n.9 del 11.01.2017 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 1784 - Risoluzione per impegnare la Giunta, in materia di agricoltura e biodiversità, a favorire la conservazione e la trasmissione dei genotipi ancestrali regionali e del patrimonio culturale e colturale legato ai "frutti antichi e dimenticati". A firma dei Consiglieri: Rossi Nadia, Marchetti Francesca, Serri, Cardinali, Lori, Zoffoli, Bessi, Bagnari, Poli, Caliandro, Mumolo, Boschini, Iotti, Pruccoli, Montalti, Ravaioli, Campedelli, Tarasconi, Zappaterra, Sabattini, Rontini
L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna
Premesso che
conservazione è un sostantivo femminile e al femminile è stata per millenni l'opera di difendere e conservare l'albero da frutta, il cibo, la terra, la pace. Ora i ruoli sociali sono meno netti e donne e uomini capiscono, forse con estremo ritardo, che è dovere di tutti conservare. Conservare ciò che esiste in tutte le sue forme perché la sopravvivenza e la naturale evoluzione di tutti noi si basa proprio su questa ricchezza.
Purtroppo le regole del profitto esagerato stanno minacciando seriamente la biodiversità perché, ad esempio, i gestori del mercato spesso preferiscono il prodotto accattivante alla vista, di facile stoccaggio e adatto a lunghi spostamenti, anche se completamente insapore, a quello ricco di vitamine e di gusto. Gli alimenti che consumiamo sono sempre più spesso di origine industriale e perciò sempre meno naturali perché le scelte alimentari sono solitamente pilotate dall'industria attraverso la pubblicità.
Nell'ambiente agricolo vi è un patrimonio antico, di notevole valore, che tuttavia è spesso trascurato ed anche poco conosciuto. Ci riferiamo ai cosiddetti "frutti antichi e dimenticati", vale a dire a quei prodotti che un tempo erano coltivati normalmente e che avevano particolari caratteristiche: alimentari oppure medicamentali.
Nei nostri tempi, le nuove esigenze dei mercati hanno reso queste piante scarsamente commerciabili, perché hanno un frutto piccolo e sono facilmente deperibili; tuttavia esse presentano dei valori intrinseci, come i loro caratteri genetici, che ne fanno piante resistenti alle malattie e adattabili alle più diverse situazioni ambientali. Di conseguenza si è perduta l'abitudine a coltivarle e a propagarle.
Considerato che
gli alimenti che consumiamo sono sempre più vicini all'industria che li elabora e sempre più lontani dall'origine naturale ed agricola della materia prima costituente e le scelte alimentari sono spesso pilotate dall'industria attraverso la pubblicità. Il nostro considerare un cibo "buono" è spesso legato alla presenza di aromi artificiali, non alla qualità delle materie prime.
È evidente che i modelli di consumo hanno bisogno di cambiamenti radicali che considerino prioritarie sia la qualità di ciò che si mangia sia la salute del consumatore. Nondimeno, sono necessarie modifiche dei modelli di produzione per poter fornire prodotti sani e ricchi di sapore senza alterare l'ambiente rurale.
Tenuto conto che
la Convenzione sulla Diversità Biologica (CBD), ratificata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992 durante la Conferenza sull'ambiente e sullo sviluppo (resa esecutiva in Italia con legge 14 febbraio 1994, n. 124), e sottoscritta da 193 Parti, è un trattato internazionale giuridicamente vincolante con tre principali obiettivi, cioè la conservazione della biodiversità, l'uso sostenibile della biodiversità e una giusta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dall'utilizzo delle risorse genetiche. L'organo di governo della CBD è la Conferenza delle Parti (COP) che ha istituito 7 programmi di lavoro tematici, (tra cui uno specifico dedicato alla Biodiversità Agricola) e che in occasione del sesto incontro tenutosi in Olanda nel 2002, ha adottato la Decisione VI/6 sul Trattato Internazionale, riconoscendone l'importanza del ruolo, in armonia con gli obiettivi della CBD, per la conservazione e l'utilizzo sostenibile della diversità biologica agricola, per facilitare l'accesso alle risorse genetiche per l'alimentazione e l'agricoltura e per una corretta ed equa ripartizione dei benefici derivanti dalla loro utilizzazione.
