SUPPLEMENTO SPECIALE N.35 DEL 12.03.2021
Relazione
Le cronache dei giornali e i dati di ricerca ripropongono in maniera drammatica l’incremento dei comportamenti legati al bullismo e al cyberbullismo tra i giovanissimi, anche alla luce dell’attuale emergenza pandemica.
La definizione di Dan Olweus (1996) descrive il bullismo come un comportamento di aggressione e prevaricazione, singola o di gruppo, che viene esercitata da parte di bambini/ragazzi definiti “bulli”, in maniera continuativa, nei confronti di bambini/ragazzi più deboli definiti “vittime”.
Il bullismo si manifesta attraverso premeditate e continue sopraffazioni e prepotenze di tipo fisico, verbale, psicologico. Per definirsi tale è necessario che l’azione perduri nel tempo (settimane, mesi) e presenti uno squilibrio di forze tra i protagonisti (età, fisicità ecc..).
Può essere di due tipi:
- Diretto: caratterizzato da un insieme di comportamenti espliciti nei confronti della vittima di tipo fisico (picchiare, tirare calci, sputare ecc…) e/o verbale/psicologico (insulti, offese, minacce ecc…).
- Indiretto: assume forme quali l’esclusione sociale, la diffamazione, l’essere messi da parte intenzionalmente da un gruppo. Anch’esso può essere di tipo fisico (far aggredire qualcuno da qualcun altro) e/o verbale/psicologico (diffusione di pettegolezzi, ecc…).
Il fenomeno del bullismo è diffuso nelle scuole di ogni ordine e grado e solitamente ha luogo in gruppo.
Il bullismo coinvolge molteplici figure. Il bullo attivo, colui che agisce, è aggressivo nei confronti dei compagni, a volte anche nei confronti di insegnanti e figure adulte, manifesta comportamenti di prevaricazione e violenza in generale. Da un punto di vista psicologico presenta scarsa empatia, una distorta immagine di sé e nutre il desiderio di dominare.
Il bullo percepisce e vede le conseguenze del suo comportamento, ha dunque una consapevolezza cognitiva ma non emotiva e tende alla deresponsabilizzazione e minimizzazione delle sue azioni.
Il bullo passivo invece attua le prepotenze, ma non prende mai iniziativa per primo, preferisce incitare i bulli attivi insieme al gruppo dei pari, diventando dunque spettatore.
La vittima passiva subisce le prepotenze senza poter reagire e senza farsi rispettare, si sente sola e abbandonata, non ha molti amici e solitamente è fisicamente debole. Manifesta uno stato di profonda insicurezza, con scarsi livelli di autostima.
La vittima collusiva invece accetta di ricoprire quel ruolo per acquisire popolarità e poter essere accettata dal gruppo. A volte tende a mascherare le sue vere competenze scolastiche ed intellettive per evitare di essere esclusa.
Il rischio principale è legato all’abbandono scolastico e alla possibile insorgenza di disturbi d’ansia. La vittima tende a chiudersi in sé stessa vivendo una costante sofferenza. Teme di subire ulteriori violenze qualora raccontasse a qualcuno quanto subito e per tale ragione prova un profondo senso di vergogna.
L’incapacità di gestire la rabbia e l’aggressività rappresentano gli aspetti principali caratterizzanti il profilo psicologico del bullo. Solitamente non conosce altre modalità di comunicazione e nel tempo potrebbe manifestare lo sviluppo di un disturbo antisociale.
Il fenomeno è in continua evoluzione: le nuove tecnologie a disposizione, Internet o telefono cellulare, sono divenute ulteriori potenziali mezzi attraverso cui compiere e subire prepotenze o soprusi; da qui la necessità, per disporre di un quadro preciso del fenomeno, di monitorare anche il cyberbullismo che consiste nell’invio di messaggi offensivi, insulti o foto umilianti tramite sms, e-mail, diffuse in chat o sui social network, allo scopo di molestare una persona per un periodo più o meno lungo. Cresciuti in un'epoca dominata dalle nuove tecnologie (ICTs), tra computer, internet, telefoni cellulari, videogames e mp3, i giovani contemporanei sono i protagonisti di uno scenario in forte discontinuità con il passato.
