SUPPLEMENTO SPECIALE n. 189 DEL 29.05.2013

Relazione

Relazione illustrativa del progetto di legge

1. Le esigenze di riordino della materia edilizia

Il presente progetto di legge, recante “Semplificazione della disciplina edilizia”, costituisce un intervento organico, sostitutivo dell’attuale legge regionale sull’attività edilizia, la n. 31 del 2002, e si è reso necessario per due ordini di motivi.

Innanzitutto, per dare attuazione alle recenti disposizioni statali che sono intervenute nel campo delle procedure edilizie, ridefinendo la disciplina dell’attività edilizia libera e, soprattutto, estendendo anche a questo settore lo strumento della Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA). Occorre però evidenziare che il recepimento delle innovazioni statali non è effettuato in modo meramente riproduttivo, in quanto il progetto di legge tiene conto dell'esperienza giuridica e amministrativa che ha fin’ora caratterizzato l’attività edilizia della nostra regione.

Il progetto di legge è infatti l’esito anche di un ampio processo di analisi della precedente disciplina regionale e rappresenta una delle principali azioni della complessiva attività di semplificazione del sistema amministrativo in cui è impegnata la Giunta regionale in attuazione della L.R. n. 18 del 2011. Come è noto, la deliberazione della Giunta regionale 16 luglio 2012, n. 983, con cui la Giunta regionale ha approvato le linee di azione e le priorità di intervento per la semplificazione, individua proprio l’edilizia come uno dei principali settori che necessitano di più urgente riconsiderazione. Il progetto di legge in questione è stato dunque l’occasione per operare tale riordino della materia, nell’ottica della sua semplificazione e razionalizzazione.

L’aspetto di principale innovazione è costituito dalla sostituzione della SCIA alla DIA, come titolo abilitativo della maggior parte degli interventi edilizi (sostanzialmente di tutti quelli sul patrimonio edilizio esistente e delle nuove costruzioni puntualmente disciplinate dalla pianificazione urbanistica).

Come è noto, entrambi gli istituti consentono al privato di presentare all’amministrazione comunale una comunicazione dell’avvio di un’attività edilizia, la quale può essere iniziata senza attendere il rilascio di un atto avente natura autorizzativa; ma con la SCIA tale meccanismo abilitativo consente l’avvio delle trasformazioni edilizie nel momento stesso della presentazione della comunicazione, e dunque sin dal momento di avvio del procedimento amministrativo di controllo. Ciò comporta una rilevante modifica sia del modo di operare della P.A., che ora svolge la propria funzione di controllo a lavori già iniziati, sia del ruolo e della responsabilità del committente e dei professionisti, chiamati ad assumersi pienamente la responsabilità della legittimità degli interventi, non solo per tutti i profili che attengono al campo edilizio e urbanistico ma anche con riferimento a ogni disciplina di settore avente rilevanza per l’attività edilizia.

Muovendo da tale profonda innovazione, il progetto di legge procede ad una riconsiderazione dei compiti di controllo esercitati dalle amministrazioni comunali, sia sui progetti edilizi presentati che sulle opere realizzate. A tale scopo la disciplina di dettaglio della SCIA di cui all’art. 19 della legge 241 del 1990 viene adattata alle peculiarità del settore edilizio ma anche alle esigenze di certezza e affidabilità delle posizioni giuridiche rappresentate dagli operatori del settore edilizio.

A tal fine, il progetto di legge stabilisce che l’attività oggetto della SCIA può essere avviata solo a seguito della sollecita verifica da parte dell’amministrazione comunale della completezza della progettazione dell’intervento e dell’acquisizione di tutti gli atti autorizzativi necessari secondo la normativa vigente. Si prevede cioè un meccanismo procedurale diretto a garantire, assieme alla semplificazione dell’azione amministrativa, le indispensabili verifiche della presenza dei requisiti e presupposti la cui carenza risulterebbe “preclusiva” dell’intervento.

Si consideri che questa previsione (che l’avvio degli interventi di trasformazione del territorio e degli edifici avvenga dopo tale prima verifica) non risponde solo all’interesse generale, in considerazione del fatto che il solo inizio dei lavori può essere già causa della compromissione dei valori paesaggistici, ambientali, culturali ecc. presenti nel territorio; ma costituisce una essenziale esigenza degli stessi committenti e dei professionisti, accomunati dalla necessità che l’avvio della realizzazione dell’intervento non risulti in contrasto con vincoli e disposizioni la cui violazione imporrebbe la sospensione dei lavori e il ripristino dello stato dei luoghi. Questo controllo, da effettuarsi entro il termine massimo di 5 giorni dalla presentazione della SCIA, consente infatti anche ai privati di poter fare legittimo affidamento sulla adeguatezza e completezza degli elaborati progettuali e sul possesso delle autorizzazioni e degli altri atti di assenso, la cui carenza risulterebbe preclusiva dell’intervento. Ciò a fronte delle stringenti responsabilità che gravano, in particolare sui progettisti, nell’ipotesi di avvio dei lavori in mancanza di quanto prescritto dalla vasta e spesso eccessivamente complessa disciplina operante in campo edilizio.

In secondo luogo, l’introduzione del meccanismo della SCIA ha reso ancora più urgente realizzare le precondizioni di fatto e normative che consentano il sistematico ricorso alla asseverazione dei progettisti come modalità di accelerazione dei procedimenti. Non potendo intervenire riducendo e semplificando le discipline legislative settoriali e le normative tecniche che incidono sull’attività edilizia, il progetto di legge si pone l’obiettivo di realizzare una maggiore uniformità applicativa della disciplina vigente e di semplificare l’eccessiva eterogeneità degli strumenti regolamentari comunali, innanzitutto attraverso un più ampio ricorso ad atti di coordinamento tecnico, da predisporsi dalla Regione in stretto raccordo con gli enti locali e con i rappresentanti degli operatori economici e professionali del settore.

Occorre innanzitutto superare l’eccessiva complessità e la stessa dimensione degli apparati normativi negli strumenti di pianificazione urbanistica, ed in particolare nei Regolamenti Urbanistici ed Edilizi (RUE). A tale scopo l’art. 53 stabilisce che i RUE e le norme tecniche di attuazione dei piani non possano riportare le disposizioni stabilite da fonti normative giuridicamente sovraordinate. Infatti, i ponderosi apparati normativi presenti negli strumenti di pianificazione, spesso riproduttivi e parzialmente modificativi di leggi e regolamenti statali e regionali, norme tecniche e discipline settoriali, non solo aggravano la consultazione di tali strumenti ma sono essi stessi fonte di difficoltà interpretative e applicative della disciplina vigente. Il principio affermato dal progetto di legge è dunque che ogni strumento di pianificazione debba regolare unicamente le tematiche e i profili che ad esso sono conferiti dalla legge, richiamando e rinviando a ogni altra disciplina che trovi in altro livello istituzionale e in altro strumento la sua fonte di produzione, aggiornamento e integrazione.

Inoltre, il progetto di legge impegna la Regione (art. 11) a svolgere una importante attività di standardizzazione del processo edilizio, attraverso l’adozione di una modulistica unificata da utilizzare in tutto il territorio regionale e l’individuazione degli elaborati progettuali e della documentazione da produrre nelle diverse fasi del processo edilizio. Con atti di coordinamento tecnico si dovrà poi procedere all’esatta individuazione degli ambiti di applicazione delle diverse tipologie edilizie, all’individuazione di classi uniformi di destinazioni d’uso delle unità immobiliari, ecc.

Per uniformare i procedimenti edilizi, assume poi una significativa rilevanza la prevista costituzione di un sistema informatico per la trasmissione e la gestione telematica (art. 3) delle pratiche edilizie e catastali, che ne permetta l’interoperabilità tra i soggetti coinvolti (pubbliche amministrazioni e privati).

