n.341 del 29.12.2015 (Parte Prima)
Oggetto n. 1862 - Ordine del giorno n. 1 collegato all’oggetto 1355 Progetto di legge d'iniziativa della Giunta recante: "Norme di semplificazione della disciplina regionale in materia di demanio marittimo. Modifiche alla legge regionale 31 maggio 2002, n. 9". A firma dei Consiglieri: Bagnari, Rossi Nadia, Montalti, Pruccoli, Zappaterra, Serri, Poli, Boschini, Prodi, Mumolo, Taruffi, Soncini, Sabattini, Calvano, Lori, Caliandro, Cardinali, Torri, Iotti, Bessi, Paruolo, Campedelli, Tarasconi, Molinari, Zoffoli, Ravaioli, Rontini, Marchetti Francesca
L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna
Premesso che
Il settore dell’acquacoltura, che in Emilia-Romagna conta oltre 1.700 imprese, riveste particolare importanza nella nostra regione, con particolare riferimento alle valli naturali e alle sacche marine del Delta del Po.
Oltre a consentire di ridurre il prelievo di prodotti selvatici, l’acquacoltura costituisce dunque anche una imprescindibile fonte di reddito per gli allevatori e pescatori che operano in aree depresse della nostra regione.
Evidenziato che
La stratificazione normativa che ha riguardato il settore, priva di un coordinamento complessivo, e in più casi disorganica, sta da tempo creando molte difficoltà in particolare agli operatori del settore che svolgono la propria attività in acque marine e che per la particolarità delle aree sono costretti a lavorare in regime di deroghe straordinarie e a fare i conti con vuoti di regolamentazione e vistose differenze di trattamento in base alla loro ragione sociale.
In particolare, tre sono le problematiche che emergono con maggiore evidenza:
1) la differenza di canone demaniale fra società cooperative e non cooperative a seguito dell’adozione del D.L. 154/04, che ha portato all’abrogazione della L. 41/82, ivi compreso l’art. 27 ter della medesima, che stabiliva l’equiparazione tra società di tipo cooperativo e quelle di tipo non cooperativo. In conseguenza di ciò, oggi le aziende non cooperative pagano un canone di oltre 1€/mq contro i circa 0,004€/mq delle aziende cooperative, con grave lesione al principio di leale concorrenza, essendo il canone stabilito per le imprese non cooperative assolutamente eccessivo e tale da rendere impossibile l'esercizio dell'attività
La medesima abrogazione ha inoltre eliminato l’agevolazione sui canoni dovuti per le superfici non produttive, spesso superiori anche al 90% dell’intera area in concessione nei casi di molluschicoltura in mare aperto, che precedentemente erano corrisposti nella misura di 1/10 rispetto alle superfici produttive.
2) le concessioni di demanio marittimo a scopo di acquacoltura in acque marine, tema su cui all’aggravio amministrativo introdotto da una non meglio specificata ed ulteriore autorizzazione ed alla conseguente confusione suscitata dalla mancata emanazione dei decreti attuativi previsti dal D.Lgs. 83/12 - che peraltro comporterebbero che le Regioni legiferassero per continuare, come già oggi, ad autorizzare i nuovi impianti di acquacoltura in mare posti ad una distanza superiore al Km dalla costa - si aggiungono altri elementi di grave incertezza legati alla eventuale applicazione anche a questo settore dei principi comunitari ispiratori della Direttiva servizi, che corre il rischio di comportare l’imposizione di limiti temporali alle concessioni non consoni ad un suo ritorno economico, causando il depauperamento del tessuto imprenditoriale locale.
3) la normazione degli strumenti di acquacoltura, che a seguito dell’abrogazione della L. 963/65 per opera del D.Lgs. 4/12, sono stati distinti da quelli di pesca, ma che, a causa del permanere in vigore del DPR 1639/1968, oggi, parrebbe vigere ancora tale vecchio Regolamento attuativo, ovviamente incompatibile col nuovo panorama legislativo, tanto che dal 2006 lo Stato procede in deroga per consentire agli allevatori di operare legalmente nelle loro concessioni.
Rilevato che
Quanto descritto rende palese la necessità di un intervento complessivo e coordinato sul settore, che coinvolga egualmente lo Stato e le Regioni, che consenta agli operatori di muoversi entro un panorama certo, di essere chiamati a corrispondere canoni armonizzati fra loro e che tengano conto della superficie realmente utilizzata a scopo produttivo della concessione e di avere prospettive solide per il futuro legate al prevalere di un’impostazione normativa che tenga conto del valore sociale dell’acquacoltura, parificata a tutti gli effetti all’agricoltura.
Impegna la Giunta
A richiedere la disamina complessiva della tematica in sede di Conferenza Stato-Regioni, affinché si giunga a soluzioni condivise e tutelanti per il territorio, per l’ambiente e per gli operatori del settore.
Approvato a maggioranza dei presenti nella seduta antimeridiana del 22 dicembre 2015