n.59 del 03.03.2023 (Parte Prima)

Decisione sull’ammissibilità della proposta di iniziativa popolare «Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/19 della Corte costituzionale», ai sensi dell’art. 6 c. 1 della legge regionale n. 34/1999 e successive modificazioni

LA CONSULTA DI GARANZIA STATUTARIA

Ritenuto in fatto

In data 9 gennaio 2023 con nota prot. 09/01/2023.0000291.I, il Responsabile del procedimento ha comunicato alla Consulta di garanzia statutaria che si è conclusa, con esito positivo, la verifica dei requisiti di cui al comma 6 dell’art. 5 della L.R. 22 novembre 1999, n. 34 («Testo unico in materia di iniziativa popolare, referendum e istruttoria pubblica»), in merito alla proposta di legge di iniziativa popolare intitolata Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/19 della Corte costituzionale, depositata presso l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea legislativa regionale in data 16 dicembre 2022 (Prot. 16/12/2022. 0031183.E) ai sensi dell’art. 5 comma 1 l.r. n. 34/1999.

Sono stati pertanto trasmessi alla Consulta di garanzia i documenti in copia conforme all’originale come previsto al comma 7 dell’art. 5 della legge regionale suddetta, venendo ufficialmente investita la stessa della questione sull’ammissibilità della proposta di legge ai sensi dell’art. 6 c. 1 della l.r. n. 34/1999 e successive modificazioni.

La Consulta di garanzia statutaria nella seduta del 13 gennaio 2023, presenti i componenti Avv. Filippo Addino, Prof.ssa Chiara Bologna, Prof. Avv. Tommaso Bonetti, Dott.ssa Anna Voltan, si è riunita per procedere alla designazione, tra i Consultori, del relatore per la proposta di legge in oggetto ai sensi degli artt. 5, c. 1, lett. d) e 14 c. 2 del Regolamento della Consulta di garanzia statutaria (deliberazione della Consulta di garanzia statutaria 15 febbraio 2013, n. 9), individuando quale relatrice la Prof.ssa Chiara Bologna.

Successivamente, in data 23 gennaio 2023, la Consulta di garanzia statutaria si è riunita per avviare l’esame della proposta di legge di iniziativa popolare.

Nella stessa data del 23 gennaio si è svolta l’audizione degli incaricati di cui all’art. 5 c. 3 L.R. n. 34/1999, che, ai sensi dell’art. 6 c. 2 della medesima legge, hanno esercitato il diritto di intervenire alla prima riunione nella quale la Consulta inizia l’esame della proposta per essere ascoltati ed illustrare la proposta medesima prima che la Consulta adotti la sua decisione, interloquendo anche con i Consultori. Gli incaricati si sono in parte avvalsi della facoltà di intervenire tramite delegati designati ai sensi dell’art. 5 c. 3 lett. b, l r. n. 34/1999 ed hanno prodotto, in vista di tale intervento, una memoria ai sensi dell’art. 6 c. 2, l.r. n. 34/1999.

In data 6 febbraio la Consulta si è riunita e ha svolto una discussione preliminare sui vari profili rispetto ai quali è chiamata a pronunciarsi in relazione al progetto de quo, ex art. 6 l. r. n. 34/1999.

Il 22 febbraio, udita la relatrice Prof.ssa Chiara Bologna, dopo ampia discussione finale, la Consulta, ai sensi e con le conseguenze dell’art. 6 della L.R. n. 34/1999, ha assunto la seguente deliberazione.

Considerato in diritto

1. Secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, della legge regionale Emilia-Romagna n. 34/1999 sopra richiamata, si rileva preliminarmente che il testo del progetto di legge regionale di iniziativa popolare è redatto in articoli ed è accompagnato da una relazione illustrativa nella quale sono rappresentate le finalità e i contenuti dello stesso progetto.

2. Non si ravvisa la violazione dell’articolo 3, comma 2 della l. r. n. 34/1999, in quanto mancano più di sei mesi alla scadenza dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna.