“Nativi digitali” o “madrelingua del linguaggio digitale”, termini coniati da Marc Prensky (2001), per indicare le nuove generazioni che sono cresciute negli ultimi 15 anni. Abituati all'esercizio della funzione multitasking, all'istantaneità degli ipertesti e a una connettività illimitata, i giovani di oggi assorbono e fanno proprie tutte le novità delle moderne comunità virtuali, estese ormai a livello globale, comunicando in tempo reale e instaurando relazioni senza alcun confine di spazio (Ferri, 2011).
Tuttavia la velocità dell'evoluzione tecnologica e il cambiamento nelle modalità di comunicazione online, non ha permesso ai “cittadini digitali” di scindere consapevolmente i comportamenti ammissibili in rete da quelli problematici e potenzialmente dannosi. Così che parallelamente all'uso consapevole e intelligente della rete internet, si è sviluppato e diffuso un uso distorto e improprio, il cui confine appare spesso labile e pericoloso. Ad esempio le modalità con cui i giovani scherzano e si prendono in giro online potrebbe varcare la soglia del rispetto altrui, diventando bullismo elettronico; così come il sexting, che potrebbe facilmente varcare i confini della decenza e della privacy, diventando materiale pedopornografico reperibile in rete.
Un anno dopo la prima definizione del termine “nativi digitali” (2001), un nuovo fenomeno inizia a manifestarsi con sempre maggiore evidenza, attirando l'attenzione di genitori, educatori e ricercatori, oltre che dei media: il cyberbullismo.
Il termine “Cyberbullismo” fu coniato dall'educatore canadese Bill Belsey nel 2002, per indicare una nuova forma di bullismo che si manifesta attraverso strumenti telematici. Esso si configura come un tipo di attacco continuo, ripetuto, offensivo e sistematico attuato mediante la rete.
Anche se il fenomeno appare diffuso in tutto il mondo occidentale sin dalla sua comparsa, la letteratura scientifica sull'argomento non ha ancora raggiunto una definizione condivisa.
Smith e collaboratori (2006) proposero una definizione di cyberbullismo in relazione diretta con le definizioni convenzionali di bullismo. Pertanto il cyberbullismo (cyberbullying nella letteratura anglofona) venne definito come quella forma di prevaricazione volontaria e ripetuta nel tempo, attuata mediante uno strumento elettronico, perpetuata contro un singolo o un gruppo con l'obiettivo di ferire e mettere a disagio la vittima di tale comportamento, che non riesce a difendersi (Smith et al., 2006).
Un aspetto che differenzia il cyberbullismo dal bullismo tradizionale consiste nella natura indiretta delle prepotenze attuate in rete: non c’è un contatto faccia a faccia tra vittima e aggressore nel momento in cui gli oltraggi vengono compiuti. Considerate le caratteristiche della comunicazione virtuale, per poter definire un atto di bullismo elettronico, la persistenza nel tempo ha un ruolo meno rilevante. Anche una singola offesa divulgata a molte persone attraverso Internet o telefoni cellulari può arrecare danno alla vittima, potendo raggiungere una platea ampia di persone contemporaneamente ed essere rimbalzata dall’uno all’altro ipoteticamente in modo illimitato, ampliando notevolmente la gravità e la natura dell’attacco.
Secondo i risultati statistici contenuti all’interno di un report diffuso dall’Istat nel dicembre del 2015, più del 50% degli intervistati 11-17enni riferisce di essere rimasto vittima, nei 12 mesi precedenti l’intervista, di un qualche episodio offensivo, non rispettoso e/o violento. Una percentuale significativa, quasi uno su cinque (19,8%), dichiara di aver subìto azioni tipiche di bullismo una o più volte al mese. In circa la metà di questi casi (9,1%), si tratta di una ripetizione degli atti decisamente asfissiante, una o più volte a settimana. Le ragazze presentano una percentuale di vittimizzazione superiore rispetto ai ragazzi. Oltre il 55% delle giovani 11-17enni è stata oggetto di prepotenze qualche volta nell’anno mentre per il 20,9% le vessazioni hanno avuto almeno una cadenza mensile (contro, rispettivamente, il 49,9% e il 18,8% dei loro coetanei maschi). Il 9,9% delle ragazze subisce atti di bullismo una o più volte a settimana, contro l’8,5% dei maschi.