Il 3 novembre 2001 è stato adottato a Roma il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura, (recepito in Italia con legge 6 aprile 2004, n. 101) tra i cui obiettivi vi è quello di riconoscere l'enorme contributo degli agricoltori nella conservazione delle colture che alimentano il pianeta e di stabilire un sistema globale che consenta agli agricoltori, ai selezionatori di materiale vegetale e ai ricercatori di accedere facilmente e gratuitamente al materiale genetico vegetale. L'articolo 9 di tale Trattato dispone in particolare che spetta ai governi la responsabilità dei diritti degli agricoltori per quanto riguarda le risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura. In funzione dei suoi bisogni e priorità ciascuna Parte dovrebbe, fatta salva la legislazione nazionale, prendere provvedimenti per tutelare e promuovere i diritti degli agricoltori, ivi compreso:
a) la tutela delle conoscenze tradizionali che presentano interesse per le risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura;
b) il diritto di partecipare equamente alla ripartizione dei vantaggi derivanti dall'uso delle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura;
c) il diritto di partecipare al processo decisionale a livello nazionale, sulle questioni relative alla conservazione ed all'uso sostenibile delle risorse fitogenetiche per l'alimentazione e l'agricoltura.
Nulla dovrà comunque essere interpretato nel senso di limitare i diritti che possono avere gli agricoltori di conservare, utilizzare, scambiare e vendere sementi di aziende agricole o materiale di moltiplicazione, fatte salve le disposizioni legislative nazionali.
A livello nazionale, oltre al Piano nazionale sulla biodiversità di interesse agricolo elaborato dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (14 febbraio 2008) operano le Linee guida nazionali per la conservazione in situ, on farm ed ex situ della biodiversità vegetale, animale e microbica di interesse agrario, adottate con Decreto del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali 6 luglio 2012 (G.U. n. 171/2012).
Le citate linee guida ricordano le caratteristiche dei sistemi di conservazione ex situ ed in situ/on farm. La prima, cioè la conservazione ex situ, è la "Conservazione delle specie e delle popolazioni al di fuori del loro habitat naturale (nelle banche del germoplasma, nei campi collezione, negli orti botanici). Essa, in generale, si configura come un sistema "statico" di conservazione". L'in situ è la conservazione di ecosistemi e di habitat naturali e il mantenimento e recupero di popolazioni specifiche, vitali, nel loro ambiente naturale o, nel caso di specie addomesticate o coltivate, nell'ambiente in cui esse hanno sviluppato le loro caratteristiche distintive. Si tratta di un sistema 'dinamico' di conservazione, perché sottoposto alla pressione selettiva ambientale, determinata da fattori biotici (uomo incluso) e abiotici.
La conservazione in situ delle forme coltivate è definita generalmente on farm. Infatti, a partire dall'introduzione in strumenti normativi relativi alle varietà da conservazione come la legge n. 1096/1971, recante la disciplina sull'attività sementiera, modificata dal D.L. n. 10/2007 (articolo 2-bis, che ha modificato l'articolo 19-bis della legge n. 1096), il termine conservazione "in situ" è chiaramente riferito anche alle varietà da conservazione, cioè alle varietà erbacee coltivate anziché spontanee. Ciò appare confermato anche successivamente nel D.Lgs. n. 149/2009 (attuativo della direttiva 2008/62/UE sulle deroghe per l'ammissione di ecotipi e varietà agricole naturalmente adattate alle condizioni locali e regionali e minacciate di erosione genetica, nonché per la commercializzazione di sementi e di tuberi di patata a semina di tali ecotipi e varietà). I due sistemi - ex situ e in situ/on farm - non devono essere visti come alternativi, ma come possibili azioni complementari di salvaguardia della diversità.
In assenza di un contesto normativo organico nazionale, le regioni sono intervenute, adottando misure per la tutela e valorizzazione del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario, zootecnico e forestale. Le misure regionali in questione sono - nella gran parte dei casi - analoghe, poiché lo gran parte delle leggi regionali sulla materia hanno provveduto all'istituzione di organi di tutela e conservazione del patrimonio genetico autoctono.
Rilevato che
la Regione Emilia-Romagna ha adottato la L.R. 29 gennaio 2008 n. 1 di Tutela del patrimonio di razze e varietà locali di interesse agrario del territorio emiliano-romagnolo. Tale legge disciplina anch'essa l'istituzione del Repertorio volontario regionale, suddiviso in sezione animale e vegetale, al quale sono iscritti razze, varietà, popolazioni, ecotipi e cloni di interesse regionale e definisce la figura di Agricoltore custode come colui che provvede alla conservazione in situ o on farm delle varietà e razze locali a rischio di estinzione iscritte nel Repertorio. Al contempo, prevede la possibilità di istituire anche Registri anagrafici regionali per tutelare le razze e le specie zootecniche iscritte nel Repertorio e non disciplinate dalla normativa comunitaria o nazionale.
