n.205 del 07.07.2021 periodico (Parte Seconda)

RISOLUZIONE - Oggetto n. 3571 - Risoluzione per impegnare la Giunta affinché i prezzi riconosciuti alle aziende di allevamento per latte e carne non scendano sotto i costi di produzione. A firma dei Consiglieri: Bergamini, Rainieri, Daffadà, Costi, Caliandro, Bulbi, Rontini, Fabbri, Mastacchi

L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna

Premesso che

La fine della pandemia è coincisa con un aumento esponenziale dei costi delle materie prime, per numerosi settori produttivi strategici per il Paese.

Non ha fatto differenza, in tal senso, anche il settore dell’allevamento del bestiame e, conseguentemente, quello della produzione di carni per la macellazione e il comparto lattiero-caseario. In quest’ultimo caso, gli allevatori denunciano attraverso le proprie associazioni di categoria un incremento dei costi dei mangimi destinati alla zootecnia, in particolare quelli per soia e mais.

Il problema deve essere ricercato nel fatto che i Paesi usciti prima dalla pandemia, come ad esempio la Cina o gli Usa, non solo hanno limitato le esportazioni delle materie prime, ma hanno polarizzato anche l’acquisto di quelle presenti nel mercato per uso interno. Di conseguenza, alla scarsità di prodotto sui mercati internazionali è corrisposto anche un incremento dei prezzi, che rischia di avere come effetti il rincaro dei prodotti al consumo, specie nel settore lattiero-caseario e delle carni.

Assocarni e Uniceb hanno evidenziato, nella fattispecie, come il mais abbia toccato nel corso degli ultimi mesi i costi più alti del decennio, mentre non si discosta di molto il prezzo della soia, arrivata a toccare i maggiori rincari degli ultimi sette anni.

La crisi ha investito duramente il settore lattiero-caseario, alle prese con la diminuzione delle quotazioni del latte, seppure compensata nelle ultime settimane da un aumento per il latte “crudo” nazionale e, in misura meno marcata, per il prodotto “bio”.

Le aziende emiliano-romagnole lavorano principalmente con mangimi commisurati all’alta qualità del prodotto, destinato alla lavorazione lattiero-casearia. Si tratta di mangimi con ridotte aflatossine nel mais indicati per limitare le problematiche sanitarie e commerciali legate alla presenza di micotossine. Gli scrupolosi controlli sanitari e la somministrazione di mangimi di alta qualità all’interno degli allevamenti regionali sono, in tal senso, costi “vivi” di cui tenere conto, che le aziende sostengono per mantenere gli elevati standard del loro prodotto.

Considerato che

Alcune associazioni di categoria hanno richiesto un incontro con la grande distribuzione per discutere del futuro della zootecnia italiana e, di conseguenza, delle eccellenze alimentari italiane che necessitano del riconoscimento della qualità anche in termini di prezzi (si vedano i salumi come il Prosciutto di Parma, carni lavorate, ma anche latticini e formaggi regionali DOP compresi marchi di prestigio quali Parmigiano Reggiano e Grana Padano); eccellenze che risultano messe a rischio dall’incremento dei costi di produzione.

Secondo i dati ISTAT, il numero di bovini e suini presenti all’interno degli allevamenti emiliano-romagnoli è rimasto sostanzialmente stabile nell’ultimo anno, nonostante le difficoltà della pandemia: il numero di bovini è passato da 627.627 capi del 2019 a 627.839 del 2020, con una flessione evidente tuttavia rispetto al 2018, quando i capi di bovini erano in regione: 689.851. Il numero di suini in allevamento è passato, invece, da 1.377.527 (2019) a 1.380.431 (2020). Stabile anche il numero dei bovini-bufalini (628.712 nel ’19, 628.902 nel ’20), mentre in lieve flessione risultano ovini (64.919 nel ’19 e 63.104 nel ’20) e caprini (25.128 nel ’19 e 24.235 nel ’20).

L’aumento esponenziale del costo delle materie prime mette a rischio la sostenibilità finanziaria di migliaia di aziende di allevamento, con il pericolo, oltre che di rendere vani gli investimenti fatti da moltissime di esse per migliorare la qualità delle produzioni, anche con significativi contributi finanziari pubblici soprattutto di matrice europea, di limitare enormemente la diffusione e l’efficacia dei progetti, sostenuti in particolare dall’Unione Europea, per migliorare, oltre che la qualità delle produzioni agroalimentari, la loro sostenibilità ambientale ed il benessere degli animali allevati.

Oltre a strategie di medio lungo termine per il nostro Paese da trattare all’interno dell’Unione Europea per aumentare la difesa della sovranità alimentare nazionale, ridurre la dipendenza nazionale ed europea dalle importazioni di materie prime e creare nuovi posti di lavoro, occorrerebbe, nell’immediato, fare in modo che i prezzi riconosciuti alle aziende di allevamento per latte e carne non scendano sotto i costi di produzione in forte aumento per effetto dei rincari delle materie prime alla base dell’alimentazione degli animali, pertanto è urgente che possa essere al più presto applicata nel nostro Paese la Direttiva UE 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare per il recepimento della quale il Parlamento ha delegato il Governo con l’art. 7 della Legge 22 aprile 2021.

Tutto ciò premesso

Impegna la Giunta

Ad attivare al più presto un confronto con tutti i soggetti istituzionali e i privati interessati al fine di condividere azioni e strumenti finalizzate a mantenere la sostenibilità finanziaria delle aziende, per fare in modo che i prezzi riconosciuti alle aziende di allevamento per latte e carne non scendano sotto i costi di produzione, in forte aumento per effetto dei rincari delle materie prime alla base dell’alimentazione degli animali, ed in particolare a sollecitare l’emanazione da parte del Governo del Decreto legislativo di recepimento della Direttiva UE 2019/633 in materia di pratiche commerciali sleali nei rapporti tra imprese nella filiera agricola e alimentare, che offre già alcuni degli strumenti utili in tale direzione.

Approvata all’unanimità dalla Commissione II Politiche economiche nella seduta del martedì 22 giugno 2021.

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