La percentuale di soggetti che ha subito prepotenze una o più volte al mese diminuisce al crescere dell’età passando dal 22,5% fra gli 11 e i 13 anni al 17,9% fra i 14 e i 17 anni. Le differenze sono sostanziali a livello territoriale: le azioni vessatorie sono più frequenti nel Nord del Paese, dove le vittime di atti di bullismo rappresentano il 23% degli 11-17enni (24,5% nel Nord-est, 21,9% nel Nord-ovest). Considerando anche le azioni avvenute sporadicamente (qualche volta nell’anno), oltre il 57% dei ragazzi al Nord ha subito qualche prepotenza nel corso dell’anno precedente l’intervista, contro una quota inferiore al 50% nelle regioni centrali e in quelle meridionali.
Tra i ragazzi che vivono in zone poco o per nulla disagiate, si registra la quota più bassa di ragazzi e adolescenti che hanno subito atti prevaricatori da parte di coetanei (50,3% nei 12 mesi precedenti l’intervista); tra coloro che vivono in zone molto disagiate tale quota sale al 55,4% e si registra la quota più elevata di vittime (23,3%) di prepotenze che avvengono con assiduità (almeno una volta al mese).
Di fronte a una situazione di bullismo, la maggioranza, soprattutto le ragazze, ritiene che confidandosi con le persone “più vicine” sia utile per definire meglio la reazione e/o il comportamento da tenere. Infatti, il 65% (60,4% dei maschi e 69,9% delle femmine) ritiene sia una strategia positiva rivolgersi ai genitori per chiedere aiuto, il 41% (37,4% dei maschi e 44,8% delle femmine) ritiene opportuno rivolgersi agli insegnanti. Elevate anche le quote di chi ritiene utile confidarsi con amici (42,8%) o con fratelli e sorelle (30%). Un numero relativamente importante di ragazzi suggerisce il ricorso all’indifferenza come strumento di difesa: il 43,7% ritiene sia meglio cercare di evitare la situazione, il 29% che occorra lasciar perdere facendo finta di nulla e il 25,3% di provare a riderci sopra.
Per comprendere meglio il contesto entro cui i soprusi accadono anche nello spazio virtuale dei media digitali, è necessario sottolineare che le nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione tra ragazzi e adolescenti sono economicamente accessibili e molto diffuse. Quella attuale è, infatti, la prima generazione di adolescenti cresciuta in una società in cui l’essere connessi rappresenta un dato di fatto, un’esperienza connaturata alla quotidianità, indipendentemente dal contesto sociale di provenienza: nel 2018, l’85,8% dei ragazzi tra 11 e 17 anni di età utilizza quotidianamente il telefono cellulare. Il 72% dei ragazzi in quella stessa fascia di età naviga in Internet tutti i giorni. Questa quota è cresciuta molto rapidamente passando dal 56,2 al 72,0% nell’arco di un quadriennio. Le più frequenti utilizzatrici del cellulare e della rete sono le ragazze, l’87,5% delle quali usa il cellulare quotidianamente e il 73,2% accede a Internet tutti i giorni (quota che sale all’84,9% se ci si concentra sulle adolescenti tra i 14 e i 17 anni). L’accesso ad Internet è fortemente trainato dalla diffusione degli smartphone. Soltanto il 27,7% dei ragazzi, infatti, usa il pc tutti i giorni e questa quota è in forte calo rispetto al 40,5 del 2014.
Il cyberbullismo ha colpito il 22,2% di tutte le vittime di bullismo. Nel 5,9% dei casi si è trattato di azioni ripetute (più volte al mese). La maggior propensione delle ragazze/adolescenti a utilizzare il telefono cellulare e a connettersi a Internet probabilmente le espone di più ai rischi della rete e dei nuovi strumenti di comunicazione. Tra le 11-17enni si registra, infatti, una quota più elevata di vittime: il 7,1% delle ragazze che si collegano ad Internet o dispongono di un telefono cellulare sono state oggetto di vessazioni continue tramite Internet o telefono cellulare, contro il 4,6% dei ragazzi. Vi è inoltre un rischio maggiore per i più giovani rispetto agli adolescenti. Circa il 7% dei bambini tra 11 e 13 anni è risultato vittima di prepotenze tramite cellulare o Internet una o più volte al mese, mentre la quota scende al 5,2% tra i ragazzi da 14 a 17 anni.
