n.193 del 23.12.2011 (Parte Prima)

NOTE

Nota all’art. 1

Comma 4

1) il testo dell’articolo 179 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che concerne Norme in materia ambientale, è il seguente:

«Art. 179 - Criteri di priorità nella gestione dei rifiuti.

1. La gestione dei rifiuti avviene nel rispetto della seguente gerarchia:

a) prevenzione;

b) preparazione per il riutilizzo;

c) riciclaggio;

d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia;

e) smaltimento.

2. La gerarchia stabilisce, in generale, un ordine di priorità di ciò che costituisce la migliore opzione ambientale. Nel rispetto della gerarchia di cui al comma 1, devono essere adottate le misure volte a incoraggiare le opzioni che garantiscono, nel rispetto degli articoli 177, commi 1 e 4, e 178, il miglior risultato complessivo, tenendo conto degli impatti sanitari, sociali ed economici, ivi compresa la fattibilità tecnica e la praticabilità economica.

3. Con riferimento a singoli flussi di rifiuti è consentito discostarsi, in via eccezionale, dall’ordine di priorità di cui al comma 1 qualora ciò sia giustificato, nel rispetto del principio di precauzione e sostenibilità, in base ad una specifica analisi degli impatti complessivi della produzione e della gestione di tali rifiuti sia sotto il profilo ambientale e sanitario, in termini di ciclo di vita, che sotto il profilo sociale ed economico, ivi compresi la fattibilità tecnica e la protezione delle risorse.

4. Con uno o più decreti del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con il Ministro della salute, possono essere individuate, con riferimento a singoli flussi di rifiuti specifici, le opzioni che garantiscono, in conformità a quanto stabilito dai commi da 1 a 3, il miglior risultato in termini di protezione della salute umana e dell’ambiente.

5. Le pubbliche amministrazioni perseguono, nell’esercizio delle rispettive competenze, iniziative dirette a favorire il rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti di cui al comma 1 in particolare mediante:

a) la promozione dello sviluppo di tecnologie pulite, che permettano un uso più razionale e un maggiore risparmio di risorse naturali;

b) la promozione della messa a punto tecnica e dell’immissione sul mercato di prodotti concepiti in modo da non contribuire o da contribuire il meno possibile, per la loro fabbricazione, il loro uso o il loro smaltimento, ad incrementare la quantità o la nocività dei rifiuti e i rischi di inquinamento;

c) la promozione dello sviluppo di tecniche appropriate per l’eliminazione di sostanze pericolose contenute nei rifiuti al fine di favorirne il recupero;

d) la determinazione di condizioni di appalto che prevedano l’impiego dei materiali recuperati dai rifiuti e di sostanze e oggetti prodotti, anche solo in parte, con materiali recuperati dai rifiuti al fine di favorire il mercato dei materiali medesimi;

e) l’impiego dei rifiuti per la produzione di combustibili e il successivo utilizzo e, più in generale, l’impiego dei rifiuti come altro mezzo per produrre energia.

6. Nel rispetto della gerarchia del trattamento dei rifiuti le misure dirette al recupero dei rifiuti mediante la preparazione per il riutilizzo, il riciclaggio o ogni altra operazione di recupero di materia sono adottate con priorità rispetto all’uso dei rifiuti come fonte di energia.

7. Le pubbliche amministrazioni promuovono l’analisi del ciclo di vita dei prodotti sulla base di metodologie uniformi per tutte le tipologie di prodotti stabilite mediante linee guida dall’ISPRA, eco-bilanci, la divulgazione di informazioni anche ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 195, l’uso di strumenti economici, di criteri in materia di procedure di evidenza pubblica, e di altre misure necessarie.

8. Le Amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.».

Nota all’art. 2

Comma 1

1) il testo dell’articolo 2, comma 186-bis della legge 23 dicembre 2009, n. 191, che concerne Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2010, è il seguente:

«Art. 2 - Disposizioni diverse

(omissis)

186-bis. Decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono soppresse le Autorità d’ambito territoriale di cui agli articoli 148 e 201 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 , e successive modificazioni. Decorso lo stesso termine, ogni atto compiuto dalle Autorità d’ambito territoriale è da considerarsi nullo. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, le regioni attribuiscono con legge le funzioni già esercitate dalle Autorità, nel rispetto dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza. Le disposizioni di cui agli articoli 148 e 201 del citato decreto legislativo n. 152 del 2006 , sono efficaci in ciascuna regione fino alla data di entrata in vigore della legge regionale di cui al periodo precedente. I medesimi articoli sono comunque abrogati decorso un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.».

Note all’art. 3

Comma 1

1) il testo dell’ articolo 118, comma primo, della Costituzione è il seguente:

«Art. 118

Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.».

2) il testo dell’articolo 147 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che concerne Norme in materia ambientale, è il seguente:

«Art. 147 – Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato.

1. I servizi idrici sono organizzati sulla base degli ambiti territoriali ottimali definiti dalle regioni in attuazione della legge 5 gennaio 1994, n. 36.

2. Le regioni possono modificare le delimitazioni degli ambiti territoriali ottimali per migliorare la gestione del servizio idrico integrato, assicurandone comunque lo svolgimento secondo criteri di efficienza, efficacia ed economicità, nel rispetto, in particolare, dei seguenti princìpi:

a) unità del bacino idrografico o del sub-bacino o dei bacini idrografici contigui, tenuto conto dei piani di bacino, nonché della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, anche derivanti da consuetudine, in favore dei centri abitati interessati;

b) unitarietà della gestione e, comunque, superamento della frammentazione verticale delle gestioni;

c) adeguatezza delle dimensioni gestionali, definita sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici.

3. Le regioni, sentite le province, stabiliscono norme integrative per il controllo degli scarichi degli insediamenti civili e produttivi allacciati alle pubbliche fognature, per la funzionalità degli impianti di pretrattamento e per il rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.».

3) il testo dell’articolo 200 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che concerne Norme in materia ambientale, è il seguente:

«Art. 200 -- Organizzazione territoriale del servizio di gestione integrata dei rifiuti urbani.

