutazione in merito alle motivazioni che hanno determinato le scelte compiute negli strumenti medesimi e qualora si ravvisi l'ipotesi di scelte, nell'ambito degli strumenti di pianificazione, basate su motivazioni a prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, tali prescrizioni risulterebbero incompatibili con i principi contenuti nelle norme statali sopra richiamate e andrebbero rimosse.
INDICAZIONI OPERATIVE IN MATERIA DI DISTRIBUZIONE CARBURANTI PER AUTOTRAZIONE
Analisi delle novità introdotte dalla deliberazione assembleare 208/2009 alla deliberazione consiliare 355/2002 (rif. Nota PG/2009/106227 del 8/5/2009)
Nel Bollettino Ufficiale della Regione Emilia-Romagna n. 40 dell'11 marzo 2009 è stato pubblicato il testo della deliberazione di Consiglio regionale n. 355/2002 (Norme regionali di indirizzo programmatico per la razionalizzazione e l'ammodernamento della rete distributiva carburanti) come risulta dopo le modifiche introdotte dalla deliberazione dell'Assemblea Legislativa n. 208 del 5 febbraio 2009.
Punto 1.3 (Definizioni), comma 10bis: il comma definisce la zona appenninica come la parte di territorio regionale individuata ai sensi della legge regionale per la montagna (l.r. n. 2 del 2004). L'individuazione è avvenuta per mezzo della deliberazione di Giunta regionale n. 1734 del 6 settembre 2004; per quanto concerne la normativa regionale in materia di distribuzione carburanti vanno quindi considerati come zone appenniniche i territori dei comuni indicati nel dispositivo della suddetta DGR 1734/2004.
Punto 2.1 (Tipologie di nuovi impianti), comma 1: la lettera a) prevede, per gli impianti di metano localizzati al di fuori della zona appenninica, la disponibilità di almeno due erogatori o di un doppio erogatore, ai quali deve essere garantita una capacità di compressione minima di 450 mc/h. A questo riguardo va evidenziato che la suddetta capacità di compressione minima rappresenta la potenzialità che deve possedere l'impianto in condizioni ottimali di erogazione (ad esempio nel momento in cui il cosiddetto pacco-bombole è pieno) e che le scelte tecniche sulle modalità di raggiungimento della suddetta potenzialità devono essere lasciate alla libera determinazione degli imprenditori.
Punto 2.1 (Tipologie di nuovi impianti), comma 3: il comma disciplina gli impianti self-service senza la presenza del gestore. Trattandosi di una norma speciale, relativa esclusivamente a questa tipologia di impianti (localizzati nelle zone appenniniche svantaggiate, prive di impianti), si ritiene che la stessa debba essere interpretata in senso letterale, ossia richiedendo a detti impianti, come dotazione minima, esclusivamente i prodotti benzina e gasolio e le apparecchiature self-service pre-pagamento, con esclusione dell'obbligatoria presenza delle altre dotazioni previste dalle lettere da a) a g) del comma 1 del medesimo punto 2.1.
Punto 2.2 (Modifiche degli impianti), comma 5: se dal punto di vista edilizio la ristrutturazione totale, per differenziarsi dalla nuova costruzione, deve consistere nella ricostruzione identica per sagoma, volumetria e superficie del fabbricato demolito (DPR 380/2001, art. 3, comma 1 e Consiglio di Stato, sez. V, sentenza n. 3229/2006), dal punto di vista commerciale la realizzazione di un fabbricato anche diverso dal precedente non obbliga il titolare ad adeguare l'impianto con le dotazioni indicate dalle lettere da a) a g) del comma 1 del novellato punto 2.1 della DCR 355/2002. Diversamente si creerebbe un'ingiustificata disparità di trattamento tra chi ristruttura totalmente l'impianto attraverso due o più ristrutturazioni parziali (che non è tenuto all'adeguamento delle dotazioni dell'impianto) e chi invece lo ristruttura totalmente con un unico intervento (che dovrebbe adeguarsi alle prescrizioni per i nuovi impianti).