Bullismo e cyberbullismo tendono spesso a colpire gli stessi ragazzi: tra quanti hanno riportato di aver subito ripetutamente azioni offensive attraverso i nuovi canali comunicativi una o più volte al mese, ben l’88% ha subito altrettante vessazioni anche in altri contesti del vivere quotidiano. Secondo i dati pubblicati dalla Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (Sipps), in occasione della Giornata Nazionale contro il Bullismo e il Cyberbullismo che si celebra il 7 febbraio, e del Safer internet day che ricorre l'11 febbraio, oltre il 50% dei ragazzi tra gli 11 e 17 anni ha subito episodi di bullismo, e tra chi utilizza quotidianamente il cellulare (85,8%), ben il 22,2% riferisce di essere stato vittima di cyberbullismo.
Il 72,6% dei ragazzi intervistati ritiene giusto ricevere regole per usare la rete, ma solo nel 55% delle famiglie (+7,4% rispetto al 2018) vengono date limitazioni sull'uso della rete o regole di comportamento: l'80% dei ragazzi riferisce infatti che l'unica limitazione ricevuta è legata al tempo di utilizzo, oltre a quella di non visitare siti porno e di mantenere chiuso il proprio profilo social. Sul fronte dell'educazione digitale, i ragazzi intervistati nello studio dell'Osservatorio del Social Warning mostrano di non avere molti referenti. Uno su 10 dice di non averne mai parlato con nessuno, mentre il 47% dichiara di non essersi mai confrontato con la famiglia. Spesso ne parlano più con gli insegnanti. Il 32% dei ragazzi tra i 12 e 16 anni ha riferito di trascorrere sul web dalle 2 alle 4 ore al giorno, e ben il 22% non riceve alcuna limitazione da parte della famiglia. Mostrano una grande passione per i social media (YouTube e WhatsApp in testa), a cui l'85,4% si collega più volte al giorno.
Rispetto a indagini più recenti, dai risultati dell'Indagine realizzata dall'Osservatorio indifesa di Terre des Hommes e ScuolaZoo (2020) che hanno raccolto timori e opinioni di 8 mila ragazzi e ragazze delle scuole secondarie in tutta Italia su violenza, discriminazioni e stereotipi di genere, bullismo, cyberbullismo e sexting diffusi in occasione della Giornata Nazionale contro bullismo e cyberbullismo a scuola e del Safer Internet Day, emerge che anche nei fenomeni di bullismo e cyberbullismo vi sono differenze di genere: Le ragazze sono le più colpite in rete.
Il 12,4% delle giovani ammette di esserne state vittima, contro il 10,4% dei ragazzi. A questo si somma la sofferenza provocata dai commenti a sfondo sessuale, subìti dal 32% delle ragazze, contro il 6,7% dei ragazzi. Tra le molestie online, le provocazioni in rete, conosciute come "trolling", disturbano il 9,5% degli adolescenti, ma colpiscono di più i maschi (16%) delle femmine (7,2%).
La violenza in rete è quella che fa più paura. Il cyberbullismo viene infatti percepito da 4 adolescenti su 10 (39,7%) come molto rischioso; ad essere più preoccupati sono i maschi (43,2%), rispetto alle femmine (38,2%). Al secondo posto c'è la paura di diventare bersaglio di trolling e di subire molestie online, con il 37,3%. Qui ad essere più preoccupate sono le ragazze (39,5%) contro il 31,7% dei maschi. La perdita della propria privacy è considerato un rischio dal 33,1% degli adolescenti, con lo scarto di un punto tra femmine e maschi, a favore di quest'ultimi. Il 32% delle ragazze teme di diventare bersaglio di appellativi volgari, cosa che preoccupa solo il 21,8% dei ragazzi.