1. La gestione dei rifiuti urbani è organizzata sulla base di ambiti territoriali ottimali, di seguito anche denominati ATO, delimitati dal piano regionale di cui all’articolo 199, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettere m), n) ed o), e secondo i seguenti criteri:

a) superamento della frammentazione delle gestioni attraverso un servizio di gestione integrata dei rifiuti;

b) conseguimento di adeguate dimensioni gestionali, definite sulla base di parametri fisici, demografici, tecnici e sulla base delle ripartizioni politico-amministrative;

c) adeguata valutazione del sistema stradale e ferroviario di comunicazione al fine di ottimizzare i trasporti all’interno dell’ATO;

d) valorizzazione di esigenze comuni e affinità nella produzione e gestione dei rifiuti;

e) ricognizione di impianti di gestione di rifiuti già realizzati e funzionanti;

f) considerazione delle precedenti delimitazioni affinché i nuovi ATO si discostino dai precedenti solo sulla base di motivate esigenze di efficacia, efficienza ed economicità.

2. Le regioni, sentite le province ed i comuni interessati, nell’ambito delle attività di programmazione e di pianificazione di loro competenza, entro il termine di sei mesi dalla data di entrata in vigore della parte quarta del presente decreto, provvedono alla delimitazione degli ambiti territoriali ottimali, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettera m). Il provvedimento è comunicato alle province ed ai comuni interessati.

3. Le regioni interessate, d’intesa tra loro, delimitano gli ATO qualora essi siano ricompresi nel territorio di due o più regioni.

4. Le regioni disciplinano il controllo, anche in forma sostitutiva, delle operazioni di gestione dei rifiuti, della funzionalità dei relativi impianti e del rispetto dei limiti e delle prescrizioni previsti dalle relative autorizzazioni.

5. Le città o gli agglomerati di comuni, di dimensioni maggiori di quelle medie di un singolo ambito, possono essere suddivisi tenendo conto dei criteri di cui al comma 1.

6. I singoli comuni entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 2 possono presentare motivate e documentate richieste di modifica all’assegnazione ad uno specifico ambito territoriale e di spostamento in un ambito territoriale diverso, limitrofo a quello di assegnazione.

7. Le regioni possono adottare modelli alternativi o in deroga al modello degli Ambiti Territoriali Ottimali laddove predispongano un piano regionale dei rifiuti che dimostri la propria adeguatezza rispetto agli obiettivi strategici previsti dalla normativa vigente, con particolare riferimento ai criteri generali e alle linee guida riservati, in materia, allo Stato ai sensi dell’articolo 195.».

Comma 2

4) il testo dell’articolo 117, comma ottavo, della Costituzione è il seguente::

«Art. 117

(omissis)

La legge regionale ratifica le intese della Regione con altre Regioni per il migliore esercizio delle proprie funzioni, anche con individuazione di organi comuni.».

Nota all’art. 4

Comma 3

1) il testo dell’articolo 7 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che concerne Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, è il seguente:

«Art. 7 - Regolamenti.

1. Nel rispetto dei princìpi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria competenza ed in particolare per l’organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il funzionamento degli organi e degli uffici e per l’esercizio delle funzioni».

Nota all’art. 8

Comma 1

1) il testo dell’articolo 11 della legge regionale 24 marzo 2004, n. 6, che concerne Riforma del sistema amministrativo regionale e locale. Unione europea e relazioni internazionali. Innovazione e semplificazione. Rapporti con l’Università, è il seguente:

«Art. 11- Accordi tra Amministrazioni per l’unificazione delle conferenze di ambito provinciale.

1. Le funzioni di più conferenze o organismi collegiali comunque denominati composti da amministratori o da rappresentanti di Enti locali istituiti in ambito provinciale o sub-provinciale sulla base di leggi regionali, in particolare nelle materie del trasporto pubblico locale, della sanità, dei servizi sociali, della gestione dei rifiuti, della tutela dell’ambiente, possono essere affidate ad altra conferenza, o unificate in capo ad un unico organismo collegiale composto nei modi e nelle forme definiti da accordi tra la Regione e gli Enti locali rappresentati.

2. A tal fine gli accordi disciplinano in particolare la composizione, le modalità di esercizio delle competenze, le modalità di funzionamento, l’organizzazione e le competenze ed individuano la disciplina applicabile all’organo collegiale unificato. Successivi eventuali accordi tra gli enti rappresentati provvedono, altresì, a disciplinare gli aspetti patrimoniali e finanziari.

3. Dalla data di avvio dell’esercizio delle funzioni da parte della conferenza, sono soppresse le conferenze o gli organismi collegiali le cui funzioni siano state conferite all’altro organismo.».

Nota all’art. 9

Comma 1

1) il testo dell’articolo 16, comma 25, del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138, che concerne Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, è il seguente:

«Art. 16 - Riduzione dei costi relativi alla rappresentanza politica nei comuni e razionalizzazione dell’esercizio delle funzioni comunali

(omissis)

25. A decorrere dal primo rinnovo dell’organo di revisione successivo alla data di entrata in vigore del presente decreto, i revisori dei conti degli enti locali sono scelti mediante estrazione da un elenco nel quale possono essere inseriti, a richiesta, i soggetti iscritti, a livello regionale, nel Registro dei revisori legali di cui al decreto legislativo 27 gennaio 2010, n. 39, nonché gli iscritti all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili. Con decreto del Ministro dell’interno, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, sono stabiliti criteri per l’inserimento degli interessati nell’elenco di cui al primo periodo, nel rispetto dei seguenti princìpi:

a) rapporto proporzionale tra anzianità di iscrizione negli albi e registri di cui al presente comma e popolazione di ciascun comune;

b) previsione della necessità, ai fini dell’iscrizione nell’elenco di cui al presente comma, di aver in precedenza avanzato richiesta di svolgere la funzione nell’organo di revisione degli enti locali;

c) possesso di specifica qualificazione professionale in materia di contabilità pubblica e gestione economica e finanziaria degli enti pubblici territoriali.».

Nota all’art. 11

Comma 1

1) il testo dell’articolo 110 del decreto legislativo n. 267 del 2000, che concerne Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, è il seguente:

«Art. 110 - Incarichi a contratto.

1. Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire.