La programmazione 2007-2013 del PSR ha destinato fondi pari a € 483.334,00, IVA esclusa (così ripartiti: Lotto 1 (vite) € 190.000,00; Lotto 2 (fruttiferi) € 110.000,00; Lotto 3 (animali) € 150.000,00, IVA esclusa; Lotto 4 (divulgazione) € 33.334,00 per avviare un lavoro di supporto alla Legge sulla biodiversità (Asse 2, Misura 214, Azione 7), che ha consentito di caratterizzare un certo numero di varietà agrarie di coltivazione tradizionale locale (spesso a rischio di estinzione) offrendo alla nuova programmazione 2014-2020 un Repertorio regionale di riferimento per i bandi sulla "conservazione" della biodiversità agraria (sia Vegetale che Animale).
La Determinazione n. 8396 del 21/06/2012 del Servizio ricerca, innovazione e promozione del sistema agroalimentare, direzione generale agricoltura, economia ittica, attività faunistico-venatorie della Regione Emilia-Romagna, avente ad oggetto "L.R. 1/2008. Attuazione determinazione n. 16199/2011. Approvazione dell'elenco dei soggetti ritenuti idonei alla conservazione ex situ delle risorse genetiche indigene agrarie iscritte nel repertorio volontario regionale in esito all'avviso pubblico regionale di cui alla determinazione n. 16199/2011.".
Con la legge n. 194/2015, recante Disposizioni per la tutela della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, è stato istituito il sistema nazionale di tutela e di valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare, e i repertori locali dovrebbero entrare in una rete nazionale.
La normativa europea e quella italiana di recepimento delle cosiddette "Varietà da Conservazione", comportano l'iscrizione ad un registro nazionale MIPAAF speciale per le varietà tradizionali locali; ciò ha determinato il fatto che le "varietà da conservazione" iscritte a questo registro possono essere legalmente commercializzate in ambito sementiero nazionale, in particolare:
- la Direttiva 2009/145/CE e il Decreto Legislativo 30 dicembre 2010, n. 267 - Attuazione della direttiva 2009/145/CE, recante talune deroghe per l'ammissione di ecotipi e varietà orticole tradizionalmente coltivate in particolari località e regioni e minacciate da erosione genetica, nonché di varietà orticole prive di valore intrinseco per la produzione a fini commerciali ma sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari per la commercializzazione di sementi di tali ecotipi e varietà;
- il Decreto MIPAAF 18/09/2012 - Disposizioni applicative del D.Lgs. 30/12/2010 n. 267, per ciò che concerne le modalità per l'ammissione al Registro Nazionale delle varietà di specie ortive da conservazione e delle varietà di specie ortive prive di valore intrinseco e sviluppate per la coltivazione in condizioni particolari;
- iI Decreto Legislativo 29 ottobre 2009, n. 149 - Attuazione della direttiva 2008/62/CE concernente deroghe per l'ammissione di ecotipi e varietà agricole naturalmente adattate alle condizioni locali e regionali e minacciate di erosione genetica, nonché per la commercializzazione di sementi e di tuberi di patata a semina di tali ecotipi e varietà.
Evidenziato che
le regioni italiane sono ricche di biodiversità che, a sua volta, è diversa da luogo a luogo. Ed è proprio questo alla base della ricchezza gastronomica italiana, e perché no, alla nostra solida cultura alimentare. L'obiettivo è quello di far conoscere e di raccontare i frutti e le varietà dimenticati in quanto legati ad aziende agricole tradizionali che hanno un futuro davvero incerto.
Fino a quando resisteranno gli agricoltori anziani anche queste varietà potranno sopravvivere, ma quando loro non ci saranno più questa ricchezza andrà perduta e con il germoplasma si perderà anche la memoria, cioè quel capitale di esperienze, di manualità, di tradizioni alimentari risultato di anni di lavoro.
Si tratta di piante generalmente poco produttive, poco conservabili, a maturazione e raccolta scalare e dunque poco appetibili alle esigenze dei mercati agroalimentari del nostro tempo. Tuttavia esse presentano valori intrinseci che vanno ben oltre il loro reimpiego tal quale, come ad esempio i loro geni, che le rendono piante più resistenti alle malattie e più adattabili alle diverse situazioni ambientali. Di conseguenza perdere l'abitudine a coltivarle e a propagarle significa perdere valori colturali e culturali importanti.
Nella nostra regione le collezioni ex situ al momento non sono monitorate e dal 2018 i proprietari, in teoria, potrebbero decidere di abbandonarle. La conservazione ex situ invece, è importante per conservare la variabilità genetica che potrebbe tornare utile a seguito di cambiamenti climatici/ambientali.
Moltissime delle antiche varietà locali, abbandonate da tempo, soffrono di un vuoto di conoscenza che rende difficile la possibilità di essere reintrodotte in coltivazione. L'attività di studio e trasferimento dell'informazione è fondamentale per agevolarne la messa a coltura e la valorizzazione. Una "banca delle varietà e della memoria”, inoltre, potrebbe essere un modo per conservare parte del patrimonio culturale orale che sta dietro la biodiversità e che rischia di sparire insieme agli attuali depositari.
