n.38 del 15.02.2023 periodico (Parte Seconda)

RISOLUZIONE - Oggetto n. 5521 - Risoluzione per impegnare la Giunta a sollecitare il Governo a introdurre modifiche al Codice del Terzo Settore, allo scopo di semplificare gli oneri burocratici per gli Enti del Terzo Settore di piccola dimensione. A firma dei Consiglieri: Amico, Maletti, Bulbi, Marchetti Francesca, Daffadà, Sabattini, Mori, Gerace, Mumolo

L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna

Premesso che

lo Stato italiano, a partire dalla Legge delega 106/2016 per la riforma del Terzo settore e in particolare con i decreti attuativi successivi, soprattutto con il D.Lgs. 117/2017, ha riconosciuto gli enti di Terzo settore come soggetti dediti allo sviluppo di attività di interesse generale, secondo un principio di sussidiarietà circolare.

La Legge 106/2016 attesta che «per Terzo settore si intende il complesso degli enti privati costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che, in attuazione del principio di sussidiarietà e in coerenza con i rispettivi statuti o atti costitutivi, promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi».

I soggetti sopra indicati sono, per natura e storia, eterogenei nella forma statutaria e organizzativa, essendo prevista la coesistenza di professioni e volontariato, per cui l’opera di riordino e codificazione effettuata con la Riforma è risultata particolarmente complessa per la quantità di specificità e per la varietà delle attività di interesse generale praticate, classificate in 25 punti all’art. 5 del D.Lgs. 117/2017.

Premesso inoltre che

la riforma del Terzo settore ha cercato, anche meritoriamente, di rivedere un quadro normativo e di regole entro cui operano realtà molto eterogenee e disciplinate in modo frammentato, ma presenta ancora diverse lacune. Quella principale è di non aver trovato un equilibrio tra la giusta esigenza di regole e trasparenza e un atteggiamento generale di sospetto e sfiducia generato dalle inchieste che hanno coinvolto soggetti no profit, proseguito poi con la criminalizzazione delle ONG che sono stati il contrappunto nel periodo in cui la legge è stata redatta e formulata.

Le regole stabilite dal Codice di Terzo settore sono funzionali a godere di un sistema fiscale agevolato, ma l’elaborazione su questo fronte in tutti questi anni non è ancora giunta a una sintesi positiva. Pertanto, si corre il rischio di imporre impegni molto gravosi dal punto di vista burocratico, non sempre calibrati anche su diversità e dimensione dei soggetti, che di fatto rendono estremamente difficile l’esercizio di partecipazione popolare.

Considerato che

si è rivelata molto laboriosa l’applicazione del dettato normativo che vede nell’istituzione del Registro unico del Terzo settore (RUNTS) il punto di partenza da cui si possano dispiegare le opportunità contenute nel Codice di Terzo settore.

In particolare, l’adesione ai principi espressi dal D.Lgs. 117/2017 risulta onerosa, in termini economici e organizzativi, per le forme di natura associativa – a cui fanno riferimento centinaia di migliaia di volontari – per cui è richiesto un considerevole sforzo di adattamento formale agli obblighi di legge, che le allontana dalla possibilità di entrare nel pieno novero degli enti di Terzo settore, nonostante rispettino istanze, finalità e attività.

Il Registro unico, organizzato tramite gli uffici delegati dallo Stato alle Regioni, sta di fatto scaricando sulle strutture regionali l’onere di fornire chiarimenti interpretativi, dirimere controversie, validare statuti e via dicendo.

Le associazioni si muovono in un quadro ancora incerto, in quanto il corpus integrale dei decreti derivanti dalla legge delega non è ancora stato interamente definito.

Rilevato che

la riforma del Terzo settore non va intesa come uno strumento per la rivisitazione del sistema welfare complessivo in una prospettiva di esternalizzazione dei servizi, bensì per una vera integrazione dell’azione degli enti pubblici con l’apporto del privato sociale.

La dignità delle cooperative e delle imprese sociali, così come per gli enti associativi, passa attraverso un loro pieno coinvolgimento, secondo gli assunti dell’amministrazione condivisa codificati dal Decreto-legge 103/2021.

Un Terzo settore solido e radicato è possibile solo attraverso un forte esercizio delle prerogative pubbliche, in grado di identificare gli obiettivi universalistici a cui concorrono gli enti di Terzo settore al fine di renderli esigibili ai cittadini, secondo un principio di integrazione positiva di compiti e attività.

Evidenziato che

non è stato ancora delineato il quadro fiscale di riferimento per gli enti di Terzo settore che ne riconosca le prerogative e i vantaggi, secondo il principio di sussidiarietà sopra menzionato.