2. Il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell’area direttiva e comunque per almeno una unità. Negli altri enti, il regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all’interno dell’ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell’area direttiva, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della dotazione organica dell’ente arrotondando il prodotto all’unità superiore, o ad una unità negli enti con una dotazione organica inferiore alle 20 unità.

3. I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il personale degli enti locali, può essere integrato, con provvedimento motivato della Giunta, da una indennità ad personam, commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il trattamento economico e l’eventuale indennità ad personam sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell’ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale.

4. Il contratto a tempo determinato è risolto di diritto nel caso in cui l’ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle situazioni strutturalmente deficitarie.

5. Il rapporto di impiego del dipendente di una pubblica amministrazione è risolto di diritto con effetto dalla data di decorrenza del contratto stipulato con l’ente locale ai sensi del comma 2. L’amministrazione di provenienza dispone, subordinatamente alla vacanza del posto in organico o dalla data in cui la vacanza si verifica, la riassunzione del dipendente qualora lo stesso ne faccia richiesta entro i 30 giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato o alla data di disponibilità del posto in organico.

6. Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di professionalità.».

Note all’art. 12

Comma 1

1) il testo dell’articolo 23 della legge regionale 31 marzo 2005, n. 13, che concerne Statuto della Regione Emilia-Romagna, è il seguente:

«Art. 23 - Consiglio delle Autonomie

1. Il Consiglio delle Autonomie locali è organo di rappresentanza, consultazione e coordinamento tra la Regione e gli Enti locali.

2. Il Consiglio delle Autonomie esercita le proprie funzioni e partecipa ai processi decisionali della Regione riguardanti il sistema delle autonomie locali, mediante proposte e pareri nei modi e nelle forme previsti dallo Statuto e dalle leggi.

3. Le proposte e i pareri di cui al comma 2 riguardano in particolare:

a) lo Statuto e le relative modificazioni;

b) le norme relative al Consiglio delle Autonomie locali;

c) piani e programmi che coinvolgono l’attività degli enti locali;

d) la disciplina del coordinamento del sistema tributario e finanziario e le linee della legge di bilancio;

e) il conferimento di funzioni alle autonomie locali e la relativa disciplina.

4. L’approvazione di progetti di legge in difformità del parere del Consiglio delle Autonomie locali è accompagnato dall’approvazione di un ordine del giorno da trasmettere al Consiglio stesso.

5. I progetti di legge riguardanti le materie di cui alle lettere b) ed e) del comma 3 sono esaminati sentito il Consiglio delle Autonomie locali. In questi casi, l’Assemblea legislativa delibera a maggioranza assoluta dei componenti, quando il Consiglio delle Autonomie locali ha espresso parere contrario.

6. Il regolamento dell’Assemblea disciplina le modalità e i termini nei quali il Consiglio delle Autonomie locali adotta i propri pareri.

7. Il Consiglio può segnalare all’Assemblea e al Presidente della Regione eventuali lesioni dell’autonomia locale da parte di leggi e provvedimenti statali, anche ai fini della promozione di questioni di legittimità o conflitti di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale, nel rispetto di quanto stabilito dall’articolo 134 della Costituzione.

8. Il Consiglio delle Autonomie locali adotta, a maggioranza assoluta dei componenti, il proprio regolamento di organizzazione e di funzionamento, anche in riferimento ai rapporti con le associazioni degli Enti locali.

9. La legge regionale determina la composizione, le modalità di formazione e di funzionamento del Consiglio delle Autonomie locali, tenendo conto in particolare dei seguenti criteri:

a) garantire l’equilibrata rappresentanza delle Autonomie locali e del territorio;

b) prevedere un numero di componenti comunque non superiore a quello dell’Assemblea;

c) assicurare le risorse necessarie per l’organizzazione e il funzionamento del Consiglio delle Autonomie locali..».

Comma 2

2) il testo dell’articolo 121 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che concerne Norme in materia ambientale, è il seguente:

«Art. 121 - Piani di tutela delle acque.

1. Il Piano di tutela delle acque costituisce uno specifico piano di settore ed è articolato secondo i contenuti elencati nel presente articolo, nonché secondo le specifiche indicate nella parte B dell’Allegato 4 alla parte terza del presente decreto.

2. Entro il 31 dicembre 2006 le Autorità di bacino, nel contesto delle attività di pianificazione o mediante appositi atti di indirizzo e coordinamento, sentite le province e le Autorità d’ambito, definiscono gli obiettivi su scala di distretto cui devono attenersi i piani di tutela delle acque, nonché le priorità degli interventi. Entro il 31 dicembre 2007, le regioni, sentite le province e previa adozione delle eventuali misure di salvaguardia, adottano il Piano di tutela delle acquee lo trasmettono al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio nonché alle competenti Autorità di bacino, per le verifiche di competenza.

3. Il Piano di tutela contiene, oltre agli interventi volti a garantire il raggiungimento o il mantenimento degli obiettivi di cui alla parte terza del presente decreto, le misure necessarie alla tutela qualitativa e quantitativa del sistema idrico.

4. Per le finalità di cui al comma 1 il Piano di tutela contiene in particolare:

a) i risultati dell’attività conoscitiva;

b) l’individuazione degli obiettivi di qualità ambientale e per specifica destinazione;

c) l’elenco dei corpi idrici a specifica destinazione e delle aree richiedenti specifiche misure di prevenzione dall’inquinamento e di risanamento;

d) le misure di tutela qualitative e quantitative tra loro integrate e coordinate per bacino idrografico;

e) l’indicazione della cadenza temporale degli interventi e delle relative priorità;

f) il programma di verifica dell’efficacia degli interventi previsti;

g) gli interventi di bonifica dei corpi idrici;

g-bis) i dati in possesso delle autorità e agenzie competenti rispetto al monitoraggio delle acque di falda delle aree interessate e delle acque potabili dei comuni interessati, rilevati e periodicamente aggiornati presso la rete di monitoraggio esistente, da pubblicare in modo da renderli disponibili per i cittadini;

h) l’analisi economica di cui all’Allegato 10 alla parte terza del presente decreto e le misure previste al fine di dare attuazione alle disposizioni di cui all’articolo 119 concernenti il recupero dei costi dei servizi idrici;

i) le risorse finanziarie previste a legislazione vigente.

