n.219 del 01.08.2023 (Parte Prima)

Decisione sull’ammissibilità della proposta di iniziativa popolare “Abrogazione della risoluzione n. 7158 del 18 settembre 2018 dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna e di altre risoluzioni concernenti l’acquisizione di ulteriori forme e condizioni di autonomia ai sensi dell’art. 116 comma III Cost.” ai sensi dell’art. 6 c. 1 della legge regionale n. 34/1999 e successive modificazioni

LA CONSULTA DI GARANZIA STATUTARIA

Visti:

  • lo Statuto della Regione Emilia-Romagna e, in particolare, l’articolo 69, comma 1, che definisce la Consulta di garanzia statutaria “organo autonomo e indipendente della Regione” e le attribuisce, alla lettera b), la competenza ad adottare i provvedimenti e di esprimere i pareri di propria competenza previsti dallo Statuto e dalla legge in materia di iniziativa popolare e di referendum;
  • la legge regionale Emilia-Romagna 4 dicembre 2007, n. 23 “Costituzione e funzionamento della Consulta di garanzia statutaria”, che, tra l’altro, all’articolo 11, detta disposizioni circa i pareri in materia di iniziativa popolare e di referendum;
  • il Regolamento per l’organizzazione e il funzionamento della Consulta di garanzia statutaria, approvato con la delibera n. 9 del 15 febbraio 2013, che, all’articolo 14, disciplina l’attività della Consulta in caso di presentazione della richiesta di provvedimenti di cui all’articolo 69, comma 1, lett. b) dello Statuto, specificando, tra l’altro che “Per ogni provvedimento richiesto alla Consulta viene designato tra i consultori un relatore, il quale riferisce alla Consulta sull‘argomento e propone il testo della deliberazione. La stesura del parere è affidata al relatore, salvo che, per indisponibilità o per altro motivo, sia affidata dal Presidente ad altro consultore”;
  • la legge regionale Emilia-Romagna 22 novembre 1999, n. 34 (Testo unico in materia di iniziativa popolare, referendum e istruttoria pubblica) e, in particolare, l’articolo 6 (Esame di ammissibilità della proposta) che demanda alla Consulta di garanzia statutaria la decisione sull’ammissibilità dei progetti di legge di iniziativa popolare.

RITENUTO IN FATTO

1. In data 26 giugno 2023 con nota prot. 26/06/2023.
0016107.I, il Responsabile del procedimento, dott.ssa Giuseppina Rositano, ha comunicato alla Consulta di garanzia statutaria che si è conclusa, con esito positivo, la verifica dei requisiti di cui al comma 6 dell’art. 5 della l.r. 22 novembre 1999 n. 34 (“Testo unico in materia di iniziativa popolare, referendum e istruttoria pubblica”), in merito alla proposta di legge di iniziativa popolare intitolata “Abrogazione della risoluzione n. 7158 del 18 settembre 2018 dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna e di altre risoluzioni concernenti l’acquisizione di ulteriori forme e condizioni di autonomia ai sensi dell’art. 116 comma III Cost.” depositata presso l’Ufficio di Presidenza dell’Assemblea legislativa regionale in data 14 giugno 2023 (prot. n. 14/6/2023.0015057.E) ai sensi dell’art. 5 comma 1 l.r. n. 34/1999.

2. Sono stati pertanto trasmessi alla Consulta di garanzia i documenti in copia conforme all’originale come previsto al comma 7 dell’art. 5 della legge regionale suddetta, venendo ufficialmente investita la stessa della questione sull’ammissibilità della proposta di legge ai sensi dell’art. 6 c. 1 della l.r. n. 34/1999 e successive modificazioni.

La Consulta di garanzia statutaria, nella seduta del 28 giugno 2023, presenti i componenti Avv. Filippo Addino, Prof.ssa Chiara Bologna, Prof. Avv. Tommaso Bonetti, Prof. Corrado Caruso, Dott.ssa Anna Voltan, si è riunita per procedere, alla designazione, tra i Consultori, del relatore per la proposta di legge in oggetto ai sensi degli artt. 5, c. 1, lett. d) e 14 c. 2 del Regolamento della Consulta di garanzia statutaria (deliberazione della Consulta di garanzia statutaria 15 febbraio 2013, n. 9), individuando quale relatore il Prof. Corrado Caruso.

3. Successivamente, in data 5 luglio 2023, la Consulta di garanzia statutaria si è riunita per avviare l’esame della proposta di legge di iniziativa popolare.