Punto 8 (Collaudo): nell'attuale formulazione la disposizione regionale consente di autorizzare sempre (e non più solamente in caso di ristrutturazione) l'esercizio provvisorio dell'impianto in attesa di collaudo. L'esercizio provvisorio può essere autorizzato anche nelle more di tempo che intercorrono tra la scadenza quindicennale del collaudo e l'effettuazione del rinnovo dello stesso. A questo riguardo si precisa che le disposizioni del punto 8 si applicano anche ai collaudi quindicennali, considerato che ai sensi dell'art. 1, comma 5, del D.Lgs 32/98 le verifiche quindicennali attengono alle medesime valutazioni sulla sicurezza sanitaria ed ambientale dei collaudi effettuati al momento della prima attivazione di un impianto.
Procedimenti in itinere alla data di entrata in vigore della deliberazione assembleare 208/2009: il punto 2 del dispositivo della delibera 208/2009 stabilisce che essa si applica alle istanze pervenute dopo l'approvazione della stessa (avvenuta in data 5 febbraio 2009). Vanno considerati come procedimenti in itinere quelli attivati a seguito di istanze contenenti gli elementi essenziali previsti dall'art. 1, comma 3, del D.Lgs 32/98 (autocertificazione, perizia giurata, ecc.) e non le semplici manifestazioni di interesse alla realizzazione di un nuovo impianto.
Impianti a uso privato (rif. Nota COM/03/36835 del 9/12/2003)
Sulla Gazzetta Ufficiale n. 221 del 23 settembre 2003 è stato pubblicato il Decreto del Ministro dell’Interno del 12 settembre 2003 che disciplina, ai fini della prevenzione incendi, l’installazione e l’esercizio di depositi di gasolio per autotrazione, ad uso privato, di capacità geometrica complessiva non superiore a mc 9, in contenitori-distributori rimovibili (quindi fuori terra) per il rifornimento di automezzi destinati all’attività di autotrasporto.
Con la regola tecnica approvata dal citato Decreto Ministeriale viene consentito alle imprese di autotrasporto il rifornimento dei propri automezzi tramite contenitori-distributori rimovibili per i quali è ora possibile ottenere il certificato di prevenzione incendi senza ricorrere al procedimento di deroga di cui all’art. 6 del DPR 37/98.
In precedenza, relativamente all’autorizzazione degli impianti privati di distribuzione carburante “fuori terra” di proprietà di imprese di autotrasporto (di fatto già esistenti da tempo), gli interessati segnalavano difficoltà nell’ottenere il Certificato di Prevenzione Incendi di competenza dei VVF di cui al DM 16 febbraio 1982, punto 18, necessario per l’ottenimento dell’autorizzazione comunale. L’art. 82 del DM 31 luglio 1934 prevede infatti l’interramento dei serbatoi (vedasi nota del Ministro dell’Interno del 28 maggio 2001 indirizzata all’Ispettorato Regionale VVF per l’Emilia-Romagna).
Si ha ora la seguente ricostruzione:
1) in base al punto 1.3.10 della Deliberazione di Consiglio Regionale n. 355 del 08 maggio 2002 e in base al Decreto del Ministro delle Attività Produttive del 31 ottobre 2001 sono impianti di distribuzione carburanti ad uso privato anche quelli costituiti da attrezzature mobili;
2) per disposizione della DCR 355/02 e del D.Lgs 32/98 (art. 3, comma 10) gli impianti privati devono essere autorizzati alle stesse condizioni di quelli pubblici, e quindi devono essere collaudati;
3) per essere collaudati con esito positivo è necessario che gli impianti ottengano il Certificato Prevenzione Incendi rilasciato dai VVF (ora riferimento al D.P.R. 151/2011);
4) l’art. 82 del DM 31/7/34 prevede l’interramento dei serbatoi e il DM 16/2/82, punto 18, prevede il rilascio del C.P.I. a favore degli impianti fissi di distribuzione carburanti ad uso pubblico e privato;
5) unica possibilità di ottenere il C.P.I. per un impianto privato fuori terra era l’adozione del procedimento di deroga ex art. 6 del DPR 37/98, attivabile dagli ispettorati regionali dei VVF;
6) con l’entrata in vigore del DM 12/9/03 le imprese di autotrasporto usufruiscono di una deroga generale che consente ai VVF di rilasciare il C.P.I. per impianti di gasolio fuori terra senza necessità di ricorrere alle procedure in deroga ex DPR 37/98.
