n.210 del 06.07.2022 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 5041 - Risoluzione per impegnare la Giunta e l'Assemblea legislativa a promuovere, nelle sedi opportune, la conoscenza e gli obiettivi della petizione a sostegno del Manifesto per il Dividendo della Pace quale contributo a favore dei necessari provvedimenti e investimenti per contrastare i cambiamenti climatici, le pandemie, la povertà e le disuguaglianze sociali. A firma della Consigliera: Zamboni
L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna
Premesso che
nel mondo sono in corso molti conflitti armati, anche in paesi poveri dove sarebbe necessario investire le risorse disponibili per migliorare le condizioni di vita della popolazione anziché in armamenti;
a seguito dell'invasione dell'Ucraina decisa dal Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin è in corso una guerra entro i confini ucraini che sta mietendo migliaia di vittime innocenti;
Papa Francesco ha lanciato ripetutamente i suoi appelli perché le ragioni della pace prevalgano sulla brutalità sacrilega della guerra;
l'Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna ha condannato fermamente l'aggressione russa approvando all'unanimità in data 8 marzo 2022 una risoluzione, ed è da sempre impegnata nella promozione del valore della pace, nel contrasto ai cambiamenti climatici, nella cooperazione internazionale.
Premesso inoltre che
la produzione e il commercio di sistemi di arma è un settore che non conosce crisi e che ha continuato e continua a fiorire anche durante la pandemia Covid-19, che, al contrario, ha colpito interi settori economici, acuendo inoltre le condizioni di disagio di ampie fasce fragili della popolazione. Lo confermano i dati sull’aumento dei fatturati delle 100 principali industrie militari mondiali: nel 2020 il comparto ha registrato vendite a livello globale per un totale di 531 miliardi di dollari, in crescita dell’1,3% rispetto all’anno precedente. Un incremento in linea con il trend dell’ultimo ventennio: dal 2000 ad oggi la spesa militare mondiale è raddoppiata e oggi sfiora 2 trilioni di dollari Usa l’anno, registrando un aumento in tutte le regioni del mondo;
lo Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI), l’Istituto internazionale di studi sulla pace di Stoccolma che ogni anno elabora un rapporto sul commercio internazionale dei sistemi d’arma, ha evidenziato come per evitare il collasso climatico da qui al 2050 servirebbero 44 mila miliardi di dollari di investimenti, molto meno della spesa in armi prevista, sempre al 2050, che è di 58 mila miliardi di dollari. In altre parole: le risorse necessarie per curare il clima e per mettere in sicurezza la nostra vita sul pianeta ci sarebbero, ma si preferisce investirne molte di più per distruggerlo e distruggerci.
Evidenziato che
da una recente ricerca di Greenpeace emerge che due terzi delle spese delle operazioni militari all’estero dei Paesi europei riguardano la difesa di fonti fossili; in particolare, l’Italia negli ultimi quattro anni ha speso 2,4 miliardi di euro nelle missioni militari collegate a piattaforme estrattive, oleodotti e gasdotti controllati da ENI, coerentemente con quanto riporta la “Direttiva per la politica industriale della Difesa” emanata dal ministro della Difesa lo scorso 29 luglio, in cui viene esplicitato il desiderio di “disporre di uno Strumento militare in grado di esprimere le capacità militari evolute di cui il Paese necessita per tutelare i propri interessi nazionali”.