Inoltre, sempre attraverso l’elaborazione di appositi atti di coordinamento tecnico, è prevista la definizione dei requisiti tecnici degli insediamenti produttivi caratterizzati da significativi impatti sulla salute e sull’ambiente, che consentirà di eliminare l’attuale onere amministrativo dell’acquisizione del parere integrato di USL e ARPA, preliminare alla progettazione e alla presentazione dei titoli ediliziper questa importante categoria di interventi.

Altra tematica generale sulla quale interviene il presente progetto di legge è data dall’attuale intreccio delle competenze tra sportello unico dell’edilizia (residenziale) e sportello unico delle attività produttive, nei procedimenti riguardanti gli insediamenti produttivi di beni e servizi. Come è noto, la disciplina statale (DPR 7 settembre 2010, n. 160) e l’art. 3 della L.R. n. 4 del 2010 conferiscono al SUAP la gestione dei procedimenti inerenti la realizzazione e la modifica degli insediamenti produttivi di beni e servizi; pertanto occorre che anche il titolo edilizio, confluisca all’interno di tali procedimenti e sia rilasciato dallo stesso SUAP, eventualmente con il contributo istruttorio degli uffici competenti in campo edilizio(nel caso in cui l’amministrazione comunale non abbia provveduto all’unificazione delle due strutture organizzative). Più in particolare, il progetto di legge (art. 5), nel confermare la competenza e il ruolo del SUAP come unico punto di accesso a cui devono rivolgersi i soggetti pubblici e privati coinvolti nella realizzazione e modifica di detti impianti, espressamente specifica che anche in ordine ai procedimenti edilizi spetta ai SUAP l’acquisizione dei pareri, autorizzazioni e atti di assenso propedeutici all’esecuzione delle opere edilizie, residuando in capo allo sportello dell’edilizia le verifiche istruttorie sulla conformità urbanistica ed edilizia degli interventi, il rilascio dell’agibilità e i compiti di vigilanza.

Altra esigenza di ordine generale affrontata dal progetto di legge e quella di promuovere la riqualificazione degli edifici e di sostenere il settore edilizio, prevedendo che le trasformazioni del patrimonio edilizio esistente (dirette a migliorarne l’efficienza energetica, la sicurezza antisismica, l’abbattimento delle barriere architettoniche, ecc.), costituendo opere di interesse pubblico, possano essere autorizzate anche attraverso il permesso in deroga, ove non siano puntualmente regolate dagli strumenti urbanistici. E’ bene rilevare che questo strumento si presta ad una utilizzato all’interno di precise limitazioni:

sono infatti derogabili solo le destinazioni d’uso ammissibili, la densità edilizia, l’altezza e la distanza tra edifici e dai confini, nel rispetto delle imperative disposizioni di legge;

questa nuova previsione del progetto di legge si applica solo nei Comuni che, non avendo dato attuazione all’art. 7-ter della L.R. 20/2000, non hanno ancora definito, con apposita disciplina generale di piano, le misure di agevolazione della qualificazione e rigenerazione del patrimonio edilizio esistente.

La seconda parte del progetto di legge, di modifica della L.R. n. 23 del 2004, opera il sistematico adeguamento della normativa sulle sanzioni amministrative per gli illeciti edilizi, resasi necessaria per regolare gli abusi eseguiti in assenza e difformità dalla SCIA e in assenza della comunicazione di inizio lavori. Inoltre, sono presenti due importanti innovazioni della disciplina sanzionatoria: un nuovo modo per calcolare l’importo delle sanzioni pecuniarie riferimento al valore venale delle opere abusive, il quale potrà essere definito dal Comune in relazione alle quotazioni effettuate dall’Osservatorio del mercato immobiliare dell’Agenzia delle entrate, e talune modifiche alla definizione delle variazioni essenziali.

2. Le principali misure di semplificazione della disciplina edilizia.

Passando ad un esame più dettagliato dell’articolato, appare opportuno richiamare le principali misure di semplificazione del procedimento edilizio, che sono elencate dall’art. 2 e che si riferiscono ai temi di seguito elencati.

2.1 Sportello unico per l’edilizia

Viene rafforzato il compito dello sportello unico per l’edilizia (SUE) di interlocutore primario del cittadino, non solo nei procedimenti abilitativi e nell’esercizio della funzione di vigilanza e controllo dell’attività edilizia, ma anche per supportarlo nella definizione degli interventi ammissibili e in fase di progettazione degli interventi. Il Sue svolge poi compiti di raccordo tra le varie amministrazioni che intervengono nel procedimento edilizio, costituendo l’unico interlocutore tra dette amministrazioni e il soggetto interessato. Questa funzione è prevista come obbligatoria ai fini del rilascio del permesso di costruire, ove è lo sportello che acquisisce, anche attraverso la conferenza dei servizi, gli atti di assenso di competenza di altre amministrazioni e le stesse amministrazioni sono obbligate a trasmettere allo sportello edilizia gli atti di propria competenza. Diversamente, per l’esecuzione degli interventi di attività edilizia libera e degli interventi soggetti a SCIA, l’interessato ha la facoltà di rivolgersi direttamente alle amministrazioni ed agli enti terzi, al fine di ottenere gli atti di assenso necessari all’inizio dei lavori, ovvero di richiedere al SUE di adempiere a tale funzione di sportello unico.

2.2 Commissione per la qualità architettonica e il paesaggio

Il progetto di legge ha confermato il ruolo consultivo della Commissione, ma ne ha circoscritto e specializzato il campo di competenza, riferendolo all’espressione dei pareri per il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche e per l’esame degli interventi edilizi sugli immobili classificati dagli strumenti urbanistici di valore storico architettonico e testimoniale. Viene così ridotta la precedente possibilità di estendere la sfera di intervento della Commissione alle varie tipologie di attività edilizia, essendo mantenuta in capo ai Comuni la facoltà di prevedere il parere di tale organo per l’esame dei piani urbanistici.

2.3 Riduzione dei titoli abilitativi edilizi

Nell’ottica della semplificazione e standardizzazione dei procedimenti abilitativi, il progetto di legge ha previsto due soli titoli edilizi, la SCIA e il permesso di costruire, discostandosi dalla disciplina di dettaglio statale, che prevede tre titoli: la SCIA, la DIA alternativa al permesso di costruire e il permesso di costruire. Pertanto, in esecuzione dell’art. 10, comma 2, e dell’art. 22, comma 4, del DPR 380 del 2001, che consentono al legislatore regionale, nella propria autonomia, di ampliare (o ridurre) il sistema dei titoli edilizi delineato dalle norme statali, il progetto di legge prevede il ricorso alla SCIA sostitutiva del permesso (comunemente chiamata Super-SCIA), per realizzare gli interventi di nuova costruzione e di ristrutturazione urbanistica, qualora i piani urbanistici abbiano regolamentato puntualmente la loro esecuzione.

Inoltre, si sottolinea che sono sottoposti a permesso di costruire, solo le nuove costruzioni e le ristrutturazioni urbanistiche, mentre la SCIA è la modalità abilitativa richiesta per realizzare ogni altro tipo di intervento, fatta salva l’attività edilizia libera, sottratta alla necessità di un titolo abilitativo (vedi paragrafo successivo).