3. In via preliminare, e quanto all’oggetto della proposta, si osserva che il progetto di legge di iniziativa popolare, secondo la relativa relazione illustrativa, mira a «definire», nelle more dell’intervento del legislatore nazionale (cfr. art. 3 c. 7 del progetto in esame) «il rispetto e la diretta applicazione, relativamente a ruoli, procedure e tempi del Servizio sanitario nazionale/regionale di verifica delle condizioni e delle modalità di accesso alla morte medicalmente assistita, affinché l’aiuto al suicidio non costituisca reato, così come delineato dalla sentenza» della Corte costituzionale n. 242/2019. Con tale decisione, sempre secondo i proponenti, «in attesa dell’intervento legislativo», la Corte avrebbe individuato «una circoscritta area in cui l’incriminazione per aiuto al suicidio ex art. 580 c.p. non è conforme alla Costituzione», affidando la verifica delle relative condizioni di non punibilità «a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale».

4. Secondo il comma quarto dell’art. 18 dello Statuto (e il comma 1 dell’art. 3 della legge n. 34/1999 che riproduce la disposizione statutaria) l’iniziativa popolare non è ammessa per la revisione dello Statuto stesso, ed è evidente che il progetto oggetto di valutazione non ha tale finalità.

5. Ai sensi della stessa disposizione statutaria l’iniziativa legislativa popolare non è ammessa per le leggi tributarie. Per quanto riguarda la materia tributaria, si ricorda quanto già precedentemente affermato da questa Consulta, e cioè che «è legge tributaria qualunque disposizione di legge che istituisce, disciplina, modifica obbligazioni tributarie» (decisioni n. 2/2011, punto 4 in diritto; n. 5/2011, punto 3 in diritto; n. 4/2012, punto 2.2 in diritto). Il progetto di legge in esame non contiene alcuna disposizione di tale natura.

6. Il progetto in esame non viola altresì l’art. 18 dello Statuto e il comma 1 dell’art. 3 della legge n. 34/1999 (che riproduce la disposizione statutaria), i quali escludono l’ammissibilità dell’iniziativa legislativa popolare sulle leggi di bilancio. In riferimento a tale limite questa Consulta ha affermato che per legge di bilancio deve intendersi non una legge di spesa, ma la legge «che disciplina in generale il modo di costruire o strutturare il bilancio» oppure «quella legge che in attuazione della legge sul bilancio contenga uno specifico bilancio» (si veda Consulta di garanzia statutaria, decisione n. 5/2011, punto 2 in diritto).

Vi è dunque una distinzione tra «leggi di bilancio» e «leggi di spesa»: «le prime sono disposizioni di ordine generale che incidono sulla struttura del bilancio regionale, per le quali ai sensi dell’art. 3 della legge regionale n. 34/1999 non è ammessa la formulazione di proposte di iniziativa popolare; le seconde, invece, sono quelle che prevedono un’allocazione diversa delle risorse previste nel bilancio, ammissibili purché vi siano gli elementi per determinare l’onere finanziario» (nel testo del progetto o nella relazione), ai sensi dell’art. 2, comma 2, della legge regionale n. 34/1999 (si v. Consulta di garanzia statutaria, decisione n. 4/2012, punto 2.1 in diritto).

7. Il progetto non sembra violare il requisito richiesto alla lett. b), comma 1 dell’art. 6 della l. r. n. 34/1999 circa la conformità della proposta alle norme della Costituzione. La proposta di iniziativa popolare in esame è coerente con quanto stabilito nella sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale, nella quale il giudice delle leggi ha affermato che «il divieto assoluto di aiuto al suicidio finisce per limitare ingiustificatamente nonché irragionevolmente la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze, scaturente dagli artt. 2, 13 e 32, secondo comma, Cost., imponendogli in ultima analisi un’unica modalità per congedarsi dalla vita» (Corte cost. sent. n. 242/2019, punto 2.3 Considerato in diritto).

Per tali motivi la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 del codice penale, «nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della legge 22 dicembre 2017, n. 219 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento)», «agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi, di una persona tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e affetta da una patologia irreversibile, fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente».

8. In riferimento al requisito di cui all’art. 6 comma 1 lett. a) della l. r. n. 34/1999, il quale richiede che la materia oggetto della proposta popolare sia di competenza regionale, occorre svolgere alcune riflessioni.

