n.320 del 29.11.2017 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 4973 - Risoluzione per impegnare la Giunta a valutare l'esempio relativo all'Istituto zooprofilattico di Lazio e Toscana, coordinandosi con il Ministero della Salute, affinché anche i PIF (Posti di ispezione frontaliera, uffici veterinari riconosciuti su base comunitaria che effettuano i controlli igienico sanitari su prodotti e sotto prodotti di origine animale) applichino protocolli volti a recuperare cibi da destinare ad organizzazioni solidali e per interventi a sostegno delle persone in difficoltà economica, realizzando inoltre un risparmio sui costi di smaltimento dei suddetti prodotti alimentari. A firma della Consigliera: Gibertoni
Premesso che
la sicurezza alimentare è una responsabilità condivisa da tutti gli operatori della catena alimentare e, a livello individuale, da tutti coloro che vi operano in ogni fase. A questo fine, l’Unione Europea e le istituzioni nazionali e regionali hanno predisposto norme atte ad assicurare la sicurezza dell’intera catena alimentare;
le procedure dettate dalle norme sanitarie in materia prevedono, anche, il ritiro di tre aliquote per ciascun alimento da analizzare da parte dei Posti di ispezione frontaliera, ossia da parte degli uffici veterinari riconosciuti su base comunitaria che effettuano i controlli igienico sanitari su prodotti e sottoprodotti di origine animale, provenienti da Paesi Terzi, destinati sia all'Italia che all'Unione europea o anche solo in transito. In genere si tratta di blocchi del peso di circa cinque chili. Due di questi sono consegnati all’istituto zooprofilattico, ma uno solo dei campioni è utilizzato per le analisi, mentre l’altro viene tenuto a disposizione per eventuali verifiche. Una volta conclusa l’ispezione il campione non utilizzato, anche se – come avviene nella maggior parte dei casi – risultava idoneo al consumo, viene distrutto, smaltendolo come rifiuto speciale, perché questa è la prassi per il materiale che entra in laboratorio;
ogni anno in Europa si sprecano 88 milioni di tonnellate di cibo, per un totale di ben 173 chilogrammi a persona. L’Italia con i suoi 179 kg pro capite è poco al di sopra della media europea. Queste stime sono state diffuse di recente dal Parlamento europeo, che il 16 maggio del corrente anno si è impegnato ad adottare una serie di misure per ridurre lo spreco alimentare del 30% entro il 2025 e del 50% entro il 2030;
tali livelli di spreco sono inaccettabili, se consideriamo che secondo Eurostat ben 55 milioni di cittadini europei – poco meno del 10% della popolazione – nel 2014 non si potevano permettere un pasto di qualità nemmeno ogni due giorni. Inoltre, sprecando tutto questo cibo, si sperperano anche tutte le risorse utilizzate per produrlo, come acqua, suolo ed energia;
lo spreco alimentare si verifica lungo tutta la filiera produttiva, aumentando di portata mano a mano che dai campi e dai luoghi di produzione il cibo arriva sulle nostre tavole;
considerato che
non sono esenti da spreco anche le fasi connesse all’ottemperanza alle norme atte ad assicurare la sicurezza dell’intera catena alimentare, in particolare i campioni di carne o – più raramente – di pesce refrigerato o congelato acquisiti dalle autorità sanitarie, ma non utilizzati per le analisi come riportato nelle premesse;
rilevato che
recuperare gli alimenti in ottimo stato di conservazione prelevati per le ispezioni sanitarie per donarli a chi ha bisogno è stata una iniziativa sperimentata con successo dall’Istituto zooprofilattico di Lazio e Toscana. Il progetto si basa su un protocollo approvato dal Ministero della Salute che ha già permesso di donare circa 350 kg di carne e prodotti della pesca congelati alla Caritas di Pisa e oltre a 1000 kg di alimenti vari destinati alla sede di Firenze;
il desiderio di evitare questo spreco ha indotto i tecnici a studiare un percorso in modo da recuperare il cibo già sottoposto a verifica, rispettando la catena del freddo e mantenendolo in idonee condizioni di conservazione dal prelievo al Posto d’ispezione frontaliera sino allo stoccaggio in laboratorio, e per concludersi con la consegna alle mense della Caritas o all’emporio solidale (un vero e proprio supermercato cui le famiglie in difficoltà possono accedere grazie a una tessera caricata a punti);
oltre ad evitare sprechi con questo progetto si risparmiano i costi di smaltimento dei prodotti alimentari ancora utili per la produzione di pasti;
sottolineato che
nello scorso luglio il Ministero della Salute ha emanato una nota in cui, in considerazione dei risultati positivi raggiunti dalla citata sperimentazione, propone di estendere tale modello a tutti i PIF e Istituti zooprofilattici sperimentali del territorio nazionale;
nella nostra Regione è in fase di realizzazione la convenzione tra il PIF e l’Istituto zooprofilattico sperimentale della Lombardia e dell’Emilia-Romagna;
l’Assemblea legislativa dell’Emilia-Romagna
impegna la Giunta regionale
a sostenere la rapida conclusione dell’iter di adozione della convenzione, realizzando in tal modo un recupero virtuoso di cibo da destinare ad organizzazioni solidali, per interventi a sostegno delle persone in difficoltà economica e, inoltre, realizzando un risparmio sui costi di smaltimento dei suddetti prodotti alimentari ancora utili per la produzione di pasti.
Approvata a maggioranza dalla Commissione IV Politiche per la Salute e Politiche Sociali nella seduta del 7 novembre 2017.