n.73 del 22.03.2017 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 1682 - Risoluzione per impegnare la Giunta a porre in essere azioni volte a non recepire nell'ordinamento, bloccandone inoltre qualsiasi utilizzo o richiamo, la cosiddetta sindrome da alienazione genitoriale (PAS o AP). A firma dei Consiglieri: Torri, Taruffi
L’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna
Premesso che
La Sindrome da alienazione Genitoriale o PAS (dall’acronimo di Parental Alienation Syndrome) è una controversa sindrome e ipotetica dinamica psicologica disfunzionale che, secondo le teorie dello psichiatra statunitense Richard Gardner, si attiverebbe in alcune situazioni di separazione e divorzio conflittuali non adeguatamente mediate.
Attualmente lo stesso concetto viene veicolato attraverso una nuova denominazione di Alienazione Parentale o AP
Valutato che
Detta presunta sindrome non è ufficialmente riconosciuta né in campo nazionale né in campo internazionale, tanto che la Associazione Psichiatrica Americana ha rifiutato di inserirla all’interno della stesura del manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DMS 5 o DMS V).
La PAS o AP non è inserita nella classificazione internazionale delle malattie (ICD) promulgata dall’OMS.
Valutato inoltre che
Nel rapporto dell’ONU contro la violenza di genere a cura di Rachida Manjoo e in specifico nella parte riguardante l’Italia si sottolinea che: “al momento la letteratura scientifica ed i professionisti legali internazionali sono unanimi nell’affermare l’inesistenza della PAS e la sua inammissibilità nelle sede legali, e altresì sulla necessità di ulteriori approfondimenti su ricerche e studi prima che nuove teorie possano essere utilizzate in complesse e delicate questioni collegate alla cura dei figli nei casi di separazione”.
Nel rapporto ombra elaborato dalla piattaforma italiana “Lavori in Corsa: 30 anni CEDAW” in merito allo stato di attuazione da parte dell’Italia della Convenzione ONU per l’Eliminazione di Ogni Forma di Discriminazione nei Confronti della Donna (CEDAW), si sottolinea l’infondatezza delle basi scientifiche della PAS e i rischi di un utilizzo strumentale della stessa nei casi di separazione, anche in presenza di gravi violenze.
Sono già diversi i casi in Italia in cui questa presunta sindrome, nonostante non sia inserita nel nostro ordinamento, viene utilizzata nelle controversie per l’affidamento dei figli minori.
Visto che
L’associazione “Doppia Difesa” ha nei giorni scorsi lanciato una campagna nazionale a sostegno della PAS o AP.
L’associazione D.i.RE (Donne in rete contro la violenza) si è espressa chiaramente contro questa presunta sindrome.
Lo stesso Ministero della Sanità il 16 ottobre 2012 si è espresso in questi termini sulla PAS: “Sebbene la Pas sia stata denominata arbitrariamente dai suoi proponenti con il termine disturbo, l’Istituto superiore di sanità non ritiene che tale costrutto abbia né sufficiente sostegno empirico da dati di ricerca, né rilevanza clinica tali da poter essere considerata una patologia e, dunque, essere inclusa tra i disturbi mentali nei manuali diagnostici”
La corte di Cassazione, il 20 marzo 2013 poi, abbia espresso il suo parare sulla questione pronunciandosi in questi termini: “nei giudizi in cui sia stata esperita c.t.u. medico-psichiatrica il giudice di merito è tenuto a verificare il fondamento, sul piano scientifico, di una consulenza che presenti devianze dalla scienza medica ufficiale e che risulti, sullo stesso piano della validità scientifica, oggetto di plurime critiche e perplessità da parte del mondo accademico internazionale, dovendosi escludere la possibilità, in ambito giudiziario, di adottare soluzioni prive del necessario conforto scientifico e potenzialmente produttive di danni ancor più gravi di quelli che intendono scongiurare.”
Il Consiglio impegna la Giunta
ad attivarsi verso il governo e tutte le sedi competenti, considerati i pareri sfavorevoli della comunità scientifica internazionale, affinché detta sindrome, in qualsivoglia sua accezione (PAS o AP), non sia inserita all’interno del nostro ordinamento e ne venga immediato bloccato qualsiasi suo utilizzo o richiamo.
Approvata a maggioranza dalla Commissione per la parità e per i diritti delle persone nella seduta del 22 febbraio 2017.