n.296 del 09.10.2013 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 4251 - Risoluzione proposta dai consiglieri Grillini, Mumolo e Barbati per impegnare la Giunta a porre in essere azioni volte a favorire la diffusione dell'utilizzo delle biciclette come mezzo di locomozione principale per gli spostamenti ordinari, prevenire e contrastare i furti delle stesse, sensibilizzare i collaboratori regionali circa l'uso di tali mezzi di trasporto per recarsi al posto di lavoro, realizzando inoltre nelle aree antistanti alle strutture regionali stalli dotati di sistemi di sorveglianza
L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna
Considerato che
come noto, la bicicletta rappresenta un mezzo di trasposto economico, ecologico e - soprattutto nei grandi centri - più rapido per i propri spostamenti, a partire da quelli per recarsi al posto di lavoro;
la rinnovata sensibilità dei cittadini e delle amministrazioni a favore di tale mezzo di locomozione si pone come conseguenza speculare rispetto ad alcune criticità che interessano il sistema della mobilità urbana;
in particolare, in una significativa ricerca di Legambiente (“L’a-bici - Numeri, idee, proposte sulla realtà ciclabile” - 2010) si rileva che, a causa di un forte congestionamento del traffico, “nelle grandi città si passano (o meglio si buttano) due settimane all’anno in automobile a una velocità media che non supera mai i 25 chilometri orari”; ciò, in uno con la scarsa attrattività dei mezzi del trasporto pubblico (secondo la ricerca “gli abitanti dei capoluoghi, in media, fanno solo un viaggio e mezzo a settimana su autobus, tram e metropolitane”), rappresenta uno degli elementi che certamente ha comportato una (ri)valorizzazione della bicicletta come mezzo di trasporto principale per gli spostamenti ordinari;
i dati pubblicati nello studio Bici in città (3 marzo 2012) - realizzato da Legambiente in collaborazione con FIAB (Federazione Italiana Amici della Bicicletta onlus) e Città in Bici - comprovano che l’utilizzo della bicicletta da parte dei cittadini ha assunto percentuali molto rilevanti: utilizzando come criterio quello della “ripartizione modale degli spostamenti” (cd. modal split) in relazione al mezzo utilizzato, si è rilevato che la cd. “quota bicicletta” si attesta al 33 per cento a Piacenza, al 27 per cento a Ferrara, al 21 per cento a Rimini, al 19 per cento a Parma e al 15 per cento a Reggio Emilia; tali valori percentuali assumono maggior rilevanza se si considera che, secondo le citate Associazioni, una città può definirsi ad “ecosistema urbano ottimale” quando la domanda di mobilità è coperta dall’uso della bicicletta per una quota pari almeno al 15 per cento;
proprio a fronte della progressiva diffusione dell’utilizzo della bicicletta, la città di Bologna ha investito in modo rilevante sulla ciclabilità: dalla citata ricerca “L’a-bici” emerge che, con 120 km ca. di piste ciclabili, il capoluogo regionale si colloca tra le città italiane che, sotto il profilo della rete infrastrutturale viaria, hanno investito maggiormente sulla diffusione della bicicletta. Di tali investimenti in piani della mobilità ciclistica, peraltro, appare auspicabile - anche a fronte del contesto urbano come sommariamente delineato - l’implementazione, anche in attuazione dell’art. 162, comma 2, lett. f) della legge regionale n. 3 del 1999, secondo cui la Regione deve provvedere “alla redazione dei piani regionali di riparto dei finanziamenti per la mobilità ciclistica e per la realizzazione di reti di percorsi ciclabili integrati”;
la diffusione della bicicletta pone, però, particolari problematiche con riferimento alla sicurezza dei ciclisti: circa tale profilo sia consentito rinviare al “pacchetto” di risoluzioni - proposte da diverse forze politiche - approvate nella seduta del 2 ottobre 2012 (ogg. ass. nn. 2296, 2369, 2452, 2579, 2829, 3085), atti d’indirizzo politico che hanno considerato il tema sotto diversi profili, comprovando la sensibilità dell’Assemblea legislativa rispetto al tema della sicurezza dei ciclisti.
