n.340 del 20.11.2013 periodico (Parte Seconda)

MOZIONE - Oggetto n. 4543 - Mozione proposta dai consiglieri Grillini, Monari, Barbati, Naldi, Sconciaforni e Riva per invitare la Giunta, anche in relazione all'operazione societaria riguardante Telecom, a sostenere, in sede di Conferenza Stato-Regioni, la necessità di perseguire gli obiettivi della "Agenda digitale" e di realizzare una nuova rete in fibra ottica ultrabroadband a controllo statale, proseguendo nelle politiche di predisposizione e attuazione di interventi regionali volti alla massima diffusione di tale tipologia di reti nonché delle nuove tecnologie

L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna

 Premesso che

 come riportato da numerose agenzie di stampa, mediante una complessa operazione societaria articolata in diverse fasi - di cui si dirà specificamente appresso - la compagnia spagnola Telefonica acquisirà la partecipazione maggioritaria (e in un secondo momento totalitaria) in Telco S.p.A., la società holding che controlla il 22,4 per cento di Telecom Italia S.p.A. così costituendone il principale azionista;

 tra gli azionisti di Telco (Gruppo Generali, Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Telefonica) è stato stipulato, in data 28 aprile 2007, un patto parasociale (come noto, intendendo come tale l’accordo stipulato tra i soci al fine di disciplinare l’esercizio dei diritti sociali e la disposizione delle proprie azioni), con cui sono state regolate le modalità di governance di Telco e il regime di circolazione delle azioni;

 lo scorso 24 settembre, come riportato anche dal Presidente della Consob (Commissione Nazionale per la Società e la Borsa) in sede di audizione al Senato dinanzi alle Commissioni VIII (Lavori pubblici e Comunicazioni) e X (Industria, Commercio, Turismo), i soci di Telco hanno concluso un accordo modificativo del citato patto parasociale, accordo che prevede la progressiva acquisizione di Telco da parte di Telefonica, articolando l’operazione societaria in due fasi;

 la prima fase, già eseguita contestualmente alla stipulazione del citato accordo modificativo, ha previsto la sottoscrizione da parte di Telefonica di un aumento di capitale di Telco pari a 324 milioni di euro, destinati a coprire l’indebitamento bancario in scadenza il prossimo novembre; a fronte della ricapitalizzazione, sono state emesse e sottoscritte da Telefonica azioni di classe C (cioè senza diritto di voto in seno al c.d.a. di Telco), convertibili in azioni di classe B (cioè con diritto di voto) a partire dall’1 gennaio 2014;

 a seguito di tale operazione, Telefonica ha acquisito il 66 per cento di Telco, rimanendo al Gruppo Generali il 19,32 per cento e a Mediobanca e Intesa rispettivamente il 7,34 per cento;

 la seconda fase prevede la sottoscrizione da parte di Telefonica di un secondo aumento di capitale sociale di Telco pari a 117 milioni di euro, con emissione di azioni di classe C, convertibili in azioni di classe B a partire dall’1 gennaio 2014: completata anche tale fase, la partecipazione di Telefonica  in Telco salirà dal 66 al 70 per cento;

 già a partire dall’1 gennaio 2014, Telefonica potrà quindi convertire le azioni di classe C in azioni di classe B con diritto di voto, acquisendo la partecipazione maggioritaria e diventando la controllante di Telco e "a cascata" di Telecom (dato che, essendo Telco il principale azionista di Telecom, ogni decisione societaria di Telecom dipende da Telco);

 l’accordo concluso tra i soci di Telco prevede, inoltre, percorsi di exit degli investitori italiani, in esito ai quali Telefonica potrà acquisire la totalità delle azioni Telco: in particolare, si è prevista la concessione della cd. "opzione Call" a favore della compagnia spagnola, la quale potrà - a decorrere dall’1 gennaio 2014 - acquistare tutte le azioni dei soci italiani in Telco, acquisendo così la partecipazione totalitaria della società;

 complessivamente, l’operazione societaria che porterebbe Telefonica al controllo totalitario di Telco (e quindi di Telecom) potrebbe costare circa 1,5 miliardi di euro, un prezzo comunque irrisorio rispetto al valore assoluto di Telco-Telecom e della rete, quantificato - e, si precisa, per difetto - in circa 15 miliardi di euro.