Per formulare una proposta compiuta di questo quadro fiscale è essenziale il confronto con i soggetti interessati dai cambiamenti sostanziali che ne derivano, ovvero bisogna che la proposta tenga in considerazione tutte le forme e le specificità che si sono consolidate nel tempo e nella pratica.

Per formulare una proposta capace di valorizzare la spesso declamata “bontà” degli interventi degli enti di Terzo settore nello svolgere attività di interesse generale, codificate secondo l’art. 5 del D.Lgs 117/2017, è indispensabile riconoscere le specificità degli enti di Terzo settore uscendo dalla logica di controllo e sospetto che per molto tempo ha caratterizzato l’atteggiamento inquisitorio degli enti preposti.

Sottolineato che

la materia fiscale è prerogativa dello Stato e i criteri di vantaggio da riservare a determinati enti non possono, nel caso del Terzo settore, essere misurati secondo i parametri della concorrenza di mercato, ma favorire l’impegno per lo sviluppo delle attività di interesse generale.

Allo stato attuale agli enti di Terzo settore è richiesto un particolare impegno, che spesso è superiore persino a quello a cui è sottoposta la pubblica amministrazione, senza fare menzione di quanto invece si attende dalle attività private in termini di trasparenza, democraticità, rendicontazione.

La fatica burocratica che ne deriva, soprattutto per i soggetti di piccole dimensioni, rischia di determinare un allontanamento degli enti di Terzo settore dal Terzo settore stesso, e di decretare così il “fallimento” della Riforma.

L’eterogeneità dei soggetti impone l’adattabilità delle forme, che non possono essere “costrette” nella gabbia dell’imprenditoria sociale, la cui strutturazione varia a seconda del dimensionamento.

Una peculiarità del Terzo settore italiano è anche il suo carattere popolare, diffuso e soprattutto capace di organizzare la partecipazione dei cittadini nel perseguire l’interesse generale.

È indispensabile recuperare una dimensione di aggregazione, di ricomposizione, di agire collettivo, anche in seguito agli stravolgimenti determinati dalla pandemia.

Riconoscendo come metodo che in Emilia-Romagna ha dato origine al Patto per il lavoro e il clima, secondo il quale gli strumenti di confronto e concertazione risultano maggiormente efficaci coinvolgendo le rappresentanze del Terzo settore, è auspicabile che anche a livello nazionale si proceda su queste materie in stretto raccordo con le rappresentanze di livello nazionale.

Queste ultime pongono all’attenzione della collettività e delle istituzioni non soltanto bisogni, ma soprattutto proposte e soluzioni, anche innovative, secondo processi assolutamente fondamentali per la democrazia del paese.

Valutato che

la ricchezza del patrimonio sociale che caratterizza le varie forme di Terzo settore, in particolare quelle associative e di volontariato, è essenziale per uno sviluppo armonico della coesione dei territori e delle comunità.

Una definizione chiara dell’orizzonte fiscale entro cui devono muoversi gli enti di Terzo settore è condizione imprescindibile per metterli in grado di scegliere con consapevolezza e certezza il proprio destino.

L’83% degli enti di Terzo settore di natura associativa non supera con i propri bilanci il valore di 6.000 euro all’anno.

È allo studio una direttiva UE sulla definizione comunitaria degli statuti per gli enti no profit, così come si sta procedendo verso l’adozione del Piano d’azione per l’economia sociale.

Tutto ciò premesso, considerato, rilevato, evidenziato, sottolineato e valutato,

impegna la Giunta regionale

a sollecitare il Governo, anche tramite la Conferenza Stato-Regioni, ad introdurre modifiche al Codice del Terzo Settore allo scopo di semplificare gli oneri burocratici per gli Enti del Terzo Settore di piccola dimensione e prevedere per essi un quadro fiscale certo e non penalizzante, modificando la situazione attuale che prevede un’unica categoria per gli Enti che abbiano un bilancio tra 0 e 200.000 euro complessivi.

A sollecitare il riconoscimento delle prerogative per l’esercizio dei servizi mutualistici.

Ad approfondire i criteri di armonizzazione delle opportunità che oggi sono riconosciuti alle associazioni sportive, perché vengano estesi anche agli enti di Terzo settore di natura associativa, in ragione dell’interesse generale rappresentato dalle attività dell’art. 5 del D.Lgs. 117/2017, la cui finalità è il benessere materiale e immateriale dei cittadini.

Ad affermare con forza la necessità di valorizzare economicamente e socialmente il lavoro che si sviluppa attraverso le attività delle imprese e delle cooperative sociali.

Approvata a maggioranza dei presenti nella seduta pomeridiana del 25 gennaio 2023

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