5. Entro centoventi giorni dalla trasmissione del Piano di tutela le Autorità di bacino verificano la conformità del piano agli atti di pianificazione o agli atti di indirizzo e coordinamento di cui al comma 2, esprimendo parere vincolante. Il Piano di tutela è approvato dalle regioni entro i successivi sei mesi e comunque non oltre il 31 dicembre 2008. Le successive revisioni e gli aggiornamenti devono essere effettuati ogni sei anni.».

3) il testo dell’articolo 152 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che concerne Norme in materia ambientale, è il seguente:

«Art. 152 - Poteri di controllo e sostitutivi.

1. L’Autorità d’ambito ha facoltà di accesso e verifica alle infrastrutture idriche, anche nelle fase di costruzione.

2. Nell’ipotesi di inadempienze del gestore agli obblighi che derivano dalla legge o dalla convenzione, e che compromettano la risorsa o l’ambiente ovvero che non consentano il raggiungimento dei livelli minimi di servizio, l’Autorità d’ambito interviene tempestivamente per garantire l’adempimento da parte del gestore, esercitando tutti i poteri ad essa conferiti dalle disposizioni di legge e dalla convenzione. Perdurando l’inadempienza del gestore, e ferme restando le conseguenti penalità a suo carico, nonché il potere di risoluzione e di revoca, l’Autorità d’ambito, previa diffida, può sostituirsi ad esso provvedendo a far eseguire a terzi le opere, nel rispetto delle vigenti disposizioni in materia di appalti pubblici.

3. Qualora l’Autorità d’ambito non intervenga, o comunque ritardi il proprio intervento, la regione, previa diffida e sentita l’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti, esercita i necessari poteri sostitutivi, mediante nomina di un commissario “ad acta”. Qualora la regione non adempia entro quarantacinque giorni, i predetti poteri sostitutivi sono esercitati, previa diffida ad adempiere nel termine di venti giorni, dal Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio, mediante nomina di un commissario “ad acta”.

4. L’Autorità d’ambito con cadenza annuale comunica al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio ed all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti i risultati dei controlli della gestione».

4) il testo dell’articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che concerne Norme in materia ambientale, è il seguente:

«Art. 199 – Piani regionali.

1. Le regioni, sentite le province, i comuni e, per quanto riguarda i rifiuti urbani, le Autorità d’ambito di cui all’articolo 201, nel rispetto dei principi e delle finalità di cui agli articoli 177, 178, 179, 180, 181, 182 e 182-bis ed in conformità ai criteri generali stabiliti dall’articolo 195, comma 1, lettera m), ed a quelli previsti dal presente articolo, predispongono e adottano piani regionali di gestione dei rifiuti. Per l’approvazione dei piani regionali si applica la procedura di cui alla Parte II del presente decreto in materia di VAS. Presso i medesimi uffici sono inoltre rese disponibili informazioni relative alla partecipazione del pubblico al procedimento e alle motivazioni sulle quali si è fondata la decisione, anche in relazione alle osservazioni scritte presentate.

2. I piani di gestione dei rifiuti di cui al comma 1 comprendono l’analisi della gestione dei rifiuti esistente nell’ambito geografico interessato, le misure da adottare per migliorare l’efficacia ambientale delle diverse operazioni di gestione dei rifiuti, nonché una valutazione del modo in cui i piani contribuiscono all’attuazione degli obiettivi e delle disposizioni della parte quarta del presente decreto.

3. I piani regionali di gestione dei rifiuti prevedono inoltre:

a) tipo, quantità e fonte dei rifiuti prodotti all’interno del territorio, suddivisi per ambito territoriale ottimale per quanto riguarda i rifiuti urbani, rifiuti che saranno prevedibilmente spediti da o verso il territorio nazionale e valutazione dell’evoluzione futura dei flussi di rifiuti, nonché la fissazione degli obiettivi di raccolta differenziata da raggiungere a livello regionale, fermo restando quanto disposto dall’articolo 205;

b) i sistemi di raccolta dei rifiuti e impianti di smaltimento e recupero esistenti, inclusi eventuali sistemi speciali per oli usati, rifiuti pericolosi o flussi di rifiuti disciplinati da una normativa comunitaria specifica;

c) una valutazione della necessità di nuovi sistemi di raccolta, della chiusura degli impianti esistenti per i rifiuti, di ulteriori infrastrutture per gli impianti per i rifiuti in conformità del principio di autosufficienza e prossimità di cui agli articoli 181, 182 e 182-bis e se necessario degli investimenti correlati;

d) informazioni sui criteri di riferimento per l’individuazione dei siti e la capacità dei futuri impianti di smaltimento o dei grandi impianti di recupero, se necessario;

e) politiche generali di gestione dei rifiuti, incluse tecnologie e metodi di gestione pianificata dei rifiuti, o altre politiche per i rifiuti che pongono problemi particolari di gestione;

f) la delimitazione di ogni singolo ambito territoriale ottimale sul territorio regionale, nel rispetto delle linee guida di cui all’articolo 195, comma 1, lettera m);

g) il complesso delle attività e dei fabbisogni degli impianti necessari a garantire la gestione dei rifiuti urbani secondo criteri di trasparenza, efficacia, efficienza, economicità e autosufficienza della gestione dei rifiuti urbani non pericolosi all’interno di ciascuno degli ambiti territoriali ottimali di cui all’articolo 200, nonché ad assicurare lo smaltimento e il recupero dei rifiuti speciali in luoghi prossimi a quelli di produzione al fine di favorire la riduzione della movimentazione di rifiuti;

h) la promozione della gestione dei rifiuti per ambiti territoriali ottimali, attraverso strumenti quali una adeguata disciplina delle incentivazioni, prevedendo per gli ambiti più meritevoli, tenuto conto delle risorse disponibili a legislazione vigente, una maggiorazione di contributi; a tal fine le regioni possono costituire nei propri bilanci un apposito fondo;

i) la stima dei costi delle operazioni di recupero e di smaltimento dei rifiuti urbani;

l) i criteri per l’individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di recupero e smaltimento dei rifiuti nonché per l’individuazione dei luoghi o impianti adatti allo smaltimento dei rifiuti, nel rispetto dei criteri generali di cui all’articolo 195, comma 1, lettera p);