La prima attiene all’orientamento di questa Consulta che ha applicato tanto il criterio della conformità a Costituzione, quanto quello della competenza regionale nella materia oggetto della proposta, in maniera da ritenere inammissibili solo le norme che fossero in contrasto testuale con il dettato della Costituzione oppure individuabili come incostituzionali alla luce di precedenti univoci e chiaramente conferenti della Corte costituzionale (es. Consulta di garanzia statutaria, decisione n. 3/2022). Ciò in applicazione non solo di un generico favor per gli strumenti di partecipazione popolare, ma alla luce del fatto che la Consulta non è chiamata a pronunciarsi su una deliberazione vincolante per i cittadini (conformemente a quanto richiesto dalla Corte costituzionale: cfr. sent. n. 200/2008, punto 5.2 Considerato in diritto), ma su una proposta all’Assemblea regionale che, esattamente come le proposte di legge non di origine popolare, è sottoposta ad istruttoria in Commissione e poi discussione, presentazione di emendamenti e votazione in Assemblea, salvo che la Commissione operi in sede redigente a seguito di deliberazione dell’Assemblea stessa (art. 51 Statuto della Regione Emilia-Romagna; art. 35 del Regolamento interno dell’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna). L’unica specificità procedurale prevista per l’iniziativa legislativa popolare è indicata nel comma 5 dell’art. 18 dello Statuto regionale, il quale prevede che «trascorsi sei mesi dalla presentazione del progetto di legge popolare senza che l'Assemblea si sia pronunciata, lo stesso è posto al primo punto dell'ordine del giorno della prima seduta utile. L'Assemblea decide nel merito entro i successivi dodici mesi».

Il testo eventualmente approvato dall’Assemblea regionale al termine dell’iter legislativo e promulgato dal Presidente della Regione, esso sì vincolante nel territorio della regione Emilia-Romagna, potrà essere sottoposto al controllo di costituzionalità dell’organo preposto a tale funzione nel nostro ordinamento, la Corte costituzionale, sia tramite il giudizio in via d’azione entro sessanta giorni dalla pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione, sia, successivamente, tramite il giudizio in via incidentale.

9. Ciò premesso, occorre in primo luogo ricordare brevemente quanto deciso dalla Corte costituzionale nella sent. n. 242/2019. In tale decisione il giudice delle leggi ha individuato «una circoscritta area di non conformità costituzionale» ritenendo violati gli artt. 2, 13, 32 Cost., dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 580 c.p., nella parte in cui non esclude la punibilità di chi, «con le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della l. n. 219/2017 (Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento) » – ovvero, quanto ai fatti anteriori alla pubblicazione della sentenza, «con modalità equivalenti nei sensi di cui in motivazione» –, «agevola l’esecuzione del proposito di suicidio, autonomamente e liberamente formatosi», di una persona a) tenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale e b) affetta da una patologia irreversibile, c) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che ella reputa intollerabili, ma d) pienamente capace di prendere decisioni libere e consapevoli, «sempre che tali condizioni e le modalità di esecuzione siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente». La Corte ha dunque individuato una causa di non punibilità per la fattispecie di aiuto al suicidio nel caso in cui siano rispettate le modalità previste dagli artt. 1 e 2 della l. n. 219/2017, siano soddisfatte le quattro condizioni sopra citate ed esse, insieme alle modalità di esecuzione, siano state verificate da una struttura pubblica del servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico territorialmente competente. Quanto ai fatti avvenuti prima della pubblicazione della sentenza, inclusi i fatti di cui al giudizio a quo da cui ha tratto origine la sent. n. 242, la Corte stabilisce che la non punibilità sia subordinata al fatto che l’agevolazione sia stata prestata con modalità anche diverse da quelle indicate nel dispositivo, purché «idonee comunque sia a offrire garanzie sostanzialmente equivalenti».

10. Il profilo dal quale avviare ogni riflessione è che non può essere esclusa l’immediata applicabilità della sentenza n. 242/2019, anche in assenza di un intervento legislativo del Parlamento. La dottrina costituzionalistica prevalente, in effetti, concorda sull’immediata applicabilità della decisione, escludendo che si tratti sia di una sentenza monito, sia di una sentenza additiva di principio e definendola invece decisione «self executing», sentenza di «accoglimento parziale che cela una additiva», o additiva tout court.