4. Nella stessa data del 5 luglio si è svolta l’audizione degli incaricati di cui all’art. 5 c. 3 l.r. n. 34/1999, che, ai sensi dell’art. 6 c. 2 della medesima legge, hanno esercitato il diritto di intervenire alla prima riunione nella quale la Consulta inizia l’esame della proposta per essere ascoltati ed illustrare la proposta medesima prima che la Consulta adotti la sua decisione, interloquendo anche con il Consultore relatore.

5. In data 13 luglio 2023 la Consulta si è riunita e, dopo avere sentito il relatore del progetto, Prof. Corrado Caruso, ha discusso sulla ammissibilità del progetto de quo.

6. In data 19 luglio 2023 la Consulta, dopo ampia discussione finale, ai sensi e con le conseguenze dell’art. 6 della l.r. n. 34/1999, ha assunto la seguente deliberazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Secondo quanto previsto dall’articolo 2, comma 1, della legge regionale Emilia-Romagna n. 34/1999 sopra richiamata, si rileva preliminarmente che il testo del progetto di legge regionale di iniziativa popolare è redatto in articoli ed è accompagnato da una relazione illustrativa nella quale sono rappresentate le finalità e i contenuti dello stesso progetto.

2. In via preliminare, e quanto all’oggetto della proposta, il progetto di legge di iniziativa popolare si compone di tre articoli. L’art. 1 dispone, in via generale, l’interruzione del “processo in corso diretto all’acquisizione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’art. 116, comma III Cost.”; l’art. 2 mira ad abrogare una serie risoluzioni con le quali il Consiglio regionale ha dato impulso e sviluppo al processo di differenziazione previsto dall’art. 116, comma 3, Cost., disponendo altresì che “tutti gli atti di intesa e preintesa posti in essere tra il Governo e la Regione Emilia-Romagna non sono recepiti”. Infine, l’art. 3 disciplina l’entrata in vigore della legge, fissata per il giorno successivo alla pubblicazione nel Bollettino regionale.

3. Secondo il comma quarto dell’art. 18 dello Statuto (e il comma 1 dell’art. 3 della legge 34/1999 che riproduce la disposizione statutaria) l’iniziativa popolare non è ammessa anzitutto per la revisione dello Statuto, ed è evidente che il progetto oggetto di valutazione non si propone di modificare lo Statuto.

4. Secondo il comma quarto dell’art. 18 dello Statuto (riprodotto dal comma 2 dell’art. 3 della legge regionale n. 34/1999), l’iniziativa legislativa popolare non “può essere esercitata nei sei mesi antecedenti la scadenza dell’Assemblea legislativa”. L’iniziativa in oggetto non è stata esercitata in tale lasso temporale e non infrange, dunque, il divieto posto dallo Statuto.

5. Ai sensi della stessa disposizione statutaria l’iniziativa legislativa popolare non è ammessa per le leggi tributarie. Per quanto riguarda la materia tributaria, si ricorda quanto già precedentemente affermato da questa Consulta, e cioè che «è legge tributaria qualunque disposizione di legge che istituisce, disciplina, modifica obbligazioni tributarie» (decisioni n. 2/2011, punto 4 in diritto; n. 5/2011, punto 3 in diritto; n. 4/2012, punto 2.2 in diritto).

Il progetto di legge in esame non contiene alcuna disposizione di tale natura.

6. Il progetto in esame non viola altresì l’art. 18 dello Statuto e il comma 1 dell’art. 3 della legge n. 34/1999 (che riproduce la disposizione statutaria), i quali escludono l’ammissibilità dell’iniziativa legislativa popolare sulle leggi di bilancio. In riferimento a tale limite questa Consulta ha affermato che per legge di bilancio deve intendersi non una legge di spesa, ma la legge «che disciplina in generale il modo di costruire o strutturare il bilancio» oppure «quella legge che in attuazione della legge sul bilancio contenga uno specifico bilancio» (si veda Consulta di garanzia statutaria, decisione n. 5/2011, punto 2 in diritto).

Nessuna di queste ipotesi ricorre nel caso di specie.

7. A norma della l.r. n. 34 del 1999, la Consulta di garanzia statutaria, al fine di deliberare l’ammissibilità della proposta, deve valutare se questa rientri nelle competenze assegnate dalla Costituzione alle Regioni (art. 6, lett. a) e, più in generale, se rispetti le disposizioni della Costituzione e dello Statuto (art. 6, lett. b.).

