n.203 del 30.07.2025 periodico (Parte Seconda)

RISOLUZIONE - Oggetto n. 915 - Risoluzione per impegnare la Giunta regionale a collaborare con Governo e Parlamento coinvolgendo i territori interessati, affinché si trovi una soluzione per mantenere la fruibilità dei capanni da pesca, attraverso le più opportune forme di riqualificazione e sostenibilità ambientale nonché nel rispetto della disciplina urbanistica, edilizia e di settore. A firma dei Consiglieri: Proni, Fiazza, Bosi, Paldino, Casadei, Calvano, Parma, Castellari

L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna
Premesso che

i capanni da pesca sono luoghi suggestivi della tradizione e dell'identità popolare, che raccontano e tramandano la cultura dell'acqua tra mare, valli, lagune, piallasse, fiumi, canali e torrenti. Mentre la dicitura "capanno da pesca" fa riferimento alla struttura architettonica, gli altri sinonimi utilizzati: "bilancione" (nell'area emiliana e nel Ferrarese) o "padellone" (in Romagna) si riferiscono all'attrezzo utilizzato per la pesca, che prevede una rete quadrata ed un sistema a bilancia di sollevamento, periodicamente (da 2 ai 10 minuti) immersa nell'acqua e sollevata verticalmente.

Con le loro grandi reti che si levano sugli specchi d'acqua nelle diverse zone umide, i capanni da pesca sono parte del patrimonio culturale regionale, caratterizzandone il paesaggio da molti secoli: presente sul territorio dal XV secolo, anche se le prime tracce dirette risalgono all'Ottocento, il capanno da pesca si è evoluto insieme alla gente del posto, passando da una forma di sussistenza quotidiana (data dalla possibilità di una pesca non professionale che integrava la dieta consentendo anche un piccolo commercio di pesce), a rifugio in tempo di guerra, fino alla funzione ricreativa odierna.

Rilevato che

i capanni si estendono in Romagna, da Rimini a Comacchio, con strutture totalmente diverse, a causa del contesto socio-economico da cui nascevano, e sottostanno alla competenza di enti diversi, a seconda che si trovino su acque interne o zone marittime, su golene o su canali di scolo, passando quindi dalla competenza della Regione Emilia-Romagna, a quella del Parco del Delta del Po, a quella dei Consorzi di bonifica, a quella dei Comuni.

Secondo un censimento dell'Università di Bologna, i capanni da pesca sui fiumi e canali lungo la fascia costiera che va da Rimini al Po di Volano sono oltre settecento, e la stragrande maggioranza, circa cinquecento, sono nel Ravennate.

Evidenziato che

si dice che l'origine del capanno, detto anche Padellone (o Bilancione), per via della grande rete protesa sull'acqua, risalga al XV secolo, ma è nell'800 che ne viene documentata la diffusione nell'area del Delta del Po e lungo tutta la costa adriatica.

La struttura del capanno - come indica la denominazione stessa - è quella di un "casotto", solitamente a un piano, costruito in alcuni casi sulla terraferma, altre appoggiato su una chiatta (cavana) o realizzato con palafitte sull'acqua.

Considerato che

il mantenimento del capanno da pesca deve avvenire secondo i termini previsti dai regolamenti urbanistici del Comune in cui la struttura è collocata e deve essere supportato dal possesso di titolo abilitativo edilizio rilasciato dal Comune, secondo la normativa edilizia vigente; nei casi in cui si intenda procedere a demolizione e ricostruzione o manutenzione straordinaria dei capanni, occorre essere in possesso di titolo abilitativo edilizio secondo la normativa edilizia vigente e i lavori devono avvenire secondo i criteri previsti dai regolamenti comunali e dei diversi enti coinvolti (ad esempio Parco del Delta, ...).

Rilevato che

per quanto riguarda la Regione Emilia-Romagna, il Settore attività faunistico­venatorie pesca e acquacoltura è competente al rilascio di concessioni demaniali marittime per i capanni da pesca che insistono sul Demanio marittimo, Arpae è competente per quanto riguarda il Demanio idrico.

Ad oggi, il Settore ittico ha rilasciato concessione demaniale alla quasi totalità delle strutture insistenti sul Demanio marittimo. Per alcune aree in cui sussistono situazioni peculiari (Pialassa Baiona e Po di Volano) è stato intrapreso un percorso in collaborazione con i Comuni per regolarizzare le strutture presenti.

Per quanto riguarda il demanio idrico, la Regione è impegnata da anni nella gestione dei capanni da pesca ed ha accompagnato, attraverso le associazioni dei capannisti, il dialogo finalizzato alla risoluzione dei temi che andavano dal pagamento dei canoni delle annualità pregresse alla possibilità di addivenire al rilascio di un legittimo titolo concessorio. Detto dialogo ha visto anche il coinvolgimento dei Comuni, che in alcuni casi hanno anche previsto con i regolamenti edilizi opportune norme per la conformità dei capanni sotto il profilo edilizio.

