n.85 del 29.03.2023 periodico (Parte Seconda)

RISOLUZIONE -Oggetto n. 6488 - Risoluzione per impegnare la Giunta a dedicare un approfondimento, nell'ambito del tavolo del Patto per il Lavoro e il Clima, all'applicazione dello smart working in Emilia-Romagna, sia nel pubblico sia nel privato, al fine di valorizzare le numerose esperienze positive nate durante la pandemia e i relativi benefici per lavoratori e lavoratrici e a intervenire in sede di Conferenza Stato-Regioni per sollecitare il Governo a puntare con maggior decisione sul lavoro agile nella pubblica amministrazione. A firma dei Consiglieri: Zamboni, Caliandro, Mumolo

L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna

Premesso che

secondo i dati pubblicati dal Ministero del Lavoro, nei primi nove mesi del 2022 oltre 1,66 milioni di rapporti di lavoro in Italia sono cessati per dimissioni volontarie. Si tratta di un trend in crescita, che non accenna a rallentare: il numero di persone che hanno volontariamente cessato il proprio contratto è cresciuto del 41% negli ultimi cinque anni (2018-2022) e del 22% rispetto al 2021, quando erano state 1,36 milioni. Il fenomeno riguarda tutti i lavoratori, a partire dalla fascia 30-50enni e quella dei giovani fino ai 29 anni. I dati rivelano inoltre che l’incremento delle dimissioni è più forte per le donne (+36,5% su base annua, contro il +27,8% degli uomini) e che il fenomeno è più diffuso nelle regioni del nord e del Centro Italia;

lo scorso 20 dicembre l’allora consigliera di Parità della Regione Emilia-Romagna Sonia Alvisi e il direttore dell’Ispettorato interregionale del lavoro del Nord-Est Aniello Pisanti hanno presentato il report annuale, riferito al 2021, sulla convalida delle dimissioni e risoluzioni consensuali di lavoratrici madri e lavoratori padri in Emilia-Romagna. Dal report risulta che le dimissioni dal lavoro e le risoluzioni consensuali in Emilia-Romagna sono state 5.146, in crescita rispetto al 2020 (quando erano state 4.174). Nello specifico, dei 5.146 casi, 4.980 riguardano dimissioni volontarie (il 96,8 per cento del totale), di cui 3.282 di donne. I provvedimenti riguardano in maggioranza persone nella fascia d’età che va dai 34 ai 44 anni (2.164 casi), il 42 per cento del totale, mentre il 35,2 per cento dei casi riguarda soggetti tra i 29 e i 33 anni;

in Emilia-Romagna il maggior numero dei recessi riguarda persone con un solo figlio o in attesa del primo (pari a 3.105 casi, il 60,34 per cento del totale), circa la metà per chi ha due figli (1.622 casi, il 31,5 per cento del totale). L’indagine, inoltre, sottolinea una prevalenza di recessi delle donne nell’ambito della qualifica impiegatizia, quasi quadrupla rispetto a quella degli uomini. Per quanto riguarda l’orario di lavoro, quasi l’80 per cento delle persone che chiedono il recesso lavorativo ha un contratto full time. Fra le principali ragioni alla base delle cessazioni dei rapporti di lavoro si registra fra le donne la difficoltà a conciliare il lavoro con la cura dei figli;

dal report del marzo 2021 “Emergenza Covid. L’impatto sulle donne e le azioni promosse dalla Regione Emilia-Romagna. Promozione dell’occupazione femminile. Conciliazione dei Tempi di Vita e lavoro. Pari opportunità e contrasto alla violenza di genere”, a cura dell’Assessorato alle Pari Opportunità, risulta che “La conciliazione dei tempi di lavoro con quelli di vita familiare risulta difficoltosa per più di un terzo degli occupati. Dichiarano di avere difficoltà di conciliazione il 36% delle donne che si prendono cura di figli minori, il 37% delle donne che si occupano di malati, disabili o anziani e il 38% di chi ha il carico di entrambi. Tali percentuali sono inferiori per gli uomini, ma nel caso di doppio carico (figli e altri familiari) sono di più gli uomini a denunciare difficoltà (44,5%)”.

Sottolineato che

finita la fase più acuta della pandemia, in Europa non si arresta la crescita del lavoro a distanza, mentre in Italia nel 2021 si è assistito a una frenata in favore del rientro in ufficio per la maggioranza delle ore di lavoro. Su 8 milioni di potenziali "smart worker" italiani, solo un terzo lavora da remoto per almeno un giorno a settimana. È quanto emerge dall'indagine di Randstad Research (il centro di ricerca sul futuro del lavoro promosso dalla società di cui porta il nome), realizzata elaborando i dati Istat ed Eurostat sul lavoro da casa negli anni di pandemia. Sul totale degli occupati, nel 2021 solo il 13% dei lavoratori italiani lavorava da casa. Il dato di chi lavorava da casa per almeno metà del tempo confrontato con gli altri paesi europei vede l'Italia fanalino di coda: dal 3,6% del 2019 si è passati al 12,2% del 2020, per scendere poi all'8,3% nel 2021. Mentre nello stesso periodo la media Ue è passata dal 5,4% del 2019 al 13,4% nel 2021;

stando a quanto emerso dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano che ha condotto la Ricerca 2022 sullo smart working, il calo maggiore nel 2021 si è registrato nella Pubblica Amministrazione e nelle PMI;

dal primo settembre 2022, la nuova normativa nazionale ha fatto decadere la possibilità, prevista dal Decreto riaperture, di attivare lo smart working in maniera semplificata anche senza un accordo quadro tra lavoratore e azienda;

con la recente approvazione del decreto-legge Milleproroghe, torna il diritto a richiedere (e ottenere) il lavoro agile per i genitori con figli under 14 nel solo settore privato, e per i lavoratori cosiddetti “fragili” sia nel privato sia nel pubblico. Per i genitori con figli under 14 il diritto a richiedere (e ottenere) lo smart working era scaduto a dicembre. Per i fragili l’attuale normativa scade il 31 marzo. Per entrambe le categorie, quindi, ora scatta il diritto allo smart working fino al 30 giugno.

