n.274 del 05.11.2025 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 1385 - Risoluzione per impegnare la Giunta ad agire presso il Parlamento e il Governo in tutte le sedi più opportune affinché sia sostenuto il modello costituzionale di Sanità pubblica. A firma dei Consiglieri: Parma, Muzzarelli, Lucchi, Trande, Gordini, Ancarani, Paldino, Carletti, Albasi, Sabattini, Arduini, Costi, Proni, Bosi, Fornili, Lori, Casadei, Critelli, Donini, Ferrari, Castellari, Daffadà, Costa, Lembi, Calvano, Larghetti
la Legge 833/1978, istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale, concretizza la previsione dell'articolo 32 della Costituzione - che riconosce la tutela della Salute quale diritto fondamentale ed interesse della collettività - definendone gli obiettivi e gli aspetti organizzativi secondo i principi di universalità, uguaglianza ed equità.
L'universalità di tale Sistema, favorendo il raggiungimento da parte di tutti gli individui del più elevato stato di salute, promuove la dignità di ogni individuo in una dimensione di costante bilanciamento tra gli interessi dei singoli e quelli della comunità, ponendosi inoltre come fondamentale leva di sviluppo economico e di tenuta sociale.
i dati forniti dalla Fondazione Gimbe nell'8° rapporto sullo stato di salute del SSN evidenziano la gravissima sofferenza della Sanità pubblica italiana, soggetta ad un sottofinanziamento che oramai ha raggiunto carattere di strutturalità: negli ultimi tre anni la sanità pubblica ha perso 13,1mld€, nonostante un incremento nominale del Fondo Sanitario Nazionale (FSN) di 11,1mld€ nel triennio 2023-2025. Il motivo è da ricercarsi nella diminuzione della percentuale del FSN sul PIL, passato dal 6,3% del 2022 al 6% del 2023, con una lieve risalita al 6,1% nel 2024-2025, ben al di sotto sia della media OCSE (7,1%), sia di quella europea (6,9%).
Questa situazione è il risultato di una continua riduzione (con una previsione al 5,6% nel 2030) che parte nel 2012 - quando la spesa sanitaria pro-capite del nostro Paese era allineata alla media europea - con l'obiettivo di ridurre il rapporto fra debito pubblico e Pii mediante riduzioni della spesa pubblica e che si aggrava ulteriormente a seguito della pandemia da Covid, quando gli altri Paesi hanno investito molto più dell'Italia.
Il trend si è confermato nel 2023, con una spesa stabile in Italia, e nel 2024, quando l'incremento è stato inferiore alla media degli altri Paesi europei, fino a raggiungere un divario complessivo di 43mld€. Il risultato è che oggi l'Italia per spesa sanitaria pubblica pro-capite si colloca 14° posto tra i 27 Paesi europei dell'area OCSE e in ultima posizione tra quelli del G7.
l'aumento del valore assoluto della spesa sanitaria dal 2012 al 2024 non si mostra sufficiente nemmeno per pareggiare l'andamento del tasso di crescita e la dinamica del tasso di inflazione, definendo, nei fatti, un quadro di risorse in ulteriore contrazione e che nel 2025 ha visto il rapporto più basso SSN/PIL dal 2010.
Il Documento di programmazione economica e finanziaria del Governo per il triennio 2025-27 prevede una crescita addirittura inferiore a quella del PIL, pari appena all'1%, ed in ulteriore contrazione fino al 2027, quando risulterà di 0,3 punti inferiore alla "soglia di sopravvivenza" fissata dall'OCSE.
Il parere espresso dalla Conferenza delle Regioni e Province Autonome sul Documento di Finanza Pubblica 2025 evidenzia come "La spesa sanitaria è prevista in incremento del 3,6% rispetto al 2024. Tuttavia, il Fondo Sanitario Nazionale aumenta solo dell'1,8%, da 134,017 miliardi a 136,516 miliardi. La quota indistinta del Fondo Sanitario Nazionale aumenta solo dell'1,61%, passando da 128,600 miliardi a 130,669 miliardi. Questo incremento limitato del Fondo Sanitario Nazionale rispetto alla crescita complessiva della spesa sanitaria rappresenta una sfida significativa per le Regioni, che devono gestire l'aumento dei costi senza un corrispondente aumento delle risorse disponibili".
Questi numeri si traducono, per i cittadini, in lunghe liste d'attesa, pronto soccorsi intasati, medici di famiglia mancanti, disuguaglianze territoriali e sociali sempre più marcate.
A fronte di un DL sulle liste d'attesa che da giugno 2024 attende ancora tre dei sette decreti attuativi necessari, l'Istat ci dice che nel 2024 il 9,9% della popolazione - circa 5,8 milioni di persone - ha rinunciato ad almeno una prestazione sanitaria, rispetto al 7,6% del 2023 e al 7% del 2022.