7.1. Quanto al primo profilo, questa Consulta deve ricordare che il processo di differenziazione regionale (cd. autonomia differenziata) trova il proprio riferimento nell’art. 116, comma 3, Cost., che attribuisce a una fonte specializzata il compito di stabilire ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia all’interno di un perimetro individuato dalla stessa disposizione costituzionale (oltre alla generalità delle competenze concorrenti la norma consente differenziazioni in taluni ambiti di esclusiva spettanza statale, come l’organizzazione del giudice di pace, la tutela dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali, le norme generali dell’istruzione, sempre nel rispetto del coordinamento finanziario e dell’equilibrio complessivo delle finanze pubbliche). L’art. 116, comma 3, Cost., consente l’attribuzione alle Regioni di ulteriori competenze attribuite attraverso un procedimento legislativo rafforzato: l’iniziativa spetta alla singola Regione, sentiti gli enti locali, chiamata a stipulare un’intesa con lo Stato da recepire con legge approvata a maggioranza assoluta delle Camere. In un simile contesto normativo, rientra nell’autonomia regionale costituzionalmente garantita l’individuazione delle modalità necessarie a innescare il processo di differenziazione. Spetta dunque alla singola Regione, in coerenza con quanto previsto dal proprio Statuto, stabilire i tempi e i modi dell’iniziativa destinata a sfociare nella legge di differenziazione.

Questa conclusione trova conferma nel ddl n. 615 della XIX legislatura, attualmente in discussione al Senato della Repubblica (cd. ddl “Calderoli”), recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. Ancorché non approvato in via definitiva, il citato ddl sottolinea il ruolo della Regione nella procedura di cui all’art. 116, comma 3, Cost. Ai sensi del suo art. 2, “l’atto d’iniziativa relativo all’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia (…) è deliberato dalla Regione, sentiti gli enti locali, secondo le modalità e le forme stabilite nell’ambito della propria autonomia statutaria”. In senso analogo, il comma 5 dell’art. 2, stabilisce che lo schema di intesa sottoscritto tra Stato e Regione venga approvata da quest’ultima “secondo le modalità e le forme stabilite nell’ambito della propria autonomia statutaria, assicurando la consultazione degli enti locali”.

Al di là di simili riferimenti, da cui è ovviamente impossibile trarre alcuna determinazione interpretativa, non vi è dubbio che la previsione di cui all’art. 116, comma 3, Cost., che assegna l’iniziativa del procedimento di differenziazione alla Regione interessata, rinvii implicitamente all’autonomia regionale e al relativo ordinamento le scelte intorno al se, al come e al quando intraprendere la via del regionalismo differenziato.

L’iniziativa legislativa popolare che questa Consulta si trova ad esaminare rientra dunque a pieno titolo nelle competenze regionali.

7.2. Accertata la sussistenza della competenza regionale in subiecta materia, lo scrutinio di ammissibilità deve concentrarsi sulle singole disposizioni contenute nella proposta legislativa popolare, anche al fine di valutarne la compatibilità con le norme statutarie. Sul punto, va ricordato che lo Statuto della Regione Emilia-Romagna non prevede una disciplina specifica per l’iniziativa di cui all’art. 116, comma 3, Cost. Essa è dunque lasciata alla libera determinazione del Consiglio regionale e della Giunta nell’ambito delle ordinarie procedure di raccordo tra legislativo ed esecutivo disegnate dalla Carta statutaria.

In questo senso, non contrasta con lo Statuto quanto previsto dall’art. 1 della proposta in oggetto, a tenore del quale “la Regione Emilia-Romagna interrompe il processo in corso diretto all’acquisizione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’art. 116 comma III Cost.”. Attraverso simile previsione, i promotori mirano a conferire forza di legge alla scelta, propriamente politica, di interrompere la procedura di differenziazione intrapresa dalla Regione nel corso della precedente consiliatura.

È questa una opzione del tutto coerente con le modalità di funzionamento dei sistemi democratico-rappresentativi, ove la legge svolge il compito di cristallizzare, per via normativa, il perseguimento di interessi generali secondo l’ordine di priorità delineato dall’organo deputato a rappresentare politicamente i consociati. Non a caso, l’art. 28 dello Statuto prevede che l'Assemblea legislativa determini “l'indirizzo politico generale della Regione esercitando le funzioni legislative, di programmazione e di controllo sull'attività della Giunta e dell'Amministrazione regionale”. Secondo la disposizione statutaria, dunque, la funzione legislativa è una delle manifestazioni della funzione di indirizzo politico, ed è strumento per concretizzare, in via normativa, le scelte fondamentali assunte dal Consiglio regionale.