Lo stesso giudice costituzionale d’altro canto, nell’ord. n. 207/2018, esclude la possibilità di pronunciarsi per l’inammissibilità della questione accompagnando la pronuncia con un monito al legislatore, perché questa tecnica decisoria avrebbe «l’effetto di lasciare in vita – e dunque esposta a ulteriori applicazioni, per un periodo di tempo non preventivabile – la normativa non conforme a Costituzione. La eventuale dichiarazione di incostituzionalità conseguente all’accertamento dell’inerzia legislativa presuppone, infatti, che venga sollevata una nuova questione di legittimità costituzionale, la quale può, peraltro, sopravvenire anche a notevole distanza di tempo dalla pronuncia della prima sentenza di inammissibilità, mentre nelle more la disciplina in discussione continua ad operare. Un simile effetto non può considerarsi consentito nel caso in esame, per le sue peculiari caratteristiche e per la rilevanza dei valori da esso coinvolti» (Corte cost., ord. n. 207/2018, p. 11 Cons. dir.). Per tali motivi il giudice costituzionale ricorre con quella ordinanza ad una modalità decisoria inedita, di incostituzionalità accertata ma differita, sospendendo il giudizio per undici mesi al fine di lasciare al Parlamento il tempo per rimuovere il vulnus costituzionale riscontrato.

Nella decisione definitiva n. 242/2019 la Corte, pronunciandosi con una sentenza di accoglimento della questione di legittimità costituzionale, dopo aver ricordato la sua scelta di non pronunciarsi con un semplice monito al legislatore, prende atto del mancato intervento del legislatore medesimo negli undici mesi trascorsi dopo l’adozione dell’ord. n.207/2018, affermando che «in assenza di ogni determinazione da parte del Parlamento» la Corte non può «ulteriormente esimersi dal pronunciare sul merito delle questioni, in guisa da rimuovere il vulnus costituzionale già riscontrato con l’ordinanza n. 207 del 2018». Né, prosegue la Corte, «è a ciò d’ostacolo la circostanza che (…) la decisione di illegittimità costituzionale faccia emergere specifiche esigenze di disciplina che, pur suscettibili di risposte differenziate da parte del legislatore, non possono comunque sia essere disattese», così che «decorso un congruo periodo di tempo, l’esigenza di garantire la legalità costituzionale deve, comunque sia, prevalere su quella di lasciare spazio alla discrezionalità del legislatore per la compiuta regolazione della materia, alla quale spetta la priorità».

È il giudice costituzionale poi ad affermare che se i vuoti di disciplina prodotti dalla declaratoria di illegittimità costituzionale «pure in sé variamente colmabili, rischino di risolversi a loro volta – come nel caso di specie – in una menomata protezione di diritti fondamentali (suscettibile anch’essa di protrarsi nel tempo, nel perdurare dell’inerzia legislativa) », è lo stessa Corte costituzionale che «può e deve farsi carico dell’esigenza di evitarli, non limitandosi a un annullamento “secco” della norma incostituzionale, ma ricavando dalle coordinate del sistema vigente i criteri di riempimento costituzionalmente necessari, ancorché non a contenuto costituzionalmente vincolato, fin tanto che sulla materia non intervenga il Parlamento» (Corte cost. sent. n. 242/2019, punto 4 Cons. dir.). Nello specifico la Corte, oltre ad individuare le già ricordate condizioni che fanno venire meno la punibilità della condotta di cui all’art. 580 c.p., stabilisce che «la verifica delle condizioni che rendono legittimo l’aiuto al suicidio deve restare peraltro affidata – in attesa della declinazione che potrà darne il legislatore – a strutture pubbliche del servizio sanitario nazionale» e che «a queste ultime spetterà altresì verificare le relative modalità di esecuzione, le quali dovranno essere evidentemente tali da evitare abusi in danno di persone vulnerabili, da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze». La «delicatezza del valore in gioco richiede», prosegue la Corte, «l’intervento di un organo collegiale terzo, munito delle adeguate competenze, il quale possa garantire la tutela delle situazioni di particolare vulnerabilità. Nelle more dell’intervento del legislatore, tale compito è affidato ai comitati etici territorialmente competenti» (ivi, punto 5 Cons. dir.). L’interpositio legislatoris, che pur il giudice costituzionale nella sentenza continua ad auspicare, non sembra dunque, come la dottrina maggioritaria ha sottolineato, conditio sine qua non per l’applicazione della sentenza (si veda anche il chiarimento in tema di obiezione di coscienza del personale sanitario, per il quale resta affidato «alla coscienza del singolo medico scegliere se prestarsi, o no, a esaudire la richiesta del malato»: ivi, punto 6 Cons. dir.).