In materia di prevenzione incendi resiste una differenza tra i contenitori distributori mobili posti in cave cantieri e aziende agricole (DM 19/3/1990) e quelli collocati presso aziende di autotrasporto: i primi, in base al telegramma-circolare prot. n. 4113/170 dell’11 aprile 1990, non sono soggetti a controlli antincendio da parte dei VVF e le norme tecniche devono essere osservate sotto responsabilità del titolare dell’attività; i secondi, invece, sono sottoposti alle periodiche visite per il rilascio e il rinnovo del certificato di prevenzione incendi (art. 4, comma 1, del DM 12/9/2003).
Alcuni problemi in merito all’applicazione del DM 12/9/03 possono sorgere dal fatto che l’art. 1 afferma che “il presente decreto disciplina ai fini della prevenzione incendi l’installazione e l’esercizio di depositi di gasolio per autotrazione, ad uso privato (…)”.
L’utilizzo del termine “depositi” può ingenerare in alcune Amministrazioni il convincimento che le attrezzature di cui trattasi costituiscano dei depositi non solo dal punto di vista della prevenzione incendi, ma anche dal punto di vista commerciale - amministrativo. Pertanto, pur conformi alla definizione di impianto privato della DCR 355/02 e del DM 31/10/01, tali attrezzature verrebbero fatte rientrare nel novero dei depositi, e pertanto assoggettate alla competenza prefettizia e non più a quella comunale.
Occorre quindi rilevare quanto segue. La modifica del Titolo V della Costituzione, operata con legge Costituzionale n. 3/2001, ha trasferito nell’ambito della competenza residuale, e pertanto esclusiva delle regioni, la materia del commercio e, conseguentemente, la distribuzione dei carburanti come attività commerciale; la definizione delle norme di sicurezza e l’individuazione delle attività dei VVF rimangono invece di competenza statale (si veda, al riguardo, l’art. 14 del D.Lgs 300/99 relativo alle attribuzioni del Ministero dell’Interno).
Nelle materie di competenza esclusiva regionale lo Stato non emana leggi e regolamenti, né circolari o pareri. Ne discende che ai fini del rilascio dell’autorizzazione comunale, per determinare se un insieme di attrezzature costituisce un impianto di distribuzione carburanti per autotrazione ad uso privato va operato esclusivo riferimento alla definizione del punto 1.3.10 della DCR 355/02, ai sensi del quale “per impianto di distribuzione carburanti per autotrazione ad uso privato si intendono tutte le attrezzature fisse o mobili senza limiti di capacità ubicate all’interno di stabilimenti, cantieri, magazzini e simili, destinate al rifornimento esclusivo di autoveicoli, motoveicoli e ciclomotori di proprietà di imprese produttive o di servizio”.
Eventuali definizioni contenute in norme statali o in circolari, direttive o altre disposizioni ministeriali, precedenti o successive all’entrata in vigore della citata DCR 355/02, hanno efficacia esclusivamente entro i limiti della materia di competenza statale.
In altre parole, il fatto che una norma statale definisca una determinata attrezzatura deposito di carburanti piuttosto che impianto di distribuzione carburanti esplica effetti limitatamente alle materie di competenza statale (come, appunto, in materia di sicurezza degli impianti) e non influisce invece sulla necessità di sottoporre detta attrezzatura ad autorizzazione comunale se ricadente nella definizione di cui al punto 1.3.10 della DCR 355/02; se così non fosse, d’altro canto, si dovrebbe riscontrare una indebita interferenza di norme statali in materie di competenza esclusiva regionale.
La classificazione come depositi di gasolio per autotrazione operata nell’ambito della normativa di sicurezza dall’art.1, comma 1, del citato DM 12/9/2003 in riferimento ai contenitori-distributori rimovibili per il rifornimento di automezzi destinati all’attività di autotrasporto non impedisce quindi di definire gli stessi, dal punto di vista commerciale e quindi della necessità di ottenere l’autorizzazione comunale, come impianti di distribuzione carburanti ad uso privato, se corrispondenti alla definizione di cui al punto 1.3.10 della citata DCR 355/02.