m) le iniziative volte a favorire, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dai rifiuti di materiale ed energia, ivi incluso il recupero e lo smaltimento dei rifiuti che ne derivino;

n) le misure atte a promuovere la regionalizzazione della raccolta, della cernita e dello smaltimento dei rifiuti urbani;

o) la determinazione, nel rispetto delle norme tecniche di cui all’articolo 195, comma 2, lettera a), di disposizioni speciali per specifiche tipologie di rifiuto;

p) le prescrizioni in materia di prevenzione e gestione degli imballaggi e rifiuti di imballaggio di cui all’articolo 225, comma 6;

q) il programma per la riduzione dei rifiuti biodegradabili da collocare in discarica di cui all’articolo 5 deldecreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36;

r) un programma di prevenzione della produzione dei rifiuti, elaborato sulla base del programma nazionale di prevenzione dei rifiuti di cui all’art. 180, che descriva le misure di prevenzione esistenti e fissi ulteriori misure adeguate. Il programma fissa anche gli obiettivi di prevenzione. Le misure e gli obiettivi sono finalizzati a dissociare la crescita economica dagli impatti ambientali connessi alla produzione dei rifiuti. Il programma deve contenere specifici parametri qualitativi e quantitativi per le misure di prevenzione al fine di monitorare e valutare i progressi realizzati, anche mediante la fissazione di indicatori.

4. Il piano di gestione dei rifiuti può contenere, tenuto conto del livello e della copertura geografica dell’area oggetto di pianificazione, i seguenti elementi:

a) aspetti organizzativi connessi alla gestione dei rifiuti;

b) valutazione dell’utilità e dell’idoneità del ricorso a strumenti economici e di altro tipo per la soluzione di problematiche riguardanti i rifiuti, tenuto conto della necessità di continuare ad assicurare il buon funzionamento del mercato interno;

c) campagne di sensibilizzazione e diffusione di informazioni destinate al pubblico in generale o a specifiche categorie di consumatori.

5. Il piano regionale di gestione dei rifiuti è coordinato con gli altri strumenti di pianificazione di competenza regionale previsti dalla normativa vigente.

6. Costituiscono parte integrante del piano regionale i piani per la bonifica delle aree inquinate che devono prevedere:

a) l’ordine di priorità degli interventi, basato su un criterio di valutazione del rischio elaborato dall’Istituto Superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA);

b) l’individuazione dei siti da bonificare e delle caratteristiche generali degli inquinamenti presenti;

c) le modalità degli interventi di bonifica e risanamento ambientale, che privilegino prioritariamente l’impiego di materiali provenienti da attività di recupero di rifiuti urbani;

d) la stima degli oneri finanziari;

e) le modalità di smaltimento dei materiali da asportare.

7. L’approvazione del piano regionale o il suo adeguamento è requisito necessario per accedere ai finanziamenti nazionali.

8. La regione approva o adegua il piano entro il 12 dicembre 2013. Fino a tale momento, restano in vigore i piani regionali vigenti.

9. In caso di inutile decorso del termine di cui al comma 8 e di accertata inattività nell’approvare o adeguare il piano, il Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e tutela del territorio e del mare, ai sensi dell’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, diffida gli organi regionali competenti a provvedere entro un congruo termine e, in caso di ulteriore inerzia, adotta, in via sostitutiva, i provvedimenti necessari alla elaborazione e approvazione o adeguamento del piano regionale.

10. Le regioni, sentite le province interessate, d’intesa tra loro o singolarmente, per le finalità di cui alla parte quarta del presente decreto provvedono alla valutazione della necessità dell’aggiornamento del piano almeno ogni sei anni, nonché alla programmazione degli interventi attuativi occorrenti in conformità alle procedure e nei limiti delle risorse previste dalla normativa vigente.

11. Le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare l’adozione o la revisione dei piani di gestione e dei programmi di prevenzione dei rifiuti di cui al presente articolo, al fine del successivo invio degli stessi alla Commissione europea.

12. Le regioni e le province autonome assicurano la pubblicazione dei piani e dei programmi di cui al presente articolo, anche attraverso l’inserimento degli stessi sul sito WEB della regione o della provincia autonoma.

13. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.».

5) il testo dell’articolo 10, comma 5, della legge 23 marzo 2001, n. 93, che concerne Disposizioni in campo ambientale, è il seguente:

«Art. 10 - Modifiche agli articoli 8, 41 e 51 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

(omissis)

5. Al fine di realizzare un modello a rete dell’Osservatorio nazionale sui rifiuti di cui all’articolo 26 del citato decreto legislativo n. 22 del 1997, e dotarsi di sedi per il supporto alle funzioni di monitoraggio, di programmazione e di controllo dell’Osservatorio stesso, le province istituiscono, senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’osservatorio provinciale sui rifiuti.».

Note all’art. 13

Comma 5

1) il testo dell’articolo 149 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che concerne Norme in materia ambientale, è il seguente:

«Art. 149 - Piano d’ambito.

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della parte terza del presente decreto, l’Autorità d’ambito provvede alla predisposizione e/o aggiornamento del piano d’ambito. Il piano d’ambito è costituito dai seguenti atti:

a) ricognizione delle infrastrutture;

b) programma degli interventi;

c) modello gestionale ed organizzativo;

d) piano economico finanziario.

2. La ricognizione, anche sulla base di informazioni asseverate dagli enti locali ricadenti nell’ambito territoriale ottimale, individua lo stato di consistenza delle infrastrutture da affidare al gestore del servizio idrico integrato, precisandone lo stato di funzionamento.

3. Il programma degli interventi individua le opere di manutenzione straordinaria e le nuove opere da realizzare, compresi gli interventi di adeguamento di infrastrutture già esistenti, necessarie al raggiungimento almeno dei livelli minimi di servizio, nonché al soddisfacimento della complessiva domanda dell’utenza. Il programma degli interventi, commisurato all’intera gestione, specifica gli obiettivi da realizzare, indicando le infrastrutture a tal fine programmate e i tempi di realizzazione.

