n.87 del 26.03.2014 periodico (Parte Seconda)
RISOLUZIONE - Oggetto n. 4636 - Risoluzione per impegnare la Giunta, in sede di elaborazione e adozione del "Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere" a porre in essere azioni volte ad informare e sensibilizzare i giovani circa la violenza di genere contro le donne prevedendo anche, in sede didattica, corsi specifici su tale tematica, a dare concreta attuazione e stanziare risorse relativamente alla rete integrata regionale preposta all'accoglienza ed al supporto delle vittime di episodi di femminicidio, valorizzando anche i centri antiviolenza, invitando inoltre il Governo a sostenere le azioni previste nel "Piano nazionale antiviolenza". A firma dei Consiglieri: Barbati, Grillini
L’Assemblea legislativa della Regione Emilia-Romagna
Premesso che
tra i fenomeni criminali che suscitano maggior allarme sociale e indignazione vi è quello della violenza di genere contro le donne, intendendo con tale espressione "ogni atto di violenza fondata sul genere che abbia come risultato, o che possa probabilmente avere come risultato, un danno o una sofferenza fisica, sessuale o psicologica, per le donne, incluse le minacce di tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, che avvenga nella vita pubblica o privata" (art. 1 della Dichiarazione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della violenza contro le donne, 1993);
come noto, sono sempre più numerosi i casi di donne vittime di condotte criminose di gravissima efferatezza, di violenze psicologiche e fisiche che spesso culminano nell’annullamento sociale o nella morte; forme di violenza perpetrate nei luoghi domestici, nei luoghi pubblici, sul luogo di lavoro, sui social network;
odiosamente significativi i dati sui casi di donne uccise forniti dal centro antiviolenza "Casa delle donne per non subire violenza" e riportati nell’indagine pubblicata dal quotidiano la Repubblica del 24 settembre 2013: su scala nazionale, sono stati registrati 84 casi nel 2005, 101 nel 2006, 103 nel 2007, 113 nel 2008, 119 nel 2009, 127 nel 2010, 129 nel 2011, 124 nel 2012 e 72 casi accertati alla data del 15 settembre 2013. Da tali dati risulta che, in poco meno di 9 anni, sono state uccise 972 donne, con una media di 108 omicidi ogni anno;
ai casi di omicidio si aggiungono tutte quelle forme di violenza che non culminano con l’uccisione della vittima, ma che comunque si traducono in gravissimi pregiudizi a livello psico-fisico, relazionale, professionale e sociale: lesioni e fratture, abrasioni provocate con oggetti incandescenti, provocata disabilità, danni oculari da percossa, disturbi ginecologici e sterilità causate da violenza sessuale, depressione e fobie, inattività fisica, comportamenti suicidi, perdita di stima e quindi di autonomia, forme di isolamento familiare e sociale. In casi ancora più odiosi, la violenza viene "vomitata" su donne in gravidanza, provocando tra l’altro aborti spontanei, nascite di feti morti, parti prematuri, lesioni fetali;
un’ulteriore forma di violenza contro le donne particolarmente diffusa assume la veste della persecuzione, ossia della condotta reiterata di minaccia o molestia che cagiona "un perdurante e grave stato di ansia o di paura" per la vittima o per un suo congiunto ovvero che costringe la vittima stessa "ad alterare le proprie abitudini di vita": si tratta del cd. delitto di "stalking" (art. 612 bis c.p.), per il quale sono state presentate, dal 2009 (anno dell’introduzione del reato nell’ordinamento giuridico) ad oggi, 27.853 denunce da parte di donne (a cui si aggiungono le 10.289 denunce da parte di uomini);
tali dati, che non abbisognano di ulteriori osservazioni, evidenziano la diffusione endemica di quel fenomeno descrittivamente definito come "femminicidio" (o "femicidio"), intendendo come tale "ogni pratica sociale violenta fisicamente o psicologicamente, che attenta all’integrità, allo sviluppo psicofisico, alla salute, alla libertà o alla vita delle donne, col fine di annientare l’identità attraverso l’assoggettamento fisico e psicologico fino alla sottomissione o alla morte della vittima nei casi peggiori" (Spinelli B., Femminicidio. Dalla denuncia sociale al riconoscimento giuridico internazionale, 2008).
