n.374 del 28.10.2020 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 1529 - Risoluzione per impegnare la Giunta regionale a favorire l’introduzione di incentivi e misure di supporto per il mantenimento, la cura e l’adozione degli animali d’affezione, rivolte alle persone indigenti e alle categorie socialmente deboli. A firma delle Consigliere: Zamboni, Piccinini
L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna
Premesso che
il riconoscimento degli animali quali esseri senzienti (articolo 13 del Trattato di Lisbona) e quindi portatori di diritto, è uno dei capisaldi della politica dell’Unione Europea;
nell’ordinamento giuridico il rapporto umani-animali trova tutela costituzionale in quanto attività realizzatrice della personalità umana di cui all’articolo 2 della Costituzione, e trova riconoscimento nel diritto comunitario, anche alla luce della Legge 4 novembre 2010, n. 201 ˗ Ratifica della Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia, adottata a Strasburgo il 13 novembre 1987 ˗ secondo la quale “deve essere riconosciuto un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia”;
ai sensi dell’articolo 1 della Legge quadro n. 281/91 “lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l’ambiente” e affida alle Regioni precisi compiti;
il benessere è uno stato di salute completo in cui l’animale è in armonia con il suo ambiente (Hughes, 1976) e può essere rispettato solo garantendo le cinque libertà sancite dalla stessa Convenzione europea (libertà dalla fame e dalla sete, da disagi ambientali, dalle malattie e dalle ferite, dalla paura e dallo stress, libertà di manifestare le caratteristiche comportamentali specie-specifiche);
secondo la giurisprudenza di Cassazione, l’omessa cura di una malattia di un animale integra il reato di cui all’articolo 544-ter del Codice penale (Cassazione penale, sez. III, sentenza 23/05/2019 n. 22579);
la legge regionale 17 febbraio 2005, n. 5 “Norme a tutela del benessere animale” recita all’art. 1: “la Regione Emilia-Romagna, nell'esercizio delle proprie competenze, spettanti ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione, in materia di tutela della salute umana ed animale ed in attuazione dell'Accordo 6 febbraio 2003 (Accordo tra il Ministro della salute, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in materia di benessere degli animali da compagnia e pet-therapy) e alla luce della legge 20 luglio 2004, n. 189 (Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate), interviene a disciplinare le modalità di corretta convivenza tra le persone e gli animali, nel rispetto delle esigenze sanitarie, ambientali e di benessere degli animali”;
la legge regionale 7 aprile 2000, n. 27 recita all’art. 18: “Per prevenire il sovraffollamento presso le strutture di ricovero temporaneo e permanente, le amministrazioni locali possono prevedere, in collaborazione con le associazioni di cui al comma 2 dell'art. 1, incentivi all'adozione degli animali. Gli incentivi possono consistere in una forma di assistenza veterinaria convenzionata od in fornitura di alimenti da parte di imprese convenzionate”.
Considerato che
la necessità di offrire effettiva e concreta tutela agli animali d’affezione è un dovere morale e civile a sostegno del quale le Regioni e il Governo si impegnano, ciascuno per le proprie competenze, a promuovere iniziative rivolte a favorire una corretta convivenza tra le persone e gli animali da compagnia, nel rispetto delle esigenze sanitarie, ambientali e del benessere degli animali, secondo l’Accordo Stato-Regioni del 28 febbraio 2003 recante Disposizioni in materia di benessere degli animali da compagnia e pet therapy;
gli animali sono una componente stabile e rilevante del nostro sistema sociale. Sono almeno 7 milioni i cani e 7,5 i gatti che vivono presso milioni di famiglie italiane, ai quali si sommano circa 46 milioni di altri “pet” fra roditori, uccelli e pesci;
durante la crisi sanitaria generata dal coronavirus è apparso ancor più chiaro a molti italiani il valore affettivo e relazionale della convivenza con un animale domestico d’affezione. Ciò è ancor più vero nel caso di persone anziane, che spesso vivono di pensione, in solitudine sociale, con pochi affetti intorno, talvolta emarginati, e per i quali il cane e il gatto possono rappresentare l'unica compagnia e ragione di conforto psicologico.