Valutato che
è necessario far conoscere e raccontare i frutti dimenticati dando una prospettiva concreta alle piccole aziende agricole tradizionali che li coltivano. Occorre, dunque, supportare l'attività odierna degli anziani agricoltori che portano avanti questa produzione di nicchia, così come è fondamentale pensare alla trasmissione delle conoscenze e delle competenze ai giovani agricoltori, perché in futuro questa ricchezza non vada perduta e con essa la memoria, cioè quel capitale di esperienze, di manualità, di tradizioni alimentari risultato di secoli di lavoro.
Ricordato che in Emilia e in Romagna sono presenti, grazie alla creatività e all'impegno quotidiano di privati e istituzioni locali, diverse attività museali, alcune delle quali sono state censite e illustrate dall'Assessorato regionale all'Agricoltura nelle pubblicazioni delle guide ai Musei del Gusto ed ai Musei del Mondo rurale, che hanno nell'ambito della più generale funzione di tramandare la tradizione enogastronomica e contadina delle varie realtà di questa regione, anche quella specifica di preservare le biodiversità dimenticate.
Osservato che sarebbe sicuramente molto utile, al fine di preservare e tramandare la conoscenza dei "frutti antichi e dimenticati" e di tutto quell'insieme di valori e saperi legati alle loro coltivazioni e utilizzi, sostenere la valenza soprattutto didattica dei Musei del Gusto e del Mondo Rurale e più in generale di quelli che come essi si occupano di tradizioni contadine ed enogastronomiche avendo riguardo della valorizzazione delle biodiversità dimenticate, rendendoli maggiormente fruibili per le giovani generazioni e in particolare per gli studenti di ogni ordine e grado.
Impegna la giunta
ad adoperarsi in tutte le sedi opportune per favorire la conservazione e la trasmissione dei genotipi ancestrali di cui la nostra regione è ricca e del patrimonio culturale e colturale ad essi legato.
In particolare:
a promuovere progetti di sviluppo e specifiche iniziative di formazione e di informazione a salvaguardia della biodiversità d'interesse agrario strettamente legati ai territori;
a tenere in considerazione l'importanza delle collezioni ex situ di piante da frutto e delle banche dei semi per conservare la biodiversità agraria che si sta sempre più assottigliando, individuando modalità di riduzione del rischio di scomparsa del materiale genetico presente presso le collezioni in vivo individuate con Determinazione n. 8396 del 21/06/2012;
a mantenere aggiornato ed ampliare il repertorio regionale istituito con la legge n. 1/2008 nonché a mettere in opera un registro delle risorse a rischio di estinzione attraverso la raccolta e la sistematizzazione delle segnalazioni provenienti dal territorio;
ad attivare nella attuale programmazione 2014-2020 del PSR i bandi sulla "conservazione" della
biodiversità agraria sia Vegetale che Animale;
a promuovere lo costituzione di una "banca regionale dei semi di riferimento" formalmente riconosciuta e utile per conservare e salvaguardare il patrimonio ambientale e agricolo sopravvissuto fino ad oggi, promuovendo un'azione di raccolta di germoplasma, sua conservazione ex situ in banca semi e caratterizzazione, al fine di arrivare ad una iscrizione al repertorio regionale e quindi anche al registro nazionale delle varietà da conservazione e sostenere il mantenimento di alcune collezioni in vivo presso privati;
a sostenere le reti e le iniziative di “scambio semi” e “custodi dei semi” (o seed savers);
a favorire lo studio finalizzato all'iscrizione di varietà interessanti nel registro delle "varietà da conservazione" o dei materiali "di scarso valore intrinseco", al fine di favorire la produzione e il commercio delle sementi, particolarmente richieste dal settore dell'agricoltura biologica, ad agevolare il coinvolgimento di piccole aziende sementiere/vivaistiche nella produzione di materiali di moltiplicazione adeguati e a favorire uno sviluppo di aziende specializzate nella produzione di sementi in particolare nell'ambito delle varietà recuperate e tutelate incluse nel repertorio regionale;
a sostenere l'istituzione di un circuito didattico regionale dei musei che si occupano di conservare la memoria contadina e di valorizzare le biodiversità dimenticate e le tradizioni enogastronomiche delle diverse realtà territoriali dell'Emilia-Romagna al fine di poterne favorire la loro principale funzione di istruzione anche agevolando le visite didattiche per gli studenti emiliani e romagnoli
Approvata all'unanimità dei presenti nella seduta pomeridiana del 21 dicembre 2016