Riguardo all’utilizzo dei contenitori-distributori mobili destinati esclusivamente al rifornimento di macchine operatrici non targate e non circolanti su strada, si ritiene che tali attrezzature continuino ad essere assimilabili ai depositi, così come previsto dalla Circolare del Ministero dell’Interno del 9 marzo 1998, essendo destinati a mezzi ai quali è inibita la circolazione su strada e pertanto impossibilitati a rifornirsi presso gli impianti stradali di distribuzione carburanti.
Impianti di distribuzione carburanti per natanti (rif. Nota PG/2008/148389 del 16/6/2008)
Per quanto riguarda l’individuazione dell’ente competente a svolgere le funzioni amministrative, va preliminarmente evidenziato che il Ministero dell'Interno, con proprie circolari prot. M/29138/5-5 del 29 novembre 2004 e del 5 novembre 2007, ha espresso l'opinione secondo cui, dopo l'entrata in vigore della L. 239/04 di riordino del sistema energetico, resta di competenza dei Prefetti unicamente il rilascio delle autorizzazioni per l'installazione e l'esercizio degli impianti di distribuzione carburanti per uso di autotrazione utilizzati esclusivamente per autoveicoli di proprietà delle amministrazioni pubbliche, a norma dell'art. 5 del decreto legge 82/93, convertito nella legge 162/93.
Sulla base di questa interpretazione le Prefetture (Uffici territoriali del Governo) non si ritengono più competenti sui procedimenti indicati nell'art. 3 del DPCM 11 settembre 1989 (autorizzazioni all'esercizio degli impianti privati avio e degli impianti privati per natanti); come sopra riportato, esse trattano invece le pratiche relative agli impianti di distribuzione carburanti per uso di autotrazione utilizzati esclusivamente per gli autoveicoli di proprietà della P.A., in quanto tale competenza è attribuita da una fonte normativa di rango primario (DL 82/93)
Ciò premesso, resta ora da stabilire a quale ente locale (provincia o comune) debba essere riconosciuta la competenza sulla materia dei distributori di carburanti per natanti.
La norma di riferimento in materia di impianti di distribuzione carburanti è il D.Lgs 32/98, che all'art. 3, comma 4, attribuisce ai comuni la competenza all'autorizzazione di nuovi impianti nei porti marini e lacuali (senza distinguere tra pubblici e privati) e, all'art. 3, comma 10, riserva ancora ai comuni le autorizzazioni all'esercizio degli impianti privati (senza distinzione tra stradali, avio o lacuali/marittimi). Anche il DPR 616/77, all'art. 54 lett. f), attribuisce ai comuni, in generale, le funzioni relative agli impianti di distribuzione carburanti.
Inoltre, se è vero che la deliberazione di Consiglio regionale n. 355/2002 nella definizione di rete degli impianti di distribuzione carburanti fa salve le ipotesi previste dal DPCM 11 settembre 1989 (impianti ad uso privato avio e per natanti, impianti per autoveicoli della P.A.), e pertanto opera un implicito richiamo alla ripartizione di competenze tra comuni e prefetture fissata dal decreto medesimo, va altresì ricordato che la delibera regionale è stata approvata ante legem n. 239/04 e quindi va ora interpretata alla luce delle norme succedutele e del nuovo assetto di attribuzioni di funzioni.
Da ultimo va precisato che potrebbe astrattamente riconoscersi la competenza delle province su questa materia solo se si dovesse fare rientrare gli impianti di distribuzione per natanti nel genere dei depositi di oli minerali, di competenza provinciale in base al combinato disposto della L. 239/04 e della L.R. 26/04. Ciò però contrasterebbe sia con le definizioni di impianto ad uso pubblico e di impianto ad uso privato contenute rispettivamente nel punto 1.3.2 e nel punto 1.3.10 della DCR 355/2002 ("uno o più apparecchi di erogazione automatica di carburante" e "tutte le attrezzature fisse o mobili senza limiti di capacità (…)"), sia con la definizione fornita dal Ministero delle Attività Produttive (nota prot. 249969 del 3 marzo 2003 e nota prot. 256619 del 19 giugno 2003), secondo cui il tratto caratteristico degli impianti di distribuzione carburanti rispetto ai depositi è costituito dalla presenza di "uno o più apparecchi di erogazione automatica".