2.4 Estensione degli interventi di attività edilizia libera

Viene ampliata la casistica dell’attività edilizia totalmente liberalizzata, risultando compresi nell’elenco dell’art. 7, comma 1, del progetto di legge anche le seguenti attività che secondo la disciplina statale (art. 6, comma 2, del DPR n. 380 del 2001) sarebbero soggette a comunicazione di inizio dei lavori: gli interventi di manutenzione ordinaria, le opere per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, il passaggio senza opere dall’uso abitativo agricolo all’uso abitativo urbano, gli interventi di pavimentazione e di sistemazione delle aree pertinenziali che non creano volumetria, i pannelli solari e fotovoltaici a servizio degli edifici e le strutture contingenti e stagionali la cui permanenza sia temporanea.

Per tali interventi, non è richiesto alcun titolo edilizio e l’interessato è tenuto ad acquisire, prima dell’inizio dei lavori, solo le autorizzazioni e gli altri atti di assenso, comunque denominati, e ogni altra documentazione richiesti dalla normativa di settore, a garanzia della loro legittimità. All’acquisizione di tali atti di assenso può provvedere lo sportello unico, qualora l’interessato ne faccia richiesta prima di avviare i lavori (allegando la documentazione e gli elaborati previsti dalla disciplina di settore e da sottoporre alle amministrazioni competenti).

Sono qualificati come attività edilizia libera anche gli interventi di manutenzione straordinaria e le opere interne alle costruzioni (non tutelate quali beni culturali dalla Parte II del D.lgs. 42 del 2004 e non classificate dagli strumenti urbanistici), che non comportino modifiche alle parti strutturali e pregiudizio alla statica degli edifici, nonché le modifiche interne in fabbricati adibiti ad attività produttive e le modifiche di destinazione d’uso dei locali adibiti ad esercizio d’impresa, purché non comportino aumento del carico urbanistico.

Per questi interventi, è richiesta però una comunicazione di inizio dei lavori, la quale:

  • riporta i dati identificativi dell’impresa che realizza i lavori;
  • contiene la nomina del direttore dei lavori;
  • è corredata dagli elaborati progettuali e dalla relazione tecnica con cui il professionista assevera la conformità dell’intervento alla disciplina urbanistica ed edilizia.

L’esecuzione delle opere di manutenzione straordinaria e le modifiche dei fabbricati adibiti ad esercizio d'impresa comportano altresì l’obbligo: della comunicazione della fine dei lavori; della trasmissione allo sportello unico della copia degli atti di aggiornamento catastale, nei casi previsti dalle vigenti disposizioni; dell’aggiornamento della scheda tecnica descrittiva, se l’intervento ha modificato gli impianti.

2.5 Possibilità di proroga dei termini di validità dei titoli edilizi

In considerazione della natura stessa della SCIA (di atto di un privato che lo abilita all’attuazione degli interventi edilizi, ove sussistano tutti i presupposti e requisiti previsti dalla disciplina edilizia) il progetto di legge è orientato ad evitare che la scadenza dei termini di efficacia della stessa costituisca un aggravio amministrativo per le imprese edili, specialmente in un periodo di forte crisi economica del settore. Pertanto, il progetto di legge consente agli interessati di prorogare il termine di inizio e quello di fine dei lavori, attraverso una comunicazione al SUE (art. 16), accompagnata dall’asseverazione che il titolo edilizio non è ancora scaduto e che non sono sopravvenute previsioni urbanistiche incompatibili. Relativamente ai permessi di costruire (art. 19) la proroga dei termini di validità continua ad essere subordinata ad un provvedimento dello sportello unico, del quale è stato comunque notevolmente ampliata l’ammissibilità.

In considerazione della forte crisi economica che ha investito il settore delle costruzioni, inoltre, per i titoli abilitativi edilizi in essere alla data di entrata in vigore della legge è stabilita la proroga della data di inizio dei lavori e della loro conclusione (art. 48). Si tratta di nuove scadenze che si sostituiscono automaticamente a quelle contenute nei titoli in corso e che quindi non necessitano di alcun adempimento amministrativo.

2.6 Standardizzazione dell’attività edilizia e semplificazione della documentazione da allegare

Una rilevante ed effettiva semplificazione e accelerazione del procedimento edilizio è prevista attraverso la definizione, preventiva ed uniforme per tutto il territorio regionale, della modulistica e della documentazione da allegare ai titoli abilitativi. Tale processo si ritiene che liberi, sia gli operatori e i progettisti sia le stesse strutture comunali, dalla problematica della completezza della documentazione progettuale da allegare ai diversi atti del procedimento edilizio, superando i dubbi e le incertezze applicative delle normative vigenti che ne costituiscono il fondamento.

Questo processo di standardizzazione, da attuarsi, come ricordato in precedenza, attraverso l’assunzione di atti di coordinamento tecnico, realizza infatti una effettiva accelerazione dell’iter amministrativo del titolo edilizio, in quanto, da una parte, crea certezze per gli operatori privati; dall’altra, consente l’introduzione di un meccanismo procedimentale che sanzioni la mancata osservanza del requisito di completezza, considerando improcedibile e inefficace, rispettivamente il permessi di costruire e la SCIA presentati incompleti delle allegazioni espressamente richieste. In tal modo, viene meno la principale causa di interruzione dei termini procedimentali (per richiesta di integrazione della documentazione necessaria), residuando solo la possibilità di sospensione dei termini istruttori, per richieste di chiarimenti o di elementi integrativi indispensabili per la valutazione del progetto presentato.

Questa previsione comporta poi – specialmente se accompagnata dal processo di semplificazione della disciplina edilizia e da una maggiore certezza e uniformità della stessa – una effettiva spinta al miglioramento dello standard qualitativo della progettazione dell’opera. Essa infatti richiede una più approfondita valutazione dell’ammissibilità dell’intervento da parte del tecnico incaricato della progettazione e la completa definizione del progetto prima della sua presentazione, con il preventivo coinvolgimento di tutte le competenze professionali coinvolte per i diversi profili e requisiti che l’opera edilizia deve soddisfare.

Occorre sottolineare che una prima ricognizione della documentazione necessaria per i titoli abilitativi edilizi è stata già svolta a livello regionale con la delibera dell’Assemblea legislativa n. 279 del 2010. L’atto di indirizzo regionale si è limitato tuttavia ad elencare la documentazione richiesta dalla disciplina vigente, specificando i casi in cui gli stessi sono necessari, e richiedendo alle amministrazioni comunali di adeguare le proprie procedure entro 2 anni dall’approvazione (termine scaduto il 4 febbraio 2012). Come per l’adozione delle definizioni uniformi di cui all’Allegato A della medesima DAL n. 279, di deve notare che un numero limitato di Comuni ha provveduto a detto adeguamento e che l’assenza della previsione di specifici effetti giuridici derivati dall’inutile scadenza del termine biennale ha rallentato l’entrata a regime dell’atto di indirizzo, inficiandone la portata innovativa. Pertanto, il progetto di legge si è spinto oltre, prevedendo che i prossimi atti di indirizzo e coordinamento assunti ai sensi dell’art. 16 della L.R. n. 20 del 2000 siano immediatamente operativi ed applicabili su tutto il territorio regionale, prevalendo sulle disposizioni degli strumenti urbanistici comunali con essi incompatibili.

La standardizzazione della modulistica e della documentazione, necessaria ai fini del rilascio del permesso di costruire e dell’efficacia della SCIA e della CIL, consentirà di attivare a scala regionale strumenti telematici per la presentazione e il trattamento delle pratiche edilizie, atteso che l’attuale complessità e capillare differenziazione dei regimi giuridici comunali costituiscono un insuperabile ostacolo al generalizzato sviluppo delle tecnologie informatiche in questo settore.

