n.55 del 12.03.2025 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 219 - Risoluzione per impegnare la Giunta a manifestare formalmente il venir meno del consenso della Regione Emilia-Romagna alla prosecuzione di qualunque procedimento attuativo dell'articolo 116, comma III, della Costituzione, in coerenza con l'indirizzo politico già assunto con la deliberazione della richiesta referendaria. A firma dei Consiglieri: Larghetti, Calvano, Casadei, Paldino, Sabattini
nel contesto della revisione del Titolo V, parte Il della Costituzione, attuata con legge cost. 18 ottobre 2001, n. 3, il legislatore costituente, con l'obiettivo di consentire una composizione conforme ai principi fondamentali della Carta fra le istanze autonomistiche, particolarmente accentuate in alcune aree del Paese, e la garanzia dell'unità giuridica ed economica dell'ordinamento nazionale ha introdotto, sul modello delle forme di Stato regionale c.d. a "geometria variabile", la possibilità per le regioni a statuto ordinario di conseguire ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia di cui al vigente articolo 116, comma terzo, della Costituzione;
negli anni immediatamente successivi all'entrata in vigore della citata disposizione costituzionale si sono registrate soltanto alcune sporadiche iniziative da parte di regioni a statuto ordinario tese perlopiù a conseguire puntuali funzioni amministrative strumentali alla miglior cura di specifiche vocazioni territoriali quali, ad esempio l'Ipotesi di autonomia speciale per i beni culturali ex art. 116, comma 3, Cost. approvata dalla Giunta della regione Toscana nella seduta del 24 marzo 2003;
in seguito, mutato il contesto politico, si sono determinate le condizioni per cui le regioni Veneto e Lombardia si sono fatte promotrici di iniziative di grande impatto con l'obiettivo di attuare l'articolo 116, comma terzo della Costituzione secondo modelli di autonomia prossimi al conseguimento di un assetto comparabile a quello delle regioni a statuto speciale ed esplicitamente orientate al trattenimento sui territori delle risorse finanziarie generate in ambito regionale, anche a sacrificio dei meccanismi solidaristici previsti dalla Carta costituzionale;
emblematici di tale impostazione sono la promozione di referendum consultivi popolari attraverso le leggi della regione Veneto n. 15 e 16 del 19 giugno 2014 (recanti rispettivamente l'Indizione del referendum consultivo sull'autonomia del Veneto; e l'Indizione del referendum consultivo sull'indipendenza del Veneto) e la successiva Deliberazione del Consiglio Regionale della regione Lombardia n. 638 del 17 febbraio 2015 avente ad oggetto l'Indizione di referendum consultivo concernente l'iniziativa per l'attribuzione a Regione Lombardia di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione;
le suddette iniziative e il loro impatto potenzialmente dirompente hanno portato la Corte Costituzionale a indagare per la prima volta in profondità il tema dell'autonomia differenziata e la portata dell'articolo 116, comma terzo, affermando con sentenza del 25 giugno 2015, n. 118, l'illegittimità dell'intera legge della regione Veneto n. 16/2014 concernente la trasformazione della regione in una Repubblica indipendente e sovrana, nonché di tutti i quesiti promossi con la legge 15/2014 e riferiti al trattenimento del gettito fisale prodotto nel territorio, in quanto esorbitanti dai limiti costituzionalmente ammessi.
dopo l'intervento correttivo della Consulta il 22 ottobre 2017, si sono celebrati in Veneto e Lombardia con esito largamente positivo due distinti referendum consultivi concernenti l'opinione dei cittadini sul conseguimento di una maggiore autonomia per la loro regione.
il rafforzamento, pur connotato da diverse sensibilità, di spinte autonomistiche, in quella stagione, è stato oggettivamente alimentato da anni di politiche legislative neo-centraliste che, complice la crisi dei debiti sovrani, dal 2008 in avanti hanno in buona parte frustrato le stesse istanze che nel 2001condussero alla citata revisione del titolo V lasciandone buona parte inattuata o attuata in maniera insufficiente. Basti pensare a questioni che, come il completamento del federalismo fiscale o alla costante interpretazione in senso centralista del riparto di competenze legislative delineato dall'articolo 117 della Costituzione, restano ancora oggi in attesa di una compiuta definizione e conservano intatta la loro rilevanza;
anche la Giunta della Regione Emilia-Romagna ha esercitato l'iniziativa per il conseguimento di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116, comma terzo, della Costituzione trasmettendo al Governo allora in carica il proprio Documento di indirizzi per l'acquisizione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 117, comma terzo, della Costituzione del 28 agosto 2017 in esecuzione del mandato unanimemente conferitole da questa Assemblea con risoluzione n. 5321 del 3 ottobre 2017;
a fronte delle iniziative marcatamente autonomiste, nei termini anzidetti, delle regioni Veneto e Lombardia, l'iniziativa della regione Emilia-Romagna traeva all'opposto il proprio senso dalla volontà, condivisa in Assemblea legislativa, nella Conferenza delle Autonomie Locali e con le rappresentanze economiche e sociali firmatarie del Patto per il Lavoro, di promuovere un rafforzamento dell'azione di tutti i soggetti del governo locale;
la proposta della Regione Emilia-Romagna aveva come proprio obiettivo qualificante e distintivo la ponderazione fra una richiesta di differenziazione accuratamente selettiva e circoscritta a funzioni strategiche puntualmente identificate in ragione della loro stretta e documentata strumentalità a incrementare l'efficienza e l'efficacia dell'azione politico-amministrativa con la più ampia garanzia dei fondamentali principi costituzionali dell'unità giuridica ed economica della nazione, della solidarietà fra territori e della perequazione finanziaria e infrastrutturale;
a differenza di altre proposte, quella dell'Emilia-Romagna non ha mai avuto l'obiettivo, diretto o indiretto, di trattenere sul territorio i cosiddetti residui fiscali, puntando viceversa a realizzare economie di gestione e di sistema, attraverso processi di semplificazione ed efficientamento dei processi e della pubblica amministrazione, da reinvestire nei servizi.
