n.275 del 05.08.2020 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 1004 - Risoluzione sul contrasto al caporalato in agricoltura e sull’opportunità di istituire il marchio di certificazione "prodotti liberi dal caporalato". A firma dei Consiglieri: Zamboni, Amico, Taruffi
L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna
Premesso che
con l’espressione “caporalato” si intende l’intermediazione, il reclutamento e l'organizzazione illegale della manodopera, nonché lo sfruttamento lavorativo, prevalentemente in agricoltura. Tale complesso e allarmante fenomeno riguarda lavoratori sia italiani che stranieri ed è diffuso in tutte le aree del Paese;
secondo i dati dell’Ispettorato nazionale del lavoro, riportati nel Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022, su oltre 7 mila accertamenti effettuati nel 2018, si è registrato un tasso di irregolarità pari al 54,8%, con oltre 5 mila lavoratori interessati dalle violazioni. Tra i lavoratori irregolari, circa il 74% erano impiegati nel settore agricolo e oltre la metà erano cittadini stranieri;
il fenomeno del caporalato è stato riscontrato anche nelle campagne dell’Emilia-Romagna, come ha evidenziato una importante opera di indagine svolta dalla Magistratura e dall'Ispettorato del lavoro su un nuovo caso di caporalato in Romagna con migranti afgani e pachistani pagati da loro connazionali pochi euro al giorno e condannati a vivere in condizioni disumane;
la Legge 29 ottobre 2016, n. 199 “Disposizioni in materia di contrasto ai fenomeni del lavoro nero, dello sfruttamento del lavoro in agricoltura e di riallineamento retributivo nel settore agricolo” mette in campo importanti politiche di prevenzione come la promozione di modalità sperimentali di intermediazione tra domanda e offerta di lavoro nel settore agricolo, la realizzazione di forme efficienti di trasporto dei lavoratori, il monitoraggio dell’andamento del mercato del lavoro agricolo, la promozione di politiche attive del lavoro e di contrasto al lavoro sommerso, l’organizzazione e gestione dei flussi di manodopera stagionale e l’assistenza dei lavoratori stranieri;
la stessa legge prevede il potenziamento della Rete del lavoro agricolo di qualità (introdotta nel 2014) che, con le sue Sezioni territoriali, svolge un ruolo chiave nell’attivazione di misure di prevenzione e contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e di interventi mirati alla protezione, assistenza e reinserimento socio-lavorativo;
alla Rete del lavoro agricolo di qualità possono essere iscritte le imprese agricole più virtuose, che non hanno riportato condanne penali per violazioni della normativa in materia di lavoro e legislazione sociale e in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto e che non sono destinatarie, negli ultimi tre anni, di sanzioni amministrative oltre ad essere in regola con il versamento dei contributi previdenziali e dei premi assicurativi. Inoltre, le imprese che intendono partecipare alla Rete devono applicare i contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali e non essere collegate a soggetti non in possesso dei requisiti di registrazione.
Considerato che
l’agroalimentare è un settore economico di primaria importanza per l’Emilia-Romagna, capace di dare lavoro a circa 310.000 addetti, per un giro d’affari complessivo di circa 20 miliardi di euro e 6,2 miliardi di export. In questo quadro l’agricoltura regionale, che fa leva su circa 64.000 aziende, ha uno straordinario valore, oltre che economico, anche sociale, ambientale e culturale;
la Legge regionale 30 maggio 1997, n. 15 “Norme per l’esercizio delle funzioni regionali in materia di agricoltura” prevede, all’Art. 14, la costituzione della Consulta agricola regionale, “presieduta dall’assessore regionale competente di agricoltura o suo delegato, composta dai rappresentanti designati dalle organizzazioni agricole professionali, cooperative e sindacali maggiormente rappresentative a livello regionale”;
l’art. 40 della Legge regionale 2 ottobre 2016, n. 18 “Testo Unico per la promozione della legalità e per la valorizzazione della cittadinanza e dell’economia responsabili” afferma che “la Regione promuove l’adesione delle imprese agricole alla Rete del lavoro agricolo di qualità”. Alle imprese agricole aderenti a tale Rete “la Regione può riconoscere meccanismi premiali da introdurre nei bandi per la concessione di contributi regionali. La Regione, al fine di contrastare più efficacemente gli illeciti nel settore agroalimentare, supporta le attività che possono essere svolte a livello territoriale dalla Rete del lavoro agricolo di qualità e dalle imprese ad essa aderenti”.