Rilevato che
l’andamento della spesa militare del nostro Paese non si discosta dal trend mondiale: dal 2017 la spesa militare italiana ha continuato a crescere, soprattutto per l’acquisto di nuovi armamenti, fino a segnare un record storico con lo stanziamento iscritto nel bilancio del 2022, come evidenziano le dichiarazioni del premier Mario Draghi il 29 settembre dello scorso anno durante la conferenza stampa sulla Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza: “Ci dobbiamo dotare di una difesa molto più significativa e bisognerà spendere molto di più di quanto fatto finora”;
alla dichiarazione del premier Draghi del settembre 2021 sono seguiti i fatti: secondo il report dell’Osservatorio Milex, la spesa militare prevista per il 2022 sfiorerà i 26 miliardi di euro, con un aumento di 1,35 miliardi rispetto al 2021 (+11,7% sul 2020 e +19,6% sul 2019);
successivamente, lo scorso 16 marzo la Camera ha approvato a larga maggioranza - con 421 voti a favore e soli 19 contrari - un odg presentato dalla Lega che prescrive di aumentare la spesa militare dell’Italia fino a raggiungere il 2% del Pil, vincolando così il governo a portare gli investimenti annuali negli armamenti dagli attuali 25 miliardi di euro a 38 miliardi, ovvero da 68 milioni di euro a 104 milioni al giorno;
il 31 marzo il Senato ha approvato il disegno di legge n. 2562, che prevede, tra le diverse misure, “l’aumento delle spese militari fino alla soglia del 2% del PIL”;
il 5 aprile dalla Commissione Finanze del Senato è arrivato il via libera al decreto legislativo che elimina Iva e accise sulla vendita di armi all'interno dell'Unione europea. La norma, in linea con la direttiva europea 2019/2235, dispone “il regime di non imponibilità ai fini dell'imposta sul valore aggiunto (Iva) e l'esenzione dalle accise in relazione alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi destinate alla realizzazione di un'attività dell'Unione nell'ambito della politica di sicurezza e di difesa comune (Psdc)".
Considerato che
di recente alcuni sondaggi, svolti a seguito dell’annunciato aumento delle spese militari, hanno evidenziato che la necessità che il finanziamento di programmi di riarmo merita un ampio confronto pubblico, oltre che nelle aule parlamentari.
Preso atto che
nel dicembre 2021 oltre cinquanta premi Nobel e scienziati - tra i quali i premi Nobel per la fisica Carlo Rubbia e Giorgio Parisi - hanno rivolto un appello ai governi dei Paesi di tutto il mondo per chiedere di avviare trattative per una riduzione concordata della spesa militare del 2 per cento ogni anno per cinque anni, dedicando queste risorse a obiettivi di pace legati al contrasto ai cambiamenti climatici. Nell’appello, intitolato “Una semplice proposta per l’umanità”, si legge: “Il meccanismo della controreazione alimenta una corsa agli armamenti in crescita esponenziale che equivale a un colossale dispendio di risorse che potrebbero essere utilizzate a scopi migliori…La storia dimostra che è possibile siglare accordi per limitare la proliferazione degli armamenti: grazie ai trattati Salt e Start, gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica hanno ridotto i loro arsenali nucleari del 90% dagli anni Ottanta ad oggi”;
i firmatari dell’appello propongono che il fondo globale creato con i risparmi sulla spesa militare (si stima pari a una cifra di mille miliardi di dollari entro il 2030) sia impiegato come una sorta di “dividendo della pace” da utilizzare per affrontare problemi comuni a tutti i paesi del mondo, quali pandemie, cambiamenti climatici, povertà estrema;
a sostegno di questo appello, i promotori hanno lanciato la petizione “Global Peace Dividend. Redirect world military spending towards climate, health and prosperity” (https: //peace-dividend.org);
è auspicabile che le istituzioni pubbliche si attivino per sensibilizzare i cittadini e il Governo sui contenuti della proposta del Dividendo per la Pace;
è necessario, che proprio come è nella sua natura, il “Dividendo della Pace” diventi un obiettivo assunto da tutte le istituzioni.
Tutto ciò premesso e considerato
impegna la Giunta regionale e se stessa per quanto di competenza
a promuovere, nelle sedi opportune, la conoscenza e gli obiettivi della petizione a sostegno del Manifesto per il Dividendo della Pace quale contributo a favore dei necessari provvedimenti e investimenti per contrastare i cambiamenti climatici, le pandemie, la povertà e le disuguaglianze sociali.
Approvata a maggioranza dei presenti nella seduta antimeridiana del 15 giugno 2022