Sottolineato che
nel 2012, l’Emilia-Romagna è stata tra le regioni in cui si è verificato il maggior numero di casi di omicidio, con 15 donne assassinate: secondo il dossier "Femicidi in Italia: i dati raccolti sulla stampa relativi al 2012" pubblicato dalla "Casa delle donne", proprio nelle regioni del Nord Italia si registra il maggior numero di omicidi di donna in ragione del fatto che "laddove le donne vivono situazioni di maggior autonomia e indipendenza, e quindi sono meno propense ad accettare di subire violenza e disparità di potere nella relazione, esse sono anche più a rischio di finire vittime degli uomini";
più in generale, la situazione regionale è resa maggiormente critica dalla media frequenza con cui si riscontrano fenomeni di "plurivittimizzazione" delle donne, ossia di "vittimizzazione ripetuta" (l’essere più volte vittima dello stesso reato) e di "vittimizzazione multipla" (l’essere vittima di più reati diversi). Per un’analisi più approfondita della diffusione del fenomeno in Regione sia consentito rinviare alla risoluzione proposta dalla Sottoscritta Consigliera "per impegnare la Giunta a porre in essere azioni volte al contrasto ed al trattamento della violenza contro le donne, a promuovere il coordinamento tra gli enti ed i soggetti operanti nel settore, a valorizzare i punti di ascolto e di accoglienza delle vittime ed i consultori, incrementando inoltre la formazione socio-sanitaria del relativo personale e le risorse disponibili" (ogg. ass. 2944), atto d’indirizzo politico approvato all’unanimità nella seduta di Assemblea legislativa del 22 ottobre 2012.
Rilevato che
proprio il susseguirsi degli episodi di violenza contro le donne e il conseguente allarme sociale che ne è derivato hanno reso necessari "interventi urgenti" sotto il profilo giuridico, mediante l’inasprimento del trattamento punitivo degli autori di tali fatti criminosi, l’introduzione di specifiche misure di prevenzione e l’adozione di una pianificazione straordinaria contro la violenza sessuale e di genere al fine di sistematizzare gli interventi preventivi e repressivi;
tali interventi sono stati disciplinati dagli artt. 1 - 5 del D.L. 14 agosto 2013, n. 93 (convertito con modificazioni dalla L. 119/2013), recante "Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province" (noto come "decreto sul femminicidio"): proprio lo strumento legislativo utilizzato - ossia il decreto legge, che come noto può essere adottato dal Governo solo "in casi straordinari di necessità e d’urgenza" (art. 77, comma 2, Cost.) -, la lettera delle nuove disposizioni e del preambolo evidenziano inconfutabilmente il carattere emergenziale della nuova normativa;
prescindendo da una dettagliata disamina giuridico-esegetica delle nuove disposizioni, particolarmente rilevante in tal sede risulta l’art. 5 che prevede l’elaborazione - da parte del Ministro delegato per le pari opportunità, di concerto con le amministrazioni interessate e le associazioni impegnate nella lotta alla violenza di genere - e l’adozione, previa intesa in sede di Conferenza unificata, di un "Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere", da predisporre "in sinergia con la nuova programmazione dell’Unione europea per il periodo 2014 - 2020";
dalle modalità concertate di elaborazione e adozione del "Piano" nonché dal tenore letterale del comma 2 dell’art. 5 - ove si prevede che il "Piano" ha "l’obiettivo di garantire azioni omogenee nel territorio nazionale" - traspare, all’evidenza, l’intento del legislatore nazionale di introdurre una pianificazione nazionale unitaria e integrata, nell’ambito della quale far confluire, a fini di sistematizzazione, tutti gli interventi preordinati alla prevenzione al contrasto della violenza di genere contro le donne: in altri e più semplici termini, il "Piano nazionale" dovrebbe rappresentare la programmazione di riferimento su tutto il territorio nazionale;
proprio perché si condivide lo spirito sotteso all’adozione di tale documento programmatorio, appare auspicabile - de iure condendo - che il "Piano" perda il connotato della "straordinarietà", ereditato dal carattere emergenziale dell’intervento normativo, per assurgere al ruolo di strumento organico e ordinario di pianificazione degli interventi contro un fenomeno, quello della violenza di genere, che sopravvive al tempo;
si tratta, all’evidenza, di un "Piano" particolarmente ambizioso, per il cui finanziamento il comma 4 del medesimo art. 5 prevede che "il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità [sia] incrementato di 10 milioni di euro per l’anno 2013": si ritiene che - in considerazione della gravità e vastità del fenomeno in esame nonché delle politiche attive necessarie per prevenirne e contrastarne la diffusione - lo stanziamento previsto risulti quantomeno carente e che sia necessario reperire risorse ulteriori al fine di garantire concreta operatività e continuità di attuazione alle azioni previste nel "Piano".