Sottolineato inoltre che

secondo l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano, in questi anni il lavoro agile ha portato a un incremento di produttività. Inoltre, si è osservato che il lavoro agile permette ad aziende e lavoratori di ottenere risparmi economici non indifferenti, a cui va aggiunta, sul versante dei benefici ambientali, una riduzione delle emissioni di CO2 stimata nell’ordine di circa 450 kg annui a persona grazie ai mancati spostamenti casa-lavoro-casa con mezzi propri motorizzati;

l’esperienza degli ultimi anni ha dimostrato che lo smart working incide positivamente sulla qualità di vita delle persone. In particolare, i più alti livelli di benessere si registrano attraverso lo smart working “vero” e flessibile (il collaboratore sceglie dove e quando lavorare), che determina non solo una maggiore conciliazione tempi e spazi di vita e di lavoro, ma anche una maggiore produttività aziendale;

secondo un'indagine presentata alla Bologna Business School a settembre 2022, in sei mesi di smart working parziale (2-3 giorni a settimana), oltre 300 dipendenti di 11 aziende hanno evitato spostamenti per oltre 700mila chilometri, ed emissioni di CO2 pari a quelle assorbite in un anno da una foresta di 32 ettari. Non solo: hanno risparmiato costi, i tempi dei mancati spostamenti casa-lavoro-casa e guadagnato in benessere e qualità della vita. Tanti anche i benefici per le aziende, che hanno così dipendenti più sereni, collaborativi e produttivi. Lavorando in smart working, i dipendenti hanno risparmiato i costi di carburante, pedaggi, parcheggi, di alcune spese per la gestione familiare (baby-sitter) e quasi 14.000 ore di spostamenti casa-lavoro (6,7 anni). Tempo e soldi dedicati invece alla famiglia, al benessere, allo sport e anche alla formazione.

Evidenziato che

il ricorso allo smart working soprattutto nella fase acuta della pandemia da Covid 10 ha fatto toccare con mano – pur con le difficoltà a gestire i figli in DAD – la possibilità di migliorare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, facendo emergere la necessità di una maggiore collaborazione tra genitori per l’accudimento dei figli e l’assistenza a familiari conviventi con problematiche a fragilità;

se da un lato il lavoro fuori casa è oggettivamente uno strumento di emancipazione sociale della donna e uno spazio di tessitura di relazioni al di fuori del contesto domestico tradizionalmente consegnato al genere femminile, il ritorno al lavoro in presenza rischia di accentuare il fenomeno delle dimissioni volontarie delle lavoratrici-madri richiamato in premessa; insieme ad adeguati servizi educativi per l’infanzia e sociosanitari di supporto a familiari che necessitano di continua assistenza, il lavoro agile potrebbe offrire a padri e madri la possibilità di conciliare i tempi di lavoro con quelli di accudimento di figli e congiunti.

Ricordato che

nel febbraio 2021 la Regione Emilia-Romagna ha approvato il Pola, Piano del lavoro agile, con il quale nell’arco del triennio 2021/203 si punta a raccordare tutte le iniziative di trasformazione digitale, sviluppo delle risorse umane e adeguamento dei processi organizzativi in atto. Il Pola punta con decisione sullo smart working, affermandone la natura organica e sistematica, anche in previsione dell’uscita dalla fase pandemica. Così come definito per legge, lo scopo è fare in modo che oltre il 60% dei lavoratori coinvolti in mansioni eseguibili anche da remoto possano svolgere attività in modalità smart, nell’ambito di un percorso di accompagnamento finalizzato a valorizzare le loro competenze, migliorare il benessere organizzativo e rafforzare la conciliazione dei tempi di vita e lavoro. Tutto ciò, anche in un’ottica di sviluppo sostenibile del territorio regionale, assicurando una forte riduzione dei consumi energetici e degli spostamenti;

secondo le stime più aggiornate, in Regione Emilia-Romagna l’84,3% dei dipendenti (3222 su 3823) può usufruire del lavoro agile;

nel Patto per il Lavoro e il Clima della Regione Emilia-Romagna viene sottolineata l’intenzione di “esplorare il potenziale delle smart working per il sistema delle imprese, del lavoro e per la società, con l’obiettivo di individuare e valorizzare buone pratiche e costruire politiche innovative di welfare e formazione”.

Tutto ciò premesso e considerato,

impegna la Giunta regionale

a dedicare un approfondimento, nell’ambito del tavolo del Patto per il Lavoro e il Clima, all’applicazione dello smart working in Emilia-Romagna, sia nel pubblico sia nel privato, al fine di valorizzare le numerose esperienze positive nate durante la pandemia e i relativi benefici per lavoratori e lavoratrici;

a intervenire in sede di Conferenza Stato-Regioni per sollecitare il Governo a puntare con maggior decisione, come accade in quasi tutta Europa, sullo smart working nella pubblica amministrazione, passando dalla logica del controllo gerarchico a quella della responsabilità individuale tramite la definizione di obiettivi prestazionali e la misurazione dei risultati.

Approvata a maggioranza dei presenti nella seduta pomeridiana del 15 marzo 2023

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