Per i suddetti motivi, nonché per assicurare la necessaria omogeneità tra le rispettive competenze dei comuni e delle province, questo Servizio ritiene che la generale attribuzione comunale sugli impianti di distribuzione carburanti sancita dal D.Lgs 32/98 ricomprenda anche gli impianti per natanti ad uso pubblico o privato.
Collaudo degli impianti autostradali (rif. Nota PG/2010/213973 del 31/8/2010)
Va verificato se sia applicabile anche agli impianti autostradali di distribuzione carburanti la scadenza quindicennale per la verifica tecnica dell'idoneità sanitaria e ambientale, prevista dall'articolo 1, comma 5, del decreto legislativo n. 32 del 1998.
La risposta positiva discende dai seguenti due aspetti.
Il primo riguarda l'ambito di applicazione del D.Lgs n. 32/98. Il D.Lgs n. 32/98 è stato emanato sulla base della delega contenuta nell'art. 4, comma 4, lettera c), legge n. 59 del 1997: tale delega era relativa non alla specifica materia degli impianti di distribuzione carburanti situati lungo la viabilità ordinaria, ma al più generale riordino della "disciplina delle attività economiche ed industriali, in particolare per quanto riguarda il sostegno e lo sviluppo delle imprese operanti nell'industria, nel commercio, nell'artigianato, nel comparto agroindustriale e nei servizi alla produzione, al fine di promuovere la competitività delle imprese nel mercato globale e la razionalizzazione della rete commerciale, anche in relazione all'obiettivo del contenimento dei prezzi e dell'efficienza della distribuzione". Pertanto, stante l'ampiezza della delega legislativa, e mancando nel D.Lgs n. 32/98 una disposizione espressa che ne circoscriva l'intero contenuto agli impianti stradali, si ritiene che debbano avere un'applicazione generalizzata le parti del decreto compatibili anche con il regime concessorio previsto tuttora per gli impianti autostradali.
Il secondo aspetto che induce a dare una risposta positiva al quesito in oggetto discende dal fatto che l'applicazione della verifica quindicennale anche agli impianti autostradali colma un vuoto normativo nell'ambito della disciplina sulla sicurezza degli impianti. Infatti, mentre le verifiche attinenti alla prevenzione incendi di competenza dei Comandi dei Vigili del Fuoco hanno una frequenza determinata dalle specifiche norme di settore (D.M. 16 febbraio 1982), le attività di competenza degli altri enti chiamati a comporre la commissione di collaudo (ARPA e AUSL) trovano adempimento solo in occasione del collaudo. Lo svolgimento a cadenza almeno quindicennale del collaudo - che costituisce per le imprese un onere proporzionato sia agli interessi pubblici da tutelare, sia alla dimensione economica dell'attività svolta - consente una verifica puntuale e periodica di tutti gli aspetti relativi alla sicurezza degli impianti di distribuzione carburanti situati lungo le autostrade e i raccordi autostradali.
Liberalizzazione dell’attività (modalità di erogazione e servizi accessori) - decreto legge 98/2011 (rif. Note PG/2011/205795 del 25/8/2011; PG/2013/23176 del 28/1/2013; PG/2014/447754 del 25/11/2014)
Il decreto legge n. 98/2011, entrato in vigore il 6 luglio 2011 (convertito dalla legge 111/2011, entrata in vigore il 17 luglio 2011) contiene all’articolo 28 norme in materia di distribuzione carburanti che prevedono anche adempimenti amministrativi di competenza comunale.
Si ritiene utile illustrare di seguito le novità normative.
Articolo 28 comma 3 e comma 4: contengono disposizioni ormai non più efficaci relative alla dichiarazione di incompatibilità degli impianti.
Articolo 28 commi 5 e 6: entro il 31/12/2012 tutti gli impianti devono dotarsi di self-service pre-payment, pena la comminazione di sanzioni pecuniarie. Il Comune è l’autorità competente a ricevere il rapporto, applicare la sanzione e introitare i proventi, essendo il titolare delle funzioni amministrative.