Considerato che
per quanto specificamente rileva in tal sede, ai sensi del comma 2 del citato art. 5, il "Piano" - di cui si auspica l’attuazione anche mediante lo stanziamento governativo di adeguate risorse a tal fine necessarie - persegue, tra l’altro, le finalità di "prevenire il fenomeno della violenza contro le donne attraverso l’informazione e la sensibilizzazione della collettività, rafforzando la consapevolezza di uomini e ragazzi" (lett. a) e di "promuovere [nell’ambito della programmazione didattica] la sensibilizzazione, l’informazione e la formazione degli studenti al fine di prevenire la violenza nei confronti delle donne e la discriminazione di genere" (lett. c);
i fenomeni di violenza contro le donne - come, per vero e più in generale, tutti gli episodi criminosi e criminogeni a stampo discriminatorio, razzista, omofobo - si contrastano, o meglio si prevengono, in primo luogo con la diffusione della cultura del rispetto tra i generi, con la cd. "educazione di genere";
tali tematiche, peraltro, sono già state condivise da altre risoluzioni, che hanno evidenziato la necessità di contrastare i fenomeni di subcultura contro le donne e di promuovere campagne di sensibilizzazione; atti di indirizzo politico la cui approvazione ha comprovato la sensibilità dell’Assemblea legislativa rispetto tali tematiche (risoluzione ogg. ass. n. 939, proposta dalla Sottoscritta Consigliera e approvata in data 08 febbraio 2011; risoluzione ogg. ass. n. 297, proposta dalla Consigliera Mori e approvata all’unanimità il 23 novembre 2011);
in continuità con l’indirizzo già espresso dall’Assemblea legislativa e alla luce della nuova normativa di cui al citato D.L. n. 93/2013, si ritiene condivisibile e necessario promuovere interventi integrati di formazione e sensibilizzazione rivolti a bambini e ragazzi, anche mediante lo stabile inserimento nella pianificazione scolastico-didattica di corsi di educazione di genere finalizzati a prevenire l’insorgere di quell’atteggiamento deviato di "maschilismo criminale" quale substrato degli episodi di violenza contro le donne (specifici programmi istituzionali di tale tipologia sono già attivi in Francia, Inghilterra e Svezia, dove la "educazione di genere" ha inizio già all’asilo; significativo anche il progetto del Comune di Torino, quale primo esempio italiano di programma scolastico di "educazione di genere");
in attuazione del citato art. 5, comma 2, del D.L. 93/2013, con delibera n. 1677 del 18 novembre 2013, la Giunta ha approvato le "Linee di indirizzo regionali per l'accoglienza di donne vittime di violenza di genere e linee d'indirizzo regionali per l'accoglienza e la cura di bambini e adolescenti vittime di maltrattamento/abuso", atto regionale con cui - tra l'altro - sono state individuate le politiche attive da porre in essere al fine di assicurare l'accoglienza e la presa in carico delle donne vittime di reato nonché il monitoraggio del fenomeno e la formazione professionale degli operatori.
Precisato che
un ruolo fondamentale nell’attuazione concreta delle politiche di contrasto alla violenza contro le donne è svolto dalle case e dai centri antiviolenza;
il ruolo svolto dall’associazionismo risulta valorizzato sia dalle "Linee d’indirizzo regionali", sia dalla nuova legislazione nazionale: segnatamente, l’art. 5, comma 2, lett. d), del D.L. 93/2013 prevede che le azioni previste nel "Piano nazionale" siano volte anche a "potenziare le forme di assistenza e di sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli attraverso modalità omogenee di rafforzamento della rete dei servizi territoriali, dei centri antiviolenza e dei servizi di assistenza alle donne vittime di violenza";
nonostante l’importante attività posta in essere, i centri antiviolenza "sopravvivono" soprattutto grazie al volontariato e le loro attività sono spesso limitate dalla scarsità di risorse: proprio alla luce dell’imprescindibile ruolo svolto, è necessario prevedere lo stanziamento e la destinazione - ad ogni livello di governo - di ulteriori risorse, al fine di garantire la piena continuità operativa dei centri antiviolenza.
Impegna la Giunta regionale
a rappresentare istituzionalmente, in sede di elaborazione e adozione del "Piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere" di cui all’art. 5 del D.L. 93/2013, la necessità che l’informazione, la sensibilizzazione e la formazione preordinati a rafforzare la consapevolezza dei ragazzi in ordine alle problematiche sottese alla violenza di genere contro le donne siano concretamente realizzati anche mediante lo stabile inserimento nella programmazione didattica delle scuole di specifici corsi dedicati alla "educazione di genere";
a garantirne la completa attuazione delle "Linee di indirizzo regionali" approvate con la delibera n. 1677 del 2013 - anche in modo sistematizzato con quanto (sarà) previsto dal "Piano nazionale" - al fine di assicurare l’efficiente e concreta operatività della rete integrata regionale preposta all’accoglienza e alla completa presa in carico delle donne vittime di episodi di "femminicidio", destinando le risorse a tal fine necessarie;
a continuare a valorizzare, anche mediante lo stanziamento delle risorse necessarie, il ruolo delle case e dei centri antiviolenza operanti sul territorio regionale, quali soggetti attuatori delle politiche antiviolenza e recupero di imprescindibile importanza;
a collaborare attivamente all'elaborazione del progetto di legge regionale d'iniziativa assembleare sulla parità e contro le discriminazioni di genere, peraltro già in fase di predisposizione.
Invita il Governo
a reperire e destinare ulteriori risorse rispetto a quelle stanziate dall’art. 5, comma 4, del D.L. 93/2013, al fine di garantire concreta operatività e continuità di attuazione a tutte le azioni previste nel "Piano nazionale antiviolenza".
Approvata a maggioranza dei presenti nella seduta antimeridiana dell'11 marzo 2014