Nel 2019 sono stati 460 i casi di bullismo trattati dalla Polizia Postale che hanno visto vittima un minorenne (52 avevano meno di 9 anni), il 18% in più rispetto al 2018, quando i casi trattati sono stati 389. Solo nel 2019 per quanto riguarda le persone che hanno subito azioni di stalking, i casi accertati dalla Polizia Postale sono 18. Sono 114 le persone che hanno subito una diffamazione online e 141 ingiurie, minacce, molestie. Sono 87 le vittime che hanno subito un furto d'identità digitale sui social network, mentre 81 persone hanno denunciato casi di detenzione diffusione di materiale pedopornografico e 19 sono le vittime che hanno subito sextortion, pratica usata da cybercriminali per farsi mandare foto e video osè e poi chiede un riscatto per non pubblicarle.
Durante la pandemia il fenomeno del Cyberbullismo ha subìto un incremento visto il maggior numero di ore trascorse in rete da parte dei giovanissimi, a seguito della DAD e delle restrizioni imposte dai DPCM.
Dai risultati di una ricerca effettuata dall'Associazione Di.Te., assieme a Skuola.net e all'Università Politecnica delle Marche, in occasione della IV Giornata sulle Dipendenze Tecnologiche. Il 77% - di più di 3mila studenti tra gli 11 e i 19 anni - vorrebbe approfondire l’educazione digitale. Perché i rischi sono dietro l’angolo. E con la Dad i bulli hanno anche più occasioni: 2 intervistati su 5, ad esempio, hanno assistito a prese in giro nei confronti degli insegnanti; 1 su 5 verso altri compagni.
Inoltre, da un’indagine condotta dall’Associazione Nazionale Dipendenze tecnologiche, GAP e cyberbullismo - in collaborazione con il portale Skuola.net e con VRAI (Vision, Robotics and Artificial Intelligence – Dipartimento di Ingegneria Informatica dell’Università Politecnica delle Marche) – su un campione di 3.115 studenti di età compresa tra gli 11 e 19 anni, in occasione della IV Giornata Nazionale sulle dipendenze tecnologiche, GAP e Cyberbullismo di sabato 28 novembre 2020, emerge come siano gli studenti a richiedere l’attivazione di progetti di educazione digitale a scuola.
Al 77% degli intervistati, infatti, piace l’idea di poter studiare e conoscere sempre meglio la complessità di questa materia. Oltre il 60% vorrebbe un’App che consenta di capire se sta usando lo smartphone nel modo corretto.
Tre le conseguenze psicologiche legate al cyberbullismo vi sono ansia, depressione e nei casi più estremi il suicidio.
È pertanto necessario comprendere il ruolo della vittimizzazione connessa al cyberbullismo con il fine di offrire un adeguato supporto psicosociale a chi ne viene colpito.
Il cyberbullismo è un trauma a tutti gli effetti, per cui è come tale che dobbiamo analizzarlo se vogliamo comprendere meglio gli strascichi nel corso degli anni successivi all’evento.
Non possiamo non pensare al Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD, ossia Post Traumatic Stress Disorder).
In uno studio condotto da Megan Ranney per la Hasbro Children’s Hospital è infatti emerso che la violenza tra ragazzi, Cyberbullismo e il PTSD sono strettamente intrecciati e correlati.
Nel suo studio effettuato su 353 adolescenti, Ranney ha rilevato che il 46.5% dei ragazzi che avevano avuto accesso al reparto emergenze dell’ospedale, riportavano episodi di violenza tra pari, e sempre tra questi 353 ragazzi un altro 46.7% riportava eventi di Cyberbullismo.
Nel dettaglio dei sintomi:
- 23.2% presentava i segni del PTSD;
- 13.9% presentava i sintomi della depressione;
- 11.3% riportavano pensieri suicidari.
Molti studi (Rose, Tynes, 2015) si sono concentrati sui fattori protettivi che possono prevenire l’insorgenza di disturbi psicosociali a seguito di atti di cyberbullismo come la vicinanza della famiglia, il supporto dei gruppi di pari e l’ambiente scolastico oltre che caratteristiche personologiche e il genere.