Rilevato che
alla diffusione della bicicletta, virtuosA per tutti i profili accennati, è speculare un grave problema di legalità, ossia il costante incremento dei furti di biciclette: ancorché tale fenomeno rappresenti nella coscienza sociale, appiattita dalla “romantica tolleranza”, quasi un fatto di costume, appare inutile rilevare che il furto di bicicletta integra la fattispecie penale del reato di furto (art. 624 c.p.), peraltro spesso aggravato (ex artt. 624 bis e 625 c.p.) dall’essere il fatto commesso con violenza sulle cose (la recisione del lucchetto) oppure presso un’abitazione privata ovvero su cose esposte alla pubblica fede (si pensi al furto di bicicletta parcheggiata sulla pubblica via);
peraltro, al reato di furto, è spesso consequenziale il delitto di ricettazione configurabile in capo al soggetto che, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, acquista, usa, occulta o rivende una bicicletta rubata (art. 648 c.p.); oppure, alternativamente, il reato contravvenzionale di acquisto di cose di sospetta provenienza (art. 712 c.p.) imputabile a chi, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquista o riceve a qualsiasi titolo una bicicletta, che, per la sua qualità o per la condizione di chi la vende o per l’entità del prezzo, abbia motivo di sospettare che provenga da reato;
in molte località, il furto di biciclette rappresenta da tempo una sorta di emergenza endemica e, di fatto, costituisce un deterrente all’utilizzo del mezzo: dall’indagine “Reati, vittime e percezione della sicurezza - Anni 2008 e 2009”, pubblicata dall’Istat il 22 novembre 2010, risulta che il furto di biciclette, non solo è tra i reati più diffusi a livello nazionale (il 3,8 per cento delle famiglie italiane ha subito un furto di bicicletta), ma è anche l’unico reato in aumento sia rispetto al dato del 2002 (2,5 per cento) sia a quello del 1997 - 1998 (3,1 per cento); ciononostante, il furto di bicicletta è tra i reati meno denunciati, a testimonianza della sfiducia e della rassegnazione delle vittime (circa il 46 per cento delle vittime) o della convinzione che si tratti di un reato poco grave (circa il 54 per cento delle vittime);
segnatamente, l’Emilia-Romagna registra una percentuale particolarmente elevata dei furti di biciclette: circa il 6,5 per cento dei ciclisti ha subito un furto, contro l’1,9 per cento dei cittadini laziali (dati diffusi dall’Associazione L’Altra Babele, nell’ambito del progetto “Scatenati contro il mercato di bici rubate” - anno 2011);
ancora più in particolare, nell’ambito del progetto citato nel precedente alinea, si riportano i dati di un’indagine statistica svolta a Bologna tra marzo e aprile 2011: su un totale di 1238 soggetti (per l’80 per cento circa si tratta di studenti), il 29 per cento ha dichiarato di aver subito un solo furto, il 10 per cento 2/3 furti, il 2 per cento più di tre. Nonostante i numerosi progetti attivati in città anche in collaborazione con il Comune (tra cui quello della punzonatura delle biciclette, oltre al “Servizio 3R” promosso dall’Associazione L’Altra Babele di recupero - riparazione - rivendita delle biciclette anche funzionale a contrastare l’acquisto di bici rubate), la medesima indagine riporta - inoltre - che, in una scala da uno a dieci, la paura dei cittadini di subire un furto è di 6,7 punti;
a fronte della diffusione endemica dei furti di biciclette e del consequenziale effetto disincentivante nell’utilizzo del mezzo, appare necessario predisporre misure di prevenzione e contrasto, quali la realizzazione di parcheggi/rastrelliere controllati, la diffusione di suggerimenti sulle soluzioni antifurto, la promozione da parte delle amministrazioni locali di una “anagrafe delle biciclette” per consentire la tracciabilità del mezzo e aumentarne le probabilità di ritrovamento a seguito di furto;
proprio con riferimento a quest’ultimo profilo, si segnala l’utilità e i risultati conseguiti con l’operatività del Registro Italiano Bici (2007), un’anagrafe pubblica nazionale contenente i dati descrittivi delle biciclette registrate e i riferimenti dei loro proprietari, consultato anche dalle Forze dell’Ordine e a cui hanno aderito numerosi comuni e province (circa 40), anche emiliano-romagnoli (si tratta dei Comuni di Parma, Reggio Emilia, Ferrara, Modena, Forlì, Ravenna, Imola, Correggio, Carpi, Massa Lombarda, Soliera). L’utilità di tale “sistematizzazione anagrafica” è comprovata da uno studio condotto dall’Osservatorio nazionale sui furti di bici nel periodo 2007-2012, in cui si evidenzia che la percentuale di furti su bici anonime (11-19 per cento) è molto più elevata rispetto alla percentuale di furti su bici targate (0,6-2,8 per cento).