Considerato inoltre che
secondo alcune stime, il costo di gestione di un cane è mediamente di 200 euro l’anno per vaccini e profilassi e oltre 500 euro l’anno per l’alimentazione, mentre per il mantenimento di un gatto servono più di 250 euro l’anno fra alimentazione, farmaci e servizi veterinari;
da alcuni anni le associazioni di protezione degli animali e la categoria dei medici veterinari denunciano che l’Iva sui prodotti alimentari per animali e sulle prestazioni veterinarie è pari al 22% e non agevolata al 10% o 4%. Di conseguenza, chi vorrebbe adottare un cane, magari liberandolo da canili o rifugi, e spesso così sollevando le Amministrazioni comunali da ingenti spese di mantenimento, ci ripensa, non potendoselo permettere. Anche la riduzione dell’aliquota IVA sugli alimenti per animali renderebbe meno gravoso il costo per il mantenimento di un animale da affezione e incentiverebbe le adozioni;
le detrazioni Irpef previste per le cure veterinarie degli animali d’affezione sono minime e non sostengono adeguatamente il contribuente. Il rimborso massimo ottenibile per spese veterinarie, indipendentemente dal numero di animali che vivono con il contribuente, è pari a 49,06 euro, ossia il 19% della differenza tra il tetto massimo (387,40 euro) e la franchigia (129,11 euro), situazione valida ancora per l’anno fiscale 2019. A partire dall’anno fiscale 2020 la cifra di detrazione è stata innalzata, dall’ultima Legge di Bilancio, a 73,59 euro ma è ancora insufficiente;
anche il prezzo dei farmaci veterinari rappresenta un grave problema: ci sono casi in cui il farmaco per uso veterinario è identico nella composizione a quello per uso umano, che però costa in media 5 volte di meno; il medico veterinario però è costretto a prescrivere quello più costoso, pena una sanzione per lui da 1.549,00 euro a 9.296,00 euro.
Preso atto che
la crisi economica generata dalla pandemia da COVID-19 non ha risparmiato neppure gli animali, sia quelli randagi sia quelli che vivono presso famiglie, poiché numerose di queste si sono trovate in condizione di indigenza dovuta all’improvvisa sospensione delle attività lavorative e per molte di loro è quindi diventato quasi impossibile riuscire a sostenere le spese relative al mantenimento e alle cure del proprio animale d’affezione, col rischio di vedere aumentare non solo le difficoltà economiche delle famiglie, ma anche gli abbandoni e il randagismo;
in Italia il randagismo costa più di 126 milioni di euro l’anno. Le nuove adozioni negli ultimi tre anni sono in calo e questo determina un ulteriore aumento dei costi sia per le Amministrazioni locali che per i cittadini;
a livello nazionale, negli Atti economico-finanziari conseguenti alla pandemia, non sono previste misure a favore degli animali e delle famiglie con animali;
per fare fronte a questa situazione, l’associazione LAV ha presentato una serie di proposte finalizzate a introdurre un adeguato sostegno economico alle famiglie presso le quali vivono gli animali d’affezione, come l’abbassamento dell’IVA su cibo e cure veterinarie, l’introduzione di un “Animal social bonus” destinato alle famiglie più bisognose e di una “Quattrozampe social card” per chi adotta.
Tutto ciò premesso e considerato
impegna la Giunta regionale
a favorire l’introduzione di incentivi e misure di supporto per coloro che adottano un animale da un canile o gattile;
ad attivarsi nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell’Economia e delle Finanze, del Ministro della Salute e dei Presidenti delle Commissioni Bilancio e Affari Sociali e Sanità della Camera e del Senato della Repubblica, al fine di ottenere:
1) l’adeguamento dell’aliquota IVA dal 22% al 4% sulle prestazioni veterinarie e sugli alimenti per animali;
2) un aumento della quota di detraibilità fiscale delle spese medico-veterinarie;
3) l’equiparazione terapeutica tra farmaci umani e veterinari di identica composizione;
4) la regolamentazione dei farmaci generici anche in veterinaria, settore per il quale non esiste una norma che preveda che essi debbano avere un prezzo di vendita inferiore;
5) la commercializzazione di confezioni di farmaci veterinari commisurate alle patologie alla cui cura sono preposti, con la possibilità di garantire somministrazioni anche minime dei farmaci a costi proporzionali, anche per evitare il rischio di cure “fai da te” da parte di chi non può permettersi l’acquisto dei farmaci veterinari.
Approvata a maggioranza dei presenti nella seduta pomeridiana del 7 ottobre 2020