Si evidenzia poi che la standardizzazione delle pratiche edilizie potrà se non ridurre, almeno rendere maggiormente tollerabile l’onere documentale imposto dalla legislazione di settore. Numerose disposizioni, muovendo dalla considerazione che il titolo edilizio costituisce, di norma, l’atto abilitativo finale dell’intervento, qualificano i pareri, la documentazione progettuale, le autorizzazioni, ecc. da esse regolate come atti presupposti del titolo edilizio ovvero come documentazione da allegare obbligatoriamente all’avvio del procedimento. Dato che la legge regionale edilizia non può ridurre tali obblighi di allegazione, è parso utile prevedere un atto di coordinamento tecnico che intervenga nella specificazione della fase dell’iter procedimentale in cui tale documentazione deve essere prodotta all’amministrazione comunale, in quanto necessaria per l’esercizio dei suoi compiti di vigilanza e controllo. Il progetto di legge prevede così che tale atto individui la parte della documentazione che il privato può riservarsi di presentare prima dell’inizio lavori o prima della fine dei lavori. In tal modo, egli potrà graduare nel corso del processo edilizio la predisposizione e consegna di parte della documentazione necessaria, presentandola nella fase in cui le informazioni e gli atti di assenso in essa contenuti siano effettivamente necessari per l’istruttoria comunale.

L’attività di coordinamento tecnico che il progetto di legge prevede sia svolta dalla Regione riguarda anche altri aspetti del processo edilizio, quali: la definizione dei progetti di particolare complessità che richiedono maggiori tempi per il rilascio del permesso; i criteri per definire il campione di pratiche da sottoporre a controllo; la definizione uniforme delle destinazioni d’uso; la specificazione degli interventi ascrivibili alle diverse tipologie di intervento; la definizione dei requisiti edilizi degli insediamenti produttivi e di servizio caratterizzati da significativi impatti sulla salute e sull’ambiente.

2.7 Ampliamento delle varianti in corso d’opera da regolarizzare alla fine dei lavori

In merito alle varianti in corso d’opera, l’attuale legge regionale distingue tra modifiche al progetto iniziale che possono essere regolarizzate alla fine dei lavori, attraverso un unico titolo edilizio in variante presentato dopo il completamento delle opere, e modifiche, più rilevanti, che richiedono un nuovo titolo abilitativo, da acquisire prima della loro esecuzione.

Occorre rilevare che questa disciplina è già meno gravosa per i privati rispetto a quella statale. Tuttavia il progetto di legge persegue con l’art. 22 una ulteriore liberalizzazione, ampliando la casistica delle varianti in corso d’opera regolarizzabili dopo la loro esecuzione, a conclusione dell’intervento edilizio. Questa possibilità si estende a tutte le modifiche che non comportino un intervento totalmente diverso rispetto a quello previsto dal progetto iniziale (per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione) e che non prevedano l’esecuzione di nuovi volumi tali da costituire un organismo edilizio o parte di un organismo con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile. Pertanto, fuori da tali ipotesi di totale trasformazione del progetto originario, le varianti conformi agli strumenti urbanistici ed edilizi, possono essere eseguite nel corso dei lavori sotto la responsabilità del progettista e del direttore dei lavori. In tal modo, sono ridotti notevolmente gli oneri amministrativi richiesti per variare il progetto edilizio originario, essendo previsto un solo adempimento a fine lavori che raccoglie tutte le modifiche apportate in corso d’opera.

La disposizione fa necessariamente salvi i casi in cui le leggi di settore richiedano espressamente una preventiva autorizzazione o un preventivo adempimento per eseguire la variante, sanzionandone (spesso anche penalmente) l’assenza. Pertanto, in caso di varianti che richiedano, per esempio, il previo rilascio di una autorizzazione paesaggistica o sismica, la realizzazione della variante dovrà comunque essere preceduta dalla acquisizione di tali atti di assenso o dallo svolgimento degli adempimenti dovuti, rimanendo fermo che a fine lavori potrà essere presentata un’unica SCIA in variante.

L’adozione di questo innovativo regime delle varianti in corso d’opera appare coerente con il regime giuridico della SCIA, che consente comunque all’interessato di eseguire immediatamente le modifiche al progetto iniziale, senza alcuna interruzione dei lavori e ponendo in capo al committente e ai professionisti l’onere di verificare l’ammissibilità della variazione. Inoltre, il progetto di legge ha inteso confermare la scelta per un unico regime giuridico della variante di fine lavori, indipendentemente dal titolo edilizio originario (come già prevede l’attuale legge regionale n. 31 del 2002), attestandosi alla disciplina di maggiore semplificazione.

2.8 Immediato utilizzo degli immobili e l’agibilità parziale riferita a porzioni dell’intervento

Il progetto di legge introduce la possibilità di usare l’immobile in pendenza del procedimento di verifica della sua agibilità, in analogia con la disposizione prevista in materia di insediamenti produttivi. Si prevede infatti che la completa presentazione della documentazione richiesta consente l’utilizzo immediato dell’immobile, fatto salvo l’obbligo di conformare l’opera realizzata alle eventuali prescrizioni stabilite dallo sportello unico in sede di rilascio del certificato di conformità edilizia e agibilità (art. 23, comma 2).

Inoltre, il progetto di legge ha inteso rendere maggiormente flessibile il rilascio del certificato di conformità edilizia e agibilità parziale (art. 25), venendo incontro alle esigenze di cittadini ed imprese di poter disporre di parti autonome dei complessi edilizi oggetto dell’intervento edilizio prima della completa conclusione dei lavori (per l’apertura di un esercizio commerciale, la compravendita di singole unità immobiliari, ecc.). Tale certificato può essere richiesto e rilasciato nelle seguenti ipotesi:

a) per singoli edifici e singole porzioni della costruzione, purché strutturalmente e funzionalmente autonomi, qualora siano state realizzate e collaudate le opere di urbanizzazione relative all’intero intervento edilizio e siano state completate le parti comuni relative al singolo edificio o singola porzione della costruzione;

b) per singole unità immobiliari, purché siano completate le opere strutturali, gli impianti, le parti comuni e le opere di urbanizzazione relative all’intero edificio di cui fanno parte.

2.9 La semplificazione dei controlli sui progetti e sulle opere realizzate

Il recepimento dei principi fondanti del meccanismo della SCIA e l’ampliamento della casistica delle varianti in corso d’opera realizzabili sotto la responsabilità del professionista abilitato, trova un preciso riscontro nella importante revisione del sistema dei controlli. Il progetto di legge ha voluto accorpare in due sole e ben distinte fasi i compiti di vigilanza dell’attività edilizia che attualmente il Comuni è chiamato a svolgere ripetutamente nell’arco dell’intero processo edilizio: il controllo iniziale sul progetto e quello finale sull’opera effettivamente realizzata.

Il controllo sul progetto, si articola sia in caso di Scia che di permesso di costruire in due momenti distinti e successivi l’uno all’altro: il controllo preventivo di completezza della documentazione presentata e quello di merito del progetto.

Per la SCIA, si prevede che essa abbia efficacia (e dunque possano iniziarsi i lavori) solo dopo 5 giorni dalla data di presentazione e che entro tale termine il SUE verifichi la completezza della documentazione presentata. Questo adempimento, non previsto dalla disciplina statale, persegue come abbiamo già ricordato al precedente paragrafo 1 un duplice obiettivo: da una parte, fornisce al committente e al progettista un primo livello di certezza della adeguatezza della documentazione presentata, consentendo di fare affidamento sulla sussistenza dei requisiti e presupposti richiesti. D’altra parte, consente di impedire l’avvio di attività di trasformazione del territorio in carenza di valutazioni e autorizzazioni indispensabili, limitando la possibilità di realizzare effetti irreversibili sul territorio o sugli edifici esistenti.