Articolo 28 comma 7: non si possono porre vincoli alla possibilità di erogazione in self-service pre-payment durante l’apertura dell’impianto, fermo restando l’obbligo di presenza del gestore o dei suoi dipendenti. Questa disposizione rende inapplicabile la contraria previsione contenuta al comma 2 del paragrafo “Esenzioni” della DGR 1421/2010 (Criteri regionali per la determinazione degli orari di apertura degli impianti stradali di distribuzione carburanti, ai sensi del punto 9.1 della DCR 355/2002). Le modalità di erogazione sono le seguenti:
- deve essere “contestualmente assicurata la possibilità di rifornimento assistito dal personale”;
- deve essere “effettivamente mantenuta e garantita la presenza del titolare della licenza di esercizio dell'impianto rilasciata dall'ufficio tecnico di finanza o di suoi dipendenti o collaboratori”.
In via preliminare va chiarito che, sebbene l’attività di distribuzione carburanti lungo la rete ordinaria sia stata liberalizzata dal d.lgs 32/1998, l’approvvigionamento dei prodotti energetici è funzionale “a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla vita, alla salute, alla libertà ed alla sicurezza, alla libertà di circolazione, all'assistenza e previdenza sociale, all'istruzione ed alla libertà di comunicazione” (art. 1 della legge 146/1990 sul diritto di sciopero). Come ha specificato la Commissione di garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali (deliberazione 01/110 del 04 ottobre 2001) “la distribuzione di prodotti energetici non può essere intesa come fine a sé stessa bensì finalizzata alla concreta realizzazione di tutti gli altri diritti costituzionali garantiti, per la realizzazione dei quali è necessario il ricorso a tali prodotti; il diritto alla mobilità va garantito per sé stesso ma anche strumentalmente per la tutela della vita e della salute. Il trasporto privato di persone e merci su gomma va pertanto tutelato in quanto indissolubilmente legato ai suddetti diritti, non essendo sufficiente a garantirli il trasporto pubblico di mezzi e persone, insufficiente sia a livello globale sia a livello capillare”. Ciò premesso, con il citato articolo 28, comma 7, del d.l. 98/2011 il legislatore nazionale ha contemperato l’esigenza propria dei titolari degli impianti di distribuzione carburanti di vedersi riconosciuta un’ampia flessibilità nelle modalità di organizzare la propria attività commerciale con l’altrettanto tutelata necessità di garantire l’approvvigionamento di carburanti ai cittadini-utenti che non sono in grado di rifornirsi in modalità self-service pre-pagamento. All’interno di questo quadro normativo si ritiene di poter esemplificare (esplicitamente senza pretesa di esaustività) due alternative modalità di organizzazione degli impianti, attraverso le quali si raggiunge l’equilibrio tra le suddette esigenze:
- la prima consiste nel riservare almeno un erogatore di benzina e un erogatore di gasolio alla modalità “servito”, escludendoli pertanto dal collegamento con l’accettatore di banconote;
- la seconda alternativa si sostanzia nell’installazione di apposita cartellonistica che renda consapevoli i consumatori dell’effettiva possibilità di chiedere l’assistenza nelle ore di apertura obbligatoria dell’impianto, ossia dalle ore 9 alle ore 12 e dalle ore 15 alle ore 18, nei giorni dal lunedì al sabato non festivi (D.C.R. 355/2002 e ss. mm., paragrafo 9.1 - Orari. Principi generali). La previsione e i contenuti della cartellonistica possono essere compresi nell’ordinanza comunale che disciplina gli orari e i turni di apertura degli impianti di distribuzione carburanti.
Resta inteso che per quanto riguarda il tema in argomento, ai sensi della normativa regionale in materia di orari della rete distributiva carburanti (Delibera di Giunta regionale 1421/2010, paragrafo “Esenzioni”, comma 4), un impianto funzionante in modalità self-service post-pagamento è classificato come impianto aperto con gestore, e quindi assolve l’obbligo di garantire l’assistenza ai consumatori.