In particolare, coloro che maggiormente rinunciano sono le fasce economicamente più deboli (il 20,3% nel primo quintile di reddito, contro il 7,6% nel quinto), che non possono permettersi di accedere alla sanità privata - per cui le famiglie italiane spendono 41,3mld€ e che ormai non è più canale accessorio ma pilastro del sistema, che può contare su ricavi in costante e significativo incremento: +15,5% nel 2023 rispetto al 2019 ed un +4,8% nel 2024, con una spesa pro-capite superiore alla media europea.
In Emilia-Romagna, a differenza del quadro nazionale, la Regione ha adottato una programmazione sanitaria basata su prossimità delle cure, innovazione e prevenzione, integrando i servizi e destinando risorse proprie aggiuntive; tuttavia, l'aumento della spesa sanitaria regionale (+3,6%) supera di gran lunga la crescita dei finanziamenti statali (+1,8%) a causa di fattori nazionali come il rincaro dei farmaci innovativi, l'aumento delle spese energetiche e il mancato riconoscimento delle spese legate a pandemia e crisi energetica, che pesano sui bilanci locali senza adeguato compenso dal Fondo Sanitario Nazionale, costringendo la Regione a misure straordinarie e azioni di sostegno per mantenere qualità e universalità dei servizi.
a questo quadro di evidente declino della Sanità pubblica italiana concorrono anche:
- i criteri di riparto del Fondo Sanitario Nazionale, ormai superati e non più rispondenti ai reali fabbisogni;
- il ritardo nell'approvazione dei nuovi LEA, che da mesi attendono di essere aggiornati;
- la carenza delle sedi ove avviene la formazione specialistica, sulle quali sarebbe opportuno assicurare la permanenza dei professionisti al termine del percorso;
- l'ormai insostenibile stallo nelle contrattazioni dei lavoratori del comparto, del tutto insufficienti, sempre meno pagati e sempre più sovraesposti;
- il persistere del tetto di spesa alle assunzioni del personale sanitario, evidentemente sottodimensionato rispetto ai bisogni reali;
- il ritardo, in molte Regioni, nell'utilizzo delle risorse del PNRR, con un livello di spesa effettiva ancora basso e numerosi interventi, come le Case della Comunità di cui solo il 4,4% pienamente operative, fermi alla fase progettuale, mentre l'Emilia-Romagna si distingue per l'avanzato stato di attuazione di questi interventi e per la capacità di coordinamento tra enti attuatori e Aziende sanitarie;
- la lentezza nell'adeguarsi ad una richiesta maggiormente diversificata, che necessita di strumenti ed organizzazione flessibili, di innovazione tecnologica (a partire dalla diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico, che oggi sconta l'assenza della individuazione di un regime transitorio per la piena operatività), di servizi avanzati, di una modalità di presa in carico sempre più di prossimità nella gestione dei bisogni quotidiani.
- la riduzione delle risorse stanziate per l'istituzione del Numero Unico Europeo per le emergenze (NUE 112) su tutto il territorio nazionale, passate da 20,6mln€ a 19,57mln€ del 2024, vale a dire 0,54€ ad abitante a fronte di un costo pro-capite di 2,19€.
In questo scenario, l'Emilia-Romagna si distingue per aver mantenuto standard di efficienza, qualità e universalità tra i più elevati del Paese, garantendo una gestione virtuosa delle risorse, una rete territoriale capillare e una forte integrazione tra ospedale e territorio. Tuttavia, proprio per la sua struttura complessa e la capacità di attrazione sanitaria interregionale, la Regione risente in modo più marcato di criteri di riparto e di finanziamento che non tengono conto della domanda effettiva di assistenza, del volume di prestazioni erogate e della funzione di riferimento sovraregionale che essa svolge.
Gravano sul futuro del Servizio Sanitario Nazionale le scelte di politica economica che, anziché rafforzare la spesa sanitaria, la comprimono attraverso il nuovo Patto di stabilità e crescita, senza considerare l'aumento strutturale della domanda di cura dovuto all'invecchiamento della popolazione. A ciò si sommano gli effetti potenzialmente diseguali della distribuzione regionale della spesa e delle ipotesi di autonomia differenziata, che rischiano di accentuare le disparità tra territori.
la Regione Emilia-Romagna ha rinnovato anche in questa nuova Legislatura il proprio impegno a difesa di una Sanità pubblica, di qualità ed universalistica, mantenendo attraverso risorse proprie un adeguato livello di finanziamento del sistema sanitario regionale, a fronte del mancato adeguamento del Fondo sanitario nazionale.
L'Emilia-Romagna ha messo in campo misure straordinarie volte a garantire la continuità del servizio pubblico, con interventi di stabilizzazione del personale precario, assunzioni straordinarie, abbattimento delle liste d'attesa, capacità di erogazione del 91.8% degli interventi in classe A entro 30 giorni, rafforzamento dei servizi territoriali, integrazione sociosanitaria, integrazione col terzo settore e potenziamento dell'offerta formativa locale.