Studi preliminari (Kowalski, Limber & McCord, 2018) hanno infatti evidenziato nel genere femminile un fattore di rischio per lo sviluppo di sintomi ansiosi e depressivi a seguito di un atto di cyberbullismo, mentre il genere maschile sarebbe più associato al discontrollo comportamentale.
Il cyberbullismo, più del bullismo tradizionale, gode di una fluidità dei ruoli: come la vittima può facilmente diventare un futuro bullo, così il bullo può diventare la futura vittima di atti di bullismo, anche in età adulta. Inoltre vari studi hanno dimostrato che le stesse tensioni psicologiche vissute dalla vittima vengono vissute anche dai bulli. Spingendoci ancora più in là, alcune ricerche hanno rilevato che questi effetti si espandono anche alla cerchia degli amici dei ragazzi direttamente coinvolti nel fenomeno, sia che quei ragazzi abbiano assistito all’atto, sia che ne siano solamente a conoscenza.
Varie ricerche infatti ci dicono che dove si verifica un atto di cyberbullismo anche la classe intera ne risente, sia emotivamente che nel rendimento scolastico.
Inoltre le tecniche di intervento che si sono rivelate più efficaci nelle scuole sono quelle che lavorano sull’intera classe senza operare forti distinzioni di ruolo: la maggior parte delle volte infatti la forma di Cyberbullismo qui trattata si configura come un pensiero del gruppo che tende ad estromettere l’elemento considerato più debole oppure che mina la sopravvivenza del gruppo stesso, nel quale il bullo si rivela essere la mano longa di questo pensiero collettivo.
Un fenomeno che coinvolge tutti noi. Il Cyberbullismo quindi è molto più di un diverbio tra due ragazzi. E’ molto più di un gesto: è un pensiero di gruppo che individua l’elemento da estromettere, ne pianifica l’estromissione, individua chi concretizzerà il gesto, e lo porterà a compimento. Per cui nessuno deve esserne escluso, sia in fase di prevenzione che di intervento. Essendo tutti i ragazzi partecipanti, in un modo o nell’altro, nello strutturare i nostri progetti non dobbiamo dimenticarci di nessuno. Siamo alla presenza di un fenomeno che coinvolge tutti, e le cui conseguenze individuali, relazionali, sociali, coinvolgono tutta la società in cui vivono i ragazzi.
Alla luce di quanto sopra esposto, si ritiene utile proporre un progetto di legge regionale finalizzato a promuovere e sostenere iniziative e progettualità destinate a prevenire e contrastare i fenomeni di bullismo e cyberbullismo tra i minorenni emiliano-romagnoli.
L’articolo 1 illustra le finalità della legge in ordine alla prevenzione ed al contrasto del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo.
L’articolo 2 definisce le tipologie di intervento ammesse a finanziamento tramite la presente legge.
L’articolo 3 definisce i soggetti destinatari dei finanziamenti regionali per la realizzazione di progetti di prevenzione del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo, nonché della presa in carico delle vittime e dei precorsi riabilitativi destinati agli autori.
L’articolo 4 attribuisce all’Osservatorio regionale per l'infanzia, l'adolescenza e i giovani, previsto dall’articolo 7 della legge regionale 28 luglio 2008, n. 14, funzioni specifiche circa il monitoraggio del fenomeno del bullismo e del cyberbullismo. Per adempiere alle nuove funzioni prevede la possibilità di integrare l’Osservatorio stesso di nuove professionalità.
L’articolo 5 prevede le modalità di erogazione dei finanziamenti.
L’articolo 6 inserisce una clausola valutativa per consentire all’Assemblea di monitorare puntualmente l’efficacia della legge regionale, ovvero di offrire gli spunti necessari ad una eventuale futura revisione.
L’articolo 7 prevede la modifica dell’articolo 3 della legge regionale 1 agosto 2019, n. 15, finalizzata a riportare all’interno del quadro complessivo ed organico di contrasto al bullismo ed al cyberbullismo della previsione lì contenuta in ordine esclusivamente ai fenomeni generati dall’orientamento sessuale della vittima.
L’articolo 8 contiene la norma finanziaria.