Nei 30 giorni successivi all’inizio dei lavori il SUE svolge il controllo di merito del progetto, per accertare la conformità della documentazione progettuale presentata alla normativa vigente. Se lo sportello unico riscontra l’inammissibilità dell’intervento ovvero l’assenza di requisiti, presupposti e condizioni richiesti dalla normativa o dagli strumenti urbanistici per eseguire le opere, emana un provvedimento che vieta di proseguire l’attività e ordina il ripristino dello stato dei luoghi. Se riscontra che il contrasto con la normativa che regola l’attività edilizia può essere superato, richiede la conformazione del progetto alla normativa che risulta violata.

Decorso il termine di 30 giorni per il controllo di merito, non viene meno la funzione comunale di vigilanza e controllo, ma lo sportello unico può intervenire direttamente con provvedimenti interdittivi solo se sussiste un pericolo di danno a valori costituzionalmente tutelati (il patrimonio storico culturale, l’ambiente, la salute, la sicurezza pubblica, la difesa nazionale) nonché in caso di dichiarazioni false o mendaci. Nei restanti casi è possibile assumere provvedimenti in autotutela.

Anche per gli interventi soggetti a permesso di costruire, il controllo sul progetto è articolato in due momenti la verifica della completezza documentale e quella di merito: l’incompletezza della documentazione, rilevata entro 10 giorni dalla presentazione dell’istanza, comporta la dichiarazione di improcedibilità della domanda. L’esito negativo del controllo di merito comporta il diniego del rilascio del titolo edilizio.

Quanto al controllo sulle opere realizzate , il progetto di legge, come la disciplina vigente, richiede una verifica sistematica per gli interventi edilizi di maggiore rilevanza di, nuova costruzione e ristrutturazione urbanistica (ma anche per gli interventi abilitati con permesso o con SCIA per i quali sia intervenuta una variante in corso d’opera che presenti i caratteri delle variazioni essenziali e per gli interventi abilitati con SCIA per i quali lo sportello, nel corso del controllo di merito, abbia riscontrato un difetto progettuale e richiesto la conformazione delle opere). Per i restanti interventi il progetto di legge richiede il controllo a campione, in una percentuale minima del 25% degli interventi.

3 Le singole disposizioni dell’articolato

il progetto di legge si apre con l’indicazione (art. 1) dei principi fondamentali della disciplina regionale dell’attività edilizia. Da segnalare il comma 3 nel quale è sottolineata la rilevanza pubblica dei compiti svolti dai professionisti nel procedimento edilizio, complessivamente riconducibili alla funzione di certificazione della conformità degli interventi alla normativa edilizia ed urbanistica e alla normativa tecnica. Tale ruolo dei professionisti, indubbiamente costituisce uno degli elementi peculiari della disciplina edilizia della nostra regione: introdotto sin dal 1990, con la L.R. 33/90, esso continua a trovare anche in questo progetto di legge ulteriori profili di sviluppo (si pensi alla proroga dei termini della SCIA e alla immediata utilizzabilità delle opere realizzate) laddove, nell’ordinamento statale, esso ha avuto completo riconoscimento solo con la recente modifica dell’art. 20 del DPR 380 del 2001, che ha esteso l’obbligo dell’asseverazione del professionista anche per la richiesta di permesso di costruire.

L’art. 3 disciplina la necessaria gestione telematica dei procedimenti edilizi e il processo di dematerializzazione della pratica edilizia, attraverso il progetto S.I.ED.ER, che costituisce una delle linee di intervento per la semplificazione del sistema amministrativo regionale.

Gli artt. 4 e 5 disciplinano gli sportelli unici, per l’edilizia ( SUE) e per le attività produttive (SUAP). Le scelte organizzative relative a tali strutture sono rimesse ai Comuni, che possono mantenerli distinti, magari optando per la loro gestione in forma associata in attuazione dell’art. 6 della L.R. n. 21 del 2012, oppure scegliere di istituire un’unica struttura. Queste disposizioni del progetto di legge intendono poi specificare gli ambiti di competenza dei due sportelli comunali: al SUE spetta la gestione dei procedimenti relativi all’edilizia privata residenziale (il rilascio dei permessi, il controllo delle SCIA, la vigilanza sull’attività dei cantieri, il rilascio dell’agibilità, la vigilanza e la repressione degli illeciti edilizi). Il SUAP costituisce invece l’unico interfaccia con le amministrazioni pubbliche per le imprese, nel caso in cui la realizzazione e la modifica di impianti produttivi di beni e servizi richieda la realizzare di interventi edilizi, indipendentemente dal procedimento abilitativo stabilito dalla legge (CIL, SCIA, permesso di costruire).

Anche per l’autorizzazione di tali interventi edilizi, in applicazione del procedimento automatizzato di cui all’art. 5 del DPR 160 del 2010, si chiarisce che il SUAP, su istanza preventiva degli interessati e quale unico punto di accesso per le imprese, può provvedere all’acquisizione, presso gli enti coinvolti, di tutti gli atti di assenso richiesti dalla normativa per avviare l’attività edilizia. Analogamente, anche nel caso di procedimento unico di cui all’art. 7 del DPR 160 del 2010, il SUAP acquisisce direttamente o tramite conferenza dei servizi anche gli atti di assenso preliminari all’inizio dell’attività edilizia. Inoltre, il progetto di legge chiarisce che, nell’ambito dei medesimi procedimenti per la realizzazione e la modifica di impianti produttivi di beni e servizi, residuano in capo al SUE i compiti istruttori e di controllo della conformità edilizia ed urbanistica dei progetti edilizi, la verifica della agibilità delle opere realizzate e la vigilanza e repressione degli illeciti edilizi.

Nell’art. 8 viene confermata la vigente norma relativa agli interventi edilizi realizzabili nelle aree parzialmente pianificate, consentendosi solo interventi sugli edifici esistenti,di manutenzione straordinaria, di restauro e di ristrutturazione edilizia, nonché la demolizione senza ricostruzione.

L’art. 9 apre il Titolo II, dedicato alla disciplina dei titoli abilitativi, con l’affermazione del principio della obbligatorietà del titolo abilitativo (SCIA e permesso di costruire) per l’avvio dell’attività edilizia, richiede che tali titoli risultino conformi alla c.d. “disciplina dell’attività edilizia” e stabilisce analiticamente al comma 3 il contenuto di tale nozione, frequentemente richiamata nel corso di tutto il testo normativo. In particolare, il progettista è chiamato ad asseverare e lo sportello unico a verificare il rispetto: delle leggi e dei regolamenti in materia urbanistica ed edilizia; delle prescrizioni contenute negli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica vigenti ed adottati; delle discipline di settore incidenti sull’attività edilizia; della normativa sui vincoli paesaggistici, idrogeologici, ambientali e di tutela del patrimonio storico, artistico ed archeologico.

Infine, si specifica che non si può ricorrere ad autocertificazioni del committente e ad asseverazioni di professionisti abilitati, in sostituzione degli atti e pareri richiesti dalla normativa vigente: nel caso di vincoli ambientali, paesaggistici o culturali; qualora siano previsti atti rilasciati da amministrazioni preposte alla difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all’immigrazione, all’asilo, alla cittadinanza, alla giustizia, alla finanza; nel caso di costruzioni in zona sismica e di atti previsti dalla normativa comunitaria.

L’art. 10 riguarda gli interventi la cui realizzazione è subordinata a procedure abilitative speciali. L’articolo si riferisce in particolare alle opere approvate mediante accordo di programma, alle opere pubbliche realizzate attraverso l’intesa prevista dall’art. 81 del DPR 616 del 1977, alle opere pubbliche di interesse regionale, provinciale e comunale, esonerate dall’acquisizione del titolo edilizio a condizione che la validazione del progetto contenga l’accertamento della loro conformità alla disciplina urbanistica ed edilizia. Inoltre, non è richiesto il titolo edilizio per la realizzazione degli impianti alimentati da energia rinnovabile, per i quali si applicano le speciali modalità procedurali previste dalla disciplina di settore.