4. Il piano economico finanziario, articolato nello stato patrimoniale, nel conto economico e nel rendiconto finanziario, prevede, con cadenza annuale, l’andamento dei costi dì gestione e dì investimento al netto di eventuali finanziamenti pubblici a fondo perduto. Esso è integrato dalla previsione annuale dei proventi da tariffa, estesa a tutto il periodo di affidamento. Il piano, così come redatto, dovrà garantire il raggiungimento dell’equilibrio economico finanziario e, in ogni caso, il rispetto dei principi di efficacia, efficienza ed economicità della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati.

5. Il modello gestionale ed organizzativo definisce la struttura operativa mediante la quale il gestore assicura il servizio all’utenza e la realizzazione del programma degli interventi.

6. Il piano d’ambito è trasmesso entro dieci giorni dalla delibera di approvazione alla regione competente, all’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio. L’Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti può notificare all’Autorità d’ambito, entro novanta giorni decorrenti dal ricevimento del piano, i propri rilievi od osservazioni, dettando, ove necessario, prescrizioni concernenti: il programma degli interventi, con particolare riferimento all’adeguatezza degli investimenti programmati in relazione ai livelli minimi di servizio individuati quali obiettivi della gestione; il piano finanziario, con particolare riferimento alla capacità dell’evoluzione tariffaria di garantire l’equilibrio economico finanziario della gestione, anche in relazione agli investimenti programmati».

Comma 6

2) per il testo dell’articolo 199 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che concerne Norme in materia ambientale, vedi nota 4) all’art. 12.

3) il testo dell’articolo 1, comma 1, della legge 8 novembre 1991, n. 381, che concerne Disciplina delle cooperative sociali, è il seguente:

«Art. 1 - Definizione.

1. Le cooperative sociali hanno lo scopo di perseguire l’interesse generale della comunità alla promozione umana e all’integrazione sociale dei cittadini attraverso:

a) la gestione di servizi socio-sanitari ed educativi;

b) lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate.».

4) il testo dell’articolo 183, comma 1, lettera mm) del decreto legislativo n. 152 del 2006 che concerne Norme in materia ambientale, è il seguente:

«Art. 183 - Definizioni.

1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:

(omissis)

mm) «centro di raccolta»: area presidiata ed allestita, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, per l’attività di raccolta mediante raggruppamento differenziato dei rifiuti urbani per frazioni omogenee conferiti dai detentori per il trasporto agli impianti di recupero e trattamento. La disciplina dei centri di raccolta è data con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentita la Conferenza unificata, di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.».

Nota all’art. 15

Comma 6

1) il testo dell’articolo 7 della legge regionale 9 febbraio 2010, n. 3, che concerne Norme per la definizione, riordino e promozione delle procedure di consultazione e partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali e locali, è il seguente:

«Art. 7 - Nucleo tecnico di integrazione con le autonomie locali.

1. Al fine dello sviluppo coordinato di processi partecipativi che consentano la maggiore partecipazione alle scelte programmatiche della Regione e degli enti locali, la Regione persegue la migliore integrazione con le esperienze degli enti locali mediante un nucleo tecnico. Esso è presieduto dal tecnico di garanzia in materia di partecipazione ed è composto dal dirigente della Giunta regionale competente per i procedimenti amministrativi di concessione dei contributi di cui al titolo III e da due esperti appartenenti all’amministrazione degli enti locali, designati dal Consiglio delle Autonomie locali, che durano in carica tre anni. Il nucleo tecnico ha sede presso l’Assemblea legislativa ed in caso di parità prevale il voto del presidente. La partecipazione ai lavori del nucleo tecnico costituisce adempimento dei compiti istituzionali ed è senza oneri per la Regione.

2. Al nucleo tecnico compete l’esame e lo studio delle migliori pratiche partecipative attuate in Italia ed all’estero e l’elaborazione di raccomandazioni tecniche non vincolanti relative ai processi partecipativi. Individua, altresì, possibili forme per lo sviluppo professionale in materia partecipativa dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni regionali e locali, al fine di migliorare le capacità e la flessibilità organizzativa dei relativi enti nel rapporto con i cittadini, qualificando il sistema pubblico.».

Nota all’art. 16

Comma 1

1) il testo dell’ articolo 183, comma 1, lettera z), del decreto legislativo n. 152 del 2006, che concerne Norme in materia ambientale, è il seguente:

«Art.183 - Definizioni

1. Ai fini della parte quarta del presente decreto e fatte salve le ulteriori definizioni contenute nelle disposizioni speciali, si intende per:

(omissis)

z) «smaltimento»: qualsiasi operazione diversa dal recupero anche quando l’operazione ha come conseguenza secondaria il recupero di sostanze o di energia. L’Allegato B alla parte IV del presente decreto riporta un elenco non esaustivo delle operazioni di smaltimento.».

Nota all’art. 17

Comma 1

1) peril testo dell’articolo 1, comma 1, della legge n. 381 del 1991, che concerne Disciplina delle cooperative sociali, vedi nota 3) all’art. 13.

Note all’art. 19

Comma 1

1) il testo dell’articolo 30 della legge regionale 30 giugno 2008, n. 10, che concerne Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni, è il seguente:

«Art. 30 - Organizzazione territoriale del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti solidi urbani

1. La Regione individua il territorio provinciale quale minima aggregazione di ambito territoriale ottimale di esercizio delle funzioni del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani prevista all’articolo 2, comma 1 della legge regionale n. 25 del 1999. La Regione promuove, anche tramite specifici incentivi, l’aggregazione tra ambiti territoriali provinciali.

2. La Provincia e i Comuni partecipano obbligatoriamente, per l’esercizio delle funzioni del servizio idrico integrato e del servizio di gestione dei rifiuti urbani loro spettanti ai sensi del presente Capo, alla forma di cooperazione della convenzione ai sensi dell’articolo 30 del decreto legislativo n. 267 del 2000, avente personalità giuridica di diritto pubblico.

3. I Comuni partecipano alla forma di cooperazione di cui al comma 2 mediante l’Unione di Comuni o la Nuova Comunità montana di cui fanno parte a condizione che la medesima scelta sia attuata da tutti i Comuni interessati.