Per quanto concerne il demanio idrico i capanni possono rimanere ubicati nel luogo in cui sono quando sono eretti su palafitte e non arrecano pregiudizio sotto il profilo idraulico al buon regime del fiume: detti capanni di norma possono quindi vedersi riconosciuto un titolo concessorio che ne legittimi la permanenza.

Per quanto concerne i capanni a terra, quando non rispondono ai requisiti della pianificazione di bacino e alle regole di sicurezza idraulica, sarà necessario prevedere il rilascio di un titolo concessorio in modo che gli stessi non arrechino impedimento al deflusso dell'acqua, secondo le indicazioni della Protezione Civile.

Dato atto che

da alcuni anni si sta ponendo, tra una proroga e l'altra, la necessità di regolamentare e mettere a norma i capanni: il Consiglio comunale di Ravenna, con deliberazione del 25 luglio 2023, ha approvato all'unanimità la delibera riguardante il "Regolamento capanni da pesca e da caccia" e l'adeguamento del "Regolamento di assegnazione delle aree da destinare a capanni da pesca e da caccia", così modificando la scadenza entro la quale è possibile completare la riqualificazione dei capanni, che si trovano su aree comunali, dal 31 agosto 2023 al 31 agosto 2025, per coloro che al 31 agosto 2023 avessero concluso il percorso della concessione edilizia.

La proroga si è resa necessaria perché gli ultimi anni sono stati caratterizzati da situazioni complicate (Covid, bonus facciate e 110%, guerra in Ucraina e alluvioni) che non hanno permesso ai proprietari di rispettare la tempistica a causa della difficoltà di reperire manodopera e materiali edili, aumento dei costi a cui si sono aggiunte difficoltà economiche dei capannisti. Con la proroga si è consentito di proseguire nell'opera di riqualificazione dei capanni, patrimonio culturale da preservare e tramandare, e di conseguenza delle aree naturalistiche dove sono collocati.

Evidenziato altresì che

la compatibilità idraulica dei capanni da pesca in aree a rischio alluvioni richiede una valutazione approfondita per garantire che non aumentino il rischio di allagamento e che siano progettati per resistere agli eventi di piena. La Valutazione di Compatibilità Idraulica (VCI) è uno strumento fondamentale per questo, assicurando il rispetto delle normative e la sostenibilità del progetto: in sostanza, la VCI è un'analisi tecnica che valuta l'impatto di un intervento urbanistico sul regime idraulico dell'area. Nel caso dei capanni da pesca, la VCI verifica che la loro presenza non alteri in modo significativo lo scorrimento delle acque, non ostacoli il deflusso e non aumenti il rischio di allagamento per le aree circostanti.

Reso noto che

è attualmente all'esame dell'ottava Commissione del Senato un disegno di legge di iniziativa parlamentare relativo alla "tutela e salvaguardia dei manufatti e delle macchine per la pesca tradizionali esistenti nel demanio marittimo, lacuale e fluviale", volto a superare la disciplina di cui al Regio decreto del 1904 - cui tuttora fa riferimento la legislazione regionale - che impone che il piede della costruzione debba distare dieci metri dal piede arginale (distanza che nessun capanno soddisfa) e che non distingue fra i capanni ante e post 1985, quando cioè fu emanata la legge c.d. "Galasso".

Dato atto che

il complesso delle disposizioni normative vigenti serve a coniugare e conservare - per i capanni sulle aste fluviali - la radicata tradizione culturale dei capanni da pesca, adeguandola alle esigenze odierne e alla sicurezza idraulica e di chi li utilizza: la riqualificazione dei capanni da pesca "a terra" sopraelevandoli su pali è, infatti, volta a garantire l'incolumità di persone e cose, evitando che eventi meteorologici importanti possano travolgere e trascinare via tali strutture.

Sottolineato infine che

i capanni da pesca sono una ricchezza paesaggistica per il nostro territorio e fanno parte di quel patrimonio culturale e naturalistico della nostra tradizione che occorre preservare e valorizzare, anche nell'ottica di arricchire di nuovi stimoli culturali il territorio e portare all'attenzione dei turisti un valore spesso sconosciuto.

È nota la valenza dei capanni quale elemento di identità territoriale, nonché sede di aggregazione sociale e ricreativa ed il tema della riqualificazione dei capanni ha risvolti sulla fruizione, anche turistica, del patrimonio naturale, attraverso la valorizzazione di tale caratteristico elemento sociale e di tradizione.

Tutto ciò premesso e considerato,

impegna la Giunta regionale

a collaborare con Governo e Parlamento, coinvolgendo i territori interessati, affinché si trovi una soluzione equilibrata per mantenere, attraverso le più opportune forme di riqualificazione e sostenibilità ambientale, nonché nel rispetto della disciplina urbanistica, edilizia e di settore, la fruibilità dei capanni, che possono essere un volano per la valorizzazione di un territorio naturale caratterizzato da grande biodiversità e storicità.

Approvata all’unanimità dei votanti nella seduta pomeridiana dell’8 luglio 2025

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