Preso atto che
per affrontare il problema bisognerebbe intervenire su un altro piano, ossia garantire il giusto compenso ad imprenditori agricoli e braccianti lungo tutta la catena del valore, per sottrarre gli stagionali al lavoro nero e al caporalato funzionali a ridurre i costi della manodopera in una situazione in cui il datore di lavoro agricolo sia a sua volta sotto-remunerato, dagli acquirenti, rispetto ai suoi costi di produzione. Tale condizione di squilibrio nel potere contrattuale tra produttori e acquirenti, oltre a creare il terreno favorevole alle pratiche illegali del caporalato, danneggia anche i circuiti agroalimentari locali, la piccola distribuzione di prossimità e l’agricoltura contadina;
anche la direttiva 633/2019 del Parlamento europeo sottolinea che "Nella filiera agricola e alimentare sono comuni squilibri considerevoli nel potere contrattuale tra fornitori e acquirenti di prodotti agricoli e alimentari. È probabile che tali squilibri di potere contrattuale comportino pratiche commerciali sleali nel momento in cui partner commerciali più grandi e potenti cerchino di imporre determinate pratiche o accordi contrattuali a proprio vantaggio relativamente a una operazione di vendita".
In questo contesto, non aiuta il fatto che, dopo l’approvazione da parte della Camera dei Deputati, sia ancora ferma al Senato la proposta di legge che vieta le aste al doppio ribasso nell’acquisto di prodotti alimentari dai produttori all’origine.
Rilevato che
il Programma di mandato della Giunta dell’XI Legislatura 2020-2025, presentato dal Presidente della Regione Stefano Bonaccini all’Assemblea Legislativa Regionale nella seduta del 9 giugno, a pagina 55, al punto 1. “Sostegno al reddito e miglioramento della competitività delle imprese” indica tra le azioni da intraprendere il “Contrasto al caporalato e valorizzazione della rete di lavoro di qualità”.
Tutto ciò premesso e considerato
Impegna la Giunta regionale
a dare seguito alla riunione della Consulta agricola regionale dedicata al contrasto al caporalato svoltasi lo scorso anno, riconvocando la Consulta e prevedendo l’opportuno coinvolgimento al suo interno sia dell'Ispettorato del lavoro sia delle organizzazioni dei produttori biologici - una realtà sempre più rilevante in Emilia-Romagna; la Consulta potrà così diventare la sede per concertare una soluzione strutturale che ristabilisca il giusto equilibrio tra tutti gli attori della filiera agroalimentare per assicurare il giusto compenso per i lavoratori e per gli imprenditori del settore agricolo;
a dare piena attuazione all’art. 40 della LR n. 18/2016, sia contribuendo - per quanto di competenza regionale - alla costituzione delle sezioni territoriali della Rete del lavoro agricolo di qualità quali strumenti di prevenzione delle pratiche di caporalato, sia rafforzando i meccanismi premiali da riconoscere alle imprese agricole aderenti a tale Rete e da inserire nei futuri bandi del Programma di Sviluppo Rurale per la concessione di contributi regionali;
a promuovere la sperimentazione di modalità efficienti di incontro tra domanda ed offerta di lavoro nel settore agricolo tramite i nuovi Centri per l’impiego, mettendo in rete associazioni datoriali, organizzazioni sindacali, agenzie interinali, le imprese agricole che hanno bisogno di manodopera, che così potrebbero contare su un sistema efficiente e trasparente al quale rivolgersi invece di cercare caporali o false cooperative che offrono braccianti sottopagati, soprattutto immigrati;
a valutare l’opportunità di istituire un marchio di certificazione per i prodotti "liberi dal caporalato", uno strumento che potrebbe contrastare alla radice il fenomeno del lavoro in nero e/o sottopagato, rendendo il lavoro agricolo socialmente sostenibile e premiando i produttori onesti.
Approvata all’unanimità dalla Commissione II Politiche economiche nella seduta del 21 luglio 2020.