 Rilevato che

 l’acquisizione di Telco-Telecom da parte di Telefonica comporta, alla luce di quanto rilevato, una sostanziale "svendita" dell’operatore telefonico nazionale su cui, tra l’altro, si appoggiano tutti gli altri operatori, anche in considerazione del dato che Telecom rappresenta uno dei principali attori del mercato finanziario nazionale capitalizzando circa 11 miliardi di euro all’anno;

 Telecom occupa oltre 82 mila dipendenti, dato quest’ultimo che impone di considerare l’operazione anche sotto il profilo della necessità di salvaguardare i livelli occupazionali successivamente all’acquisizione da parte della compagnia spagnola;

 l’operazione societaria potrebbe anche compromettere la stabilità degli assetti aziendali, considerando che, se è vero che Telecom grava in uno stato di indebitamento finanziario netto pari a circa 29 miliardi di euro, è altrettanto vero che l’indebitamento finanziario netto di Telefonica già di per sé ammonta a circa 50 miliardi;

 oltre che sotto tali profili, l’operazione societaria risulta viziata anche da un "conflitto di interessi" tra Telecom e Telefonica: posto che le due compagnie sono operatori concorrenti nei mercati di Brasile e Argentina, si avrebbe il paradosso che Telefonica - acquisendo il controllo di Telco e quindi di Telecom - potrebbe decidere delle sorti delle attività estere della compagnia italiana, finanche strumentalmente;

 proprio per evitare tali conseguenze, da notizie di stampa risulta che l’Esecutivo stia approntando una modifica della disciplina (D.Lgs. n. 58 del 1998 e regolamenti attuativi della Consob) dell’Offerta Pubblica di Acquisto (cd. "opa"), che ne consenta l’applicazione anche alla fattispecie in esame.

 Rilevato, altresì, che

 la sostanziale perdita di una compagnia telefonica "di bandiera" potrebbe pregiudicare anche la quantità e la qualità dei servizi di telefonia lato sensu intesi;

 come rilevato dal Presidente esecutivo di Telecom in sede di audizione al Senato lo scorso 25 settembre (innanzi alle Commissioni VIII e X), rispetto agli altri Paesi europei l’Italia è in "significativo ritardo", un "gap di competitività digitale" che potrebbe pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi della "Agenda Digitale";

 particolarmente significativi in tal senso i dati relativi alla copertura delle reti in fibra, di poco superiore al 13 per cento in Italia a fronte del 30 per cento negli altri maggiori Paesi europei, che prevedono di posizionarsi sopra al 60 per cento entro il 2018;

 risulta quindi necessario, non confermare, ma potenziare gli investimenti economici ed infrastrutturali nelle reti di nuova generazione, al fine di realizzare l’obiettivo di superamento del rame a favore della fibra e rendere disponibili i nuovi servizi a banda ultralarga, in linea con gli obiettivi della "Agenda Digitale": sviluppo e obiettivi che, come anticipato, non possono che essere pregiudicati dalla "svendita" della compagnia nazionale che gestisce le reti, venendo a mancare il primo soggetto attuatore.

 Sottolineato che

 l’operazione societaria di acquisizione di Telecom da parte di Telefonica involge, come sottolineato dal Copasir (Comitato parlamentare di controllo dei servizi di informazione) e dal Dipartimento per le Informazioni e la Sicurezza in diverse note diffuse dalla stampa, anche problematiche relative alla sicurezza nazionale;

 oltre ai possibili pregiudizi alla governance del servizio, si ingenerano conseguenze pregiudizievoli anche sulla governance della rete, rete su cui si innesta l’intero sistema di comunicazione delle forze dell’ordine, dei servizi nazionali di intelligence, della Difesa, delle Istituzioni, delle pubbliche amministrazioni e dei privati; Telecom, infatti, è uno dei soggetti attualmente attori del "Sistema di Pubblica Connettività", su cui viaggiano e funzionano i dati della pubblica amministrazione;

 peraltro, il pregiudizio e il pericolo per la sicurezza sarebbe talmente esponenziale da ledere la stessa sovranità nazionale: se la rete venisse acquisita e controllata da Telefonica - e ciò, per vero, basterebbe per espropriare l’Italia dallo strumento strategico necessario per tutelare i dati sensibili pubblici e privati - non si avrebbe modo di conoscere se e quando quella stessa rete fosse nuovamente ceduta dalla compagnia spagnola ad operatori terzi di altri Paesi;

 appare significativo che la cessione della rete sarebbe il primo caso in Italia di cessione di un’infrastruttura strategica che, in quanto tale, dovrebbe caratterizzarsi per essere un bene, ancorché privato, non negoziabile in considerazione della sua rilevanza per la collettività;