Il comma 7 dell’articolo 28 consente inoltre l’utilizzo continuativo, anche senza assistenza, delle apparecchiature per la modalità di rifornimento senza servizio con pagamento anticipato, in qualunque zona del territorio comunale. Trattandosi di norme concernenti la tutela della concorrenza (materia di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione), le disposizioni ivi contenute si applicano, anche in deroga ad eventuali contrarie norme regionali. Risulta quindi superata la disposizione contenuta al comma 3 del punto 2.1 (Tipologie di nuovi impianti) della deliberazione di Consiglio regionale 355/2002, come modificata dalla deliberazione 208/2009, secondo cui la suddetta modalità di erogazione è consentita solo “nelle zone appenniniche svantaggiate, prove di impianti, a condizione che ne sia garantita l’adeguata sorveglianza”.
Articolo 28 commi 8, 9, 10 e 11: in un impianto stradale di distribuzione carburanti è sempre possibile:
- esercitare un’attività di somministrazione di alimenti e bevande ex L. 287/91, art. 5, comma 1, lett. b), cioè “esercizi per la somministrazione di bevande, comprese quelle alcooliche di qualsiasi gradazione, nonché di latte, di dolciumi, compresi i generi di pasticceria e gelateria, e di prodotti di gastronomia (bar, caffè, gelaterie, pasticcerie ed esercizi similari)” Sono fatti salvi il rispetto delle norme sulla sorvegliabilità dei locali, igienico-sanitarie, urbanistiche ed edilizie, nonché il possesso dei requisiti morali e professionali. In Emilia-Romagna esiste una sola tipologia di pubblici esercizi di somministrazione di alimenti e bevande, cosicché la previsione contenuta nel testo in esame viene estesa in generale all’attività di somministrazione di alimenti e bevande;
- esercitare un punto vendita non esclusivo di quotidiani e periodici, senza limiti riferiti alla superficie dell’impianto, nonché - a particolari condizioni - la rivendita di tabacchi;
- la vendita di ogni bene e servizio, nel rispetto della relativa normativa di settore e delle norme di sicurezza stradale.
Le attività di cui sopra sono esercitate - lungo la viabilità ordinaria - dal gestore, salva sua rinuncia (comma 10). Le regioni devono adeguare le proprie normative alle suddette disposizioni (comma 11). Trattando l’art. 28 del DL 98/2011 di norme concernenti la tutela della concorrenza (materia di competenza esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione), le disposizioni ivi contenute si applicano anche in assenza degli adeguamenti regionali.
Modalità per l’esposizione dei prezzi dei carburanti (rif. Nota PG/2013/81036 del 29/3/2013)
Sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana n. 71 del 25 marzo 2013 è stato pubblicato il decreto del Ministero dello Sviluppo Economico 17 gennaio 2013 recante “Modalità attuative delle disposizioni in materia di pubblicità dei prezzi praticati dai distributori di carburanti per autotrazione, di cui all'articolo 15, comma 5, del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e di cui all'articolo 19 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27”. Il decreto MiSE obbliga a esporre i prezzi effettivamente praticati, senza indicazioni sotto forma di sconti, e inoltre detta le regole relative all'esposizione dei prezzi secondo le diverse modalità di vendita (self-service o servito), all'ordine dei prodotti e alla grandezza delle cifre. Per quanto riguarda l’entrata in vigore del decreto, si segnala quanto segue:
- dal 9 aprile 2013 si applica l'obbligo di esporre i prezzi senza indicazioni sotto forma di sconti;
- dal 24 maggio 2013 quello di esposizione dei prezzi con minore evidenza della terza cifra decimale;
- dal 23 giugno 2013 quello di esposizione dei prezzi secondo l'ordine dall'alto verso il basso: gasolio, benzina, GPL, metano, e per tutte le altre disposizioni relativamente ai nuovi impianti o nei casi in cui si installi volontariamente nuova cartellonistica;
- qualora l'adeguamento completo alle norme del decreto richieda di procedere alla sostituzione della cartellonistica esistente, l'obbligo relativo all'ordine di esposizione dei prezzi decorre dopo un anno; nel caso la cartellonistica sia stata installata o sostituita nei ventiquattro mesi precedenti la pubblicazione del decreto, il termine è di due anni.