La Regione ha messo al centro lo sviluppo di strategie innovative di governance e l'adozione di modelli organizzativi adeguati a rispondere ai bisogni dei cittadini, garantendo la sostenibilità economica del sistema nel medio-lungo periodo.
I 47 CAU presenti sul territorio regionale hanno permesso di dirottare dal PS a questa nuova modalità di presa in carico 1.087.000 accessi a fine agosto scorso, con una esperienza giudicata positiva o molto positiva dagli utenti nell'82,5% dei casi e negativa o molto negativa solo nel 10,2%.
Negli ospedali di montagna sono stati investiti 4,6 mln€ in tecnologie biomediche (93% con fondi PNRR), 42mln€ in interventi edilizi e 11mln€ negli ospedali di comunità, anche grazie alla capacità di programmazione, che ha consentito di sfruttare al meglio le risorse PNRR.
Nonostante questo, l'inadeguato livello di finanziamento del Fondo Sanitario Nazionale ed un'azione di Governo estemporanea, priva di una visione strategica di lungo periodo e di una programmazione che sappia dare certezza delle risorse disponibili e del quadro normativo di riferimento, generano crescenti difficoltà a organizzare i servizi e a dare risposte ai bisogni di sanità della collettività, sia in termini numerici che di qualità.
già nella scorsa Legislatura la Regione Emilia-Romagna aveva presentato un Progetto di legge alle Camere in materia di finanziamento del SSN, prevedendo:
- che il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard, cui concorre lo Stato, sia incrementato su base annua dello 0,21% del PIL nominale nazionale annuo fino a raggiungere una percentuale di finanziamento annuale non inferiore al 7,5% del PIL nominale tendenziale dell'anno di riferimento;
- la rimozione delle misure sul tetto di spesa per il personale del SSN, così come la disciplina sul limite delle risorse per il trattamento accessorio del personale;
- misure per l'abbattimento delle liste di attesa, attraverso procedure concorsuali straordinarie, un sistema di prenotazione unico regionale o per aree infraregionali territorialmente omogenee, un regime transitorio per l'erogazione della medesima prestazione tramite l'attività libero professionale intramuraria e forme di maggiore trasparenza circa i tempi di attesa per ciascuna prestazione sanitaria prevista nel Piano nazionale delle liste di attesa.
ad agire presso il Parlamento ed il Governo in tutte le sedi più opportune, ivi inclusa la conferenza per i rapporti tra lo Stato e le Regioni, affinché sia sostenuto con forza il modello costituzionale di Sanità pubblica, equa ed universalistica che da sempre contraddistingue la nostra democrazia, che pone al centro il cittadino, che previene e contrasta le diseguaglianze.
Ciò attraverso:
- l'alimentazione del Fondo sanitario Nazionale secondo una percentuale non inferiore al 7,5% del PIL nominale, individuando le coperture idonee nel bilancio statale e prevedendo anche meccanismi di adeguamento correlato all'inflazione, ai costi correlati alla presa in carico cronicità e disabilità;
- l'adozione di correttivi al metodo di riparto del Fondo Sanitario Nazionale, adottando metodologie di stima più corrette e introducendo eventuali fattori di rettifica;
- l'abbattimento delle liste di attesa attraverso l'adozione in sede nazionale di modelli che incentivino le Regioni a dotarsi di sistemi di prenotazione unici e la promozione di indirizzi nazionali volti a favorire nelle Regioni, l'adozione - qualora necessario - di attività libero-professionale intramuraria acquisita dall'Azienda sanitaria, nel rispetto dell'autonomia organizzativa regionale e aziendale;
- lo stanziamento di risorse maggiori ed adeguate al rinnovo del CCNL comparto sanità, anche per le esigenze delle Case e Ospedali di Comunità e a coprire l'aumento per la spesa per il personale;
- la revisione dei tetti di spesa per l'assunzione a tempo indeterminato di personale del comparto, della dirigenza medica, sanitaria, veterinaria e delle professioni sanitarie e infermieristiche;
- l'aumento delle sedi formative dei medici in formazione specialistica e strumenti per assicurare la permanenza di essi, nelle medesime sedi, al termine del percorso formativo;
- investimenti adeguati all'innovazione tecnologica e per completare le opere territoriali previste dal PNRR, nonché l'emanazione di una puntuale disciplina delle specifiche tecniche per l'utilizzo di "FSE 2.0";
- la destinazione di maggiori risorse per il finanziamento dei costi di gestione del Numero Unico Europeo, ridotte con la legge di bilancio 2024 (n. 213/2023).
Approvata a maggioranza dei presenti nella seduta antimeridiana del 15 ottobre 2025