a fortiori e a titolo esemplificativo, si consideri che in Inghilterra (British Telecom), Francia (Orange), Germania (Deutsche Telekom), Spagna stessa, Belgio e Svizzera (Swisscom), la proprietà della rete è detenuta dalla compagnia nazionale o comunque dallo Stato;

 proprio alla luce di tali circostanze nonché al fine di evitare i citati pregiudizi alla sicurezza nazionale e alla riservatezza dei cittadini, risulta necessario che l’Esecutivo nazionale completi il percorso normativo intrapreso con il D.L. 15 marzo 2012, n. 21, recante "Norme in materia di poteri speciali sugli assetti societari nei settori della difesa e della sicurezza nazionale, nonché per le attività di rilevanza strategica nei settori dell’energia, dei trasporti e delle comunicazioni": in particolare, tale normativa disciplina l’esercizio del cd. "golden power" (da non confondere con la cd. "golden share"), ossia il potere dello Stato di dettare condizioni prescrittive, imporre veti o esercitare opposizioni ad operazioni di società (anche totalmente private) che gestiscono strutture strategiche per il Paese o la collettività;

 tale normativa è rimasta parzialmente inattuata, non essendo ancora stato approvato, da parte del Consiglio dei Ministri, il decreto relativo al settore delle comunicazioni: tale provvedimento attuativo dovrebbe prevedere l’inserimento della rete di telefonia nella categoria degli assetti strategici, ciò che - con specifico riferimento alla fattispecie in esame - consentirebbe allo Stato l’esercizio dei detti poteri prescrittivi e oppositivi a tutela della sicurezza nazionale;

 la necessità di provvedere in tal senso è stata sottolineata anche nella citata audizione in Senato del 26 settembre scorso, nell’ambito della quale il Viceministro allo Sviluppo economico e il Sottosegretario di Stato per l’Economia e le Finanze hanno rilevato che, rappresentando la rete un asset strategico, "È intenzione dell’Esecutivo pervenire entro breve termine ad un completamento della definizione della normativa attuativa relativa all’esercizio del cosiddetto golden power".

 Sottolineato, altresì, che

 più in generale, sotto il profilo della sicurezza nazionale in ordine alla possibile diffusione di dati sensibili e di big data strategici, è da rilevare che, se Telecom è certamente l’operatore dominante, non è tuttavia l’unico: altri operatori con proprietà notoriamente non italiana - si pensi a Wind e FastWeb - sono utilizzati da varie pubbliche amministrazioni (e vincitori di gare pubbliche a livello nazionale) per la circolazione sulle proprie reti di dati evidentemente strategici;

 la segretezza di dati strategici e le connesse criticità di sicurezza nazionale in caso di diffusione sono, quindi, problematiche che involgono, non solo la proprietà delle reti ma anche la definizione di standard minimi di sicurezza.

 Invita il Governo

 ad adottare tutti i provvedimenti necessari, anche di modifica, integrazione e completamento della normativa vigente, al fine di evitare che l’operazione societaria di acquisizione di Telco-Telecom da parte di Telefonica pregiudichi la sicurezza nazionale, la qualità dei servizi (telefonici e telematici), gli obiettivi della "Agenda Digitale" e i livelli occupazionali, traducendosi in una sostanziale "svendita" di un apparato aziendale strategico per il Paese e la collettività;

 più in generale, ad emanare un provvedimento normativo che definisca standard di sicurezza e di comportamento da applicare a tutti gli operatori di telecomunicazione che operano in Italia, devolvendo e rafforzando in capo all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) le funzioni di controllo dei comportamenti societari e tecnici;

 ad incrementare gli investimenti nelle reti di nuova generazione, al fine di colmare il gap di competitività digitale attualmente esistente tra l’Italia e gli altri Paesi europei, in linea con gli obiettivi della "Agenda Digitale";

 a realizzare una nuova rete-dorsale in fibra ottica ultrabroadband controllata dallo Stato, anche in alternativa all’obsoleta rete in rame, ai fini di promuovere lo sviluppo tecnologico futuro e di garantire la sicurezza dei dati sensibili e strategici.

Invita la Giunta

 anche a fronte degli sviluppi e dell’esito dell’operazione societaria di cui in esame, a sostenere, in sede di Conferenza Stato-Regioni, la necessità di perseguire gli obiettivi della "Agenda Digitale" e di realizzazione di una nuova rete in fibra ottica ultrabroadband a controllo statale ai fini di cui sopra;

 a proseguire nelle politiche di predisposizione e attuazione di interventi regionali preordinati alla massima diffusione delle reti ultrabroadband e delle nuove tecnologie.

Approvata a maggioranza dei presenti nella seduta pomeridiana del 5 novembre 2013

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