La sent. n. 242/2019 della Corte costituzionale ha in effetti già trovato applicazione sia per fatti anteriori alla pubblicazione della decisione, nei quali il giudice penale ha riscontrato la presenza di «modalità equivalenti» rispetto a quelle indicate nella motivazione della sent. n. 242/2019 (non solo nel giudizio a quo: v. ad es. la sentenza della Corte d’Assise di Massa, depositata in data 2/9/2020) sia per fatti avvenuti dopo la pubblicazione della sentenza della Corte costituzionale. E’ il caso, quest’ultimo, di F.C., che il 16 giugno 2022 ha fatto ricorso, per la prima volta nel nostro Paese, al suicidio assistito dopo aver ottenuto dall’ASUR Marche, al termine di un complesso iter giurisdizionale, l’accertamento della sussistenza dei presupposti richiamati nella sentenza n. 242/2019 ai fini della non punibilità dell’aiuto al suicidio da parte del Comitato etico territorialmente competente e una relazione di un Gruppo Tecnico Multidisciplinare su modalità, metodica e farmaco prescelti.

Il Gruppo Tecnico Multidisciplinare era stato nominato da ASUR Marche – Area Vasta 2, con nota 28 dicembre 2021, ottemperando all’ordinanza del Tribunale ordinario di Ancona emessa e depositata in data 9/6/2021. Con tale decisione il giudice civile aveva stabilito che il ricorrente avesse diritto, in base alla sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019, ad ottenere dall’ASUR Marche l’accertamento dei presupposti ai fini della non punibilità dell’aiuto al suicidio e «la verifica dell’effettiva idoneità ed efficacia delle modalità, della metodica e del farmaco prescelti dall’istante per assicurarsi la morte più rapida, indolore e dignitosa possibile».

11. Non potendosi escludere dunque, come sopra argomentato, l’immediata applicabilità della sent. n. 242/2019 della Corte costituzionale anche in assenza dell’intervento del Parlamento, si pone il tema delle competenze della Regione Emilia-Romagna nell’esecuzione della sentenza medesima. Come evidente, non esistono precedenti e conferenti decisioni della Corte costituzionale su tale questione, postasi per la prima volta a seguito della presentazione della proposta popolare in oggetto e di analoghe iniziative avviate o appena realizzate in altre Regioni italiane.

Occorre ricordare tuttavia che il Ministero della Salute, per il tramite della Conferenza delle Regioni e Province autonome, con nota 11 novembre 2021, prot. n. 8108/C7SAN e reiterata con nota del 20 dicembre 2021, prot. n. 9286/C7SAN, ha esplicitato che la sent. n. 242 attribuisce «alle strutture pubbliche del SSN la competenza a verificare le condizioni che rendono legittima l’assistenza al suicidio e le relative modalità di esecuzione, previo parere del Comitato etico territorialmente competente», ponendo «il SSN di fronte alla necessità di fornire risposte coerenti con le nuove condizioni che la Corte stessa ha fissato, nelle more dell’intervento del Legislatore» così che le strutture del Servizio sanitario nazionale e i Comitati etici risultano direttamente investiti di una «funzione immediatamente attivabile a fronte di eventuali richieste di suicidio medicalmente assistito». A tale finalità le stesse note chiedevano ai Presidenti delle Regioni e delle Province autonome «di voler promuovere l’individuazione» ciascuno nel proprio territorio regionale, «nel termine di 60 giorni, di uno o più Comitati etici ai quali le strutture sanitarie possono rivolgersi per acquisire il parere nel caso di richieste di suicidio medicalmente assistito». Facendo seguito a tale invito la Regione Puglia, ad esempio, ha individuato il Comitato etico competente con una nota del 10 gennaio 2022, e con deliberazione della Giunta regionale n. 18 del 18 gennaio 2023 ha sancito espressamente che gli operatori sanitari della Regione sono «tenuti a dare attuazione a tutti i punti» della sentenza della Corte costituzionale n. 242/2019 allegata alla delibera medesima (vedi anche delibera n. 780 del 13 settembre del 2021 dal titolo «Indirizzi operativi per la verifica dei requisiti previsti dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 242/2019» adottata dall’Azienda USL Toscana Nord Ovest che prevede la formazione di un’apposita Commissione multidisciplinare avente il compito di verificare i requisiti previsti dalla sentenza). È inoltre all’esame dell’Assemblea legislativa della Regione Marche la proposta di legge n. 129, presentata da alcuni Consiglieri in data 13 luglio 2022, dal titolo «Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/2019 della Corte costituzionale».