4. La convenzione di cui al comma 2 individua le modalità di esercizio delle funzioni da parte dei soggetti partecipanti ed il soggetto delegato alla sottoscrizione degli atti a rilevanza esterna e dei contratti. Il costo del personale dipendente dagli enti locali partecipanti alla forma di cooperazione dedicato all’esercizio delle funzioni previste nella convenzione trova copertura nell’ambito della tariffa del servizio, nel limite della percentuale di costo definita ai sensi dell’articolo 28, comma 7.

5. Nell’ambito della convenzione di cui al comma 2 i soggetti facenti parte della forma di cooperazione provvedono alle seguenti funzioni:

a) definire l’organizzazione del servizio e scegliere per ciascun servizio le forme di gestione nel rispetto della normativa di settore;

b) attivare ed eventualmente ampliare le modalità di partecipazione degli utenti organizzati in sede locale previste dalle indicazioni della Regione;

c) definire un piano degli investimenti con gradi di priorità differenziati;

d) determinare e approvare l’articolazione tariffaria per bacini gestionali omogenei sulla base dei parametri di riferimento definiti ai sensi dell’articolo 28, comma 2;

e) bandire e svolgere le gare nonché affidare il servizio;

f) definire le penali di natura contrattuale che saranno da essi introitate;

g) controllare il servizio reso dal gestore nel rispetto delle specifiche norme di affidamento;

h) prevedere le forme di partecipazione degli utenti organizzati in sede locale.

6. L’esercizio delle funzioni di cui al comma 5 è svolto previo parere della Regione ai fini della congruità con la regolazione di cui all’articolo 28.».

Comma 2

2) per il testo dell’articolo 30 della legge regionale 30 giugno 2008, n. 10, che concerne Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni, vedi nota 1).

Comma 3

3) per il testo dell’articolo 30 della legge regionale 30 giugno 2008, n. 10, che concerne Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni, vedi nota 1).

Comma 5

4) per il testo dell’articolo 30 della legge regionale 30 giugno 2008, n. 10, che concerne Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni, vedi nota 1).

Comma 6

5) per il testo dell’articolo 30 della legge regionale 30 giugno 2008, n. 10, che concerne Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni, vedi nota 1).

Nota all’art. 20

Comma 1

1) per il testo dell’articolo 30 della legge regionale 30 giugno 2008, n. 10, che concerne Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni, vedi nota 1) all’art. 19.

Nota all’art. 21

Comma 1

1) per il testo dell’articolo 30 della legge regionale 30 giugno 2008, n. 10, che concerne Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni, vedi nota 1) all’art. 19.

Comma 2

2) il testo dell’articolo 2112 del codice civile è il seguente:

«Art. 2112 - Mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda.

In caso di trasferimento d’azienda, il rapporto di lavoro continua con il cessionario ed il lavoratore conserva tutti i diritti che ne derivano.

Il cedente ed il cessionario sono obbligati, in solido, per tutti i crediti che il lavoratore aveva al tempo del trasferimento. Con le procedure di cui agli articoli 410 e 411 del codice di procedura civile il lavoratore può consentire la liberazione del cedente dalle obbligazioni derivanti dal rapporto di lavoro.

Il cessionario è tenuto ad applicare i trattamenti economici e normativi previsti dai contratti collettivi nazionali, territoriali ed aziendali vigenti alla data del trasferimento, fino alla loro scadenza, salvo che siano sostituiti da altri contratti collettivi applicabili all’impresa del cessionario. L’effetto di sostituzione si produce esclusivamente fra contratti collettivi del medesimo livello.

Ferma restando la facoltà di esercitare il recesso ai sensi della normativa in materia di licenziamenti, il trasferimento d’azienda non costituisce di per sé motivo di licenziamento. Il lavoratore, le cui condizioni di lavoro subiscono una sostanziale modifica nei tre mesi successivi al trasferimento d’azienda, può rassegnare le proprie dimissioni con gli effetti di cui all’articolo 2119, primo comma.

Ai fini e per gli effetti di cui al presente articolo si intende per trasferimento d’azienda qualsiasi operazione che, in seguito a cessione contrattuale o fusione, comporti il mutamento nella titolarità di un’attività economica organizzata, con o senza scopo di lucro, preesistente al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità a prescindere dalla tipologia negoziale o dal provvedimento sulla base del quale il trasferimento è attuato ivi compresi l’usufrutto o l’affitto di azienda. Le disposizioni del presente articolo si applicano altresì al trasferimento di parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento. Nel caso in cui l’alienante stipuli con l’acquirente un contratto di appalto la cui esecuzione avviene utilizzando il ramo d’azienda oggetto di cessione, tra appaltante e appaltatore opera un regime di solidarietà di cui all’articolo 29, comma 2, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276.».

3) Il testo dell’articolo 31 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che concerne Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, è il seguente:

«Art. 31 - Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività.

1. Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si applicano l’articolo 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all’articolo 47, commi da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.».

Comma 6

4) per il testo dell’articolo 30 della legge regionale 30 giugno 2008, n. 10, che concerne Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni, vedi nota 1) all’art. 19.

5) il testo dell’articolo 3, comma 94, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, che concerne Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato. Legge finanziaria 2008, è il seguente:

«Art. 3 - comma 94 - Predisposizione da parte delle pubbliche amministrazioni dei piani triennali per la progressiva stabilizzazione del personale precario non dirigenziale

3. 94. Fatte comunque salve le intese stipulate, ai sensi dei commi 558 e 560 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, prima della data di entrata in vigore della presente legge, entro il 30 aprile 2008, le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, predispongono, sentite le organizzazioni sindacali, nell’ambito della programmazione triennale dei fabbisogni per gli anni 2008, 2009 e 2010, piani per la progressiva stabilizzazione del seguente personale non dirigenziale, tenuto conto dei differenti tempi di maturazione dei presenti requisiti:

a) in servizio con contratto a tempo determinato, ai sensi dei commi 90 e 92, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 1, commi 519 e 558, della legge 27 dicembre 2006, n. 296;

b) già utilizzato con contratti di collaborazione coordinata e continuativa, in essere alla data di entrata in vigore della presente legge, e che alla stessa data abbia già espletato attività lavorativa per almeno tre anni, anche non continuativi, nel quinquennio antecedente al 28 settembre 2007, presso la stessa amministrazione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, commi 529 e 560, della legge 27 dicembre 2006, n. 296. È comunque escluso dalle procedure di stabilizzazione di cui alla presente lettera il personale di diretta collaborazione degli organi politici presso le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché il personale a contratto che svolge compiti di insegnamento e di ricerca nelle università e negli enti di ricerca.».