L’importante tematica dei requisiti tecnici delle opere edilizie è affrontato dall’art. 11 che, al comma 1, richiede la conformità degli interventi sia alle disposizioni contenute nella Parte II del DPR 380 del 2001 sia alla relativa normativa tecnica attuativa.

Per gli insediamenti produttivi aventi significativi effetti per la salute e per l’ambiente, il progetto di legge conferma la necessità di acquisire il parere integrato di ARPA-AUSL, preliminare alla presentazione o alla richiesta di rilascio del titolo edilizio, fin tanto che non si proceda alla individuazione dei relativi requisiti tecnici attraverso appositi atti di coordinamento tecnico. Inoltre, per semplificare il rilascio di tale parere preventivo, si stabilisce che lo stesso è acquisito nell’ambito delle procedure di VIA e di AIA, nel caso di impianti assoggettati a tali autorizzazioni ambientali.

L’art. 12 riguarda l’attività regionale di coordinamento tecnico che è stata illustrata al precedenza paragrafo 1.

L’art. 13, nel definire l’ambito di applicazione della SCIA, stabilisce che sono sottoposti ad essa tutti gli interventi edilizi, ad eccezione di quelli riconducibili all’attività edilizia libera e di quelli subordinati al rilascio del permesso di costruire. In via esemplificativa, al comma 1 sono elencati i principali interventi soggetti a SCIA e, al comma 2, si descrivono gli interventi di nuova costruzione che possono essere realizzabili con SCIA alternativa al permesso, qualora gli strumenti urbanistici comunali abbiano disciplinato la loro esecuzione con precise regole plano-volumetriche.

L’art. 14 fissa la disciplina procedurale della SCIA di cui, al precedenza paragrafo 2.9, abbiamo illustrato le caratteristiche principali.

L’art. 15 introduce la c.d. SCIA con inizio dei lavori differito, prevedendo la facoltà per l’interessato di posticipare l’inizio dei lavori dopo la conclusione del controllo di merito sul progetto svolto dallo sportello unico per l’edilizia e, comunque, entro un anno dalla presentazione della SCIA. Il differimento dell’inizio dei lavori è inoltre previsto come obbligatorio nei casi in cui l’interessato, non disponendo di tutti gli atti di assenso necessari per eseguire le opere, ne chieda l’acquisizione al SUE (presentando la documentazione richiesta dalla disciplina di settore per il rilascio dei medesimi atti).

Le caratteristiche della SCIA edilizia e la sua validità ed efficacia sono disciplinati dall’art. 16. Qui si stabilisce, tra l’altro, che i lavori indicati nella SCIA debbano iniziare entro un anno dalla data della sua efficacia e che debbano terminare entro tre anni dalla stessa data. Il decorso di questo periodo di tempo in assenza di proroghe comporta la decadenza della SCIA, fermo restando che le opere non ultimate possono essere realizzate con un nuovo titolo. Sempre all’art. 16 si prevedono le ampie possibilità di proroga della SCIA di cui si è già detto in precedenza al paragrafo 2.5.

L’art. 17 elenca gli interventi eseguibili con permesso di costruire, costituiti: dalle diverse tipologie di opere di nuova costruzione, dal ripristino tipologico e dalla ristrutturazione urbanistica.

L’art. 18 contiene la disciplina del procedimento di rilascio del permesso di costruire. Come nel caso della SCIA è stata prevista una prima fase procedimentale di verifica della completezza della domanda da effettuarsi entro 10 giorni. La verifica negativa comporta l’improcedibilità della domanda, mentre alla verifica positiva segue la fase istruttoria nel merito che si conclude entro 60 giorni dal ricevimento dell’istanza con una proposta di provvedimento. Durante l’istruttoria lo sportello unico può convocare l’interessato per chiarimenti e per apportare modeste modifiche progettuali, da concordare in un apposito verbale. In tale ipotesi il termine di 60 giorni per l’istruttoria resta sospeso fino al ricevimento delle modifiche concordate.

Inoltre lo sportello unico per l’edilizia acquisisce gli atti di assenso ed i pareri necessari per il rilascio del permesso, convocando allo scopo una conferenza di servizi nel caso in cui le amministrazioni interpellate non abbiano dato risposta entro il termine di 60 giorni e nel caso in cui, benché sia intervenuto un dissenso, lo stesso non sia preclusivo dell’intervento ma possa essere superato con modifiche progettuali e prescrizioni. Il verbale conclusivo della conferenza di servizi costituisce titolo per effettuare le opere; se la conferenza non ha avuto luogo, il permesso è rilasciato dal responsabile dello sportello unico per l’edilizia entro i 15 giorni successivi alla proposta avanzata dal responsabile dell’istruttoria.

Il termine per il rilascio del permesso è raddoppiato nei Comuni con più di 100 mila abitanti e per istruire i progetti complessi individuati dal RUE, fino all’approvazione di un atto di coordinamento tecnico regionale che definisca, per tutti i Comuni della regione, le caratteristiche dei progetti complessi che giustificano il raddoppio dei termini istruttori. L’inutile decorso del termine per assumere il provvedimento finale comporta il formarsi del silenzio assenso sull’istanza di permesso di costruire. Il silenzio rifiuto è invece previsto nella sola ipotesi in cui sussista un vincolo la cui tutela sia conferita all’amministrazione comunale, qualora sia stato negato il provvedimento autorizzativo e siano decorsi inutilmente i termini per l’assunzione del permesso di costruire.

L’art. 19 disciplina la validità temporale del permesso di costruire. Esso prevede che i lavori devono iniziare entro un anno dalla data del rilascio e devono terminare entro tre anni dall’inizio dei lavori, pena la decadenza del permesso e dunque la necessità di un nuovo titolo per eseguire l’intervento o per terminarlo. Come per la SCIA, anche per il permesso i termini di inizio e fine lavori possono essere prorogati prima della loro scadenza. E’ fatto obbligo al titolare del permesso di comunicare la data dell’effettivo inizio dei lavori completa dell’indicazione del direttore dei lavori e dell’impresa che eseguirà i lavori.

Il permesso di costruire in deroga è disciplinato dall’art. 20 e consente di realizzare edifici e impianti pubblici e di interesse pubblico in difformità dagli strumenti urbanistici, previa deliberazione del Consiglio comunale. Come già detto in precedenza al paragrafo 1, la norma riconosce che nell’attuale ordinamento gli interventi di riqualificazione urbana e di qualificazione del patrimonio edilizio esistente assumono carattere di interesse pubblico, cosicché, anche in tali casi, è ammesso il ricorso al permesso di costruire in deroga, fin tanto che i Comuni non abbiano provveduto a disciplinare nei propri strumenti urbanistici le misure di incentivazione di tali interventi, in attuazione dell’art. 7-ter della L.R. 20 del 2000.

L’art. 21 conferma l’attuale istituto della valutazione preventiva. Con esso lo sportello unico esprime un parere circa l’ammissibilità dell’intervento ipotizzato dal privato interessato. Si tratta dunque di uno supporto alla progettazione degli interventi edilizi, che può essere richiesto per qualsiasi intervento soggetto SCIA o a permesso. Esso è destinato a fornire ai privati e ai progettisti un chiarimento della normativa che regola l’intervento che si intende realizzare.