Per quanto concerne la competenza regionale che potrebbe legittimare la proposta popolare qui in esame, occorre ricordare che, come la stessa relazione illustrativa sottolinea, per la definizione del riparto di competenze tra Stato e Regioni in materia di salute rilevano almeno due distinte disposizioni dell’art. 117 Cost.: il comma 2 che alla lettera m) riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di «determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale», e il comma 3 che attribuisce alla competenza concorrente la materia della tutela della salute. La proposta di legge in esame potrebbe essere, come indicato nella memoria prodotta dai proponenti, esercizio della competenza regionale concorrentein materia di tutela della salute, in quanto detta norme organizzative e procedurali per l’erogazione di prestazioni sanitarie. I principi fondamentali, dunque, sarebbero di fatto rinvenibili nella sentenza della Corte costituzionale. La competenza regionale in materia di tutela della salute, come riconosciuto dalla stessa Corte costituzionale (v. ad es. sentt. n. 270/2005; n. 207/2010), è in effetti più ampia dell’originaria voce dell’«assistenza sanitaria ed ospedaliera» contenuta nel testo dell’art. 117 Cost. vigente prima della revisione di cui alla l. cost. n. 3/2001. Le competenze regionali concernono dunque, a titolo esemplificativo e non esaustivo della giurisprudenza costituzionale, i profili organizzativi e gestionali della sanità regionale permettendo che «le Regioni, responsabili per il proprio territorio dei servizi sanitari, dettino norme di organizzazione e di procedura, o norme concernenti l’uso delle risorse pubbliche in questo campo: anche al fine di meglio garantire l’appropriatezza delle scelte terapeutiche e l’osservanza delle cautele necessarie per l’utilizzo di mezzi terapeutici rischiosi o destinati ad impieghi eccezionali e ben mirati» (Corte cost. n. 338/2003, p. 5.1 Cons. dir.). A tal proposito occorre sottolineare che la stessa Corte costituzionale nella sent. n. 242/2019 definisce «terapie» quelle finalizzate a liberare il malato dalle sofferenze (p. 2.3 Cons. dir.)

Un ruolo diretto delle Regioni nell’esecuzione di una sentenza della Corte costituzionale, quale esercizio della competenza concorrente in materia di tutela della salute, in attesa dell’intervento del legislatore nazionale, è rinvenibile nel precedente della sent. n. 162/2014, con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato «l’illegittimità costituzionale dell’art. 4, comma 3, della legge 19 febbraio 2004, n. 40 (Norme in materia di procreazione medicalmente assistita), nella parte in cui stabilisce per la coppia di cui all’art. 5, comma 1, della medesima legge, il divieto del ricorso a tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo, qualora sia stata diagnosticata una patologia che sia causa di sterilità o infertilità assolute ed irreversibili». In esecuzione di tale sentenza è stata infatti adottata la Deliberazione della Giunta regionale 11 settembre 2014, n. 1487, con la quale l’Emilia-Romagna è stata tra le prime Regioni a recepire un documento della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome del 4 settembre 2014 in materia di fecondazione eterologa. Con tale delibera la Giunta regionale ha individuato i criteri di accesso alle procedure di Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) di tipo eterologo e i requisiti autorizzativi dei Centri che svolgono attività di PMA nella regione Emilia-Romagna. Nel «Documento sulle problematiche relative alla fecondazione eterologa a seguito della sentenza della Corte costituzionale nr. 162/2014» la Conferenza delle Regioni e delle Province autonome, preso atto della sentenza della Corte Costituzionale del 9 aprile 2014, n. 162, afferma di aver definito «in attesa che il Parlamento legiferi in materia, un accordo interregionale che verrà recepito dalle singole Regioni e PP.AA., il quale avrà valenza transitoria, ma che permetterà comunque alle coppie che ne faranno richiesta di poter accedere alla fecondazione eterologa».

12. Se dunque la proposta popolare in oggetto potrebbe essere ricondotta a un esercizio della competenza regionale concorrente in materia di tutela della salute, in quanto detta norme organizzative nel rispetto di principi fondamentali rinvenibili nella sentenza della Corte costituzionale, occorre segnalare, tuttavia, all’interno della proposta stessa, alcune disposizioni che sembrano esulare da quanto deciso dalla Corte.

L’art. 2 c. 5, l’art. 3 cc. 5 e 6, l’art. 4 c. 2 e c. 1 limitatamente alle parole «e l’assistenza» non mirano unicamente a organizzare la verifica delle condizioni richieste nella sentenza n. 242/2019 dalla Corte costituzionale per garantire la non punibilità dell’aiuto al suicidio, ma prevedono, con tempi certi e individuando «un diritto all’erogazione delle prestazioni», che l’azienda sanitaria fornisca farmaco, macchinario e assistenza medica per l’autosomministrazione.