Localizzazione degli impianti stradali di distribuzione carburanti. Disposizioni urbanistiche (rif. Nota PG/2011/254908 del 20/10/2011)
Va premesso che sul punto le fonti normative sono tre: l’articolo 2, comma 1-bis, del decreto legislativo 11 febbraio 1998, n. 32 (razionalizzazione del sistema di distribuzione dei carburanti); l’articolo 30, comma 14, della legge regionale 24 marzo 2000, n. 20 (Disciplina generale sulla tutela e l’uso del territorio); e il paragrafo 5.5 della deliberazione di Consiglio regionale 8 maggio 2002, n. 355 (Norme regionali di indirizzo programmatico per la razionalizzazione e l’ammodernamento della rete distributiva carburanti).
I commi 1 e 1-bis dell'art. 2 del D.Lgs n. 32/1998 (comma introdotto dall’art. 1 del D.Lgs n. 346/1999), attribuiscono ai Comuni, nel quadro della liberalizzazione del sistema distributivo dei carburanti, la determinazione delle caratteristiche delle aree degli impianti (art. 2, comma 1), e disciplinano il raccordo con gli strumenti urbanistici, disponendo che "la localizzazione degli impianti di carburanti costituisce un mero adeguamento degli strumenti urbanistici in tutte le zone e sottozone del piano regolatore generale non sottoposte a particolari vincoli paesaggistici, ambientali ovvero monumentali e non comprese nelle zone territoriali omogenee A (centro storico)".
In altre parole, secondo il decreto legislativo statale, gli impianti di distribuzione carburanti possono essere realizzati in qualunque zona comunale diversa dal centro storico, senza che occorra allo scopo la necessaria preventiva previsione localizzativa negli strumenti urbanistici comunali. La relativa autorizzazione può essere dunque rilasciata, ove l’impianto soddisfi i requisiti e le caratteristiche stabilite dalle amministrazioni comunali, nell’osservanza delle norme di indirizzo programmatico delle Regioni, non contrasti con eventuali specifiche disposizioni localizzative stabilite dai piani urbanistici e rispetti i vincoli di natura ambientale, paesaggistica e storico culturale presenti sul territorio (art. 1, comma 2, secondo periodo, del D.Lgs n. 32/1998). La disposizione statale va coordinata con quanto stabilito dall'art. 30, comma 14, della LR n. 20/2000, secondo cui i Comuni, attraverso il POC, individuano le aree per gli impianti di distribuzione carburanti “ai sensi del D.Lgs n. 32/1998”. Questa disposizione abilita dunque le amministrazioni comunali ad individuare le aree per la localizzazione degli impianti nella propria pianificazione urbanistica, attraverso il piano operativo comunale (POC). A corollario del contenuto dell’art. 30 della LR n. 20/2000, il sopra citato paragrafo 5.5 della DCR n. 355/2002 afferma che i Comuni, ove procedano a tale specifica individuazione delle aree nel POC, debbano comunque tener conto della necessità di superfici adeguate per le aree di rifornimento, di parcheggio e di sosta temporanea di automobili e autoveicoli pesanti, nonché per idonee aree verdi e per le aree dedicate alla raccolta differenziata dei rifiuti. Ciò rilevato, il coordinamento tra le normative statali e regionali si sostanzia nel fatto che i Comuni dell’Emilia-Romagna, oltre a stabilire "criteri, requisiti e caratteristiche delle aree" (in base al citato art. 2, comma 1, del D.Lgs n. 32/1998) uniformandosi a quanto definito dalla citata DCR n. 355/2002, hanno la facoltà di individuare specifiche aree o ambiti dove realizzare gli impianti, attraverso il POC. Resta inteso dunque che, se i Comuni non effettuano tale puntuale individuazione nel POC, la localizzazione di nuovi impianti è ammessa purché risultino rispettati i citati criteri stabiliti in applicazione dei principi generali contenuti nel D.Lgs n. 32/1998 e sopra riportati, e siano osservati i vincoli di natura ambientale, paesaggistica e storico culturale presenti sul territorio. Si precisa infine che l’individuazione delle aree per gli impianti di distribuzione carburanti mantiene la propria efficacia anche se contenuta in un vigente strumento urbanistico, adottato precedentemente all’entrata in vigore della LR n. 20/2000, alla luce della disposizione transitoria contenuta nel primo comma dell’articolo 41 della medesima legge regionale.
La Responsabile del Servizio
Paola Castellini