n.79 del 23.03.2016 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 2075 - Risoluzione per impegnare la Giunta ad intensificare le azioni di opposizione alla proposta di liberalizzazione, favorendo il coordinamento delle diverse iniziative già intraprese dalla Regione, dal Ministero, dai Parlamentari Europei, dalle rappresentanze dei produttori e dai consorzi ai fini di tutelare il carattere locale e la peculiarità del vitigno Lambrusco. A firma dei Consiglieri: Serri, Delmonte, Torri, Foti, Bertani, Bagnari, Lori, Cardinali, Caliandro, Poli, Rontini, Soncini, Boschini, Mori, Bignami, Campedelli, Taruffi, Bessi, Iotti, Calvano, Paruolo, Pompignoli, Prodi, Mumolo, Sensoli, Sassi, Tarasconi, Marchetti Francesca, Gibertoni, Sabattini, Ravaioli, Pruccoli, Rainieri, Montalti
L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna
Premesso che
le uve Lambrusco sono coltivate principalmente in Emilia-Romagna e Lombardia nelle province di Modena, Reggio Emilia, Parma e Mantova;
da alcuni mesi è in atto il tentativo - da parte della Commissione Europea Direzione Generale agricoltura e sviluppo rurale - di rivedere il vigente regolamento che tutela i vini Dop e Igp e che riguarda in particolare tutte quelle denominazioni di vini, registrate e quindi protette già a partire dagli anni Sessanta e Settanta, che vedono la DOP costituita dal nome del vitigno autoctono affiancato dal nome della regione geografica;
la norma oggi in vigore, che la DG Agricoltura e sviluppo rurale UE proporrebbe di superare, prevede che l’uso in etichetta di quei nomi è riservato esclusivamente ai vini che provengono dal Paese di riferimento; nel nostro caso, i nomi Lambrusco, Sangiovese, Vermentino, Verdicchio - solo per citarne alcuni - sono riservati all’Italia. Questo significa che un altro produttore europeo può piantare viti di Lambrusco, ma non può etichettare il vino come tale;
la proposta implica una serie di conseguenze negative, per tutta la viticoltura italiana con poche esclusioni, in evidente contrasto con alcuni dei principali cardini della strategia Europa 2020:
- la potenziale proliferazione di etichette a livello comunitario con conseguente danno alla tutela del consumatore rispetto alla chiarezza di informazioni sui prodotti e le filiere produttive;
- il danno in termini di competitività e strategie di crescita ai sistemi territoriali che hanno investito nella tutela, nella valorizzazione e nella promozione dei propri patrimoni varietali e della biodiversità;
- la fragilità delle strategie di crescita derivanti dal favorire politiche agricole di tipo speculativo e legate alle tendenze momentanee e volatili del mercato a scapito di percorsi di sviluppo inclusivi e sostenibili in grado di affermare sul mercato le filiere territoriali europee.
Considerato che
l’Assessorato all’Agricoltura della Regione Emilia-Romagna, unitamente con la sede regionale di Bruxelles, sta operando da mesi per costruire e consolidare un fronte allargato di Paesi e Regioni europee in opposizione alla proposta di liberalizzazione dei vitigni e delle conseguenti etichettature, con particolare riferimento al coinvolgimento delle realtà francesi e tedesche;
la produzione di vino a partire da vitigni di Lambrusco è accertata nella zona emiliana e mantovana da millenni e appartiene perciò a pieno titolo al patrimonio storico e culturale di questa regione, al punto tale da esserne elemento caratterizzante e distintivo: il Lambrusco è perciò una famiglia di vitigni che si identifica profondamente con il territorio dal quale ha avuto origine;
la filiera vitivinicola del Lambrusco è costituita da un panorama ampio di imprese di diverse dimensioni, che comprende 8000 aziende viticole, 20 cantine cooperative, 48 aziende vinicole, impiegando più di 1000 addetti: questa realtà è supportata dal grande numero di operatori specializzati che lavorano in ciascun settore della produzione e che conferiscono a questo distretto manifatturiero un carattere altamente innovativo e all'avanguardia, tanto da aver permesso al Lambrusco di diventare, negli ultimi 20 anni, il vino italiano più apprezzato ed esportato nei mercati internazionali, raggiungendo 52 Paesi in 5 continenti.
Evidenziato che
la proposta di regolamentazione della Commissione Europea non riguarda solo il Lambrusco dal momento che sono 36 i vitigni italiani sui circa 60 che la DG agricoltura intende svincolare dalle zone geografiche di produzione, tra i quali l’Emilia-Romagna gioca un ruolo strategico;
alcuni giorni fa il ministro delle politiche agricole alimentari e forestali Martina, a Bruxelles ha confermato nuovamente la netta contrarietà dell'Italia a ipotesi di liberalizzazione dell'uso dei nomi dei vitigni, ribadendo la necessità di non cambiare le attuali norme che regolano l'utilizzo delle denominazioni dei vini;
il Commissario per l’agricoltura e lo sviluppo rurale Phil Hogan ha dato rassicurazioni sul fatto che “non c'è alcuna intenzione di pervenire a modifiche che penalizzino l'attuale modello del sistema vitivinicolo italiano di qualità”;
la liberalizzazione potrebbe rappresentare un vero danno di miliardi di euro per il sistema vitivinicolo italiano e potrebbe rendere possibile la produzione di vino, a partire da quelli con il nome del vitigno autoctono (barbera, lambrusco, aglianico e altri), in qualunque Paese europeo.
Tutto ciò premesso e considerato
impegna la Giunta regionale
ad intensificare le azioni di opposizione in particolare con il ritiro della proposta di liberalizzazione favorendo il coordinamento delle diverse iniziative già intraprese dalla Regione, dal Ministero, dai Parlamentari europei, dalle rappresentanze dei produttori e dai consorzi per una piena, effettiva e definitiva tutela del carattere locale e della peculiarità dei vitigni identitari, tra cui il vitigno del Lambrusco e del Sangiovese;
a sostenere, in accordo con gli enti locali e gli altri soggetti interessati, la tutela della produzione del vino Lambrusco attraverso il riconoscimento a livello comunitario europeo;
a continuare a sostenere la promozione della filiera agroalimentare regionale in termini di qualità, sicurezza e tipicità.
Approvata all’unanimità dei presenti nella seduta pomeridiana del 2 marzo 2016