Sottolineato che
come accennato, l’utilizzo della bicicletta per recarsi al posto di lavoro rappresenta una pratica socialmente utile e meritevole, anche perché contribuisce a decongestionare il traffico e migliorare l’ambiente: in particolare, come affermato nella delibera di Giunta 2 luglio 2012, n. 909, “l’uso della bicicletta negli spostamenti urbani, specie in quelli sistematici (casa - lavoro) rappresenta una modalità di trasporto ad emissioni zero, veloce nel traffico cittadino e competitiva rispetto agli altri mezzi di trasporto”;
come noto, nel corso degli anni, si sono registrati un numero elevato di furti di biciclette a danno dei soggetti che a vario titolo prestano la loro attività presso le strutture della Regione e che hanno scelto la bicicletta come mezzo di locomozione prediletto per raggiungere - si ripete, in maniera veloce ed ecologica - il luogo di lavoro;
tali episodi trovano causa, tra l’altro, nell’inadeguatezza delle rastrelliere, presenti nelle adiacenze delle strutture regionali in numero non sufficiente e comunque non sorvegliate adeguatamente;
con delibera n. 1485 del 28 luglio 2003, la Giunta ha approvato il Piano della mobilità aziendale, con cui la Regione ha previsto azioni finalizzate a ridurre l’uso dell’auto privata e ad incentivare l’utilizzo di modalità di trasporto meno inquinanti (trasporto pubblico, bicicletta) negli spostamenti casa - lavoro dei propri collaboratori;
nel Piano si rileva, significativamente, che “l’8% dei collaboratori regionali usa la bicicletta come mezzo ordinario di locomozione e che il 19,5% dei dipendenti, che oggi usano normalmente l’auto per i loro spostamenti, si sono dichiarati disponibili, a certe condizioni, a passare stabilmente all’uso della bicicletta”;
ancor più in particolare e per quanto specificamente rileva in tal sede, tra gli “interventi significativi” il Piano annovera la “verifica dell’assetto dei posti bici e studio dei costi/benefici di sistemi di videosorveglianza” oltre ad “altre iniziative possibili ed auspicabili, che andranno ulteriormente studiate ed approfondite”.
Impegna la Giunta
- in generale, a promuovere - anche d’intesa con le amministrazioni locali e le associazioni di categoria interessate - progetti ed interventi finalizzati, da un lato a favorire la diffusione dell’utilizzo della bicicletta come mezzo di locomozione principale per gli spostamenti ordinari, dall’altro a prevenire e contrastare - nei limiti delle proprie competenze - il fenomeno dei furti (e, quindi, dei reati consequenziali), anche sollecitando e sensibilizzando le amministrazioni locali a realizzare un sistema di anagrafe delle biciclette suscettibile di essere sistematizzato con il Registro Italiano Bici;
- a sviluppare - anche in attuazione del Piano della mobilità aziendale - progetti di sensibilizzazione dei collaboratori regionali in ordine alle opportunità e ai vantaggi derivanti dall’utilizzo della bicicletta come mezzo di trasporto alternativo per recarsi al posto di lavoro;
- tramite i Servizi competenti, anche d’intesa con l’Amministrazione condominiale, a progettare e realizzare nelle aree antistanti alle strutture regionali un parcheggio (o più parcheggi) di biciclette adeguato nel numero di stalli e dotato di un efficiente sistema di sorveglianza, anche al fine di incentivare l’utilizzo del mezzo da parte dei collaboratori regionali.
Approvata all’unanimità dei presenti nella seduta antimeridiana del 24 settembre 2013