L’amministrazione si pronuncia sulla correttezza dei dati indicati in una scheda predisposta dal professionista incaricato, contenente la descrizione dell’intervento ipotizzato e la ricostruzione di indici, parametri, requisiti urbanistici ed edilizi, ecc. ritenuti applicabili nel caso di specie. Il Comune è tenuto valutare la correttezza della ricostruzione del quadro normativo di riferimento predisposto dal progettista entro un lasso di tempo di 45 giorni, trascorso il quale la valutazione preventiva si considera rilasciata, con effetti vincolanti per l’amministrazione e per l'interessato.

L’art. 22, relativo alle varianti in corso d’opera, è stato ampiamente illustrato in precedenza al paragrafo 2.7, cui si fa rinvio.

L’art. 23 è riferito al certificato di conformità edilizia e di agibilità, e dunque agli adempimenti amministrativi che seguono la fine dei lavori. In estrema sintesi, dopo la chiusura dei lavori l’interessato e il progettista sono tenuti a:

  1. comunicare la fine effettiva dei lavori,
  2. produrre la scheda tecnica descrittiva,
  3. richiedere il rilascio del certificato di conformità edilizia e di agibilità,
  4. indicare gli estremi della richiesta di accatastamento,
  5. presentare l’eventuale SCIA di fine lavori,
  6. produrre il certificato di collaudo statico,
  7. presentare ogni altra documentazione richiesta per la fine dei lavori dalla normativa settoriale vigente.

La norma proposta consente l’immediato utilizzo dell’immobile, a seguito della trasmissione allo sportello per l’edilizia della documentazione richiesta in base allo specifico intervento realizzato (vedi precedente paragrafo 2.8).

Ai fini del rilascio del certificato, lo sportello per l’edilizia è chiamato a controllare: la conformità edilizia ed urbanistica delle varianti in corso d’opera; la corrispondenza dell’opera realizzata al titolo originario come integrato dalla SCIA di fine lavori; l’osservanza della normativa tecnica riguardante la sicurezza, l’igiene, la salubrità, l’efficienza energetica degli edifici e degli impianti; la correttezza della classificazione catastale richiesta.

I controlli sono svolti:

  1. in modo sistematico, per gli interventi di nuova costruzione, di ristrutturazione urbanistica, di ristrutturazione edilizia, nel caso in cui siano state presentate varianti in corso d’opera che presentano i requisiti delle variazioni essenziali, e per gli interventi realizzati con SCIA per i quali sia stata richiesta in sede di controllo di merito una modifica per conformarli alla disciplina dell’attività edilizia;
  2. a campione, su almeno il 25% dei restanti casi.

Il certificato è rilasciato con atto espresso entro 90 giorni, decorsi i quali interviene il silenzio assenso. Il termine è interrotto in caso di richiesta documentale.

L’art. 24 sulla scheda tecnica descrittiva e sul fascicolo del fabbricato non introduce modifiche significative alla corrispondente disciplina vigente.

L’art. 25 disciplina l’istituto della agibilità parziale, cui si è accennato in precedenza al paragrafo 2.8.

L’art. 26 prevede sanzioni in caso di ritardo della comunicazione di fine dei lavori. Per disincentivare la mancata presentazione della istanza di agibilità e della documentazione di fine lavori sopra richiamata, sono state infatti stabilite sanzioni progressive che si accrescono al prolungarsi del ritardo.

L’art. 27 regola, secondo quanto previsto dalla precedente L.R. n. 31 del 2002, le forme di pubblicità dei titoli edilizi e il meccanismo di riesame degli stessi.

Anche l’art. 28, sul mutamento di destinazione d’uso, conferma le vigenti previsioni legislative, così come l’intero Titolo III sul contributo di costruzione, che ribadisce le attuali disposizioni sul contributo di costruzione contenute nella L.R. n. 31 del 2002.

Il Titolo IV raccoglie le modifiche alla legge regionale n. 23 del 2004 che si sono rese necessarie per adeguare la disciplina relativa agli abusi edilizi alle innovazioni ai titoli edilizi, cioè per introdurre le sanzioni applicabili alla SCIA e alla comunicazione di inizio dell’attività edilizia libera. Le altre disposizioni di questo Titolo meritevoli di una particolare sottolineatura sono gli articoli 41 e 47.

L’art. 41 trasferisce nella L.R. 23 del 2004 la disciplina regionale sulle variazioni essenziali, cioè sulle ipotesi di parziale difformità dell’opera realizzata dal titolo edilizio che sono equiparate, dal punto di vista sanzionatorio, agli interventi attuati in assenza o in totale difformità dal titolo stesso. I casi di variazione essenziale sono attualmente regolati dalla L.R. n. 31 del 2002, in quanto incidono sulla disciplina delle varianti in corso d’opera, costituendo la soglia delle varianti che, prima della loro realizzazione, necessitano di un titolo edilizio integrativo dell’originario. Il progetto di legge, a seguito del venir meno di tale rilevanza delle variazioni essenziali (per effetto del notevole ampliamento dei casi di varianti in corso d’opera regolarizzabili ex post, descritto al paragrafo 2.7), prevede la ricollocazione della disposizione nel testo legislativo relativo alle norme sanzionatorie degli abusi edilizi. Inoltre, il progetto di legge propone due significative modifiche alla precedente disciplina delle variazioni essenziali. La prima riguarda talune soglie minime: per assumere la qualifica di variazione essenziale gli abusi edilizi devono comportare, rispetto a quanto previsto dal titolo originario, incrementi del 20% della superficie coperta, del rapporto di copertura, del perimetro, dell’altezza, dell’area di sedime, delle distanze tra edifici e dai confini (attualmente la percentuale di riferimento è del 10%); la seconda modifica riguarda la precisazione che le opere in difformità dal titolo edilizio, eseguite su immobili soggetti a vincolo paesaggistico, non assumono il carattere della variazione essenziale quando si tratti di opere esentate dall’autorizzazione ambientale e quando, per esse, è acquisito l’accertamento di compatibilità paesaggistica.

Come si è accennato al precedente paragrafo 1, all’art. 47 è prevista una nuova modalità semplificata per calcolare l’importo delle sanzioni pecuniarie legate al valore venale delle opere abusive. La misura della sanzione viene definita dal Comune in relazione alle quotazioni effettuate dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) dell’Agenzia delle entrate. Tali quotazioni, facilmente reperibili nel sito web dell’Agenzia, sono distinte per Comuni e, nei principali centri, per sottozone, in considerazione delle destinazioni d’uso delle unità immobiliari. Il loro utilizzo permette una quantificazione significativamente vicina ai valori reali e con modalità speditive, superando il ricorso alla stima caso per caso della Commissioni provinciali per i Valori Agricoli Medi, prevista dalla L.R. n. 23 del 2004 in via transitoria, proprio in vista della definizioni di criteri generali di riferimento.

Il Titolo V, “Disposizioni transitorie e finali”, si apre con l’art. 48, contenente la proroga della validità di tutti i titoli edilizi in essere alla data di entrata in vigore della legge. Esso prevede:

  • il posticipo della data per dare inizio ai lavori al 31 dicembre 2014;
  • e, per i lavori già iniziati all’entrata in vigore della legge, il posticipo di un anno della data di fine lavori.

La norma estende a tutto il territorio regionale l’analoga previsione contenuta nella legge regionale sulla ricostruzione delle zone terremotate e, rappresenta una misura per favorire il rilancio del settore economico delle costruzioni. Anche in questo caso, tuttavia, trova applicazione il principio fondamentale che impronta l’istituto della proroga, secondo il quale la stessa non opera qualora siano entrate in vigore previsioni urbanistiche incompatibili con l’intervento edilizio.