Comma 8

6) per il testo dell’articolo 30 della legge regionale 30 giugno 2008, n. 10, che concerne Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni, vedi nota 1) all’art. 19.

Nota all’art. 23

Comma 1

1) il testo dell’articolo 30 della legge regionale n. 6 del 2004, che concerne Riforma del sistema amministrativo regionale e locale. Unione europea e relazioni internazionali. Innovazione e semplificazione. Rapporti con l’università, è il seguente:

«Art. 30 - Potere sostitutivo - Abrogazione dell’articolo 16 della legge regionale n. 3 del 1999.

1. Nelle materie di propria competenza legislativa, la Regione, nel rispetto del principio di leale collaborazione, esercita il potere sostitutivo sugli Enti locali nei casi in cui vi sia una accertata e persistente inattività nell’esercizio obbligatorio di funzioni amministrative e ciò sia lesivo di rilevanti interessi del sistema regionale e locale.

2. A tal fine, la Giunta regionale, sentita la commissione di esperti designati dalla Conferenza Regione-Autonomie locali, di cui all’articolo 28, chiamata ad esprimersi in merito alla sussistenza dei presupposti per l’esercizio dei poteri sostitutivi, assegna all’ente inadempiente un termine per provvedere non inferiore a trenta giorni, salvo deroga motivata da ragioni d’urgenza.

3. Decorso inutilmente tale termine e sentito l’ente interessato, gli atti sono posti in essere in via sostitutiva dalla Regione, anche attraverso la nomina di un commissario, dandone comunicazione alla Conferenza Regione-Autonomie locali.

4. Le procedure del presente articolo si applicano a tutti i casi di potere sostitutivo previsti dalla legislazione regionale vigente, che si intendono modificati.

5. L’articolo 16 della legge regionale n. 3 del 1999 è abrogato.».

Note all’art. 24

Comma 3

1) il testo dell’articolo 31 della legge regionale n. 10 del 2008, che concerne Misure per il riordino territoriale, l’autoriforma dell’amministrazione e la razionalizzazione delle funzioni, è il seguente:

«Art. 31 - Norme a tutela degli utenti dei servizi pubblici

1. L’Autorità regionale prevista all’articolo 20 della legge regionale n. 25 del 1999 svolge altresì le funzioni di conciliazione preventiva al fine di prevenire e risolvere le controversie derivanti dall’applicazione del contratto di servizio e approva la Carta del servizio pubblico di cui all’articolo 23 della legge regionale n. 25 del 1999.

2. Presso l’Autorità di cui al comma 1 è costituito un Comitato consultivo degli utenti, in rappresentanza degli interessi dei territori per il controllo della qualità dei servizi idrici e dei servizi di gestione dei rifiuti urbani. La partecipazione al Comitato non comporta l’erogazione di alcun compenso. Il Comitato è nominato con decreto del Presidente della Regione su proposta dell’Autorità.

3. Su proposta dell’Autorità di cui al comma 1 la Giunta regionale emana una direttiva per la costituzione del Comitato consultivo degli utenti. Tale direttiva contiene, in particolare, criteri in ordine alla composizione, alle modalità di costituzione ed al funzionamento del predetto Comitato.

4. Il Comitato:

a) acquisisce periodicamente le valutazioni degli utenti sulla qualità dei servizi;

b) promuove iniziative per la trasparenza e la semplificazione nell’accesso ai servizi;

c) segnala all’Autorità di cui al comma 1 e al soggetto gestore del servizio la presenza di eventuali clausole vessatorie nei contratti di utenza del servizio al fine di una loro abolizione o sostituzione;

d) trasmette all’Autorità di cui al comma 1 le informazioni statistiche sui reclami, sulle istanze, sulle segnalazioni degli utenti o dei consumatori singoli o associati in ordine all’erogazione del servizio;

e) esprime parere sullo schema di riferimento della Carta di servizio pubblico prevista dall’articolo 23 della legge regionale n. 25 del 1999;

f) può proporre quesiti e fare segnalazioni all’Autorità di cui al comma 1.

5. Presso la Regione è istituito il “Tavolo consultivo permanente sulle tariffe”, presieduto dal direttore generale competente per materia, a cui partecipano l’Autorità regionale di vigilanza, tre rappresentanti delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, tre rappresentanti delle principali categorie degli utenti indicati dal Comitato consultivo utenti di cui al comma 2 tra le associazioni dei consumatori iscritte al registro regionale di cui alla legge regionale 7 dicembre 1992, n. 45 (Norme per la tutela dei consumatori e degli utenti), due rappresentanti delle associazioni di categorie produttive, due rappresentanti dei soggetti gestori e tre rappresentanti delle convenzioni di cui all’articolo 30, comma 2, individuati dal Comitato di indirizzo regionale per la regolazione dei servizi pubblici di cui all’articolo 29.

6. Il Tavolo di cui al comma 5 è consultato sulla proposta di metodo tariffario previsto dall’articolo 25-ter della legge regionale n. 25 del 1999, per la proposta tariffaria prevista al comma 2 dell’articolo 28 nonché per il monitoraggio delle tariffe di cui all’articolo 30.

7. La Giunta regionale con proprio atto provvede alla nomina dei componenti del Tavolo consultivo permanente sulle tariffe ed alla definizione delle relative modalità di funzionamento. La partecipazione al Tavolo non comporta l’erogazione di alcun compenso.».

Comma 4

2) il testo dell’articolo 113, comma 13, del decreto legislativo n. 267 del 2000, che concerne Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, è il seguente:

«Art. 113 - Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica

(omissis)

13. Gli enti locali, anche in forma associata, nei casi in cui non sia vietato dalle normative di settore, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti, e delle altre dotazioni patrimoniali a società a capitale interamente pubblico, che è incedibile. Tali società pongono le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o, ove prevista la gestione separata della rete, dei gestori di quest’ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente Autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Alla società suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi della lettera a) del comma 4, la gestione delle reti, nonché il compito di espletare le gare di cui al comma 5.».

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