Se infatti in base alla sent. n. 242/2019 della Corte costituzionale l’aiuto al suicidio, nelle circostanze indicate dalla Corte, non è punibile per l’esercizio di un altrui diritto fondato sugli artt. 2, 13, 32 c. 2 Cost., tale diritto non sembra configurabile nella sentenza come un diritto ad essere aiutati a morire dal Servizio sanitario nazionale, ma semmai come un diritto a darsi la morte ottenendo da una struttura pubblica del SSN l’accertamento dei presupposti per la non punibilità, quello dell’idoneità del farmaco e più in generale l’accertamento delle modalità di esecuzione le quali dovranno essere «tali da evitare abusi in danno di persone vulnerabili, da garantire la dignità del paziente e da evitare al medesimo sofferenze» (Corte cost. n. 242/2019, punto 5 Cons. dir.). Le indicate disposizioni della proposta popolare appaiono dunque non meramente applicative della sentenza n. 242 del 2019 e quindi difficilmente riconducibili alla competenza regionale concorrente in materia di tutela della salute.

In ogni caso vale la premessa contenuta nel punto 8 della parte in diritto di questa decisione circa l’orientamento di questa Consulta di considerare inammissibili solo le norme individuabili come incostituzionali alla luce di precedenti giurisprudenziali chiari e puntuali della Corte costituzionale, precedenti assenti nel caso de quo.

13. Per quanto concerne infine il limite di ammissibilità di cui all’art. 2 c. 2 l. reg. 34/1999, ossia quello in base al quale «La proposta che comporti nuove o maggiori spese a carico del bilancio della Regione deve contenere, nel testo del progetto di legge o nella relazione, gli elementi necessari per la determinazione del relativo onere finanziario», occorre ricordare che questa Consulta ha sempre interpretato tale requisito in maniera non stringente alla luce del dato testuale che, come rilevato dalla Consulta stessa sin dalla decisione n.2/2009, non impone che il progetto di legge indichi l’onere finanziario ma più genericamente gli elementi necessari per la determinazione del relativo onere finanziario (finanche nella sola relazione di accompagnamento)«affinché successivamente gli esperti dei bilanci basandosi su questi elementi possano determinare l’onere finanziario; questi elementi poi non sempre debbono essere tali da permettere di quantificare da subito, basandosi soltanto su di essi, gli oneri finanziari che il progetto, una volta approvato ed applicato, comporterà, ma debbono indicare i criteri secondo i quali successivamente, in base ad analisi, potranno essere quantificati gli oneri finanziari» (Consulta di garanzia statutaria, decisione n.2/2009, punto 7 in diritto e analogamente decisione n. 11/2013, punto 4 in diritto).

Nel caso di specie tale requisito sembra soddisfatto dall’individuazione dei parametri che genereranno la spesa, quali la tipologia dei destinatari e i criteri di accesso, risultando non necessaria, ai fini dell’ammissibilità della proposta popolare, la «clausola di invarianza» contenuta nell’art. 5 del progetto di legge in esame, clausola che sembra richiamare l’invarianza dei saldi di bilancio derivante dall’approvazione di una legge. Quest’ultima andrebbe tuttavia illustrata in modo credibile, verificabile, argomentando con dati e elementi idonei a suffragare l'ipotesi di invarianza degli effetti sui saldi di bilancio: un’illustrazione che viene tipicamente demandata alla Scheda tecnico-finanziaria (STF) che accompagna i progetti di legge e che non è richiesta alle proposte popolari le quali devono, unicamente, anche nella sola relazione illustrativa del progetto, indicare gli elementi necessari per la determinazione del relativo onere finanziario. La Scheda tecnico-finanziaria diventerà necessaria qualora il progetto di legge di iniziativa popolare divenisse legge regionale, preliminarmente alla sua approvazione.

P.Q.M.

LA CONSULTA DI GARANZIA STATUTARIA

dichiara ammissibile la proposta di iniziativa popolare “Procedure e tempi per l’assistenza sanitaria regionale al suicidio medicalmente assistito ai sensi e per effetto della sentenza n. 242/19 della Corte costituzionale”, ai sensi dell’art. 6 c. 1 della legge regionale n. 34/1999 e successive modificazioni.

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