il negoziato fra le strutture tecniche regionali e le delegazioni ministeriali seguito all'adozione dei citati atti di iniziativa ha avuto quale esito la sottoscrizione dell'Accordo preliminare in merito all'Intesa prevista dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, tra il governo della Repubblica italiana e le regioni Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia del 28 febbraio 2018 avente ad oggetto l'impegno a proseguire nelle rispettive iniziative secondo regole e valori comuni a tutti i firmatari convergendo, in questa fase, su un'univoca interpretazione costituzionalmente orientata dell'autonomia differenziata.
nei successivi passaggi politici, caratterizzati dal consenso al progetto di una larghissima parte delle regioni a statuto ordinario, si è prodotta una unanime convergenza in seno alla Conferenza delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano culminata nella diffusione nel c.d. Manifesto per l'autonomia del 14 dicembre 2022;
tale approdo è stato certamente favorito da iniziative unitarie e istanze puntuali avanzate dalla regione Emilia-Romagna, quale l'esigenza di una disciplina legislativa di cornice per l'attuazione dell'articolo 116, comma III, della Costituzione a presidio dei principi di unità della Nazione, solidarietà tra i territori e uguaglianza tra i cittadini; così come quella di affrontare questioni di ordine generale quali l'impatto sul coordinamento della finanza pubblica e sui meccanismi di perequazione, la preliminare definizione dei LEP (livelli essenziali delle prestazioni) a garanzia dell'uguaglianza fra territori e dell'unità giuridica ed economica dell'ordinamento, la definizione del ruolo da affidare al Parlamento rispetto ai contenuti delle intese tra esecutivi (regionali e statale), con riferimento ai LEP, alle modalità di finanziamento delle funzioni devolute, alla quantificazione delle risorse, alla definizione di costi e fabbisogni standard;
è in tale processo di convergenza che si sono prodotti, anche a cavallo di più legislature, molteplici disegni di legge governativi volti a definire tale cornice, fino al disegno di legge AC 1665 poi divenuto legge 26 giugno 2024, n. 86 c.d. Calderoli, recante Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione.
il contenuto della legge non ha rispettato i presupposti concordemente definiti e l'iter di approvazione della legge è stato caratterizzato dall'espressione di forti contrarietà che hanno condotto alla irreversibile spaccatura nel fronte, sino ad allora condiviso, da regioni ed enti locali, culminato nel voto a maggioranza - contrarie le regioni Emilia-Romagna, Campania, Puglia e Toscana - in seno alla Conferenza delle Regioni e al non voto, in sede di Conferenza Unificata, di ANCI e UPI;
il conflitto verificatosi a livello istituzionale si è prodotto anche in Parlamento e in numerose componenti della società civile, tant'è che nel giugno 2023 sono state presentate al Senato le 106.000 firme raccolte - oltre il doppio di quelle necessarie - a sostegno della proposta di legge costituzionale di iniziativa popolare recante Modifica dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, concernente il riconoscimento alle Regioni di forme e condizioni particolari di autonomia, e modifiche all'articolo 117, commi primo, secondo e terzo, della Costituzione, con l'introduzione di una clausola di supremazia della legge statale e lo spostamento di alcune materie di potestà legislativa concorrente alla potestà legislativa esclusiva dello Stato concernente modifica dell'articolo 116, comma terzo e dell'articolo 117, commi 1, 2, 3 della Costituzione (d.d.l. 764 comunicato il 1 giugno 2023);
un progetto di legge di iniziativa popolare recante Interruzione del processo in corso diretto all'acquisizione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'art. 116, comma III cost. (PDL 2024_8218) è stato altresì presentato in data 13 settembre 2023 all'Assemblea legislativa della regione Emilia-Romagna;
la contrarietà già espressa a livello politico-istituzionale ha posto le condizioni affinché, ai sensi dell'art. 75 della Costituzione, i consigli regionali di Campania, Emilia-Romagna, Puglia, Sardegna e Toscana deliberassero una conforme richiesta per l'indizione di referendum abrogativo della legge 26 giugno 2024, su due quesiti: il primo per l'integrale abrogazione della legge, il secondo, per l'abrogazione di alcune sue parti;
un'analoga richiesta referendaria (che ha raccolto 1.300.000 firme in due mesi), finalizzata all'abrogazione integrale della legge 86/2024, è stata presentata dal Comitato per il referendum presieduto dal prof G.M. Flick;
immediatamente dopo tale iniziativa, le regioni Puglia, Campania, Toscana e Sardegna hanno promosso giudizio di legittimità in via principale presso la Corte Costituzionale per la dichiarazione dell'illegittimità costituzionale della legge 26 giugno 2024, n. 86;
la Giunta regionale dell'Emilia-Romagna, pur condividendo le iniziative delle altre Regioni con cui si è coordinata, non ha ritenuto di dare corso ad analogo ricorso trovandosi in quel momento in regime di affievolimento dei poteri, a seguito dello scioglimento dei propri organi.