Anche alla luce del favor per gli strumenti di partecipazione popolare costantemente espresso dagli orientamenti di questa Consulta, in coerenza peraltro con l’ampia apertura democratica dello Statuto emiliano-romagnolo, nulla osta dunque all’ammissibilità dell’art. 1 della proposta in oggetto. In senso analogo, non infrange la disciplina statutaria l’art. 3 del progetto, a tenore del quale la legge, una volta approvata, sarebbe destinata ad entrare in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione. In effetti, l’art. 55 dello Statuto se, per un verso, riconosce una generale vacatio legis di 15 giorni, per un altro consente alla legge stessa di stabilire un termine diverso per la sua entrata in vigore.

8. Non supera invece il vaglio di ammissibilità l’art. 2 del progetto, che, ai commi 1, 2, 3, 4, 5 dispone l’abrogazione di una serie di risoluzioni adottate dall’Assemblea legislativa regionale per dare corso al procedimento previsto dall’art. 116, comma 3, Cost. Come si è visto, appartiene alla fisiologia della funzione legislativa indirizzare, attraverso norme giuridiche, gli organi di governo verso la soddisfazione di interessi generali e, perciò, propriamente politici. È però giuridicamente privo di significato (se non giuridicamente impossibile) abrogare per legge specifici atti di indirizzo politico, che hanno caratteristiche giuridiche proprie, distinte da quelle dell’atto legislativo. Mentre la legge è una fonte del diritto destinata a innovare l’ordinamento giuridico generale, la risoluzione è un atto di indirizzo che sprigiona i propri effetti esclusivamente nell’ambito rapporto fiduciario che lega l’esecutivo all’organo rappresentativo. Solo la legge, infatti, incontra il trattamento tipico delle fonti del diritto, tra cui la pubblicazione in forma ufficiale, l’applicazione dei principi iura novit curia (il giudice è tenuto a conoscere la legge) e ignorantia legis non excusat (nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge), la possibilità di ricorrere in Cassazione per «violazione di legge», nonché i criteri interpretativi accolti e disciplinati dall’art. 12 delle preleggi al codice civile. Lo stesso fenomeno abrogativo, risultato dell’applicazione del criterio cronologico di risoluzione delle antinomie normative, è destinato ad operare solo tra fonti (equiparate e della stessa competenza), ed è dunque insuscettibile di regolare rapporti tra atti dalla diversa natura e funzione giuridica.

8.1. Dalle considerazioni che precedono discende l’inammissibilità dei commi 1, 2, 3, 4, 5 dell’art. 2 della proposta in oggetto. Tali commi rappresentano il presupposto logico-giuridico del successivo comma 6, che stabilisce che, per “effetto dei commi 1, 2, 3, 4, 5, del presente articolo tutti gli atti di intesa e preintesa posti in essere tra il Governo e la Regione Emilia-Romagna non sono recepiti”. Venuto meno il suo presupposto logico-normativo, deriva, in via consequenziale, l’inammissibilità del comma 6 dell’art. 2.

9. La dichiarazione di inammissibilità dell’art. 2 non è priva di conseguenze per l’impianto generale della proposta legislativa, e in particolare per la rubrica della stessa, che fa riferimento alla “Abrogazione della risoluzione n. 7158 del 18 settembre 2018 dell’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna e di altre risoluzioni concernenti l’acquisizione di ulteriori forme e condizioni di autonomia ai sensi dell’art. 116 comma III Cost.” Al fine di ricondurre a coerenza interna la proposta in oggetto e consentire altresì una consapevole autodeterminazione degli eventuali sottoscrittori, i promotori dell’iniziativa sono tenuti a sostituire l’attuale rubrica del disegno di legge con quella che segue, così da ricalcare il contenuto generale dell’art. 1: “Interruzione del processo in corso diretto all’acquisizione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’art. 116, comma III Cost.”.

P.Q.M.

LA CONSULTA DI GARANZIA STATUTARIA

- dichiara l’ammissibilità degli artt. 1 e 3 della proposta di iniziativa popolare così come ridenominata al p. 9 del Considerato in diritto;

- dichiara l’inammissibilità dell’art. 2, commi 1, 2, 3, 4, 5, 6.

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