L’art. 49 al fine di regolare l’ordinato passaggio dall’attuale regime alla nuova disciplina stabilisce che i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge continuano ad essere regolati dalla normativa previgente e che le sanzioni amministrative introdotte dalla nuova normativa contenuta nel progetto di legge si applicano solo agli illeciti commessi dopo la sua entrata in vigore.

L’art. 50 riproduce una disposizione già presente nella L.R. n. 31 del 2002, confermando la facoltà dei Comuni di approvare varianti semplificate al regolamento edilizio, fino all’adeguamento degli strumenti urbanistici alla L.R. 20 del 2000.

Gli articoli art. 51 e art. 52 individuano rispettivamente le disposizioni regionali da abrogare a seguito dell’approvazione della nuova disciplina edilizia e le norme statali di dettaglio che non trovano più diretta applicazione nel territorio regionale, secondo il noto principio di cedevolezza.

Gli artt. 53 e 54 richiamati in precedenza al paragrafo 1, introducono due importanti disposizioni nella L.R. 20 del 2000 sui contenuti normativi degli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, diretti, l’una, a semplificare radicalmente i contenuti delle norme tecniche di attuazione; l’altra, ad assicurare l’univoca rappresentazione delle prescrizioni urbanistiche e dei vincoli che devono essere osservate nell’attività edilizia, favorendo, di conseguenza, l’asseverazione di conformità degli interventi e i relativi controlli.

In particolare, l’art. 53 prescrive che le norme tecniche di attuazione dei piani non devono riprodurre, in tutto o in parte, le disposizioni contenute in leggi statali e regionali, in regolamenti, in atti di indirizzo e di coordinamento tecnico, in norme tecniche, in piani sovraordinati, e in altri atti normativi di settore.

Al fine di rendere effettiva questa previsione, la Regione nell’esercizio della funzione di indirizzo e coordinamento tecnico, individua le suddette normative che risultano autoapplicative e che non necessitano di recepimento, integrazione o specificazione nei piani territoriali ed urbanistici e nei regolamenti urbanistici ed edilizi. A seguito dell’emanazione di tale atto di indirizzo e coordinamento (entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge) gli enti locali sono tenuti ad adeguare i rispettivi strumenti entro l’ulteriore termine di 90 giorni, scaduto il quale si prevede la automatica caducazione delle previsioni di piano che presentano dette caratteristiche.

L’art. 54 disciplina la c.d.“Tavola dei vincoli”, quale elaborato essenziale del piano strutturale comunale, che deve contenere la ricognizione e la mappatura dei vincoli presenti sul territorio comunale. Non si prescrive un ulteriore contenuto di piano, ma una modalità di rappresentazione, omogenea e di univoca lettura, dei dati conoscitivi già presenti nei suoi elaborati. Tale rappresentazione semplifica notevolmente l’individuazione sia degli interventi ammissibili, sia delle autorizzazioni e altri atti di assenso da acquisire ai fini della abilitazione degli interventi stessi, ma anche fornisce univoche indicazioni delle particolari prescrizioni di cui tener conto nella progettazione degli interventi.

La norma prevede che fino all’aggiornamento del PSC, la tavola dei vincoli debba essere predisposta a corredo delle varianti e dei singoli piani operativi, dei regolamenti urbanistici ed edilizi, limitatamente all’ambito territoriale a cui sono riferiti. Inoltre, si stabilisce che nel parere di legittimità e di regolarità amministrativa del piano debba essere attestata l‘osservanza di tale obbligo e che un apposito capitolo della Valutazione di Sostenibilità Ambientale e Territoriale (ValSAT) degli strumenti di pianificazione deve essere dedicato alla verifica della conformità delle loro previsioni ai vincoli che gravano sull’ambito territoriale pianificato.

La Giunta regionale è impegnata a definire, con apposito atto di coordinamento tecnico, i criteri tecnici e le modalità uniformi per rappresentare e descrivere i vincoli in modo omogeneo su tutto il territorio regionale; ma anche ad agevolare l’attività comunale ricognitiva, mettendo a disposizione strumenti conoscitivi dei vincoli di natura ambientale, paesaggistica e storico testimoniale, in collaborazione con l’amministrazione statale e con le Province, e curandone l’aggiornamento periodico.

L’art. 55 contiene una importante semplificazione procedurale, consentendo la pubblicazione degli avvisi di avvio del procedimento sui siti web istituzionali dell’ente procedente, in luogo della stampa quotidiana. La disposizione recepisce quanto stabilito dall’art. 32, comma 1 e 5, della legge n. 69 del 2009 relativamente ai procedimenti di pianificazione, di espropriazione per pubblica utilità e di localizzazione delle opere pubbliche e di interesse pubblico, esplicando i propri effetti riguardo agli obblighi di pubblicazione sui quotidiani previsti dalle seguenti norme regionali:

- L.R. 20 del 2000 (artt. 25 comma 6, 27 commi 5 e 12, 32 commi 5 e 12, 33 commi 1 e 2, 34 commi 4 e 8, 35 commi 1 e 4-bis, 40-quinquies commi 5 e 9, sull’approvazione di strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, nonché l’art. 36-sexies comma 8 sull’approvazione del progetto preliminare di opera pubblica o di interesse pubblico nell’ambito del cd. procedimento unico, e l’art. 40 comma 3 sull’approvazione degli accordi di programma in variante);

- L.R. 37/2002 (artt. 11 comma 2, 16 comma 2 e 17 comma 1, sulle procedure espropriative);

- L.R. 30/1998 (art. 5-bis commi 4 e 7, sulla approvazione del PRIT);

- L.R. 6/2005 (art. 28 commi 8 e 14 sull’approvazione del PTP – Piano Territoriale del Parco);

- L.R. 30/2000 (art. 8 comma 3 sull’autorizzazione degli impianti fissi di telefonia mobile);

- L.R. 10/1993 (art. 3 comma 1, come sostituito da LR 37/2002, sull’autorizzazione per linee ed impianti elettrici fino a 150mila volts).

L’art. 56 apporta una modifica alla legge regionale n. 34 del 2002 sulle Associazioni di Promozione Sociale (ASP), al fine di precisare gli effetti del principio stabilito dalla vigente normativa statale e regionale, secondo cui la sede e i locali in cui le ASP svolgono la propria attività sono considerati compatibili con qualsiasi zona urbanistica e con qualunque destinazione d’uso.

La norma così chiarisce che, in assenza di lavori edilizi, per destinare un immobile a sede di una Asp o per adibirlo alle sue attività non occorre acquisire alcun titolo abilitativo, poiché la destinazione dell’unità immobiliare rimane invariata. Nel caso in cui per l’insediamento della ASP siano necessari interventi edilizi, anche per adeguamenti ai requisiti igienico-sanitari e di sicurezza, la loro esecuzione è subordinata all’acquisizione del titolo abilitativo o alla comunicazione nei casi previsti dalla legge, rimanendo fermo l’esonero dal contributo.

L’art. 57 stabilisce che la legge entrerà in vigore 30 giorni dopo la data della sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale, allo scopo di consentire, agli operatori del settore edilizio e in special modo agli enti locali, di assumere le misure organizzative e operative necessarie per dare pronta attuazione alle innovazioni procedurali introdotte dalla legge.

Infine nell’Allegato sono confermate le vigenti definizioni degli interventi edilizi, contenute nell’allegato alla L.R. 31 del 2002, con un’unica precisazione circa i possibili requisiti della ristrutturazione edilizia. E’ infatti stabilito che gli strumenti urbanistici comunali possono prevedere che la fedele ricostruzione degli edifici demoliti possa essere realizzata con modifiche agli originari parametri, al solo scopo di adeguare l’immobile a disposizioni igienico sanitarie, ambientali, di sicurezza o agli allineamenti prescritti.

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