la Corte costituzionale con sentenza del 14 novembre 2024, n. 192 ha dichiarato l'incostituzionalità di ampie e sostanziali parti della legge 86/2024 imponendo, di fatto, al legislatore statale di riconsiderare radicalmente il contenuto ricostruendone le parti caducate dalla pronuncia della Consulta, in senso conforme a Costituzione;
in conseguenza di quanto deciso con sentenza 192/2024 le iniziative referendarie si sono arrestate in quanto dichiarate inammissibili, infine, dalla Corte costituzionale con sentenza del 7 febbraio 2025, n. 10 in quanto non più attuali alla luce degli effetti demolitori subiti dalla legge 86/2024 e della sopravvenuta mancanza di omogeneità dei quesiti in relazione alle limitate parti della legge rimaste in vigore.
nella citata sentenza, la Consulta ha sottolineato come l'ineliminabile concorrenza e differenza tra regioni e territori, che può anche giovare a innalzare la qualità delle prestazioni pubbliche, non può spingersi fino a minare la solidarietà tra lo Stato e le regioni e tra regioni, l'unità giuridica ed economica della Repubblica, l'eguaglianza dei cittadini nel godimento dei diritti (art. 3 Cost.), l'effettiva garanzia dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali e quindi la coesione sociale e l'unità nazionale - che sono tratti caratterizzanti la forma di Stato-, il cui indebolimento può sfociare nella stessa crisi della democrazia;
la Corte ha evidenziato come la differenziazione contemplata dall'art. 116, terzo comma, Cost., non possa essere un fattore di disgregazione dell'unità nazionale e della coesione sociale, ma uno strumento al servizio del bene comune della società e della tutela dei diritti degli individui e delle formazioni sociali.
in coerenza con l'insegnamento della Corte costituzionale, i valori cui ispirare l'azione politica, specie in contesti particolarmente complessi come quello attuale, sono l'unità giuridica ed economica della nazione e la coesione fra le istanze pluraliste che arricchiscono la nostra società.
l'indirizzo politico espresso dal Presidente della Giunta regionale a partire dalle dichiarazioni programmatiche rese all'avvio della legislatura, nel senso di non ritenere l'autonomia differenziata delineata dall'articolo 116, comma terzo, della Costituzione lo strumento più adeguato per rafforzare la capacità di azione politica e amministrativa del sistema di governo territoriale e per fronteggiare le enormi complessità cui sono chiamate a rispondere oggi le istituzioni pubbliche;
l'auspicio di superare le divisioni intervenute fra il Governo, le Regioni e gli Enti locali attraverso la valorizzazione di meccanismi fortemente innovativi che privilegino logiche sistemiche, di cooperazione fra territori, di collaborazione interistituzionale e integrazione fra centro e periferia, piuttosto che rigide separazioni di competenze fra Stato e regioni e fra regioni capaci di innescare, all'opposto, dinamiche di competizione.
Udita la odierna Comunicazione del Presidente della Giunta regionale.
Tutto ciò premesso e considerato,
a manifestare formalmente il venir meno del consenso della Regione Emilia-Romagna alla prosecuzione di qualunque procedimento attuativo dell'articolo 116, comma III, della Costituzione, in coerenza con l'indirizzo politico già assunto con la deliberazione della richiesta referendaria;
a comunicare formalmente al Governo la volontà di revocare il proprio consenso all'Accordo preliminare in merito all'Intesa prevista dall'articolo 116, terzo comma, della Costituzione, tra il Governo della Repubblica italiana e le Regioni Emilia-Romagna, Veneto e Lombardia del 28 febbraio 2018 sul rilievo della sopravvenuta carenza di ogni efficacia sul piano giuridico e della sua attuale irrilevanza sul piano politico.
di promuovere la necessaria riscrittura della Legge 26 giugno 2024, n. 86 ad opera del Parlamento in conformità con la sentenza della Corte Costituzionale n. 192 del 14.11.2024, interrompendo nel contempo ogni negoziato in corso con le Regioni interessate e ogni altra iniziativa in materia in potenziale contrasto, diretto o indiretto, col menzionato pronunciamento della Consulta.
Approvata a maggioranza dei presenti nella seduta antimeridiana del 19 febbraio 2025